- Indice
- Prefazione,
Giuseppe Agriesti, Cinzia Ambrosio,
Mariù Baso, Paola Bavera,
Beck-Peccoz
Spanò, Massimiliano
Bianchi, Valeria Binda, Antonella
Bonelli, Nicola Bontempi,
Savina Bonzio, Michele Bussoni, Luca
Butticè, Andrea
Calzati, Davide Capecchi,
Andrea Caputo, Maria Luisa Caroniti, Bruno
Cavallari, Stefania Cavasassi,
Mihaela Cernitu
Biffi, Maria
Francesca Cherubini,
Roberto
Cicero, Giacomo Cirsone, Gianni
Colombo, Luciana Cortelazzi, Angelo
Costa, Alessandra Crabbia,
Roberta Degl'Innocenti, Giovanni
Del Gaone, Fabrizio Del Re,
Donatella Destro Fontana, Franca Di
Matteo, Paola
Donadelli , Marisa Elia,
Augusta
Ferraris, Delia Anna Finocchio,
Francesco Fonzani, Alessandra Garulli,
Giarola, Juan
Josè Maria Gimenez,
Elena Guidi
Kupfahl, Teresa
Latini, Renato
Lavoratorini, Silvestro Luisi,
Giancarla Marini Polzoni, Katia Marionni,
Lia Megna, Ferdinando Menconi, graziella
Moi Agus, Gabriella
Mosca, Maria Mosca, Meeten
Nasr, Piero Nervo, Fernanda Nicolis,
Maurizio Paganelli, Cristiano Paganessi,
Tiziana Pannunzio, Ersilia
Pedrotti, Daniela Pelli, Selena
Perco, Valeria Pianella, Danila Piano,
Giovanni Francesco Piano, Maurizio
Piccirillo, Elisabetta
Pieraccioni, Valeria
Pietrantonio, Patrizio Pitto
Neri, Sonia Quintavalla, Ermano Raso,
Alessandro Rizzo, Daria Rodolfi,
Annunziata Romeo, Antonio
Rossi, Andrea Russi, Vincenzo
Saccomandi,Christian Saladin,
Luciana Scaglia
Grenna, Adriano Scandalitta,,
Adriana Scarpa, Ines Scarparolo, Myriam
Sebastianelli, Gianluca Testa, Stefano
ValeriMaria, Rosaria Vazzana, Mara Vitale
Santoni
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Prefazione
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-
Ogni qualvolta si parla di Poesia ci
si pone sempre una domanda impossibile: "a
chi serve?". Oggi si tende sempre a
valutare una cosa utile o inutile, nella
misura in cui tale cosa può avere
un possibile utente, una qualche
possibilità di essere sfruttata ed
avere un mercato. Questo concetto non
può esser applicato alla Poesia.
Scrivere poesie per qualsiasi poeta non
è un'operazione commerciale,
bensì una esigenza che nasce nel
profondo e si manifesta come
necessità di fare conoscere agli
altri il proprio sentire, doloroso o
gioioso che sia. Un sentimento dunque che
obbliga il poeta a spogliarsi del proprio
abito che lo qualifica davanti agli altri
come "professionista", "artigiano" o
"contadino", per proporlo come umile
individuo che con i suoi versi sintetici
lancia messaggi di relazione, richieste di
comunicazione, comunicati di dissociazione
dalle storture della società,
partecipazioni di gioia o di dolore. Non
è dunque difficile intuire che la
differenza tra un poeta e l'altro no va
cercata nella veridicità del
sentimento che origina la Poesia,
perché questo è comune a
tutti, bensì nella proprietà
del linguaggio e nella conoscenza delle
regole di cui la Poesia si avvale fino dai
tempi antichi. Sappiamo bene che oggi non
si scrive più in rima né si
usa la metrica; però l'uso dei
traslati e delle figure stilistiche non
può essere dribblato, pena lo
scadimento del verso e della stessa
composizione poetica. Il lettore di
poesie, che è piùò
smaliziato di quanto si pensi, è in
grado di apprezzare un testo poetico e se
alla fine della lettura, pur breve che
sia, gli è rimasto in mente anche
un solo verso vuol dire che ha recepito
qualcosa di originale o di nuovo. Altro
punto che serve a qualificare una poesia
è che questa deve avere, anche se
minima, una sua autonomia strutturale,
ossia deve avere alla base un "progetto",
in caso contrario si tratterà di
una serie di idee sconnesse arrangiate in
versi, che è qualcosa di diverso di
ciò che si connota come Poesia, che
è anche autocontrollo ed
autoeducazione del poeta.
