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- Maria Cristina
Paganoni
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- LE METAMORFOSI DEL
PERSONAGGIO
- NEL ROMANZO
VITTORIANO
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- Se il racconto del progress di un
individuo nel mondo è paradigma ricorrente in letteratura,
in versioni sia religiose sia mondane, nel romanzo vittoriano
l'avventura del personaggio - ora completamente secolarizzata -
è rappresentata principalmente secondo due prospettive fra
loro complementari, che potremmo chiamare dell'interiorità
e della scienza. L'analisi psicologica e l'indagine scientifica
sono infatti accomunate dalla comprensione che il soggetto non
è più un'identità statica, ma un sé
mutevole ed enigmatico che cambia nel tempo per ragioni
psicologiche, sociali e biologiche. Se l'una scruta i mutamenti
profondi della coscienza singola nel suo intimo travaglio, l'altra
indaga le metamorfosi del personaggio nell'ambito di uno studio
sinottico sulla specie umana.
- Il romanzo intimista narra la vicenda
individuale in quanto manifestazione della dimensione della
coscienza, secondo una prospettiva introversa che muove dal
sé per poi ritornarvi lungo un percorso circolare chiuso,
come in Jane Eyre (1847) o Great Expectations
(1860-61). La focalizzazione non è tanto sulla conquista
fisica e simbolica del mondo da parte dell'individuo
intraprendente, come avveniva nel romanzo del Settecento, ma
piuttosto sui bisogni e sui conflitti più profondi di un
soggetto costretto a muoversi in una realtà storica
talmente strutturata ed alienante da divenire lei stessa
manipolatrice occulta e divoratrice vorace degli spazi vitali
della personalità. E' tale discesa nell'interiorità
che conferisce a molti romanzi del periodo - si pensi, ma non
solo, alle opere delle sorelle Brontë, di Dickens, di George
Eliot - ciò che è stato definito la loro
qualità "poetica"1, ossia la ricchezza
immaginativa ottenuta da una complessa riscrittura simbolica della
realtà. Il conseguimento di un'identità adulta o la
disintegrazione del sé, l'ascesa o il declino sociale,
l'abisso del crimine o della pazzia, la dissociazione psichica
sono alcune fra le strategie narrative più frequenti che
raccontano tutte le trasformazioni, qualitativamente "vere", anche
se più o meno verosimiglianti2, del
personaggio.
- La caratterizzazione varia infatti
secondo il genere testuale preso in considerazione poiché,
laddove la narrativa realistica traccia il percorso interiore del
personaggio attraverso fasi psicologicamente credibili, la
narrativa fantastica può trasgredire alle convenzioni del
reale e ricorrere a simboli di grande espressionismo che, nella
prosa d'immaginazione, sono di frequente gotici ed inquietanti.
Secondo una gamma molto ricca di manifestazioni del cosiddetto
"perturbante", la letteratura fantastica racconta allora di
identità doppie e plurime, sosia, fantasmi, ritratti
viventi e vampiri, ossia di metamorfosi drastiche quando non
brutali che segnalano, con movenze da incubo, tutto il disagio del
soggetto nei confronti dei suoi lati più istintuali,
aggressivi e meno dominabili. La rimozione dei conflitti
più profondi e meno elaborati può spingersi fino
alla creazione di un altro da sé, compensatorio ma al
contempo ripugnante. Se il testo canonico sulla personalità
schizoide è The Strange Case of Dr Jekyll and Mr
Hyde (1886) di R.L. Stevenson, il doppio è motivo
ricorrente già in ambito medio-vittoriano, nell'opera
dickensiana e in particolare in Our Mutual Friend
(1864-65). Un tentativo di spiegare il doppio secondo parametri
razionali, riconducendolo cioè alla sostituzione di due
sosia, è quello operato da Wilkie Collins nel romanzo
d'indagine ante litteram che è The Woman in
White (1859-60). I fantasmi della prima coppia di amanti -
Catherine Earnshaw e Heathcliff - continuano ad aggirarsi nella
brughiera di Wuthering Heights (1847), il ritratto del
giovane efebico che si trasforma nell'immagine di un libertino
ributtante e precocemente invecchiato è l'objet
d'art attorno a cui si organizza The Picture of Dorian
Gray (1891), mentre il vampiro di Dracula (1897)
dell'irlandese Bram Stoker continua, ancora oggi, a terrorizzare i
fruitori della cultura popolare.
