- Concorso
            Letterario
 
            
            - Premio di
            Poesia Poeti dell'Adda 2001
 
            
            -  
 
            
            - La Giuria della sesta edizione del Premio di Poesia
            Poeti dell'Adda 2001, presieduta da Massimo Barile, dopo
            attenta analisi e valutazione delle opere pervenute ha
            stabilito di premiare le seguenti opere: 
 
            
            -  
 
            
            - CLASSIFICA
            
            
 
               -  
 
               
               -  
 
               
               - RISULTATI DEL CONCORSO 
               Premio di Poesia Poeti dell'Adda 2001,:
 
               
               - Per leggere i testi cliccare sul nome.
 
               
               -  
 
               
               - Opera 1° classificata: "Creazione di un nuovo
               mondo" di Simone Galaurchi,
               Viareggio (Lucca)
 
               
               - Opera 2° classificata: "Lo straccio" di
               Filippo Bonaventura, Mira
               (VE).
 
               
               - Opera 3° classificata: "Seasonal decrease" di
               Egidio Belotti, Fossano
               (Cuneo).
 
               
               - Opera 4° classificata: "Sogni" di Roberto
               Silleresi, Baganzola (Pr
 
               
               - Opera 5° classificata: "Luci e ombre" di
               Margherita Biondo,
               Agrigento;
 
               
               - Opera 6° classificata: "Le pareti fragili del
               cuore" di Adriana Scarpa,
               Treviso;
 
               
               - Opera 7° classificata: "Le parole che non
               t'ho mai detto" di Marilena Rimpatriato,
               Torino;
 
               
               - Opera 8° classificata: "Nel silenzio" di
               Anna Maria Monchiero, Sorbara
               (Mo);
 
               
               - Opera 9° classificata: "Sogno" di un'analisi
               di Andrea Bartoli, Osimo
               (An);
 
               
               - Opera 10° classificata: "ARS poetica" di
               Massimiliano Badiali,
               Arezzo.
 
               
               -  
 
               
               - Sono segnalati dalla Giuria con attestato di
               merito:
 
               
               - "Come pettine dismesso" di Domenico
               Bisio, Fresonara (AL);
 
               
               - "Depressione" di Antonio De
               Lucia, S. Maria a Vico (CE);
 
               
               - "Novembre" di Marco
               Proietti, San Donato Milanese (MI);
 
               
               - "Il pensiero fisico" di Silvana
               Varotti, Ravenna;
 
               
               -  
 
               
               - La cerimonia di premiazione si terrà sabato
               15 dicembre 2001 alle ore 15,30 a Melegnano (MI),
               presso il Salone Predabissi - via Frassi, 2 angolo via
               Predabissi.
 
               
               - 
               
               
 
               
                
             
            
          
       | 
   
   
      
         
               - 1° classificato 
               
 
               
               -  
 
               
               - Simone Galaurchi
 
               
               -  
 
               
               - Creazione di un nuovo mondo
 
               
               -  
 
               
               - Sognando la vita
 
               
               - immagino una cripta satura di colori e aromi,
 
               
               - che scacciano la morte creando l'esistenza.
 
               
               -  
 
               
               - Sognando di essere qualcosa
 
               
               - mi rendo conto di essere un crogiolo ricolmo di
               sangue
 
               
               - dove talvolta, emergono dei rimpianti,
 
               
               - per dei problemi mai affrontati
 
               
               - o soltanto immaginati, per rendere la zuppa
               diversa.
 
               
               -  
 
               
               - Sognando dei privilegi,
 
               
               - credo di perdermi tra le cose che vorrei,
 
               
               - quelle che mi perseguitano,
 
               
               - quelle che di sicuro non avrò,
 
               
               - oppure che non so di avere.
 
               
               -  
 
               
               - Senza accusare nessuno della mia
               mortalità,
 
               
               - cedo al dolore della carne,
 
               
               - che talvolta si accanisce su di me
 
               
               - sradicando dalla mia povera anima
 
               
               - anche l'ultimo grammo di comprensione
 
               
               - che gradirei mantenere per poterlo concedere
 
               
               - per chi di sicuro, dovrà giudicarmi.
 
               
               -  
 
               
               - Senza aver risolto alcuno dei dubbi che mi
               perseguitano
 
               
               - mi appresto a tornare nella mia cripta,
 
               
               - piena di immagini che solo io posso vedere
 
               
               - di sapori che posso gustare
 
               
               - di colori che velano la malinconia.
 