- Il Concorso di Poesia "Città
di Melegnano" anche quest'anno ha avuto
molti partecipanti e la qualità
delle liriche è stata mediamente
buona. Non mancano le poesie di ricerca
sul linguaggio, ma la maggior parte usa
gli schemi tradizionali e si ispira alle
tematiche ormai consolidate dell'amore,
dell'infanzia, dell'amicizia, della
natura. Così Adriana Scarpa,
vincitrice di questa edizione del
Concorso, nel riproporci un'infanzia che
viaggia sul filo del ricordo, recupera un
passato che diventa il substrato su cui si
fonda l'urgenza del presente:
"All'improvviso si propaga / un volo di
richiami, c'è un balzo /
[
] un'ala di farfalla
comincia a battere / nel mio cuore e la
mente / tornata giovane / ancora si
riempie di sogni / e canta (Infanzia, dita
di piuma)". Oppure il volo onirico di
Massimiliano Bianchi che, fuori dal corpo,
viaggia chiedendo di essere lasciato preda
della notte che, con un bell'ossimoro,
vuole "
turbata / dall'eco del
silenzio (Aspettando il cuore)". Maria
Laura Caroniti prende spunto da un
fenomeno astronomico, verificatosi nel
corso dell'anno, e in "11/08/1999" parte
dal momento dell'eclissi per approdare a
considerazioni apocalittiche tipiche di
fine millennio e riconsegnarci il mondo
tale quale lo hanno lasciato i secoli
trascorsi "in fine non resta che un mondo
di vecchie speranze". Paola Donadelli
opera una compressione spazio-temporale
per rendere l'uomo libero e farlo poi
perdere "
di fronte alla dimora /
intatta dell'amore (Tempo
anacrusico)".
- Continuano ad esser presenti
dunque, e non potrebbe essere
diversamente, le più nascoste
pulsioni dell'animo umano e la Poesia
diventa nello stesso tempo strumento di
conoscenza e di liberazione.
-
-
- Benedetto Di Pietro
- Presidente della Giuria
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ALL'INIZIO
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-
- MARIA LUISA
BECK-PECCOZ SPANÒ
-
- Tosse
d'infanzia
- (a mia mamma)
-
- Quella luce
- fioca e calda,
- un lumino
- acceso nella notte.
- Le mie piccole membra
- squassate
- da una tosse feroce
- e il paradiso
- delle tue braccia
- e del tuo petto
morbido,
- profumato,
- la sorgente fresca
- dei tuoi baci
- sulla fronte accesa,
- il petalo, sulla pelle,
- della tua camicia
- di seta calda.
- Avrei potuto accettare
- di morire
- felice, così vicino a
te
- che sdegnosa
- di aiuti estranei
- e della tua giovane
- stanchezza,
- passavi la notte
- a consolarmi
- della mia tosse
d'infanzia,
- mamma.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
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-
-
- ANTONELLA
BONELLI
-
- Un amore
svanito
-
- In questi ultimi tempi
- sento che il mio cuore
- non gioisce
più
- Mi sento persa, vuota;
- alcune volte, inutile.
- Mi sento strana,
diversa
- e indecisa sulle mie
scelte.
- Nel silenzio della
notte,
- lascio il posto alle
lacrime,
- per poter dimenticare
che
- il mio amore per te,
- è stato solo una
finzione.
-
-
-
-
-
- Dimenticare
-
- Volevo dimenticare la
vita,
- che ci ha visto
crescere.
- Tra noi c'è solo un
coatto distacco.
- Attraverso i colori d'una
farfalla
- dimenticheremo la nostra
infanzia
- insieme.
-
-
-
-
-
- Il
bocciolo
-
- Nascere, crescere,
vivere:
- è imparare ad
apprezzare
- quel piccolo
fiorellino,
- che sta sbocciando in
te.
- Non eliminare il frutto
- del tuo agognato amore,
- che da innocente
bambina
- ti ha cambiato in
donna.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- ANDREA
CALZATI
-
- Quattro
gocce
-
- Bastano quattro gocce
di
- per alleviare le
sofferenze,
- quattro gocce d'amore
- per aiutare chi soffre,
- quattro gocce d'acqua
- per dissetare la vita,
- quattro briciole di
pane
- per sfamare chi ha
fame.