- Il personaggio metamorfico è
senza dubbio spia del disagio della società industriale,
che ha cancellato in maniera irrevocabile la vita del villaggio,
dove ognuno era riconoscibile e svolgeva un ruolo ben definito,
nonché il segnale del tracollo della fiducia illuminista
nella supremazia della ragione sull'istinto. Mentre il resto
dell'Europa si dibatte fra problemi di indipendenza e di
unità nazionale, nell'Inghilterra vittoriana, che gode di
una sostanziale stabilità politica ed è addirittura
in grado di esportare nelle colonie le sue istituzioni, il romanzo
scrive le sue pagine più convincenti non tanto quando
tratta delle problematiche sociali3, ma quando,
abbandonandosi ad un eccesso di soggettività, ripropone il
problema dell'identità nel teatro dell'anima. Immergendosi
nell'interiorità, il soggetto sperimenta la propria
opacità nei confronti di se stesso, la fatica di conoscersi
fino in fondo e di capire quello che vuole, e prova angoscia nel
ritrovarsi diverso (ovviamente nel senso di peggiore, di
socialmente disapprovato, di moralmente abietto) da quello che
dovrebbe/vorrebbe essere.
- L'angoscia del personaggio del romanzo
vittoriano è intensificata dal fatto che la ricerca
dell'identità è un percorso che si svolge in una
solitudine inquietante. Sebbene durante il lungo regno di Vittoria
si elaborino gli statuti sindacali, la riforma del sistema
elettorale e i diritti delle donne, le istituzioni collettive non
riescono ad arginare l'isolamento radicale dell'individuo e la
perdita di punti di riferimento, anche perché la necessaria
facies sociale corrisponde sempre meno all'esperienza
dell'io. L'autocoscienza sembra insomma comportare la condanna al
dolore interiore e alla non accettazione di sé piuttosto
che un senso di liberazione.
- Dickens è uno scrittore che nella
sua vasta opera narrativa condensa le suggestioni più
profonde dell'epoca. Nel suo caso è particolarmente
evidente che l'impianto realistico del romanzo non riesce ad
esaurire l'incontenibile carica creativa di una scrittura
visionaria, talvolta onirica e spesso grottesca. Le metamorfosi
dei suoi personaggi non compiono la progressiva evoluzione
psicologica dei personaggi di George Eliot e degli altri grandi
scrittori realisti vittoriani, Anthony Trollope e Elizabeth
Gaskell, perché la scrittura fantastica non si cura di
imitare in modo verosimigliante i moti dell'animo. Come già
osservava Frye, nell'opera di Dickens i cambiamenti dei personaggi
sono effettuati in modo non plausibile, attraverso le brusche
svolte di trame fedeli non tanto alla mimesi, quanto a quella ben
più profonda volontà d'ordine alimentata dal
desiderio, che si permette di valutare le vicende secondo i
criteri della giustizia poetica4. Ci sono, è
vero, personaggi che non cambiano, i cosiddetti humours, ma
sono quelli che in un certo senso si rifiutano di vivere e che si
escludono, come relitti pietrificati nelle proprie ossessioni, dal
flusso vitale che sostiene il mutamento con la sua energia
dirompente.
- La metamorfosi più ricorrente
nella narrativa di Dickens è quella dell'identità
che si disgrega, motivo ossessionante che si traduce in successive
riscritture del tema del doppio, inscenato in universi narrativi
melodrammatici e decadenti dove il lieto fine è sempre
più arbitrario. Soprattutto a partire dalle opere della
maturità (cioè successivamente al 1848, l'anno di
Dombey and Son) la domanda su chi sia veramente il
personaggio assume i caratteri di una ricerca spietata attorno ai
confini enigmatici dell'io, che non rifugge nemmeno
dall'esplorazione dell'istintualità più violenta.
Non è fortuito che Our Mutual Friend, l'ultimo
romanzo completo di Dickens, racconti di un caso effettivo di
sdoppiamento della personalità nella figura di Bradley
Headstone (rispettabile maestro di scuola di giorno, accanito
persecutore e poi omicida di notte), che nulla ha da invidiare a
Stevenson:
-
- The state of the man was murderous, and
he knew it. More; he irritated it, with a kind of perverse
pleasure akin to that which a sick man sometimes has in irritating
a wound upon his body. Tied up all day with his disciplined show
upon him, subdued to the performance of his routine of educational
tricks, encircled by a gabbling crowd, he broke loose at night
like an ill-tamed wild animal5.
