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- All'Ave Maria
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- Vergine delle Vergini,
- presto sarà notte.
- Nel silenzio
- il mio passo
- non avrà più luce,
- e nei campi l'ombra
- avrà sepolto
- le ultime cicale.
- Allora nessuno
- saprà firmi
- dov'è il limite
- delle cose buie,
- quando il fremito
- dei sensi è paura
- e dove si smarrisce
- l'urlo della notte
- chi mi darà voce o Maria?
- Chiamerò i fiori ad uno ad uno,
- chiamerò gli uccelli,
- ma le mie parole
- cadranno oblique
- per non far rumore.
- Ho paura della notte
- del suo groviglio
- di stelle impenetrabili
- che mi agghiacciano
- rendendomi un masso
- levigato dallo spazio.
- Ma io ti chiamo,
- ti invoco,
- prima che gli alberi
- siano divenuti mostri,
- prima che il crollo
- dell'ultima lama
- di luce tangente
- mi abbia steso.
- Voglio che la notte
- sia mia
- nella purezza
- dei tuoi elementi,
- voglio giocare teco
- come bimbo spaurito,
- voglio il cielo e la terra
- nella mia stanza.
- Vieni, vieni
- nel ricordo del segno di croce,
- entra dalla finestra aperta
- a parlarmi della tua terra,
- là, ove il canto degli uccelli
- è azzurro,
- là, dove il tuo amore matura
- un'immensa pianura di grano.
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- Parole nuove
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- Oggi le mie parole
- sono come creature
- nate dal sangue
- e io mi sento travolto
- a fissare i confini
- di una sorte nuova.
- Sulla linea del tuo orizzonte,
- come su di un piano inclinato,
- le mie mani
- e i miei piedi
- fanno ventosa.
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- Nubifragio
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- Le nuvole
- che oggi piangono
- la tristezza del cielo,
- non hanno pietà.
- Nei campi
- la marea di fango
- ammucchia,
- trabocca e spaventa.
- Le parole
- morte nella terra
- non hanno risonanza
- e nell'aria
- le foglie naufraghe
- non recano
- voci d'alberi.
- Sono rimasto solo
- a camminare
- nel cielo crollato
- tra solchi
- d'aride preghiere
- gli altri,
- attendono taciturni
- nelle case.
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