- Quattro
- di tante piccole cose,
- talmente minuscole
- da non essere viste
- da chi (povero illuso)
crede
- di potersi chiamare
fuori,
- quattro gocce d'amore
- per chi chiede aiuto senza
gridare,
- per chi muore senza
ragione,
- per chi invoca pietà
senza sapere dove
- quattro ore possono
bastare
- per regalare umanità e
speranza
- per te stesso e per gli
altri,
- quelli che non conosci
- (ma non puoi ignorare)
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
-
- MIHAELA
CERNITU BIFFI
-
- Del giorno e
della nostalgia
-
- Il tuo cognome è la mia
guardia,
- mi difende dalla
tormenta;
- nel tempo della pace mi cresce
il sorriso
- come gli abeti;
- fra un treno
- e un volo di gru
- ritrovo le equazioni
risolvibili.
-
- Tu, mia guardia del giorno e
della nostalgia,
- fra il cielo e la
terra.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- MARIA
FRANCESCA CHERUBINI
-
- Un varco
sottile
-
- A fatica
- apro un varco sottile
- tra le avversità
- prima che annotti.
- Il lento rifluire
- dell'anima,
- non più mesta
latitante,
- chiama a esigue
- ma nuove speranze.
- Di rinvigorite gemme
- ancora una volta
- si addobba
- la rosa sanguigna del
cuore.
-
- Ma impari lotta
- di nuovo s'accende
- tra Destino
- e umana Volontà di
mutarlo.
- Ed anche se
- lo scontato esito
- non cela il volto
- (a sguardi che scorger
sanno
- il ghigno suo
beffardo),
- la contesa tregua non
conosce
- fino al momento
estremo.
-
- Lo spirito non demorde
- poiché i soli lembi di
vera grandezza
- di cui si può
fregiare
- sogliono nascondersi
- unicamente
- tra le nobili vesti
- della sua impari lotta.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- ROBERTO
CICERO
-
- Una nuova
vita
-
- Vecchio autunno triste, che
torni a fare?
- Eran nuovi e verdi i prati del
mio cuore
- Gli occhi come amanti eran
pronti per sognare
- Spargon ora copiose lacrime per
un uomo che muore
-
- Il senso di questo tempo
è brutto e stupido
- Mi vien quasi voglia di cadere
nel peccato
- M'accorgo d'un tratto d'esser
cupo e avido
- La mia anima è nuda come
il viver del soldato
-
- Né volger si può
lo sguardo altrove
- Tutto è buio, il cieco
almen s'affida alla mano amica
- Presto il sordo rumore
colpirà
sì, ma
dove?
- È mio in un sol attimo il
fresco bacio dell'amata
antica.
-
- Un chiarore ora colgo nella mia
notte
- D'improvviso un bimbo sorride a
me per la via
- Uomo stolto, gioiosi semi
spuntano a frotte
- Non temere questa vita, è
maschera poesia.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- ANGELO
COSTA
-
- Gabbiano
volteggiante
-
- Gabbiano volteggiante
- sopra il cielo
cittadino
- sradicato dalla marina
- per essere con noi.
- Non ti preoccupi
- delle nostre idee
- delle nostre
istituzioni
- delle nostre miserie,
- ma sei al di sopra di
noi.
- Veleggi con ali
spiegate
- a volte silenzioso
- a volte vociando,
- per insegnarci
qualcosa.
- La tua presenza rimarca
- la nostra assenza
- dall'incontaminata
civiltà,
- che abbiamo voluto
annientare
- per seguire l'indefinito
progresso.
- il tuo volo ci basta
- per anelare all'azzurro
spazio
- che sconfina con l'immenso
cosmo
- della totale
dimensione.
- Vola gabbiano!
- Ascendi!
- Trascinato da termiche
correnti
- distaccato dalla
società
- libero da vincoli
- solo con la natura.
- Hai vinto intrepido
- le nostre convenzioni
- i nostri formalismi
- le nostre barriere
- per congiungerti con la
libertà.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- GIOVANNI DEL
GAONE
-
- Un
nemico
-
- "Ci vuole un nemico, sì,
per forza.
- Senza un nemico mi sento
solo.
- Voglio provare com'è la
mia scorza
- e definire così il mio
ruolo.
- Se non combatto, di certo
m'annoio
- ma nella lotta, io prendo il
volo.
- Datemi presto un nemico.
Muoio
- dalla voglia di poterlo
sfidare.
- Sono tenace, duro come
cuoio
- e nessuno mi potrà
superare.
- Parente, vicino, un
conoscente
- se non ce l'ho, me lo posso
creare.