-
- A metà fra sfrenata finzione e
realismo si colloca The Woman in White di Wilkie Collins,
storia intrigante sulle identità molteplici, che fornisce a
questo tema un'interessante soluzione di compromesso. Il romanzo
è giocato sullo scambio di due giovani donne, che si
assomigliano in modo impressionante e sono entrambe vittime di due
loschi aristocratici. La vicenda si conclude peraltro con una
spiegazione di ordine deduttivo e razionale che sistema al posto
giusto ogni tessera del mosaico (si scopre, fra l'altro, che le
giovani sono sorellastre per parte di padre e che è questa
la ragione della loro straordinaria somiglianza), tanto che
Collins è considerato uno dei fondatori del romanzo
d'indagine. Il lieto fine ripristina la nobildonna nel suo rango
sociale e - meno lietamente! - elimina con una morte prematura la
fanciulla povera e malata di mente, arginando così la
minaccia della pazzia, che affligge altri scomodi personaggi
femminili del romanzo vittoriano, da Bertha Mason a Lady
Audley6, e che tradisce una lettura della
femminilità come un fenomeno inquietante da tenere sotto
controllo. La conclusione, insomma, restaura l'ordine violato
dall'intrigo criminale, esercitando senza dubbio una funzione
conservatrice nei confronti delle suggestioni eversive della
trama. Ad un certo punto, infatti, non è più chiaro
chi sia la nobildonna Laura Fairlie e chi la giovane pazza, tanto
che il lettore potrebbe legittimamente sospettare che
l'aristocratica ereditiera sia morta e sia stata rimpiazzata dalla
donna meno privilegiata.
- Al di là delle deliberate
ambiguità della trama, tuttavia, il romanzo vuole
soprattutto dimostrare che l'identità è un fatto non
solo personale, ma sociale. In altre parole, si è qualcuno,
si è quella persona se anche gli altri lo vogliono. Laura
Fairlie, la nobildonna raggirata che, ad un certo punto, è
ritenuta morta, ritorna socialmente nella terra dei viventi grazie
al pubblico riconoscimento della sua comunità
d'appartenenza. Ai paesani di Limmeridge radunati di fronte al
notaio, il marito di Laura, Walter Hartright, infatti chiede: "Are
you all of the same opinion?"7. Se la società
non la legittima, la persona cessa di esistere e sparisce nel
nulla, dimenticata da una collettività distratta,
crudelmente insensibile e assorbita dai propri interessi. Per le
donne, in modo particolare, il colore bianco menzionato nel titolo
sembra alludere alla loro mancanza di un'identità sociale e
di una tutela economica e legale8, soprattutto
all'interno del matrimonio9. Se invece, come nel
romanzo di Stevenson, l'energia individuale è talmente
dirompente da travolgere l'interdetto sociale, la persona vive
sì, ma è censurata, occultata alla vista degli
altri, indescrivibile e inaccettabile10. Creatura
segreta della notte, Hyde porta infatti un nome che suona come "to
hide", nascondere11.
- Nella scrittura realistica, che
nell'Ottocento perfeziona le tecniche del romanzo psicologico, il
mutamento del personaggio si esplicita in una maturazione
più o meno graduale che sfocia spesso in amaro disincanto.
È questo il caso di Dorothea Brooke e Isabel Archer, le due
straordinarie protagoniste di Middlemarch (1871) di George
Eliot e di The Portrait of a Lady (1881) di Henry James.
Sono due ritratti emblematici di donne che, pur nel loro
sostanziale altruismo, soffrono di un difetto costitutivo della
personalità - ciò che i Greci chiamavano
hamartìa -, ovvero dell'incapacità,
comprensibile ma fallace, di liberarsi dalle false immagini di
sé e degli altri e di instaurare un rapporto meno
egocentrico con la realtà12.
