LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Pasquale Primerano
Pasquale Primerano è nato a Bovalino Marina (Rc) il 1° marzo 1925, dove tuttora risiede. Sin da quando frequentava la scuola i suoi professori lo chiamavano con l'appellativo di 'poeta' e tale è rimasto fino ad oggi. La tematica poetica spazia in qualsiasi campo: il mare, le stagioni, il prossimo, la vecchiaia, il cielo, la vita agreste dei campi, l'aldilà, e poi l'amore che lo travolge e lo trascina fino allo spasimo.
Ha pubblicato "Frammenti della mia vita", poesie, Ed. Morelli, Verona, 1984; "Senoli, ricordi di un maestro", narrativa, Ed. Morelli, Verona, 1990; "Tormenti del mio Io", poesie, Ed. Cultura Duemila, Ragusa, 1993; "I misteri della fragilità", Ed. Laboratorio delle Arti, Milano, 1994; "Rugiade", poesie, Ed. Alemanno, presidente dell'Accademia dei Micenei, Reggio Calabria, 1996.
Senatore Accademico dell'Accademia dei Micenei con medaglia d'oro della presidenza, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti dei quali, tra i più recenti, 'Presenza"' Striano, Napoli; Premio benemerito privilegiato, della Regione Calabria del periodico 'Presenza', Premio Letterario Internazionale 'Wolfang Goethe' ,Luco dei Marsi, L'Aquila; 'Premio S. Valentino' della Primavera Terniana, Primo premio per il libro "I misteri della fragilità", Ediz. A. d'A. Roma, 1995, finalista con il libro "Nei miei versi il dolore", Grande Rassegna d'Arte 1997 'Omaggio a S. Marino', diploma di merito e primo class. con il racconto "La signora Vita" e per la poesia "La tua immagine", Membro Honoris Causa a vita del C.D.A.R. per la sezione lettere, Ed. Ignazio Priviteri Sutri, Pistoia e molti trofei, coppe, diplomi, targhe per la sua attività letteraria, specie nel campo della poesia e della narrativa.
È inoltre in via di pubblicazione un suo manoscritto di narrativa dal titolo "La società di ieri e di oggi nel Sud" e un altro libro di racconti inediti.
 
Inserito nell' Antologia Marguerite Yourcenar 1998
 
Io e il vento
 
Mi sono svegliato: intorno il vento,
leggero, si sentiva, sfiorava la
pelle, i capelli. Osservavo l'immensa,
infinita pianura che si sperdeva
nell'infinito, era così verde e l'erba
sembrava fluttuante come se avesse
avuto un cuore proprio. Ma era il
vento: si portava via i fuscelli, e gli
insetti, volando per l'aer,
cercavano di raggiungere un ramo, un fiore
per poi adagiarvisi. Io come
etereo correvo, correvo in mezzo ad un
campo fiorito ed olezzante.
Sognavo: mi sembrava di volare, librarmi
nel cielo turchese, oh vento, portami via
con i fuscelli, i rametti, ai
fiori, agl'insetti; portami via,
fammi volare con te, desidero vedere
che cosa c'è, voglio sentirmi
leggero come te, e soffiare insieme a
te alla noia, alla tristezza, al
dolore che mi tormenta, voglio portar
via tutte le brutture, le
nefandezze, i dolori di questo ingrato
mondo: soffiarle, spazzarle via
con te.
 
 
 
Desiderio
 
Soltanto tu potrai lenire, placare
il tormento che invade il
mio cuore infranto. Tu sei per me
la speme adorata di questo
cuore in mille pezzi. Tu sola, e
nessun'altra potrebbe consolare
l'anima mia inquieta e ribelle.
Tu sei come la Venere che
illumini e diffondi, con grazia iridescente,
il mio cammino. Dal tuo calice,
di giada porporina, vorrei
assaggiare la balsamica ambrosia,
celeste e divina essenza. Tu
rassomigli ad una farfalla dal nettare
dei fiori, così io, dai tuoi
petali di opalino fiore traggo la
linfa ristoratrice, come
alimento che mi riporta alla vita, agli
amorosi sensi, a te!
 
 
 
Senza nome
 
Non conosco il tuo nome: eppure
t'amo, ti voglio bene, mi
sento impazzire. Accanto a te mi
sento ebbro: il mio cuore
batte a mille all'ora, mi fai venire
le vertigini. Una cosa è
certa: mi sono innamorato di te,
del tuo bel viso angelico,
dei tuoi occhi che mi hanno
elettrizzato. Ormai non ho scampo:
m'hai stregato e sono ai tuoi
piedi. Non ho bisogno di
sapere il tuo nome: io ti chiamo
'Amore mio!' Vuoi
altro...? Tu sei la mia regina
ed io il tuo paggio.
 
 
 
Morte nella vita
 
Quando l'estate va al tramonto e
l'autunno incede a passi
lenti; ognun ritorna negli opifici
del suo lavor; quando, ohimè!, mari
e monti si spopolano e si avverte
in noi un cambiamento vuol dire
che è iniziato il triste
autunno. Ti senti solo, sperduto
pellegrino che vaghi nell'incerto
dell'oscurità; indi ti assale una
profonda tristezza e un senso di
vuoto e di sconforto ti rilega in
una stanza dove ti arrovelli
il cervello del tempo che fu. Chiedi
aiuto alle piante, al silenzio
che ti sovrasta e provi una penosa
sensazione di morte nella vita.
 

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Inserito il 7 marzo 2000