- Marina Galatioto è
nata a Milano il 25 agosto 1967.
- Diplomata nell'87 come
perito meccanico, lavora come libero professionista in
uno studio che si occupa di documentazioni tecniche per
macchine industriali e non.
- Fin da ragazza ha sempre
amato scrivere, ma fino al 97 non aveva mai pensato di
spedire i suoi scritti a editori o riviste; per fortuita
lettura del bando di un concorso ha intrapreso poi questa
strada, partecipando a vari concorsi e classificandosi
sempre ai primi posti o risultando
finalista.
- Ha pubblicato diverse sue
composizioni, racconti e articoli su
riviste.
- È presente in varie
antologie.
- In totale ha scritto 44
racconti di vario genere (amore, fantasy, fantascienza,
horror, favole...), due romanzi per ragazzi, tre romanzi
di narrativa femminile e un romanzo
giallo.
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- Sorrisi
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- Incontro per strada
- persone distratte
- dai loro problemi
- a cui manca il sorriso.
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- Vedo persone
- malate d'amore
- tirare avanti
- come in catene.
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- Pochi sorrisi,
- tanti delusi
- da un mondo crudele
- da un destino peggiore.
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- Nessuno che pensa
- come sarebbe
- la vita
- con un sorriso
- in più.
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- Il male non se ne andrebbe
- il dolore nemmeno
- ma la vita sarebbe
- un pochino migliore.
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- Il
migliore amico
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- L'aveva visto in quel letto d'ospedale mentre
dalle sue labbra usciva l'ultimo respiro. In quel
momento si era sentito così strano, leggero e
tanto, tanto solo. Era come se avesse perso un legame,
un filo con la vita, con tutto il resto. Si sentiva
isolato e nessuno più gli prestava attenzione.
Vennero parenti, amici, conoscenti a trovare Moris, ma
a lui non riservarono nemmeno un timido sguardo. Non
lo vedevano, non badavano a lui. Nessuno. Eppure lui e
Moris erano stati così legati, si poteva dire
che Moris era il suo migliore amico... e guarda che
trattamento gli riservavano!
- Possibile che nessuno avesse per lui una parola
gentile? Si sentiva solo e sperduto, abbandonato in un
angolo. Mentre Moris non soffriva più, lui
provava quella ridda di emozioni. Si sentiva tradito,
Moris non aveva nessun diritto di andarsene e
lasciarlo solo. E poi non aveva più nessun
amico, non avrebbe più visto i suoi cari, gli
amici e nemmeno quella giovane donna che gli piaceva.
Tutto perché Moris aveva deciso di aver
quell'incidente: una caduta dalle scale e un trauma
cranico. Era entrato in coma e lui l'aveva vegliato
preoccupato per tre giorni di seguito. Aveva ascoltato
i medici mentre dicevano che non c'erano speranze e
aveva esortato Moris in mille modi per fare che si
svegliasse.
- Aveva cercato di aiutarlo, di fare qualcosa per
lui. Gli aveva parlato delle cose che avevano fatto
insieme, aveva cercato di farlo pensare a tutto quello
che ancora potevano fare. Avevano il futuro davanti,
anni e anni di gioie. Eppure niente, rimaneva in
quelle condizioni: stazionarie. I medici per quei tre
giorni si erano susseguiti e ognuno di loro aveva
detto la stessa cosa. I familiari di Moris piangevano
e soffrivano ma anche lui del resto. Solo che lui non
aveva nessuno con cui dividere il dolore, la perdita
del suo migliore amico.
- D'improvviso era peggiorato e anche lui aveva
sentito un sordo dolore alla testa e dei forti
capogiri. Erano stati così vicini che doveva
essere naturale. Le apparecchiature di fianco al suo
letto avevano iniziato a lampeggiare e uno stuolo di
medici era accorso. Tutti intorno al letto, chinati su
Moris che cercavano di fare qualcosa, di aiutarlo, Lui
non era riuscito a vedere cosa facessero e quando si
erano scostati aveva letto sui loro visi il risultato
di tanta ansia: Moris se n'era andato per sempre. Non
gli aveva lasciato che ricordi, null'altro che
ricordi.