- Attraverso l'estensione metaforica del
dettaglio fisico George Eliot fa sì che alcuni personaggi
somatizzino la loro imperfetta comprensione del mondo, e li rende
miopi13. È quanto avviene a figure peraltro del
tutto dissimili, come Dorothea14 e Silas Marner,
l'ingenuo tessitore di Raveloe, protagonista del romanzo omonimo
(1861), che si ritrovano a percorrere un cammino faticoso verso
una situazione di maggiore autenticità. Altre volte,
invece, il personaggio è costretto ad aprire bruscamente
gli occhi quando, di colpo, i segreti del passato riaffiorano alla
superficie e lo travolgono in una dolorosa epifania. È
così che il lettore apprende della disonesta ricchezza
dell'ipocrita banchiere Bulstrode di Middlemarch o
dell'esistenza della figlia illegittima di Godfrey Cass in
Silas Marner.
- La scrittura dell'interiorità
tende a concentrare il suo interesse su un individuo particolare,
il cui mutamento riceve quindi considerazione privilegiata. Dalle
procedure della scienza, invece, il romanzo vittoriano pare
mutuare quell'attenzione sovraindividuale che si rivolge alla
specie oltre che al singolo e che si evidenzia nel testo
allorché lo studio del personaggio si allarga al suo
contesto ambientale e relazionale per istituire una sorta di
raffronto con altri tipi umani. Dal momento che pone al centro
della sua riflessione non tanto le variazioni individuali quanto
il mutare delle specie, l'evoluzionismo tende ad indagare il
singolo caso secondo procedimenti contrastivi che studiano,
attraverso il confronto fra campioni simili, le ragioni dei loro
destini diversi15. Per il romanzo vittoriano si parla
spesso infatti di "darwinismo sociale", cioè di
quell'atteggiamento di pensiero16 di cui, di nuovo,
Dickens è eccellente interprete in chiave pessimistica, che
trasporta nella competitiva società degli uomini la lotta
per l'esistenza osservata nel mondo naturale, creando delle
tipologie inconfondibili: il predatore, il masochista, il
parassita accanto al mite, al tenace, all'idealista.
- L'osmosi fra discorso delle scienze e
letteratura è ovviamente problematica poiché
l'elaborazione del pensiero evoluzionista da parte dei romanzieri
va ben oltre la citazione colta o la conoscenza professionale di
argomenti di attualità che George Eliot, ad esempio, era
tenuta a mostrare in qualità di redattrice della
Westminster Review. La reazione più profonda ai
paradigmi della scienza è infatti quella che ha luogo nel
lavorio immaginativo, dove è soprattutto Dickens che si
rivela lo scrittore meglio capace di elaborare in modo vitale i
nodi problematici della sua cultura.
- Se la letteratura è fortemente
contaminata dagli schemi metodologici del discorso
scientifico17, a sua volta quest'ultimo mutua dalle
scienze umane l'opzione per procedimenti discorsivi di andamento
narrativo e perciò diacronico piuttosto che descrittivo e
sincronico. Nella sua indagine sulle trasformazioni delle specie
l'evoluzionismo, infatti, non solo attribuisce alla variabile
tempo un ruolo centrale, ma non privilegia il presente -
nient'altro che un attimo del perenne divenire - e tende piuttosto
a costruire miti sull'origine. Nel romanzo vittoriano l'ossessione
per il passato diventa, in chiave metaforica, l'insistenza sui
temi, spesso avvolti nel segreto, della paternità e della
maternità, dell'eredità contesa, della
genealogia18.
- Anche Dickens riscrive ed interpreta a
suo modo Darwin nella creazione di un mondo romanzesco entropico e
ateleologico, animato da un'energia incontenibile e segreta. Alla
descrizione darwiniana di una natura brulicante di vita è
riconducibile l'incredibile proliferazione dei personaggi che
popolano i suoi romanzi, dove c'è posto persino per
l'individuo aberrante19. Nelle opere della
maturità, che sono per l'appunto quelle costruite in modo
più elaborato, Dickens alterna una duplice focalizzazione,
inquadrando dapprima un individuo o più individui
particolari, poi la società nel suo insieme, e cambiando
persona e registro narrativo nel passare da una modalità
all'altra. Questa strategia, che si avvale della costruzione a
più trame tipica del romanzo vittoriano - il cosiddetto
multiplot novel -, è un evidente tentativo di istituire un
rapporto non banale fra individuo e società, fra singolo e
specie.
