ALESSIO QUIRICO, Il gioco del silenzio, collana I salici (racconti), Montedit, pp. 160, Lit 24.000. ISBN 88-86957-06-
Prefazione di Olivia Trioschi
- Il silenzio può essere un gioco. E, come ben sanno i bambini, giocando s'impara a vivere, a stare con gli altri. Ma il gioco del silenzio, fatto da adulti, può diventare parecchio pericoloso. E gli adulti, a differenza dei bimbi, non sempre lo sanno. Non lo sa, ad esempio, Clara, la "femme fatale" del romanzo, che sul silenzio ha impostato il fragile equilibrio di una vita apparentemente perfetta, senza sbavature; e che questo equilibrio vedrà infrangersi tragicamente contro poche inquietanti parole. Lo intuiscono, invece, Laura e Paolo, i due protagonisti, che nel silenzio cercano faticosamente di incontrarsi e finiranno invece col perdersi trovando però, almeno in parte, se stessi. Il lungo romanzo di Alessio Quirico è tutto giocato qui, sulla sottile linea di confine che separa il mondo delle parole dal mondo della realtà. Ma non tanto la realtà dei fatti, degli accadimenti - che anzi nel corso del libro non sono moltissimi - quanto quell'unica realtà che all'uomo è dato conoscere: quella che sgorga dalla sua testa, dalle sue emozioni. La realtà, per dir così, intima e probabilmente inesprimibile che ogni uomo porta in sé e attraverso la quale filtra parole e fatti. Tanto più ci si allontana da quella realtà, tanto più il chiasso delle voci esterne, finte, si fa assordante, impedendo la percezione della propria musica interna. Per questo Paolo passa così tante ore a fissare il soffitto ascoltando musica; per questo Laura detesta la "stanza delle voci" - come dentro di sé definisce il mondo; per questo entrambi cercano nell'altro, sopra ogni altra cosa, il silenzio, accettando le parole solo laddove queste non pretendono di invadere spazi incontaminati e vergini. Per questo, infine, accetteranno senza dolore la separazione nel momento in cui si renderanno conto che il gioco del silenzio, se spinto all'eccesso, porta al solipsismo e forsanco all'aridità.
- La trama, si accennava, è piuttosto semplice. Paolo e Laura sono studenti universitari, più o meno coetanei, di due diverse facoltà milanesi. Le loro storie non potrebbero essere più opposte: lui è un giovanotto piuttosto benestante, diciamo pure che fa parte dell'agiata borghesia; lei proviene da famiglia e quartiere operai. Un giorno, per caso, si incontrano. Paolo si sente attratto dalla fanciulla perché è bella e un po' misteriosa, ha il fascino del silenzio e del diverso. Impastoiato dal suo, di silenzio, e da incertezze ancora in parte adolescenziali, lui la cerca con imbarazzo e vergogna. Poi Paolo vive una breve avventura con Clara, una donna matura che conosce da tempo. Poco dopo Clara apprende di essere sieropositiva. È questo l'unico fatto, anzi il fatto per eccellenza, che impone una brusca svolta al corso di tre vite. È in pratica l'unico evento esterno che compaia in tutto il romanzo, come una sorta di cesura: l'irruzione del dramma nel quieto tran-tran di esistenze che sino a quel momento erano scivolate via come sabbia tra le mani. La quasi totale assenza di fatti non deve tuttavia ingannare: ciò che interessa l'autore non è tanto ciò che succede quanto, lo ripetiamo, ciò che dimora all'interno di ognuno. Ecco perché quest'unico colpo di scena risalta ancor più, con la sua ineluttabile necessità. Sembra un campanello d'allarme: attenzione, la vita esiste comunque anche fuori di se stessi, e prima o dopo può succedere che presenti un conto. Non si tratta più di sottili emozioni, di piccoli gesti che ognuno può cercare di collocare dentro sé o, al contrario, bandire lontano. Questo è un macigno che ha tutta la pesantezza della realtà, con esso bisogna misurarsi per forza.
- E ognuno, infatti, ci si misura come può. Clara ne viene travolta, e questo può suonare come una condanna per la donna colpevole di troppi tradimenti. Ma non è una condanna di tipo morale, da benpensanti. Clara, in realtà, è infine vittima - come si è anticipato - dei troppi silenzi col marito e con se stessa. Se vittima, dopo tutto, la si può definire. Ella ha piuttosto tratto le estreme conseguenze dalle premesse da lei stessa gettate in tutta la sua vita. Sullo sfondo di questa resta un anonimo marito amato, sì, ma non fino al punto di farlo entrare nella sua "stanza segreta". Quella stanza che anche Laura custodisce gelosamente, seppure con diverse motivazioni, al punto da sacrificare l'amore, o anche solo la possibilità di esso, pur di non doverla dividere con nessuno; nemmeno con Paolo, che dal canto suo aveva trovato, per puro caso, la chiave; ma non il coraggio, o forse la voglia, di usarla. Paolo, liberatosi fortunosamente dal macigno, che per questa volta l'ha solo sfiorato, avverte ora tutto il peso della realtà e tutta l'evanescenza del silenzio. Attende da Laura un gesto che finalmente coniughi silenzio e fisicità, che renda concreta l'inutilità delle parole. Il gesto arriva? Non arriva? Lui non lo saprà mai. Volta le spalle prima portando con sé, nella sua stanza segreta, almeno il coraggio di una scelta autonoma. Ma non la volontà di uscirne per qualcosa o qualcuno. Così ognuno rientra nella propria intima realtà. Chi bussa, magari anche goffamente, resta penosamente e irrimediabilmente fuori, vittima del gioco del silenzio.
- Olivia Trioschi
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