               
               -  
 
               
               - Spero di riuscire ad addormentarmi,
 
               
               - così da dimenticare le parole
 
               
               - per sforzarmi di ricordarle,
 
               
               - così che possano diventare dei ricordi
 
               
               - Gioire per la creazione di un nuovo mondo.
 
               
               -  
 
               
               - Torna all'indice
 
               
               -  
 
               
               - 
               
               
 
               
                
               
               -  
 
               
               - 2° classificato 
               
 
               
               -  
 
               
               - Filippo Bonaventura
 
               
               -  
 
               
               - Lo straccio
 
               
               -  
 
               
               - Vago solo e dimentico nella terra di nessuno,
 
               
               - tra la ghiaia che scriccia sotto i piedi,
 
               
               - abbacinata dall'arsura delle strade dei
               campi;
 
               
               - tra il riverbero che sale di calore,
 
               
               - sì che par frondino le foglie, ma di mia
               illusione;
 
               
               - tra la cappa d'afa che languisce e che si
               stende
 
               
               - sull'erba discolorita al mezzogiorno;
 
               
               - tra i sepolcri grigiastri del seme di spiga,
 
               
               - smossi appena dalla lama che sgretola,
 
               
               - crepati come pane raffermo;
 
               
               - sul sentiero azzimo che spacca, sul silenzio delle
               cose
 
               
               - che svengono, e si sfanno, e si dischiudono
 
               
               - in una dimensione distorta, svomerata
 
               
               - dalla calura desolata dell'estate.
 
               
               - E dimentico la vita, franta nel petto dalle
               cose
 
               
               - che si perdono come lacrime tra la pioggia.
 
               
               - E dimentico quel poco di cosa che anch'io
               sono,
 
               
               - ma rimango, e m'affonda nel buio caduto del
               cuore,
 
               
               - nell'abisso gelido e metallico un groppo
               d'asma,
 
               
               - il ciottolo di saliva che arso mi sciacqua
               nell'umido fondo.
 
               
               - Sciacq! Si fa la sera umida e grigia, le cose si
               condensano,
 
               
               - io mi raddenso nel mio dolore di uomo
 
               
               - sopra il duro dell'asfalto che non bagna.
 
               
               - E l'asfalto specchia nei grumi densi
 
               
               - che brombano di scuro, oltre la vita.
 
               
               - Che presto scrosciano e rovesciano,
 
               
               - pozzangherano la terra che non pregna,
 
               
               - si buttano a dirotto sui miei panni,
 
               
               - tamburano la mia pelle ebbra di vita
 
               
               - per danzare lontano il caldo fermo.
 
               
               -  
 
               
               - Ma infine mi ritrovo e ritorno al buco
               celeste,
 
               
               - al vuoto consueto delle parole riaffiorate.
 
               
               - E perdo la cosa, come sempre, mi rimane solo
 
               
               - uno straccio di caldo bagnato, qui nella terra di
               tutti,
 
               
               - tra le cose che tutti sanno e non
               dimenticano.
 
               
               -  
 
               
               - Torna all'indice
 
               
               -  
 
               
               - 
               
               
 
               
                
               
               -  
 
               
               - 3° classificato 
               
 
               
               -  
 
               
               - Egidio Belotti
 
               
               -  
 
               
               - Seasonal decrease
 
               
               -  
 
               
               - E l'afa su questo dischiuso
 
               
               - strepito in penombra affonda
 
               
               - le stagioni trascinate sulle membra
 
               
               - sottili a prosciugare troppi
 
               
               - inverni ripiegati nelle aguzze
 
               
               - ali di farfalla, ma quante rughe
 
               
               - di coscienza non scorgo più 
 
               
               - in questi fondali frantumati
 
               
               - mentre precipitano ancòra
 
               
               - i raggi più indifesi a dilatare
 
               
               - le innocue nubi dei tramonti	
 
               
               - e aghi di pino e visi di donne
 
               
               - inginocchiate su ombre
 
               
               - intense di cortecce adolescenti:
 
               
               - ora che sai quanto la veglia
 
               
               - fatichi a diventare voglia,
 
               
               - ascolta le voci spettinate
 
               
               - misurare chete vuoti riverberi
 
               
               - di storie e dipanare quest'opaco
 
               
               - filo che mi brucia tra le dita ferme,
 
               
               - ma suppongo sia tardi, troppo tardi
 
               
               - per avvolgere il presente con suoni
 
               
               - di violino seppelliti da cocciute
 
               
               - impronte di silenzi trasparenti dove
 
               
               - puntuale affiora nitida questa nostra
 
               
               - liquefatta decadenza stagionale
 
               
               - inesorabile sul palpito del vento
 
               
               - muta come un tranquillo pipistrello
 
               
               - incredulo nella sua ultima veglia
 
               
               - equinoziale: ma fino a quando
 
               
               - così ostinata sul valico del tempo...
 