- Al mutato punto di vista corrispondono
peraltro tonalità emotive molto diverse poiché, se
Dickens sa essere compassionevole con l'individuo, non lo è
mai con le istituzioni, come nelle famose immagini di Londra,
metropoli fatiscente ed enorme discarica a cielo aperto, del
carcere, del tribunale vorace, della burocrazia tentacolare e
soffocante. Nelle pagine dedicate alla società nel suo
insieme, infatti, la voce narrante acquista il tono sarcastico
dell'osservatore disilluso, convinto del degrado irrimediabile
delle cose. "What connexion can there be?"20 si chiede
il narratore di Bleak House (1852-53) mentre vaga desolato
nello squallore dell'East End, dopo aver lasciato i quartieri
eleganti dell'aristocrazia. In Little Dorrit (1855-57) il
punto di vista si muove da Marshalsea, dove la gente è
talvolta imprigionata per debiti molto modesti, all'entourage del
grande finanziere Merdle, in realtà uno speculatore
avventato, per di più delle ricchezze altrui, che è
infine bancarottiere e suicida. In Our Mutual Friend lo
sguardo scorre dalle storie di alcuni giovani, più o meno
poveri, alla sfavillante società radunata intorno a quel
simbolo della fatuità che è la famiglia
Veneering.
- Anche nell'opera di George Eliot la
vicenda individuale, solitaria e dolorosa quando non apertamente
tragica, è raccordata alla storia della comunità,
che ne costituisce lo sfondo, come faceva il coro nella tragedia
greca. Come Dickens, infatti, la scrittrice trasporta in chiave
sociale e psicologica alcune formule dell'evoluzionismo
darwiniano, in particolare l'osservazione delle dinamiche
relazionali all'interno di una comunità. Non solo, è
sua la metafora dello scrittore come scienziato e della scrittura
come attività paragonabile all'osservazione al
microscopio21. Come tuttavia la lente d'ingrandimento
non è strumento neutro perché l'immagine è
modificata dai fenomeni ottici dell'aberrazione cromatica e
sferica, così la scrittura non è una tecnica
ingenua, poiché richiede al romanziere una serie di scelte
molto specifiche che a priori non possono che alterare il campo
d'osservazione22. Non si può insomma rimanere
esterni a ciò che si studia poiché, come dirà
nel Novecento Popper a proposito della metodologia della scienza,
un osservatore condiziona per la sua stessa esistenza e con le sue
aspettative le modalità dell'esperimento
scientifico.
- Ma per la stessa George Eliot è
evidente che l'evoluzione della specie umana avviene su un piano
squisitamente simbolico, che non riguarda tanto il patrimonio
genetico, quanto la trasformazione della coscienza individuale e
poi i destini collettivi, come per quel "social lot of
women"23 che è menzionato in apertura a
Middlemarch. Ad ogni individuo tocca la
responsabilità di operare la propria sintesi di valori e il
dovere, se necessario, di varcare nuove frontiere. Chi non accetta
il dinamismo inebriante ma faticoso della condizione umana non
solo non rimane fermo, essendo la stasi condizione incompatibile
con la modernità, ma piuttosto si "controevolve".
- In tutto il romanzo vittoriano il
processo di "devolution", che vede l'uomo ritornare al livello
animale, esprime, per dirla con Darwin, l'"unfitness", cioè
l'inadeguatezza del soggetto rispetto ad una determinata
situazione. In Wuthering Heights, che è un testo
strutturato sul fluire del tempo e pervaso di immagini di
proliferazione e moltiplicazione, Lockwood, narratore indolente e
spettatore amorfo di una storia di passioni estreme che lui stesso
non è in grado di provare, è infatti come una lumaca
che si ritrae in se stessa: "I confess it with shame - shrank
icily into myself, like a snail, at every glance retired colder
and farther"24.
- Rosamond Lydgate è sì una
donna di grande fascino e bellezza, ma egoismo e narcisismo la
rendono del tutto sorda ai bisogni del marito, di cui frustra
crudelmente la passione per la ricerca scientifica. È
quindi un personaggio che non consegue una piena umanità,
ma che anzi regredisce nella scala degli esseri, tanto da essere
paragonata prima ad un bellissimo ma inutile uccello del
paradiso25 e poi, dallo stesso marito, ad una mortifera
pianta di basilico26, come quella fiorita nel vaso dove
la sfortunata Lisabetta della novella di Boccaccio ha seppellito
la testa recisa dell'innamorato Lorenzo, assassinato a tradimento
dai suoi fratelli27.