- Basta un poco, poco più
di niente,
- un movente per la guerra lo
trovo;
- ci sarà qualcuno
negligente
- lo troverò il pelo
nell'uovo.
- Impiegherò le mie
giornate
- a criticarlo, e come un
rovo
- pungente, dirò cose
inventate.
- Se il mio trionfo non
sarà pieno
- se le mie mire saran
frustrate
- spererò che sia la morte,
almeno
- a levarmi da torno il
nemico
- a far tornare in me il
sereno".
- "T'ho udito e una cosa ti
dico:
- 'A farti nemici, non aver
fretta
- (e questo è un difetto
antico)
- ma se hai un nemico, dammi
retta
- non affrettarti a mandarlo
via;
- lotta, sopporta, subisci,
aspetta
- un altro più grande
è già per via".
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- OPERA 8°
CLASSIFICATA
-
- PAOLA
DONADELLI
-
- Tempo
anacrusico
-
- E colgo la suggestione della
notte,
- sospiro emanato da molli
bocche
- escluse dalla leggiadra e
dolce
- chiarità del vivere
perduto
- e poi accolto
- nell'abisso del pudore;
- sorgente soffio che,
permeando,
- plasma e sconvolge il buio
incantato
- dove, ancora una volta, il cuore
crea
- dell'infinito e dell'amore i
nomi.
-
- E se, sciogliendosi, diafano
piove
- in terra il lieve pianto
universale,
- respirando, tutto si
rinviene
- anteriore: libertà
preesistente
- all'onda ossessiva del
tempo
- e delle voci, nostalgia
tenue
- sbocciata dalla presenza
smarrita
- nel profondo, dimensione
soffusa
- suggerita appena, come un
sussurro
-
-
- nel fioco albore
all'orizzonte.
- Ma, dissolvendosi, l'uomo si
perde
- di fronte alla dimora
- intatta dell'amore.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- AUGUSTA
FERRARIS
-
- Monito di
speranza
-
- Alza il tuo capo,
- piccolo uomo,
- alzalo.
- Volgi il tuo sguardo,
- distoglilo dal Nulla,
- volgilo.
- Falla il tuo falbo
animo
- se pensa
- che il fardello della
vita
- sia un'insostenibile
condanna,
- se pensa
- che l'esistenza sia
solo
- un rovo di spine
- Io ti dico,
- piccolo uomo,
- nel mio essere piccola e
fragile
- quanto te
- che questo che vivi
- non è un rovo di
spine
- ma uno stelo di rosa
- che porta in alto,
- gemmeo inno
dell'Essere,
- un tenero
bocciolo
- E fosse anche
- per un solo giorno
- per una sola ora
- la sua fioritura
- io ti dico
- son pronta a camminare
- su ciascuna delle sue
spine
- ad asciugar le lacrime
- e rialzar lo sguardo
- certa di vederlo
schiudersi,
- al respiro della sera,
- nella rosa più
bella.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- JUAN
JOSÉ MARIA GIMENEZ
-
- Logos
-
- La luce che rimbalza, come
viva,
- mi descrive un vibrante
- mondo di geometrie e
forme,
- regolari e selvagge.
-
- Di curiosa energia,
- si nutre il mio senso,
debole
- di limpidità e
definizione,
- e decido la sorte di
- quei posti appannati,
come
- dietro ad un vetro d'inverno,
quando
- nel fuoco, la vita
evolve
- se stessa.
-
- Guardando visi e
profili
- salto descrizione di
imperfette
- regole, incastrata nei crani
di
- deboli crociati.
- Perché l'accenno mi
dà l'impulso
- per comprendere il mio
cammino,
- sotto le uniche gambe
- che riesco a vedere.
-
- E se vedo verde lo chiamo
ramo
- e se colgo rosso diventa
frutto
- ma con luminosa volontà
il ramo accoglie
- il caloroso seme,
vibrante,
- come fuoco ai miei
occhi.
-
-
-
-
-
- Viva
-
- Io sono schizzi di
suono
- che cadendo colorano
- la mia vita in levare.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- ELENA GUIDI
KUPFAHL
-
- Amaro
addio
-
- Guarda!
- Questo è ciò che
è rimasto di te!
- Un annuncio sbiadito, già
nascosto da altri.
- Perché? perché
tutto ciò?
- Eri così bella!
- La vita ti sorrideva
- negli occhi di tua
figlia
- E tu
- come uno straccio
consunto
- l'hai miseramente
buttata.