               
               -  
 
               
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               -  
 
               
               - 4° classificato 
               
 
               
               -  
 
               
               - Roberto Silleresi
 
               
               -  
 
               
               - Sogni
 
               
               -  
 
               
               - Ho smesso d'inseguire i sogni,
 
               
               - mi basta alzare il volume del silenzio
 
               
               - ed aspettare che si posino sulla parete.
 
               
               - Sfilo la matita dai capelli
 
               
               - e ne contorno l'invisibile struttura
 
               
               - Talvolta sono alianti color del sole,
 
               
               - altre, aquiloni senza filo, in stallo
 
               
               - sugli slarghi gerbidi della mia anima.
 
               
               - Nella chiocciola del tempo migratore
 
               
               - srotolo - adagio - fondali di cartone.
 
               
               -  
 
               
               - I miei sogni non sono il corrimano
 
               
               - d'una mente insonne,
 
               
               - provengono da un inverno disciolto
 
               
               - che rammenda sdruciti ricordi.
 
               
               - Sono briciole di una notte
 
               
               - da accogliere con l'alibi del sorriso.
 
               
               - Mi sento coetaneo della luna,
 
               
               - mi riconosco in una lacrima del mare.
 
               
               - Rispondo alla voce elegante del risveglio,
 
               
               - straniera poesia inguantata nell'alba.
 
               
               - E m'accorgo di pensare
 
               
               - in una lingua che non conosco.
 
               
               - Registro le umane nequizie
 
               
               - senza provare nostalgia del futuro.
 
               
               -  
 
               
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               -  
 
               
               - 5° classificata 
               
 
               
               -  
 
               
               - Margherita Biondo
 
               
               -  
 
               
               - Luci e ombre
 
               
               -  
 
               
               - Dovrei scaraventare dal balcone
 
               
               - mendaci Amorini maliziosi
 
               
               - e lasciare gli idilli ai sognatori.
 
               
               - Vorrei essere Sibilla del mio dire
 
               
               - mentre digrigno i denti
 
               
               - senza baciare labbra carnose
 
               
               - e rinchiudo il peccato
 
               
               - in una suite scarlatta
 
               
               - dove gusto l'oppio del piacere
 
               
               - in fleboclisi che singhiozzano
 
               
               - tra vene solitarie.
 
               
               - Tuttavia brucio incenso
 
               
               - nel turibolo della speranza
 
               
               - perché permanga nello sguardo
 
               
               - un bagliore d'ametista
 
               
               - anche quando l'austerità
 
               
               - busserà sui miei capelli
 
               
               - bruniti da gialle ciocche.
 
               
               -  
 
               
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               -  
 
               
               - 6° classificata  
               
 
               
               -  
 
               
               - Adriana Scarpa
 
               
               -  
 
               
               - Le pareti fragili del cuore
 
               
               -  
 
               
               - L'onda danza il flamenco
 
               
               - dall'ombra alla luce si avvolge
 
               
               - risacca-fusciacca annodata
 
               
               - a fianchi di pallida rena.
 
               
               -  
 
               
               - E già si fa notte.
 
               
               - Occhiplatino punteggiano il buio.
 
               
               - Come tutto ora appare diverso!
 
               
               - solo in noi il tempo
 
               
               - lascia aperte le ferite di sempre
 
               
               - e viviamo
 
               
               - fingendo di credere
 
               
               - che un fiore spunterà sulla piaga.
 
               
               -  
 
               
               - L'acqua compie i suoi riti
 
               
               - stanotte. Arcangeli platino
 
               
               - vi spargono sopra
 
               
               - riflessi di stelle lontane
 
               
               - però lo smeraldo dell'alga
 
               
               - non sa levigare
 
               
               - i ciottoli aguzzi
 
               
               - che feriscono.
 