- Traumatizzato da una vicenda di inganni,
Silas Marner si è chiuso alla relazione con gli altri,
concentrandosi esclusivamente sul suo lavoro di tessitore che lo
fa regredire allo stato di "spinning insect"28. Ma,
nonostante la sua esistenza così limitata, in lui si
svolgono comunque - come suggerisce il narratore - "a history and
a metamorphosis, as that of every fervid nature must be when it
has fled, or been condemned to solitude"29. L'arrivo di
una bimba, Eppie, a cui farà da padre, lo
risveglierà alla vita.
- La metamorfosi è inarrestabile,
irreversibile e dolorosa non solo quando investe tutto il corpo,
come nel caso di Jekyll che la scatena con l'ausilio di un
misterioso pharmakon, ma anche quando il mutamento è
solo interiore. Cambiare costringe il soggetto ad abbandonare le
proprie sicurezze e dunque ad affrontare una specie di morte
simbolica. Convinta che fra Will e lei sia tutto finito
poiché sospetta che l'uomo abbia una relazione con
Rosamond, dopo una notte insonne Dorothea decide di cambiarsi
d'abito, mostrando con quel gesto di volersi spogliare del pesante
fardello del passato. È affiorata in lei una consapevolezza
diversa e più matura della vita, pur nella persistente
cognizione del dolore.
-
- She might have compared her experience
at that moment to the vague, alarmed consciousness that her life
was taking on a new form, that she was undergoing a metamorphosis
in which memory would not adjust itself to the stirring of new
organs. Everything was changing its aspect [...] her world
was in a state of convulsive change; the only thing she could say
distinctly to herself was, that she must wait and think
anew30.
-
- D'altro canto, il poter e saper cambiare
è segno di una vitalità che è assai attraente
in una società ingessata quale quella vittoriana. A causa
della mésalliance dei suoi genitori che getta
un'ombra sui suoi natali e dunque lo esclude da una situazione di
privilegio, Will è un soggetto particolarmente metamorfico,
cioè è un individuo costretto a giocarsi al di fuori
degli schemi legati al rango sociale e al patrimonio, che deve
forgiarsi un futuro estremamente personalizzato, come infatti
avverrà.
-
- The first impression on seeing Will was
one of sunny brightness, which added to the uncertainty of his
changing expression. Surely his very features changed their form;
his jaw looked sometimes large and sometimes small; and the little
ripple in his nose was a preparation for
metamorphosis31.
-
- La metamorfosi comporta per tutti gli
esseri viventi una serie di processi diacronici, ma a differenza
degli animali gli uomini sono consapevoli del passare del tempo,
cioè possiedono una dimensione storica, che permette loro
di parlare di passato, presente e futuro in senso individuale e
collettivo. Il mutamento del personaggio nel tempo, dunque,
interseca la riflessione storica che, nel pensiero ottocentesco,
vede opporsi due filosofie antagoniste, radicate in due diverse
visioni della società. Se il filosofo positivista Comte
individua nella storia la cooperazione fra generazioni successive
per la crescita della civiltà, avallando così il
mito del progresso continuo dell'umanità, per Marx, invece,
le generazioni sono in rapporto conflittuale fra loro e sfruttano
irresponsabilmente le risorse ereditate dal passato. L'unica
tradizione che permane, pur nel conflitto generazionale, è
quella della prodigalità incosciente, che fa sprecare i
beni che sarebbero destinati ai posteri. Neanche la cultura
è indenne dalla rapacità umana: gli oggetti
artistici non esprimono più il rapporto vitale dell'artista
con la sua creazione, ma sono divenuti merce da collezionismo e
quindi ulteriore motivo di brama
acquisitiva32.
