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Daria Panfietti risiede a Massa (MS), dove è nata nel 1956. Si occupa dello studio di lingue straniere e, solo da circa sei mesi, si dedica alla poesia. In questo poco tempo ha partecipato a diversi concorsi, si è inoltre classificata finalista ai seguenti concorsi: Premio Internazionale di poesia Città di Seravezza 1996; Premio Nazionale Città di Montecatini 1996; Premio Nazionale Città di Montignoso 1996; Premio Internazionale Città di Venezia 1996 e Premio Internazionale Val di Magra R. Micheloni 1996.
INCOMPRENSIONE
Ti avevo detto
di non cercare
nei miei occhi il sole.
Se l'è portato via il vento del dolore.
Sono rimasti solo tenui bagliori
in questo sguardo opaco
che vola al di sopra dei desideri
e si frantuma
sulle nostre incomprensioni crudeli.
Non hai saputo vedere
in questi occhi sinceri
il magico pallore della luna,
struggente come un desiderio straziato
da paurose ombre nere
e la mia voglia vera
di un immenso, dolcissimo amore.
Ed ora siamo,
ancora una volta divisi,
nudi nei nostri desideri umiliati,
aggrappati ad altri amori inventati
per non morire.
Non so spiegarti cos'è quest'emozione
che mi prende mesta
e nasce
su profondi silenzi
e incomprensibili distacchi.
È una felicità triste
come le note roche di una tromba
nella sera silenziosa,
è il respiro dolce dell'anima
che placa
la muta tristezza del dolore.
LE CONCUBINE
Appassiremo
come stanche viaggiatrici senza nome,
noi,
sempre in attesa di una nuova alba,
dopo infiniti tramonti.
Non andiamo né avanti né indietro
sospese nel pianto
di un desiderio ucciso dalla rabbia e dal rimpianto.
Nasconderemo in seno,
fino alla fine,
caldi aneliti spenti
sotto il peso di moribonde attese.
Moriranno le nostre malinconie
sui felici amori di altre donne,
forse più sante
o forse solo più fortunate,
mentre noi,
figlie bastarde di un Dio impuro,
staremo sospese ad una corda
a sospirare
un amore scritto
su un pezzo di carta.
Quel disperato orizzonte dell'anima mia
dove si infrangono il pianto
ed i silenzi bui delle mie malinconie,
tu l'hai visto bene, Maestro
nei misteriosi occhi miei.
Dentro quell'orizzonte, una sicura prigione
ma fuori solo infelice libertàÉ
Io non potrò mai fuggire.
In quella magica sera, Maestro
un debole raggio di luna
ti illuminò la mia pauraÉ
d'amare.
Ed il mio sguardo fuggì nudo da te,
mentre tu mi scoprivi bambina
nel vuoto d'amore.
Ma dentro di me,
dentro lo strazio del mio cuore
negli immensi silenzi che parlavano di te,
nacque il nostro piccolo, grande, tenero segreto.
Poi ci scoprimmo immensi
e fu dolce il nostro soffrire.
È COME UN VOLO DI RONDINE
Non può l'anima morire
nel grigio colore di ogni giorno;
è come un uccello senza cielo
caduto da un tetto
sulle miserie del mondo.
E vedo ogni giorno finire
l'un morto,
nell'altro risorto
e nel crepuscolo di ogni sera sento
quel rimorso
di non aver vissuto,
in quello sforzo atroce
di dare un senso a ciò che è stato.
Non può l'anima stringersi
in un grembiule lordo
nel ricatto del tempo
non vissuto e gettato.
Non può l'anima sedere
su una poltrona vagabonda,
su cuscini che pigri pensieri rivestono,
trasudando di molli piaceri.
È una creatura gioconda
l'anima che vola,
ha bisogno del suo cielo,
dell'innocenza pura
di un cuore bambino
che non ha paura.