IL CLUB DI

LETIZIA

Dedicato alla lesione cerebrale infantile

A cura di Maria Simona Bellini

 

AUTISMO E CEREBROLESIONE

Sergio Martone, padre di una ragazza autistica,

lancia un appello nel corso di un convegno

 
Firenze 23 marzo 1998, Villa Viviani, incontro
sul tema "Autismo e Cerebrolesione"

 

Carissimi genitori di soggetti autistici,

l'intervento che farò questa sera in qualità di genitore di soggetto autistico, di Presidente dell'Angsa (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), di Responsabile per il Distretto Lions 108 YA del Service Nazionale Lions "Fight Autism" e di componente il Consiglio di Amministrazione dell'Associazione Internazionale Autismo Europa, prenderà in considerazione il profondo smarrimento che si determina in una famiglia quando essa è coinvolta nella sindrome autistica.
Ma è mio desiderio, per prima cosa, ringraziare il comitato organizzatore per aver voluto che, in questo convegno, fosse rappresentata anche la voce dei genitori dei soggetti autistici.
Consentire che possano essere espresse le opinioni dei genitori, cioè delle persone che vivono un'esperienza ininterrotta del "dramma autismo", è, oltre che un evidente segno di democrazia, anche un chiaro segno di volersi staccare, in maniera decisa, da un passato che emarginava e colpevolizzava i genitori dei soggetti autistici e per il quale, ripetendo le parole espresse in un recente convegno dal dott. Theo Peteers, esponente europeo del Programma Teacch, "La medicina non si vergognerà mai abbastanza per l'immenso danno causato ai genitori e quindi ai soggetti autistici".
Purtroppo le nuove idee incontrano difficoltà ad affermarsi, specialmente quando esse devono sostituirne altre ben radicate e molto più comode da utilizzare e quindi la realtà che vivono le famiglie dei soggetti autistici è molto diversa da quella che ci si aspetterebbe come conseguenza di questo cambiamento di pensiero. Pertanto e al fine di illustrare meglio l'attuale situazione, prenderemo in considerazione gli avvenimenti che si succedono in una famiglia in cui è presente un soggetto affetto da sindrome autistica.
Nella grandissima percentuale delle volte, sono le mamme che si accorgono che qualcosa non va nel loro bambino e, nell'incontro con il primo specialista, inizia subito quella divergenza di opinioni tra genitori ed istituzioni, che, come vedremo, sarà una costante di questa storia emblematica. Infatti, lo specialista, totalmente indifferente alle osservazioni della madre, dopo un attento esame del bambino, non trovando nulla di rilevante, consiglia un placebo o molto più spesso un calmante per la mamma che gli sembra essere troppo ansiosa.
Questa prescrizione naturalmente non ha alcun esito in quanto il bambino continua a non acquisire le tappe di uno sviluppo normale e la mamma, unica a rendersene conto, continua disperatamente ma ancora del tutto inascoltata, a chiedere aiuto a chi questo aiuto non può darle.
Verso i tre anni di età del bambino, e quindi con un notevole ritardo, quando ormai appare evidente a tutti il problema, ci si orienta verso indagini più specifiche ed è a questo punto che tutta l'ansia della mamma trova improvviso riconoscimento: il bambino ha delle difficoltà e dopo un periodo di osservazione, è formulata una diagnosi che ha a che fare con il termine "Autismo" ed ai genitori, in maniera molto concisa, è riferito che il loro bambino è affetto da una malattia, difficile da curare e che lascia poco spazio a speranze di recupero.
Quindi, per alcuni, vengono proposti interventi di psicomotricità e logopedia con l'eventuale aggiunta di cocktail di farmaci, mentre, per la maggiore parte dei soggetti, ancora oggi, vengono proposti interventi di psicoterapia di tipo analitico, che tutto il mondo scientifico, Organizzazione Mondiale della Sanità in testa, riconosce ormai come completamente inefficaci per la terapia dell'autismo, al punto da non essere più neanche presentati nei convegni sull'autismo a livello mondiale.