               
               -  
 
               
               - Perché rammentare allora
 
               
               - l'intrico di rami del salice
 
               
               - ricordare stagioni perdute
 
               
               - se la realtà
 
               
               - è questo reticolo di vene
 
               
               - che mette allo scoperto
 
               
               - 	dolorosamente
 
               
               - le pareti fragili del cuore.
 
               
               -  
 
               
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               -  
 
               
               - 7° classificata 
               
 
               
               -  
 
               
               - Marilena Rimpatriato
 
               
               -  
 
               
               - Le parole che non t'ho mai detto
 
               
               -  
 
               
               - Mute sillabe che danzano
 
               
               - nel pentagramma dell'anima
 
               
               - che turbinano discrete
 
               
               - da uno spartito d'ombra.
 
               
               -  
 
               
               - Parole arcane
 
               
               - alle quali non si può dar voce
 
               
               - ma che esplodono negli occhi
 
               
               - quando la segreta moviola dei sogni
 
               
               - scorre lungo il perimetro della coscienza
 
               
               - tratteggiando un ipogeo film muto.
 
               
               -  
 
               
               - Le parole che non t'ho mai detto
 
               
               - sono grida incoerenti
 
               
               - di cui tu non puoi neppure sentire l'eco,
 
               
               - sono sogni di vetro
 
               
               - che scintillano di luci
 
               
               - da nessun sguardo mirate,
 
               
               - sono vascelli arenati nella sabbia degli anni
 
               
               - che ospitano fantasmi di naufraghi
 
               
               - inghiottiti da una tempesta.
 
               
               -  
 
               
               - Non temere:
 
               
               - non sarò preda dei miei turbini.
 
               
               -  
 
               
               - Nel mio mare oggi
 
               
               - c'era soltanto una vela
 
               
               - che fendeva venti fatti d'illusioni.
 
               
               -  
 
               
               - Tu l'hai afferrata.
 
               
               -  
 
               
               - Ora ondeggia affranta
 
               
               - in un lago silente.
 
               
               -  
 
               
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               -  
 
               
               - 8° classificata 
               
 
               
               -  
 
               
               - Anna Maria Monchiero
 
               
               -  
 
               
               - Nel silenzio
 
               
               -  
 
               
               - Sapevi di trovarmi
 
               
               - qui tra silenzi
 
               
               - spezzati e ricomposti
 
               
               - a trasformare l'impalpabile
 
               
               - in dolci armonie
 
               
               - ancora imprigionate
 
               
               - su un pentagramma
 
               
               - dai labili segni.
 
               
               -  
 
               
               - Prendi il silenzio 
 
               
               - che brucia su altari
 
               
               - pagani e disperdi
 
               
               - il sapore aspro
 
               
               - di parole pungenti
 
               
               - nel vento gitano.
 
               
               - Forse ti giungerà l'eco
 
               
               - di ogni lamento.
 
               
               -  
 
               
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               -  
 
               
               - 9° classificato 
               
 
               
               -  
 
               
               - Andrea Bartoli
 
               
               -  
 
               
               - Sogno di un'analisi
 
               
               -  
 
               
               - Sotto una romantica pioggia di sangue
 
               
               - un mio istante,
 
               
               - incoerente.
 
               
               -  
 
               
               - Presente inciso di passato,
 
               
               - luci all'orizzonte di una nuova alba.
 
               
               -  
 
               
               - In strascichi di fantasie
 
               
               - le mie risa,
 
               
               - racchiuse.
 
               
               -  
 
               
               - Bendate le mie idee,
 
               
               - capovolti i miei sogni
 
               
               - in fragilità collegate al mio essere.
 
               
               -  
 
               
               - Dio di una terra parallela
 
               
               - nascosto con vesti di scena.
 
               
               -  
 
               
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               -  
 
               
               - 10° classificato 
               
 
               
               -  
 
               
               - Massimiliano Badiali
 
               
               -  
 
               
               - Ars poetica
 
               
               -  
 
               
               - Non c'è più fremito
 
               
               - In questi versi
 
               
               - Né qualche ipotesi d'incantamento.
 
               
               -  
 
               
               - Lascio scorrere
 
               
               - Note sul pentagramma del fato
 
               
               - Su soffi soluti di certezza
 
               
               - Ove s'increspa
 
               
               - aspro come una spirale
 
               
               - il punto
 
               
               - a conchiudere la frase.
 
               
               -  
 
               
               - Non resta che il fioco e il tremulo
 
               
               - lume della parola
 
               
               - dentro la sinagoga
 
               
               - del pensiero,
 
               
               - tra le unghie dei versi.
 