- In quel testo emblematico che è
Middlemarch, e in particolare nei capitoli della luna di
miele di Dorothea e Casaubon a Roma, è evidente che la
cocente disillusione di Dorothea, durante il suo soggiorno
nell'illustre città italiana, non è solo affettiva e
sessuale, ma riguarda anche la sua capacità di godere in
modo vitale delle molte vestigia del passato che Roma dispiega
sotto i suoi occhi. La giovane non riesce a capire se la storia
sia semplicemente una parata di cose morte, o se mantenga qualche
forma di connessione vitale con il presente. Quando visita i musei
Vaticani, tra le statue che la fissano con occhi marmorei rischia
di trasformarsi, lei pure, in una statua senza vita, mentre la
cultura classica, banalizzata dalla pedanteria del marito, le
appare solo un accumulo di frammenti non collegati. Spesso
Dorothea preferisce recarsi nella campagna romana per starsene
sola con il cielo e la terra, "away from the oppressive masquerade
of ages, in which her own life too seemed to become a masque with
enigmatical costumes"33.
- L'alienazione di Dorothea ricorda la
poesia di Browning, "Two in the Campagna" (1855)34, che
narra dell'isolamento dei due innamorati sotto il cielo italiano e
della loro incapacità di comunicare. La stessa Amy Dorrit
dickensiana confessa il suo smarrimento durante il viaggio in
Italia in una lettera che scrive proprio da Roma:
-
- Old as these cities are, their age
itself is hardly so curious, to my reflections, as that they
should have been in their places all through those days when I did
not even know of the existence of more than two or three of them,
and when I scarcely knew of anything outside our old walls. There
is something melancholy in it, and I don't know
why35.
-
- Ma anche per le eroine jamesiane, fra
cui Isabel Archer, il rapporto con la cultura del passato su un
suolo così ricco di memorie come quello italiano, è
comunque problematico. Difatti il rigoglio di citazioni culturali
non è sufficiente per collocare la vicenda individuale in
un quadro di riferimenti sovrapersonali significativi e
l'alienazione del personaggio tradisce soprattutto quella -
extratestuale - dell'intellettuale vittoriano, che si sente ormai
lontano da una cultura datata e pletorica ed è tristemente
consapevole dell'impossibilità di sperimentare, attraverso
il rapporto con la natura e con l'arte, quella rigenerazione che
al poeta romantico era parsa ancora possibile.
- Se ci si muove ora dal personaggio al
testo, non si può non osservare come, grazie al rapporto
che si istituisce fra contenuto e forma nel sistema semiotico
testuale, la caratterizzazione del personaggio si riverberi
nell'organizzazione narrativa. Nel mondo del romanzo, infatti,
personaggio e trama non sono in un qualsivoglia rapporto di causa
ed effetto, ma in un'alleanza reciproca di mutua significazione e
funzionalità36. Al soggetto metamorfico,
solitario e mutevole corrisponde così un testo polimorfico,
un prisma che, come scrive Marucci37, rifrange i
diversi colori di punti di vista plurimi.
- Il romanzo vittoriano è infatti
una struttura dall'articolazione pluristratificata, spesso a
più trame e più voci narranti, e comunque sobillata
da diverse prospettive che relativizzano le possibili versioni
della verità38. Lo specchio, che è il
noto simbolo delle capacità mimetiche della scrittura e che
lo scrittore regge volgendolo verso la scena del mondo, è
ora introiettato nella mente dell'artista, come confessa George
Eliot in Adam Bede (1859) e come già aveva fatto
Balzac nella prefazione del 1831 a La Peau de
chagrin39. Il romanziere è quindi costretto
ad ammettere il carattere fortemente idiosincratico e soggettivo
di ogni sua rappresentazione della realtà e la limitatezza
dei propri poteri nel dare unità e significato a ciò
che è disparato e frammentario40. Quand'anche
c'è, infatti, il narratore onnisciente - quello, per
esempio, di Vanity Fair (1847-48) di Thackeray - mostra una
crescente reticenza nei confronti della verità del
personaggio, che è sempre più compito del lettore
decifrare. Oppure confessa l'angustia del suo campo
d'indagine:
-
- I at least have so much to do in
unravelling certain human lots, and seeing how they were woven and
interwoven, that all the light I can command must be concentrated
on this particular web, and not dispersed over that tempting range
of relevancies called the universe41.
-
- Al di là dell'organizzazione
superficiale della trama, la strutturazione profonda del narrato
si modella sui moti interiori del personaggio, in un'affascinante
corrispondenza fra dinamiche psicologiche e
narrative42. Il romanzo vittoriano, infatti, appare
mobilizzato dal desiderio, dalla nostalgia, dal narcisismo,
è in altre parole un testo che, anche quando si dispiega su
larghi squarci di realtà, reca le tracce delle energie e
delle sofferenze nascoste nelle pieghe della coscienza. Come per
Pip di Great Expectations, raccontare è sempre
più raccontarsi.
