- A Nosside
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- E piace ascoltare i gemiti
- e palpare gli umori
- degli anfratti reconditi
- della carne delle muse.
- Viene da questa terra
- antichissima, misteriosa,
- il richiamo dell'amore.
- Qui, in sale vaste
- coi pavimenti coperti
- di tappeti lanosi,
- accesi appena dalle luci
- di fuochi sospesi a mezz'aria,
- dentro vasi lucenti,
- qui dove l'arpa
- e il flauto piegavano
- l'orchestra del mare
- e il pianto degli armenti,
- qui i greci si amavano.
- Corpi dalle nudità bianche,
- spumose di gioventù,
- lasciavano senza timori
- le vesti lunghe: seni caldi e sodi
- si liberavano dal giogo
- delle fasce, e si davano
- ai petti degli uomini.
- Le anche abbondanti,
- sinuosi manici
- di ceramica, stagliavano
- le loro ombre sulle pareti
- tufacee. Fiammelle oscillavano
- mentre già i primi occhi
- si chiudevano e le prime
- bocche mormoravano piaceri.
- Le coppie si incoraggiavano.
- E c'erano donne e fanciulle
- appena in fiore, tutte odorose di
- carne liscia
- umidita da rugiadosi sudori
- di insenature cocenti,
- ove mille peluzzi, come erbette
- di primavera, ondeggiavano
- alle care brezze ioniche.
- E si amavano tutti insieme
- e si guardavano di tanto in tanto
- nel voltarsi e rivoltarsi
- sui tappeti che rubavano
- le essenze divine
- dei seni delle vagine
- Si muovevano lente
- le donne abbracciate ai guerrieri
- dai corpi scultorei.
- E i deltoidi e le braccia in argento,
- forti dello scudo pesante
- e del gladio,
- le tenevano quando la forza
- del piacere le abbatteva e, disfatte,
- piene di malinconica felicità,
- le donne lamentavano da dentro il
- grembo.
- Erano orge di grazia
- su cui Dionisio sempre vegliava.
- Tutto avveniva come in un tempio.
- Un tempo.
- Oggi, resta in bagli abbandonati
- la paura di un misfatto rubato alla
- decenza.
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- Versi (A sera)
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- A sera mi vengono in testa
- versi gonfi e dilatati
- come varici livide
- di bigotte in processione
- e li scarico come mucchi
- di ossa in questa bara
- che è la mia penna.
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- L'alba
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- C'è ancora quell'aria notturna,
- lunare, piena di religiosità
- e mistero, alla prima luce,
- quando il sole lancia
- dalla sua segreta
- lo sguardo paterno, gelido,
- sui tetti del borgo,
- i quali rispondono coi loro colori
- tenui, addormentati, indistinti
- allora ognuno è poeta!
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- Non chiedermi perché io
sia poeta
-
- Non chiedermi perché io sia
poeta.
- Questo libro non è un Vangelo
- e nulla, neanche un verso,
- può insegnarti la vita,
- mostrarti l'Eterno.
- Solo, qui, tra queste righe
- immediate, brusche, trovi
- un'altra formula
- del Mistero inspiegabile della Poesia.
- Non chiedere perché scrivo.
- È il segreto sorriso di qualche
Musa
- che mi fa parlare.
- Accetta questo. Lo accetto anch'io!
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