               
               -  
 
               
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               -  
 
               
               - Segnalato dalla Giuria 
               
 
               
               -  
 
               
               - Domenico Bisio
 
               
               -  
 
               
               - Come pettine dismesso
 
               
               -  
 
               
               - Come i radi denti
 
               
               - del pettine dismesso
 
               
               - ogni giorno lascio
 
               
               - sempre più spazi
 
               
               - alle pieghe delle tue malinconie
 
               
               - e nodi d'amore
 
               
               - non so più allentare
 
               
               - all'energico ripassare degli anni.
 
               
               - È giunto il tempo
 
               
               - di togliermi parrucche
 
               
               - che ricoprono sparuti giochi
 
               
               - di doppie punte
 
               
               - e a capo scoperto
 
               
               - riconoscermi nella debole peluria.
 
               
               - Non ti sia così grave
 
               
               - allontanarmi la schiavitù
 
               
               - di costringermi a subire
 
               
               - una perfezione
 
               
               - che non è più mia.
 
               
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               -  
 
               
               - Segnalato dalla Giuria 
               
 
               
               -  
 
               
               - Antonio De Lucia
 
               
               -  
 
               
               - Depressione
 
               
               -  
 
               
               - Per gli aspri sentieri risale quel vento
 
               
               - che scava il tuo viso e ti gela le mani
 
               
               - e poi scala i dirupi e s'afforza violento,
 
               
               - s'addentra con furia negli antri montani.
 
               
               - 	E l'acqua ristagna o riprende a fatica,
 
               
               - 	si sperde nel muschio poi gocciola via,
 
               
               - 	s'appende ai ghiaccioli, riluce pudica,
 
               
               - 	s'aggiunge gli umori dell'erba stantia.
 
               
               - Quel freddo, quel gelo, quel vento
 
               
               - ti scende nel cuore, t'avvolge la mente
 
               
               - e dell'ore d'angoscia riappare il tormento.
 
               
               - 	Riscopri la noia e la voglia di niente,
 
               
               - 	ti senti vicino alla fine, all'addio,
 
               
               - 	ti perdi nel tempo, ti appressi all'oblio.
 
               
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               - Segnalato dalla Giuria 
               
 
               
               -  
 
               
               - Marco Proietti
 
               
               -  
 
               
               - Novembre
 
               
               -  
 
               
               - Ti cercavo
 
               
               - nel crepuscolo annegato dal dolore
 
               
               - tra volti sconosciuti
 
               
               - brama di una preghiera,
 
               
               - ti cercavo.
 
               
               - Tra i miei passi lenti sul viale
 
               
               - e i cipressi come scudieri
 
               
               - tra stelle tremolanti in terra
 
               
               - unico fuoco all'imbrunire.
 
               
               - Ti cercavo mia dolce amica
 
               
               - tra i ricordi che grondano lacrime
 
               
               - un brivido, un sussulto, un viso angelico
 
               
               - e all'improvviso, un sorriso spezzato
 
               
               - e in terra i suoi balocchi conficcati nel mio
               cuore.
 
               
               - Ti cercavo
 
               
               - tra le mie mani tremanti
 
               
               - a ghermire polvere sollevata dal vento,
 
               
               - un contatto rassicurante
 
               
               - i capelli dei figli miei tra le dita.
 
               
               - Ti cercavo,
 
               
               - qui tra le stelle tremolanti
 
               
               - che ancora illuminano il sentiero
 
               
               - ed in fondo oltre il cancello
 
               
               - dove lentamente si fa notte.
 
               
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               -  
 
               
               - Segnalata dalla Giuria 
               
 
               
               -  
 
               
               - Silvana Varotti
 
               
               -  
 
               
               - Il pensiero fisico
 
               
               -  
 
               
               - Nasce dalle viscere, attraverso gli occhi
 
               
               - sembra salire nel cervello,
 
               
               - formidabile centrifuga, abile alchimista,
 
               
               - che ogni elemento mescola e combina,
 
               
               - elabora e, come una cascata, la miscela
 
               
               - scende lungo la spalla, attraversa il
               braccio,
 
               
               - da' impulso alla mano che scrive,
 
               
               - scrive, solo con una semplice penna.
 
               
               - Nulla deve interrompere questa catena,
 
               
               - nulla d'innaturale, di tecnologico.
 
               
               - Solo una penna, una matita o un sasso.
 
               
               - 
               
               
 
               
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