- Giuseppe Agnello è
nato a Sant'Agata di Militello (Me) il 1° gennaio
1977. Vive da sempre a Acquedolci, un ameno paesino della
costa tirrenica.
- Dopo la maturità
classica, tra Accademia della moda e studi letterari, ha
scelto questi ultimi, confermando il suo amore per la
letteratura antica, iscrivendosi alla facoltà di
Lettere e Filosofia di Messina, corso di laurea in
Lettere Classiche. È un cultore della lingua
italiana e la difende, anche nel suo uso quotidiano, da
ogni barbarismo: ad ogni termine straniero preferisce
puristicamente il corrispondente italiano. Scrive poesie
dall'età di 14 anni, ma la vera poesia (quella che
si nutre della lezione dei classici e che s'informa negli
schemi metrici della nostra migliore tradizione poetica)
ha cominciato a prorompere solo a 19
anni.
- Ha partecipato a vari
concorsi poetici a livello nazionale: 'IV Festival della
poesia e della musica' di Gibellina (Tp), 1998 e 'Premio
Kaliggi 99. In entrambe le manifestazioni è stato
inserito nelle relative antologie.
- Attualmente è in
attesa dell'esito del 'Premio Assisi' al quale ha
partecipato con un vivace dialogo in prosa, intitolato
"Il Purista".
- Si ritiene un esteta, che in
ogni occasione vuole esaltare il bello e sferzare il
brutto.
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- La luce del
2000
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- Signore, dal peccato originale
- ciascun di noi mondasti,
- allorquando macchiasti
- di almo sangue la croce.
- Solo per questo immenso atto d'amore,
- di cui beneficiammo senza merto,
- dovremmo ringraziarti tutte l'ore
- e non buttare il dono a noi offerto
- per il quale parecchio hai sofferto.
- Io a Roma ci sarò,
- città che consacrò
- Pietro, il primo seguace.
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- Qui loderannoti diverse lingue
- di popoli fedeli:
- Russi e di Nuova Delhi,
- Angli e Franchi e Tedeschi,
- Africani, Rumeni ed Ungheresi,
- che anelano alla santa purgazione
- e insieme verso di te son protesi,
- coscienti della propria condizione
- e pronti alla papal benedizione.
- Fitti uno accanto all'altro
- non chiedono nient'altro,
- se non che li rinfreschi.
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- Attorno a loro i fasti secolari,
- che vanno dai Latini
- all'estro del Bernini
- e che sono magnifiche
- cornici all'aspettato Giubileo
- La vaticana basilica eccelle
- nella bellezza, agli occhi del romeo:
- maestà, gloria e luce da sé
espelle,
- che toccano le vette e pur le stelle.
- Si perde nell'oblio
- del mondo torto e rio,
- chi qui cerca bonifiche
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- Sull'esterofilia
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- La sconsolata e imminente omelia
- è rivolta allo sciocco
italiano,
- che per apparir forse meno vano,
- preferisce a nostrane strane voci.
- Codesta dilagante simpatia
- ha fatto della lingua un otre strano
- che accoglie insieme al buono il vino
vano
- offrendolo indistinto a vari soci.
- Chi il dolce patrio suono ad altro
associ
- indegno è di calcare questo
suolo.
- Che fuori dei confini viva solo!
- Dirò adesso con versi veloci
- qualche parola che da tale stuolo
- sostituita è stata con
mazzuolo.
- Autorimessa e autostello ora sono
- come 'garage' e 'motel' conosciuti;
- e persino nei nostri bei saluti
- i 'bye-bye' e non ciao assai spesso
senti.
- La donna, poi, che volesse un bel
dono,
- al marito richiede 'bijoux' belli.
- Si vergognò forse a dire
gioielli?
- Nessuno alla risposta mi fomenti!
- Non più conforto ci danno gli
accenti
- che la televisione ci propone
- e per vittoria dell'uso c'impone.
- Per dir di essi però centoventi
- ne occorrono di queste mie canzoni;
- e a fare questo non ho le intenzioni.
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- Più fumo che
arrosto
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- La mente del saccente,
- che sale sembra avere,
- possiede poco o niente,
- ma mostra di sapere.
- Stoltezza e presunzione
- superbia e ignoranza
- son queste la pozione
- che fa la sua scienza.
- Eppure è divertente
- sentirlo discettare,
- vedere che per niente
- ammette di sbagliare.
- E grida con più forza
- le sue assurdità;
- le tira dalla scorza;
- le chiama verità.
- Con ottima loquela
- a tutti i non immuni
- fa bella cantilena
- di assai luoghi comuni.
- Se fosse un animale,
- per me sarebbe un gallo
- di cui il piumaggio vale,
- ma non pure il cervello.
- Descritto ho questo tipo
- e ora vi chiedo ratto,
- non come chiese a Edipo
- la Sfinge fiera affatto:
- "Se foste a un tal dinanzi,
- che cosa gli fareste?"
- Qualor forza vi avanzi,
- certo vomitereste.
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