2
Unomguqo,
nome zulu di Paulina Dlamini. Letteralmente: "colei che
si inginocchia".
3
IsiGodlo
(pl. IziGodlo) è un termine zulu con duplice
significato. Talvolta usato per indicare il gruppo di
donne appartenenti al re, mogli, concubine, ancelle;
talvolta utilizzato come termine tecnico per descrivere
la parte superiore della reggia (umuzi), zona
riservata al re e alla sua famiglia, mogli e
figli.
4
Cattle e wives appaiono nel testo come due termini
inscindibilmente associati proprio in virtù delle
ragioni economiche di cui parla Jeff Guy. Il
brideprice (o lobola) era infatti lo
scambio di un determinato numero di capi di bestiame tra
lo sposo e la famiglia della sposa prima delle
nozze.
6
Nel
momento della "rivelazione" e della "presa di coscienza"
della vocazione, Paulina è seguita dai reverendi
Haccious e Harms, ministri della missione di
Hermannsburg. All'epoca la Dlamini viveva nella household
di Gert Van Rooyen (Shede Foloy). Il passaggio
alla missione risulta nel testo del tutto
immediato.
7
In
tutto il romanzo Atherton Wylde si riferisce al
Colonnello Durnford chiamandolo affettuosamente "my
chief".
8
Olive
Emilie Albertina Schreiner (1855-1920). Sebbene Frances
Colenso preceda Olive Schreiner nell'utilizzare il
romanzo come strumento politico, è con la
Schreiner che comincia a delinearsi l'idea di una vera e
propria nazione sudafricana. Il Sudafrica immaginato da
Olive Schreiner si distanziava da quello creato dall'Act
of Union poiché era uno Stato in grado di
rispettare la diversità e di unire i popoli sotto
il segno dell'uguaglianza tra razze, sessi, culture e
religioni. (Vivan: 1996, 335).
9
La
famiglia Colenso era attivamente impegnata nella difesa
del popolo zulu contro la politica del governo
britannico; Harriette e Frances, le figlie del vescovo
Colenso, furono coinvolte in questa battaglia dal padre,
John William, vescovo del Natal.
10
In Under the Tongue la bambina Zhizha racconta il lamento
della nonna: "Women are children, Grandmother weeps ..."
(Vera: 1996 e 2002, 173).
11
Sono in molti a riconoscere a Vera il merito di aver
affrontato tabù come incesto e stupro. Non
è l'unico scrittore ad averlo fatto, ma il suo
modo di rappresentare il problema ha molte implicazioni
che, affermano alcuni commentatori, si preferirebbero
taciute.
12
Il rapporto di nome e identità è
particolarmente importante nel contesto antropologico dei
romanzi di Vera, perché nella cultura shona uomini
e donne possono assumere nomi diversi in diverse
circostanze della loro vita, proprio in rapporto a quelle
circostanze. Le genealogie shona sono pertanto storie
complesse da interpretare. Vera si serve costantemente di
questa possibilità, così come dei
significati dei nomi in lingua shona. In Butterfly
Burning la protagonista Phephelapi dice al suo innamorato
Fumbatha che ha da poco incontrato: "You could give me
another name. I do not mind being named by a stranger. I
do not mind being renamed if it makes the present
clearer" (Vera: 1998 e 2002, 30).
13
VaGomba e Muroyiwa non vedono i diritti dell'altro, in
particolare delle donne, ma anche il padre di Runyararo
partecipa di questa cecità maschile che pervade lo
specifico contesto africano di Vera. Quando la figlia
uccide il marito, non mette al centro della sua
valutazione lo stupro, ma continua a ripetere: "She
killed her husband ..." (Vera: 1996 e 2002,
163).
14
Vera persegue il suo metodo peculiare con molti mezzi.
Tra i più interessanti l'uso di simboli. Per
esempio Muroyiwa, al quale hanno raccontato più
volte che appena nato era stato posto in un calabash, si
rifugia mentalmente in quella immagine che gli è
rimasta dentro, per difendersi dalla guerra circostante.
Il calabash ricorre molto frequentemente nella narrativa
di Vera; è un recipiente costituito da una zucca o
u frutto seccato e svuotato, spesso tagliato a
metà.
15
Le farfalle di Under the Tongue sono le madri della
metafora della farfalla in Butterfly Burning. La
rappresentazione di Phephelaphi come farfalla dipende
direttamente dalle farfalle sulle montagne durante la
guerra e dalla loro esistenza
metastabile.
16
Per le parole di Vera si veda più sopra,
nota
4.
17
La parola patches avvicinata a fragment e a life, e
quindi a storia come insieme di vite, richiama le
metafore di tessuto e tessitura che nella narrativa di
Yvonne Vera compaiono come metafore di creatività,
soprattutto in Under the Tongue. La madre di Zhizha,
Runyararo intreccia stuoie dai disegni complessi e
armonici; persino il marito, Muroyiwa, dal guardarla
creare e tessere le sue figure trae qualche momento di
sollievo e di tregua.
18
L'amore è tutt'altro che trascurato da Vera, e
parte integrante dei diritti umani, ma questo argomento
porterebbe il discorso troppo lontano. Ne ha parlato a
lungo con chi scrive, anche dal punto di vista della
rappresentazione letteraria.
19
Fumbatha è figlio di uno dei rivoltosi giustiziati
mediante impiccagione nei moti anticoloniali del 1896.
Vera indugia a lungo sulla storia del suo passato, che
diventa strumentale anche nel plot di Butterfly
Burning.
20
Si deve parlare di una 'prima' tensione, perché
dopo il 1980 lo Zimbabwe si è trovato a dover
fronteggiare ulteriori lotte interne e ulteriore
spargimento di sangue. I gruppi dissidenti hanno
continuato a scontrarsi crudelmente fra loro e con il
potere isituzionale, i veterani sono stati inviati a
sedare le rivolte. I confltti hanno prodotto migliaia di
morti e altre atrocità.
21
Anche in questo caso l'argomento porterebbe troppo
lontano, ma il tema delle due sorelle, della
pluralità della fenomenologia dell'amore, del
rapporto mente e corpo entro la fenomenologia dell'amore,
e, non ultima, una visione dell'amore come ricerca della
verità, invita fortemente all'indagine. E
suggerisce persino una eco sottile di Marta e
Maria.