A questa eterogeneità di interventi che, in maniera evidente, denuncia il totale disorientamento della medicina a fronteggiare la sindrome autistica, si aggiunge, da parte dei tecnici, un atteggiamento che non trova giustificazioni; infatti:
  • nulla viene messo in atto per informare i genitori sull'assoluta incertezza della terapia proposta e quindi sulle conseguenze che ne possono derivare, lasciandoli nella più totale ignoranza;
  • nulla viene avviato per ottenere, come invece dovrebbe essere, la partecipazione dei genitori ad un intervento riabilitativo che li coinvolga in maniera attiva;
  • nulla viene programmato per coinvolgere le strutture scolastiche ad un impegno di pedagogia speciale, previsto dalla legge, ma totalmente disatteso;
  • nulla, infine, viene proposto per evitare che i genitori dei soggetti autistici, vedendosi completamente esclusi da qualsiasi progetto relativo al futuro del loro bambino, perdano ogni senso di responsabilità con conseguenti effetti devastanti sull'unità della famiglia.
    Pertanto, con il passare degli anni e dopo che anche l'inserimento scolastico si è dimostrato inutile, ai genitori non resta altro che rassegnarsi ad un destino per il proprio figlio che non potrebbe essere più spietato in quanto, per la maggiore parte dei casi, inesorabilmente indirizzato alle porte dell'istituto psichiatrico o ad una vita di completa emarginazione.
    Questo è, quindi, il tipico itinerario che, con lievi varianti, le famiglie di un soggetto autistico percorrono ancora oggi, nel nostro Paese.
    Ma da pochi anni, i genitori dei soggetti autistici, di fronte ad un destino così drammaticamente scandito e che sembrava non suscettibile di cambiamenti, hanno reagito nell'unico modo a loro possibile e cioè, confrontando le proprie esperienze con quelle di genitori di altre nazioni per trovare, se possibile, delle soluzioni che potessero offrire delle migliori aspettative di vita per i loro figli. In conseguenza di tali incontri, si è costituita l'Angsa (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) la quale, a sua volta, si è collegata con l'Associazione Internazionale Autismo Europa che unisce le associazioni di genitori di soggetti autistici di nazioni europee e che, in accordo con le classificazioni internazionali, riconosce l'autismo come "una conseguenza di una disfunzione cerebrale, piuttosto che un disturbo di origine psicogenetica".
    Dalla sua fondazione, l'Angsa, si è impegnata a rimuovere vecchie e consolidate teorie del passato che tuttora avvolgono di superstizioni e sfrenate fantasie la sindrome autistica, impedendo alle nuove idee di progredire. L'azione svolta dall'Angsa ha messo in luce il totale immobilismo che, per anni, ha caratterizzato il campo dell'autismo in Italia, che, fermo sull'errato concetto di un'origine psicogenetica della sindrome, non ha permesso il diffondersi di tecniche e programmi che, basandosi invece su di una interpretazione organica della sindrome, avevano già mostrato, negli altri paesi, una possibilità di miglioramento della vita delle persone autistiche.
    Dal confronto con le differenti interpretazioni della sindrome, i genitori italiani, rinnegando la figura di semplici e passivi spettatori alla quale erano stati relegati, si stanno trasformando in attivi interlocutori dando inizio ad un serrato scambio di informazioni con i genitori degli altri paesi e recuperando così tutta la loro dignità che le terapie di sostegno psicologico avevano tentato, inutilmente, di distruggere. Questo loro nuovo impegno ha determinato una divergenza con le istituzioni che ogni giorno aumenta sempre di più. Infatti, mentre da una parte le istituzioni devono sottostare ad aberranti vincoli burocratici ed ad indegne imposizioni di potere ideologico che bloccano qualsiasi tentativo di cambiare le ormai obsolete ipotesi sull'autismo, dall'altra parte i genitori, sotto la spaventosa prospettiva dell'internamento in un istituto del proprio figlio, non possono sottrarsi dal verificare ogni possibile via per sfuggire ad un tale spaventoso destino.
