Scrittori italiani contemporanei
Giusy Gallucci
Ha pubblicato il libro

Giusy Gallucci, Esito, ed. Montedit, 1998, pp. 112, Lit. 14.500. ISBN 88-86957-27-0.
 
PREFAZIONE
 
"Esito" di Giusi Gallucci, autrice già piuttosto nota di atti unici per il teatro e testi poetici, è un libro singolare, frutto di esperienze e meditazioni diverse che, tuttavia, si rifanno a un'unica matrice. Nei tre "pezzi" qui raccolti, infatti, si riflette con diverse angolazioni la medesima aspirazione a percepire una sorta di respiro cosmico (azzardiamo questa definizione, che forse non dispiacerà all'autrice) che accomuna ogni essere animato e inanimato sulla terra. Sentirsi parte del tutto: è questo il desiderio, il sogno inconfessabile, talvolta il delirio di tutti coloro che non si accontentano di risposte preconfezionate, emozioni in scatola, pensieri predigeriti da altri; è una sfida costante al pensiero borghese che pretende di incasellare e classificare ogni sensazione e ogni individuo al pari di merce da esporre in bella mostra sugli scaffali dei grandi magazzini. In un mondo dove la parola "mercato" è diventata la ricetta per tutti i mali, e dove comprare e vendere sono divenute le attività nobili per eccellenza, la coraggiosa presa di posizione di chi grida "non ho prezzo, posso solo essere un regalo a chi saprà apprezzarlo" può sembrare persino blasfema, tanto si pone in contrasto con la morale comune. Ma si sa che solo con ardimento e follia (o supposta tale) si infrangono le barriere e si rovesciano i luoghi comuni nei quali è comodo accucciarsi.
Ed è ancora più significativo che le protagoniste della ribellione messa in atto da Giusi Gallucci siano tutte donne: donne esposte, talvolta impietosamente, su un palcoscenico; sole con la loro femminilità che troppe volte stenta a fiorire in modo armonioso a causa dei condizionamenti imposti dalla società. Donne che si misurano con se stesse e con la propria immagine di sè riflessa negli occhi dell'antagonista di turno: l'uomo, la madre, il fato. Da questo magma di forze contrastanti emerge con forza, voluttà e incanto la figura della donna nuova, rinata dopo un travaglio doloroso (e si leggano in proposito i suggestivi versi della nascita sofferta dalla parte del feto, nel secondo testo della raccolta) alla luce potente di quelle stelle, di quelle incantevoli notti così spesso evocate dall'autrice. I monologhi del personaggio-donna sono perfettamente in linea con queste premesse: leggiadri perché di leggerezza la donna è in cerca; sognanti, anche laddove si fanno più concitati, perché è la dimensione del sogno che va recuperata per contrastare l'avanzata imperiosa di una realtà che non lascia spazio alla fantasia e all'intuizione; sospesi (la scelta dei puntini di sospensione che spesso sostituiscono il punto fermo non è certo casuale) perché l'obbiettivo non è la risposta certa, ferma, bensì una ritrovata completezza del sè che accolga luci ed ombre, zone chiare e scure di quel mistero che è la femminilità.
Altrettanto conseguenti sono le scelte scenografiche, in prevalenza scabre ed essenziali ma con forte carica simbolica: quelle piume che si sollevano verso l'alto, quei veli che disegnano un labirinto, quei lembi di veste che cadono, una alla volta, fino a scoprire l'abbagliante veste bianca (come una distesa di sabbia su cui è possibile scrivere, o riscrivere, una o tante storie) segno tangibile di una conquistata purezza spirituale: sono tutti segnali di una ricerca intensa, mirata, che non ammette distrazioni di sorta.
Tutto il discorso della Gallucci - così apertamente lirico, così fortemente poetico - acquista con il procedere della rappresentazione, o della lettura, una sua intima coerenza che, come si diceva prima, parte dalla molecola per arrivare al tutto, disegnando un cerchio perfetto al cui interno si colloca la protagonista, immaginaria radice di un immenso tronco da cui si dipanano in mille rami le varie sfaccettature dell'esistenza: l'amore, la nascita, la vecchiaia, la morte, il dolore.
Nell'ambito di questa ricerca è dunque naturale che il discorso poetico segua un percorso concentrico: nel primo testo troviamo una donna matura che si dibatte alla ricerca della propria intima verità, incontrando in modo variamente conflittuale i fantasmi della propria mente e della propria storia; nel secondo la stessa donna rivive, nel confronto con la madre, i delicati momenti della nascita e dell'infanzia; nel terzo, infine (che a differenza dei primi due si configura come un poemetto e non presuppone una scenografia precisa), la donna torna alle origini della propria esistenza, al paese natale, vivendo una sorta di simbiosi con la terra-madre dalla quale troverà la forza per ricostrui-re anche il rapporto col padre.
Esito è, si diceva, un testo singolare: perché si presta a molteplici letture, alla rappresentazione e alla meditazione; ma soprattutto perché avanza la suggestiva e intrigante ipotesi che la donna possa e debba essere protagonista della propria vita e di un mondo che nella vana ricerca di valori cosiddetti maschili ha finito con l'abbandonare in soffitta la carica primitiva e vitale che ciascuno dovrebbe invece custodire gelosamente: l'amore per la vita, la capacità di generare la vita attraverso l'amore.
 
Bianca Cerulli
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agggiornato il 3 marzo 1998