- Se già un romanzo antesignano
come Wuthering Heights si avvaleva di tutta la
libertà di una scrittura che non voleva distinguere fra
veglia e sogno43, e ricorreva ad "una morbosa
incapsulazione dei narratori"44, a partire dalla
seconda metà del secolo i romanzieri vittoriani saranno
sempre più critici nei confronti di una scrittura
realistica, molto spesso non creativa, superficiale e conformista,
che riesce a rispondere solo ai gusti di chi è un vero e
proprio "fossile" come Mr Podsnap di Dickens:
-
- Mr Podsnap's world was not a very large
world, morally; no, nor even geographically [...] the
world got up at eight, shaved close at quarter-past, breakfasted
at nine, went to the City at ten, came home at half-past five, and
dined at seven. Mr Podsnap's notions of the Arts in their
integrity might have been stated thus. Literature; large print,
respectfully descriptive of getting up at eight, shaving close at
a quarter past, breakfasting at nine, going to the City at ten,
coming home at half-past five, and dining at seven. Painting and
Sculpture; models and portraits representing Professors of getting
up at eight, shaving close at a quarter past, breakfasting at
nine, going to the City at ten, coming home at half-past five, and
dining at seven. Music; a respectable performance (without
variations) on stringed and wind instruments, sedately expressive
of getting up at eight, shaving close at a quarter past,
breakfasting at nine, going to the City at ten, coming home at
half-past five, and dining at seven. Nothing else to be permitted
to those same vagrants the Arts, on pain of excommunication.
Nothing else To Be - anywhere45.
-
- Nel saggio "A Humble Remonstrance"
(1884) Stevenson, che è fra i più convinti
sostenitori dell'assoluta libertà creativa della
letteratura, affermerà infatti in risposta polemica a
Walter Besant, alla sua concezione della scrittura come mestiere
artigianale e alla Society of Authors che "the novel which is a
work of art exists by its immeasurable difference from
life"46.
- È stato osservato che le
metamorfosi del personaggio possono essere lette
metanarrativamente come allegorie della scrittura e della sua
inafferabilità, poiché la scrittura è in
essenza un gioco inesauribile di sostituzioni. Ma soprattutto, si
dovrebbe aggiungere, le metamorfosi nel testo vanno
comprese come allegorie delle metamorfosi del
testo47, in quanto è il testo che, per sua
stessa natura, si dimostra irriducibile ad un significato univoco.
Come dunque le metamorfosi del personaggio sono processi
enigmatici, invisibili e travolgenti, così il testo con le
sue metamorfosi, cioè con le sue implausibilità, le
omissioni inspiegabili, le cesure deliberate, le versioni
contrastanti, si ribella a qualsiasi interpretazione selettiva che
lo voglia limitare ad uno soltanto dei suoi molti aspetti.
- In Our Mutual Friend, romanzo che
racconta il dissolversi della società e delle relazioni
umane in una Londra notturna e degradata, a un bizzarro individuo
dal nome emblematico di Mr Venus - nome latino di Venere, la dea
della bellezza - è affidata la responsabilità di
simboleggiare lo sforzo riordinatore dell'arte48.
Infatti, in un mondo che va a pezzi, il grottesco individuo, che
per mestiere fa l'articolatore, cioè rimette insieme
scheletri umani e animali di ogni tipo, dovrebbe diventare
l'emblema "dell'unità infranta del testo e della sua
laboriosa ricomposizione"49. Ma l'impegno di Mr Venus è
destinato a fallire, perché la frantumazione del testo
è così radicale che Dickens la può risolvere
solo con il ricorso a tutti gli arbìtri della trama, il che
impone al romanzo un'armonia fasulla, contraria alle sue
più intime fibre.
- Nel romanzo di Stevenson, invece, come
il metamorfico Hyde è sino alla fine corpo misterioso e
sfuggente, così il testo è il prodotto di racconti
diversi e di pari autorevolezza, o meglio, di uguale
inaffidabilità. Pertanto il lettore è costretto ad
accettare la frammentazione come modello del reale - o meglio
delle sue molte e mutevoli immagini.