LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Idelfonso Rossi Urtoler
Idelfonso Rossi Urtoler, pensionato, è nato a Modena il 29 giugno 1926, dove attualmente vive.
Ha fatto gli studi scientifici e frequentato i corsi di giornalismo all'Università di Urbino.
Ha pubblicato presso l'editore Gastaldi di Milano due libri di poesie nella collana Poeti d'oggi «Ali e natura» nel 1949 e «Cerco me stesso» nel 1950.
Presso le Edizioni della Felce di Modena ha pubblicato una commedia «La clausola chiama Saturno» nel 1956. Presso le edizioni Martini e Rossi di Modena ha pubblicato un volume di poesie «Usque ad finem» nel 1957.
Ha pubblicato poesie presso giornali e riviste. È stato industriale fino al 1990.
 
Per leggere l'opera 9° classificata al concorso Marguerite Yourcenar 1999 sez. poesia
Per leggere l'opera inserita nell'antologia Ferrera Erbognone 1998
 

 
 
All'Ave Maria
 
Vergine delle Vergini,
presto sarà notte.
Nel silenzio
il mio passo
non avrà più luce,
e nei campi l'ombra
avrà sepolto
le ultime cicale.
Allora nessuno
saprà firmi
dov'è il limite
delle cose buie,
quando il fremito
dei sensi è paura
e dove si smarrisce
l'urlo della notte
chi mi darà voce o Maria?
Chiamerò i fiori ad uno ad uno,
chiamerò gli uccelli,
ma le mie parole
cadranno oblique
per non far rumore.
Ho paura della notte
del suo groviglio
di stelle impenetrabili
che mi agghiacciano
rendendomi un masso
levigato dallo spazio.
Ma io ti chiamo,
ti invoco,
prima che gli alberi
siano divenuti mostri,
prima che il crollo
dell'ultima lama
di luce tangente
mi abbia steso.
Voglio che la notte
sia mia
nella purezza
dei tuoi elementi,
voglio giocare teco
come bimbo spaurito,
voglio il cielo e la terra
nella mia stanza.
Vieni, vieni
nel ricordo del segno di croce,
entra dalla finestra aperta
a parlarmi della tua terra,
là, ove il canto degli uccelli
è azzurro,
là, dove il tuo amore matura
un'immensa pianura di grano.
 
 
Parole nuove
 
Oggi le mie parole
sono come creature
nate dal sangue
e io mi sento travolto
a fissare i confini
di una sorte nuova.
Sulla linea del tuo orizzonte,
come su di un piano inclinato,
le mie mani
e i miei piedi
fanno ventosa.
 
 
Nubifragio
 
Le nuvole
che oggi piangono
la tristezza del cielo,
non hanno pietà.
Nei campi
la marea di fango
ammucchia,
trabocca e spaventa.
Le parole
morte nella terra
non hanno risonanza
e nell'aria
le foglie naufraghe
non recano
voci d'alberi.
Sono rimasto solo
a camminare
nel cielo crollato
tra solchi
d'aride preghiere
gli altri,
attendono taciturni
nelle case.
 

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Agg. 17 dicembre 1999