- Sensazioni piacevoli, le esperienze dei suoi
trent'anni, le gioie, i sogni, gli sforzi... eppure
andandosene gli impediva di continuare quella vita, di
vivere attraverso lui le gioie con quegli amici, con
quei parenti, con quella donna.
- Quando Moris era morto non aveva più
sentito male alla testa e nemmeno i capogiri. Aveva
invece sentito una profonda pace interiore mista al
rammarico di un mondo lasciato, di un gioco
abbandonato prima della fine, di occasioni sprecate,
di amicizie perdute se non per sempre per molto, molto
tempo.
- Al pensiero di dover ricominciare da capo lo
assaliva lo sconforto. Lui e Moris avevano un bel
lavoro, molti amici, una bella casa ma soprattutto
stavano bene insieme. Una coppia perfetta, che ragione
c'era di cadere dalle scale e interrompere così
bruscamente una tanto bella e proficua
collaborazione?
- Aveva seguito il corteo funebre per le strade
della città, primo di tutti, fino al cimitero
dove parenti e amici lo avevano pianto, Moris. Per lui
invece niente, nemmeno sapevano di lui, di ciò
che era stato lui per Moris. Non sapevano che senza di
lui Moris non avrebbe potuto vivere. E tutte le
emozioni che provava Moris erano le sue.
- Era stato lui a tenere in vita Moris, a dargli
l'impulso a continuare a vivere, a farlo sognare,
ridere e provare emozioni, sì lui.
- Moris era stato solo un mezzo! Un mezzo con cui
lui aveva parlato, agito, amato come tutti gli altri.
Accidenti a quei corpi che non si riuscivano a
riparare!
- Oh, Moris, avevo ancora così tante cose
da fare, avevo il mondo ancora da vedere. Potevo
amare. Solo trent'anni e fino ad ora eravamo andati
bene, avevamo una vita da vivere.
- Perché non aveva fatto caso a come aveva
messo il piede Moris?
- Perché stava pensando! Si era distratto,
Moris era sceso dalle scale troppo velocemente e
inciampare era stato troppo facile. A ruzzoloni aveva
percorso le scale. Arrivato in fondo era rimasto
immobile, mentre una goccia di sangue gli usciva dalla
bocca, lui si era sentito sbalzare fuori e poi l'aveva
visto.
- Quella era stata la prima volta.
- Naturalmente si era preoccupato ed era corso a
chiedere aiuto. Stranamente nessuno gli aveva prestato
attenzione. Aveva vagato in cerca d'aiuto fino a
quando aveva udito l'urlo. Di corsa era tornato nei
pressi di Moris. La donna lo guardava sconvolta mentre
qualcun altro chiamava un'ambulanza.
- Era salito su di essa con Moris e la loro
amica. Gli aveva parlato dolcemente, pregandolo di
avere fiducia e dicendogli che tutto sarebbe andato
bene; non c'era da preoccuparsi.
- I medici invece avevano detto subito che c'era
ben poco da fare.
- Lui era rimasto a vegliarlo e l'aveva fatto
fino alla fine. Gli aveva raccontato di quello che
ancora avrebbero potuto fare, gli aveva fatto vedere
episodi successi nel loro passato, l'aveva anche
minacciato.
- Aveva sofferto molto anche lui, ma era rimasto
nella speranza che Moris potesse riprendersi e tornare
a vivere; non l'aveva fatto.
- Il prete aveva parlato e la cerimonia era ben
presto finita. Ognuno era andato per la sua strada e
per lui nemmeno un parola. Nessuno che sapesse di lui,
nessuno che fosse consapevole. Accidenti! soffriva da
solo, lì, in quell'angolo di cielo mentre
vedeva per l'ultima volta gli amici e i familiari.
Possibile che nessuno si rendesse conto della tremenda
perdita che lui aveva subito? Senza Moris non poteva
far niente, non poteva restare tra loro.
- Poi gli venne in mente dove aveva trovato
Moris.
- Come aveva trovato lui poteva trovare qualcun
altro. Si sentì un po' meglio e piano piano
salì verso l'alto, verso il cielo blu
dell'estate, per andare verso un ospedale.
- Peccato per Moris, era stato il suo migliore
amico.
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