    I genitori dei soggetti autistici sono perfettamente a conoscenza che non esiste una cura per l'autismo e di questo non ne fanno una colpa ai tecnici; ma essi sanno anche che in Italia, per oltre 50 anni, non si è fatta alcuna ricerca, in quanto, si sono perseguite vie che hanno condotto a situazioni che possono solo definirsi disumane e sanno anche che, nonostante un tale evidente disastro, c'è ancora chi, in maniera diabolica, insiste in questi superati percorsi.
    I genitori dei soggetti autistici sono impegnati a che, in futuro, ciò non si verifichi più. Essi sono convinti che solo un sereno confronto, privo di pregiudizi e di dogmatici preconcetti, che tenga principalmente conto dell'esperienza che deriva dal quotidiano vivere con la diversità, può permettere alla scienza di avanzare sulla strada che bisogna ancora percorrere per raggiungere la conoscenza e quindi la sconfitta dell'autismo.
    Essi sono pronti ad impegnarsi per svolgere la loro parte nell'arduo percorso ma chiedono che anche i tecnici, umilmente al loro fianco, abbiano il coraggio necessario per intraprendere, in una visione moderna della malattia, vie totalmente innovatrici per affrontare la sindrome autistica.
    In questo loro impegno, essi hanno trovato nei Lions italiani gli impareggiabili difensori dei loro diritti calpestati, che con l'entusiasmo e la capacità di sempre hanno saputo porsi al loro fianco per sorreggerli nel duro compito che ciascun genitore deve affrontare ogni giorno. Ed è per questa ragione che a conclusione del mio intervento, voglio approfittare di questa occasione per rivolgere a tutte le autorità Lions presenti alcune parole su di un particolare aspetto che il Service "Fight Autism" ha per le famiglie dei soggetti autistici.
    I genitori dei soggetti autistici vivono tra le difficili condizioni di chi cresce un figlio disabile, una condizione estrema: respinti dalle istituzioni, dimenticati dai tecnici, evitati dagli amici, ignorati dai parenti, continuamente sul punto di vedere disintegrato il nucleo familiare, accusati di essere la causa del malessere dei loro figli, con la continua prospettiva dell'internamento del proprio figlio autistico in un istituto psichiatrico, solo ora, essi, in virtù del vostro senso di solidarietà, stanno lentamente trovando il coraggio di guardarsi intorno, alla disperata ricerca di una dimensione più umana della loro vita.
    Voi, con il vostro gesto di solidarietà, avete voluto tendere una mano verso coloro che hanno la più grande disperazione nei cuori; infatti ogni genitore potrebbe spiegarvi come le incomprensibili manifestazioni del loro figlio, non inaridiscono solo i sentimenti, ma ossessionano anche i loro pensieri, perché essi percepiscono perfettamente che, con il suo strano comportamento, il figlio autistico rivolge loro un'implorante richiesta di aiuto; ma questo messaggio rimane incomprensibile nella sua ermetica espressione e l'impotenza di non sapere rispondere a questa richiesta, fa venire meno l'ancestrale codice che fa di ogni uomo un padre e di ogni una donna madre ed essi si distruggono lentamente giorno dopo giorno.
    Voi avete voluto spezzare questo perverso circuito e trasformare il motto "We Serve" in una concreta espressione di solidarietà verso coloro che ormai non avevano più alcuna ragione di sperare; e se questi genitori, oggi, hanno una speranza con la quale affrontare i giorni futuri, questa ha una sola ragione di essere: infatti l'azione intrapresa con tanto ammirevole slancio dai Lions del Multidistretto 108 ITALY, spronati dalla vostra volontà, potrebbe dare, anche in Italia, inizio a quelle ricerche nel campo dell'organizzazione del cervello umano che rappresentano la nuova via da seguire per condurre alla vittoria sull'autismo.
    Questo è l'accorato appello che i genitori dei soggetti autistici rivolgono a tutti coloro che hanno il potere di determinare un radicale cambiamento nella vita di tanti poveri esseri, che soffrono e che anelano, disperatamente, solo a diventare il più possibile uguali ai loro simili. Noi siamo fiduciosi che tale appello sarà accolto.

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