- Senza un saluto a chi
t'amava
- senza una parola
- a chi da te dipendeva.
- Perché?
- I dissidi potevano
appianarsi,
- ma tu
- hai preferito gettare la
spugna,
- senza lottare, senza
sperare,
- abbandonando una bimba,
- sperduta ora nel mondo;
- nel modo più terribile
l'hai lasciata
- e di mille sensi di colpa l'hai
sobbarcata!
- Egoista!
- Eri così bella
ed
ora?
- Ora di te non resta
- che un nome
- presto sbiadito
- e dimenticato
- e tu, giovane donna
- non godrai più
- dello sguardo felice
- della vita radiosa
- ma lascerai solo
- un amaro ricordo di te!
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
- TERESA
LATINI
-
-
- Il tuo adagiarti in
- Quel deserto di nullità
fatto
- Di parole e favole di
nulla
- Trattengono la vita
tua.
- Il tuo piacer di crogiolarti
tra
- Ippocastani e panchine
osservando
- Giochi bambini punendo la tua
libertà:
- Non scelta da te, che non
conosci cos'è.
- Non vivi per te, non cerchi il
perché:
- Convinta di sapere non vuoi
vedere,
- Non alzi gli occhi tuoi belli,
riflessi di colori
- Per ammirar tue aurore.
- Non m'importa di me:
- È dietro di me che ti
nascondi
- Per non aprire le tue
ali.
- Eppur ti amo con cuore
pieno
- Con anima in pena
ma
- Non posso parlarti:
- Sono le mie parole come semi
sterili
- E, fuggo da te, tu lo fai da
me
- Oh! Si potessero aprire i
cuori
- Come scatole, come
portagioie
- Attingerei le mie mani;
Cercherei
- Le tue pene, cercherei le tue
mani
- Le appoggerei al mio
cuore
- Non con parole, ma
Con
materno amore
- Le curerei con
devozione;
- Liberando il tuo io
- Pieno di vita e di
gioventù,
- Armoniosi anni che mai vivrai
più.
- Eppur non vuoi;
- Sprechi così tra sciocche
fantasie
- Incredibili utopie tesori di
vita tua
- Irripetibile tempo concessoti
solo
- Nel soffio dell'eterno!
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- RENATO
LAVORATORINI
-
- La
ragione
-
- Volgersi innanzi, alla futura
vita
- con l'ingordigia
tumultuosa
- della giovinezza;
- combattere
- l'inerte crepuscolo
ignoto
- che, muto, ci circonda.
-
- Frammenti lucenti,
lapilli
- aggiungere ogni sera
- al fioco lume della
conoscenza,
- lontano da sacelli e
sacrari.
-
- Lasciati salmodianti
pulpiti,
- aggredire i sigilli più
arcani,
- i segreti tremendi
dell'universo.
-
- Scoprire la celata
armonia
- della natura,
distillare
- le regole del gioco.
-
-
-
-
-
- Sera di
febbraio
-
- Celesteazzurra sera
- piovosa di febbraio
- ti intravedo
- tremula, sbiadita,
- da appannati vetri
- riflessa e circonfusa,
- uggia uniforme,
- scandita in un declino
- goccia per goccia
- a cancellare troppo
acuti
- colori e suoni e luci,
- ricondotti infine
- a trasparire,
- opachi e fiochi,
- effusi in barbagli
- da acquerello.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
-
-
- GABRIELLA
MOSCA
-
- Lungomare
-
- Raffiche di sole
- pedalando tra frange
vigorose
- di palme gaudenti.
-
- Lievi sulla pelle
- palpiti d'ombra
- da fresche corolle
sgargianti.
-
- Festoni azzurri
- di cielo e di mare
- negli occhi colmi.
-
- Una sosta
- Tripudio di luce
- a stento rattenuto.
-
-
-
-
- Castelli di
sabbia
-
- Presa dall'infinita
vastità
- seguo l'invito
- del fresco nastro della
battigia
- Ma l'incanto
- di un castello di
sabbia
- mi rapisce,
- fantasma regale
- sorto a esibire
- la creativa magia
- dell'effimero.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
ERSILIA
PEDROTTI
-
- Gusto
-
- C'era mare grosso
- e la salsedine
- posava su di noi
- il suo gusto amaro,
- noi dietro gli scogli
- a darci baci
- e strofinarci
- come gatti innamorati
- non sentivamo
- che il nostro
desiderio.
