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È ormai accertato, ed affermato anche dalla psichiatria ufficiale, che l'uso di psicofarmaci induce nei pazienti una malattia detta discinesia tardiva che comporta una notevole perdita di controllo sulle funzioni motorie del corpo. Ma ci sono voluti venti anni per la psichiatria (dal '53 al '73) per dare un riconoscimento formale ai sintomi della discinesia anche se la maggior parte degli studi ora indica che un quarto, metà, o più dei pazienti trattati con farmaci soffre di questa malattia. Non c'è da meravigliarsi quindi se questa pseudo-scienza che si mantiene ormai coi soldi delle industrie farmaceutiche, ci metterà anche di più per riconoscere il danno che viene fatto alle facoltà mentali dei suoi pazienti. È molto più facile lasciarsi sfuggire l'esistenza dei "sintomi mentali" in individui per altro già considerati (arbitrariamente) folli, ed è molto più doloroso confrontarsi con la realtà che si stanno distruggendo non solo le funzioni fisiche, ma anche quelle mentali in milioni di umani. Eppure alcune semplici considerazioni che si basano sui fondamenti della neurofisiologia dimostrano che è inevitabile che i farmaci producano danni ai centri principali della vita mentale. Innanzi tutto la discinesia è prodotta da un'alterazione delle funzioni della dopamina, una sostanza che è alla base della trasmissione dei messaggi fra le cellule cerebrali; siccome essa ha una funzione essenziale non solo nella regione striata del cervello dove è noto che si sviluppano i sintomi della discinesia tardiva, ma anche nelle zone dove risiedono le più importanti attività cerebrali non vi è nessuna ragione per credere che i danni causati dai farmaci vengano limitati alle sole attività motorie. Inoltre la regione in cui si sviluppa la discinesia non si limita alle funzioni di controllo motorio ma è anche legata agli ingressi sensoriali; il suo danneggiamento porta a un appiattimento emozionale e ad una indifferenza ed apatia simili a quelle causate dalla lobotomia (devastante tecnica di "cura" consistente nell'asportazione di una parte del cervello). È anche ben noto in neuro fisiologia che tutte le neurotossine (agenti dannosi per le cellule nervose producono danni cronici e irreversibili dopo prolungate esposizioni, tanto quanto tende a fare l'alcool. I tranquillanti danneggiano in maniera complessiva le cellule cerebrali in un modo così ovvio da guadagnarsi il nome di "neurolettici", che è sostanzialmente equivalente a neurotossine. Se i tranquillanti non producono danni permanenti ai principali centri cerebrali allora essi sono le prime neurotossine ad avere evitato questo tragico effetto. Infine ci sono dati probanti pure nelle pubblicazioni della psichiatria ufficiale; in esse si scopre che un'alta percentuale di pazienti soffrenti di discinesia soffrono pure di serie deterioramenti cerebrali. Tali dati sono stati dovuti tirare fuori dalle note a piè pagina perché tutti i ricercatori del campo hanno cercato di mettere da parte il problema o hanno deciso, senza alcuna base razionale, che tali danni dovevano essere avvenuti indipendentemente o prima della discinesia. Un certo Ivnik in una sua pubblicazione del 1979 ammette che molti pazienti sofferenti di discinesia tardiva alla clinica Mayo presentano sintomi di demenza, ma poi razionalizza che la demenza non è permanente perché è stato trovato un caso in cui i sintomi si attenuavano parzialmente con la sospensione della somministrazione dei farmaci. Ma questo parziale miglioramento è da aspettarsi nella demenza quando la tossina nociva viene rimossa; e ad ogni modo il paziente è stato ugualmente danneggiato in maniera permanente nelle sue funzioni cerebrali. Studi più recenti hanno indicato che una larga percentuale di pazienti trattata con tranquillanti sviluppano psicosi indotte da farmaci che sono più forti dei problemi per i quali si erano sottoposti alle cure farmacologiche (Chouinard e Jones, 1980). Gli autori di questi studi credono che i nuovi sintomi psicotici sono dovuti ad irreversibili danni cerebrali dovuti ai farmaci ed hanno etichettato questa malattia come psicosi tardiva per sottolineare il suo parallelismo con la discinesia tardiva. Consistentemente con questi studi clinici, una rivista specialistica scopre che la maggior parte dei sofferenti di discinesia tardiva non si lamentano dei loro sintomi e rifiutano addirittura di ammetterne l'esistenza pure se posti di fronte all'evidenza. Il rinnegamento di sintomi ovvi è un indizio rivelatore di serio, cronico danno ai principali centri cerebrali. Questo è un sintomo che si trova ad esempio in serie malattie cerebrali causate dall'alcolismo o dalla sifilide. Uno studio coordinato a livello nazionale condotto in America usando sofisticati test psicologici ha trovato che c'è una relazione fra l'assunzione totale di farmaci e il deterioramento mentale dovuto a permanente danno cerebrale (Grant ed altri, 1978). I pazienti in questo studio non erano stato internati ed avevano storie relativamente brevi di trattamento farmacologico. Una versione non pubblicata dei risultati di questi studi è stata presentata nello stesso anno all'interno di un congresso scientifico. L'ultima riga di questo foglio ammonisce che è "chiaro che i farmaci antipsicotici devono essere analizzati per la possibilità che la loro estesa assunzione possa causare disfunzioni cerebrali generali". Nella versione pubblicata questa conclusione è tagliata fuori e nella versione pubblicata dall'Associazione Psichiatrica Americana è inserita una fuorviante e scorretta conclusione che il danno cerebrale è correlato con la schizofrenia. Non di meno le analisi statistiche che si trovano in tale resoconto mostrano che la quantità di farmaci ingeriti è il fattore chiave. Per concludere le nuove sofisticate tecniche radiologiche hanno ripetutamente mostrato che i pazienti trattati con farmaci spesso soffrono di atrofia (restringimento) del cervello, ed anche questa volta i ricercatori hanno cercato di attribuire tali danni alla schizofrenia. Ma se la schizofrenia (ammesso che esista) potesse causare atrofia del cervello, lo si sarebbe notato nelle decine di migliaia di autopsie eseguite negli anni precedenti all'introduzione degli psicofarmaci. Per decenni le più sofisticate e minuziose analisi non sono riuscite a documentare nessuna atrofia in questi pazienti; la sua apparizione sui molto meno sensibili test radiologici può essere attribuita solo all'avvento dei farmaci.
Tratto da "PERMANENT MENTAL DETERIORATION FROM MAJOR TRANQUILIZER THERAPY"di Peter Breggin Testo scelto e composto dal Comitato di base contro la psichiatria di Messina
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Inserito 2 ottobre 1997