LA PIÚ
GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti
contemporanei affermati, emergenti ed
esordienti
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Franca Di
Matteo
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- Franca Di Matteo, insegnante
di scuola materna Montessori, è nata a Roma l'11
luglio 1956.
- Dopo aver svolto diversi
lavori anche nel nord Italia, attualmente è
operaia presso un istituto di diagnostica clinica in
Roma.
- Quindici anni fa ha
partecipato ad una mostra internazionale di pittura,
organizzata dal collegio per ospiti stranieri
universitari.
- Ha pubblicato una sola
poesia, sedici anni fa, su una rivista.
- Scrive da quando aveva otto
anni, dipinge e disegna da ventitré
anni.
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- Per mia madre
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- Pezzettini di un mosaico
- ed ho formato il tuo volto
- scegliendo i colori più tenui
- quelli che mi piacciono tanto
- I colori pastello per i mie venti anni
- e per le tue corse alle fermate degli
autobus
- Quando noi tue figlie ti vedevamo
- scendere le scale della terrazza
- e tutti quei panni che ti portavi sulla
testa
- mi domando se il mondo si è
accorto
- che tu sei passata
- quando lavoravi per i ricchi
- gli anonimi del tempo
- schiere di formiche come te
- hanno sulle spalle la storia
- e trasportano il carro dell'apocalisse
- Avevi poco tempo per le delicatezze
- quando sfinita ti buttavi sul letto
- e si doveva tacere per il tuo male alla
testa.
- Ottanta anni di vita spesi nel servire
- e l'umanità si vergogna a farsi chiamare
Serva!
- Cosa dire di te mamma!
- I più grandi vivono nel
silenzio
- e i dimenticati popolano la terra.
- Ma tu in ogni stagione ti vesti di
gemme
- e le tue virtù profumano l'aria
- Tutti ora vogliono insegnarti qualcosa
- a te, che hai le rughe sulla faccia.
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-
- Innamorati
pazzi
-
- Mi sono innamorata,
- Clotilde
- mi sono innamorata
- Come una sterile che partorisce
- come un sultano
- che sgrana chicchi di grano
- come ferventi che si adirano
- per un niente
- un rigattiere che accumula per la
pensione
- L'innamorato è sulla via
- certamente l'ho incontrato
- tutti candidati per il cuore
- di tutti ne ho tratto l'odore.
- Baciami e che il tuo bacio
- produca vibrazioni
- e me ne sazi come un'eco
- dai mille suoni.
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- Dall'aldilà
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- Mi hanno sparato, Guglielmo
- un colpo al cuore
- Forse l'ho desiderato
- lo ammetto
- Ero seduto sullo sgabello
- tra la cucina e il bagno
- Meschinello tremavo
- ma ero anche stizzito
- Lui mi guardò con occhi di
cristallo
- e bang! mi ha sparato.
- Avresti dovuto vedere l'attimo
- che precorse la morte
- Ero lì, davanti a me stesso
- pensando: è un gioco?
- E nonostante tutto speravo
- «È finita»!
- Poi sono crollato.
- Finalmente mi sono guardato
- una volta uscito da me stesso
- e più cercavo di comprendere
meglio
- più mi deridevo.
- Averlo saputo! Non avrei tremato,
- e, certo per nulla,
- mi sarei angustiato.
- Mah, Guglielmo, chi può sapere
- se si esce in piedi o a sedere?
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-
- Suicidio
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- Non credevo che la vita
- ti scivolasse di mano
- e che per un nulla
- l'abisso si aprisse
- nel suo lugubre vuoto
- e contemplare la morte
- no, come ancora di arrivo
- ma come silenzio pietoso
- di chi muore
- Vorrei che tu comprendessi
- che ti comprendo
- quando per millenni
- hai armato la tua mano
- e ti sei colpito
- e se ora io che urtavo
- e deploravo questo gesto
- ti dico: Fratello!
- La notte insonne ti ha
- agitato e pur pregando
- non hai ascoltato
- quel velo commosso
- che celava l'inferno
- Pazienta! Te lo dico come
- un singhiozzo che ti fa
- sussultare il petto. Attendi
- ancora un eterno
- prima di serrare per sempre
- quello sguardo che sa contemplare
- il cielo.
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Ins 26 Ottobre
1999
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