-
- Passato il tempo
- a noi concesso
- me ne tornavo a casa
- con te ancora presente
- e senza farci caso
- mi rosicchiavo
un'unghia,
- che gusto di salato,
- quanto sapore,
- così leccando il
dorso
- della mano e
- il bordo della giacca
- ho risentito
- il buono dei tuoi baci,
- s'è fatto mare
grosso
- nel mio cuore.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- MAURIZIO
PICCIRILLO
-
- Scende la
sera
-
- Fresca scende la sera
- mentre miro questi scogli
solitari.
- Vago è il pensiero di
te
- che ti dimeni nelle tenebre del
passato.
- Malinconica scende la
sera
- mentre la guazza accarezza il
freddo corpo.
- Triste è lo spirito per
la tua partenza improvvisa.
- Amica scende la sera
- dolce compagna dea della
speranza,
- è la medicina dei miei
dolori.
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
-
- VALERIA
PIETRANTONIO
-
- Davide e
Golia
-
- Par vedermi nuda
- tra tanto silenzio di more
selvagge
- di boschi fitti verde cupo e
muschio
- così che non sento i miei
passi,
- di viaggiatrice novella
Diana,
- tra rami spezzati, canti di
uccelli ignoti
- lassù fra le alte fronde
appollaiati.
- Ed io qui chi sono?
- Piccolo essere in cammino fra
regali nature,
- come inesperto bandito
- nella foresta di Sherwood mi
immagino vagare.
- Nessuno mi vede, nascosta il
bosco mi trattiene,
- sono fuggita dai palazzi dalle
strade polverose e inutili
- e qui rapita voglio
rimanere.
- Ma poi paura m'assale di tanto
buio
- di tanta perfetta
solitudine,
- della mia scandalosa
nudità m'accorgo
- e allor di cittadina
torno
- ad indossare i panni scoloriti e
spenti,
- ma quel silenzio non oso
cacciare via
- perché tesoro dentro di
me rimanga
- a cullare la mente mia
irrequieta e stanca
-
- TORNA
ALL'INIZIO
-
-
- ANTONIO
ROSSI
-
- Di rose e di
viole
-
- Raggiungere l'alba nuotando come
raggi di sole
- in un pullulare di pistilli
cosparsi di rane,
- governare una barca dall'ancora
di stoffa
- in un mare di elemosine dipinte
di ricchezza.
-
- Fare lunghe camminate nel bosco
dei ciliegi
- in un palpitare aspro di cuori
arcobaleno,
- calpestare neve impregnata di
confetti
- in un grande spazio denso di
rose e di viole.
-
- Di rose e di viole
Di
vento senza canto,
- di canto senza vento, di un
frate in un convento,
- di un tempo furibondo, di un
orso vagabondo,
- di un treno misterioso di
pallide fontane.
-
- Di rose e di viole
Di
anime servili,
- di dolci primavere, di notti di
rugiada,
- di un sogno scivoloso, di un
lupo sdolcinato,
- di un vago camminare di gatti
senza fiato.
-
- Raggiungere nuotando come lune
di seta
- la cima di un castello di
zucchero filato,
- andare alla ricerca di una
colomba d'oro
- nel nido di una dolce poiana
innamorata.
-
- Dormire sopra il dorso di un
pelo di cavallo
- in un cratere buio spruzzato di
corallo,
- accorrere al richiamo di un
angelo distratto
- nel vecchio pozzo colmo di rose
e di viole.
-
- Di rose e di viole
Di
vento senza canto,
- di canto senza vento, di un
falco verniciato,
- di un forno di Mauthausen, di un
fumo sporco e lento,
- di un occhio di cemento di un
carnevale spento.
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- Di rose e di viole
Di
vento senza canto.
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ALL'INIZIO
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- LUCIANA
SCAGLIA SCRENNA
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- Miriade di fantasmi
giganteschi
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- Sei un mio pensiero
costante,
- non sono capace di scacciare i
tanti affanni
- che aleggiano nella mia
mente,
- vorrei liberarmi,
- ma non lo voglio
intensamente,
- penso sempre,
- la mia testa
- in qualsiasi momento
- ripercorre
- come in un lungo viaggio senza
fermate,
- le tante emozioni, sensazioni e
i brividi di ansia.
- Non c'è alcuna via
d'uscita per il cuore,
- desideroso solamente,
- di immergere i folti capelli in
una fonte d'acqua
- pura, limpida, fredda,
trasparente
- per cancellare
l'impotenza,
- di fronte
all'impossibile.
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- TORNA
ALL'INIZIO
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