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- Introduzione
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- Sangue e ideale . Carne dolente o spirito immortale?
Che dire di un genio poetico che s'accende nel chiuso di una
piccola stanza e vola, bucando le mura, più alto che
mai, più invincibile che mai, oltre gli involucri,
nel silenzio e al di là del silenzio?
- Anna è una Poetessa; gli accadimenti delle
stagioni dell'anima sono la Musa, triste a volte, e per
questo ancora più legata ai giorni della vita, quella
vita che è un sottile filo fra terra e cielo, facile
da recidere, difficile a scorgersi, eppure c'è, e ci
tiene in comunione con l'universo, con le piccole stelle che
brillano fredde, lontano, e ardono dentro di noi.
- Anna è coraggiosa. L'immobilità forzata
non l'ha vinta. Lotta. E il suo grido di libertà si
è fatto Verbo poetico, forma e contenuto, uniti come
una rosa alle sue spine: se ti chini a coglierne la
fragranza, forse stillerà una goccia di sangue...
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- Non è facile collocare l'arte di Anna. Essa ha
il marchio dell'unicità, la ricchezza di una miniera
a lei sola nota per la capacità di estrarne le pietre
preziose che si fanno parole, versi, sentimenti, idee,
concetti ma generosamente offre il dono incommensurabile di
sé, per accompagnarla nel suo viaggio verso la luce,
insieme.
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Alberto
Figliolia
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- E per incanto
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- Mi perdo e mi ritrovo,
- mi abbandono risucchiata
- in un vortice,
- la tua presenza respirata, vicina
- diventa via via irraggiungibile.
- Attimi infiniti fra il sapere
- e il non sapere.
- Cosa sta succedendo?
- Paura dell'immenso,
- mosaici di realtà,
- colori intensi sempre più intensi
- e poi lievi, tenui,
- sembrano sfumare, compongono arcobaleni violenti
- e poi ancora pastelli.
- Il tuo viso roseo e liscio,
- la voglia di stringere il tuo corpo,
- ma la pelle si irrigidisce
- e nuovi colori sempre più intensi,
- violenti, indimenticabili
- raggiungono il mio incubo, stringendomi in una
morsa.
- Ti amo. Sì ti amo.
- Non andare via,
- ogni dolore scompare
- con il tuo colore.
- I tuoi occhi si muovono continuamente
- e mi guardano,
- mi stai ascoltando,
- sai chi sono
- e conosci la mia paura.
- Quanto ti amo piccolo
- respiro conosciuto da sempre!
- Amato solo ora.
- E per incanto nulla
- mi fa paura con te.
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- Sotto la pergola
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- Quando tornerò, fingerai di dormire
- sotto la pergola dell'uva asprigna,
- come quel giorno, quando
- mi sembrasti vecchio d'un tratto!
- Piansi all'improvviso,
- poi ti chiamai.
- Settembre ci lasciava!
- C'incamminammo piano sul sentiero.
- Avrei voluto chiederti quel giorno:
- «Dimmi, dimmi che tu non puoi morire!»
- Si avvicinava l'ombra della sera.
- Piansero gli anni. Te ne andati solo,
- cercando un posto nella tua campagna
- sotto la pergola dell'uva asprigna.
- Quando tornerò, fingerai di dormire.
- Potrò chiamarti e domandarti ancora:
- «Dimmi, dimmi che tu non puoi morire!
- Dimmi, dimmi che il tempo piange altrove, non
qui»
- Sotto la pergola, che luce!
- È il paradiso a cui tu hai creduto.
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- Strada impolverata
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- Parlano i silenzi del passato
- ed i rituali del tempo
- quando i pesanti carri
- e lo scalpiccìo di zoccoli di cavalli
- calpestavano i duri sassi
- e rendevano la strada impolverata.
- Nello scorrere dell'era
- mai alcuna primavera
- aveva depositato fili d'erba
- o teneri germogli
- in quella selvaggia contrada.
- Quando il crepuscolo della sera
- chiudeva la giornata,
- il vento soffiava d'incanto
- ed ormeggiava la sua grinta
- tra la luce fioca delle stelle,
- che incominciavano a brillare
- nel sapore notturno
- di quella eterna strada,
- strada impolverata!
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- Inquietudine
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- Sprofondo ogni giorno a disagio
- sul fondo di una poltrona
- e perdo il mio tempo
- di pigro individuo
- senza ascoltare, oltre i muri,
- i rumori del mondo.
- Qui non ci sono rumori,
- né voci sommesse,
- né grandi discorsi
- e tutto riposa nell'ombra.
- Anche il grande scaffale,
- che forse era stato trattato a dovere,
- è vecchio di più di cent'anni
- ed i tarli la fan da padroni,
- colui che si prese la briga
- di metterlo in sesto
- riposa perenne da tempo.
- Ed io resto qui, unica voce,
- a scrutare negli angoli
- le tracce del passato,
- trascorro le ore a pensare ai miei crucci
- e più penso e più mi logoro
- la mente, abbrutisco.
- I miei anni più belli se ne vanno
- tra quattro scartoffie e un giornale.
- Gran bestia che è l'uomo!
- E feroce è il pensiero,
- ma le belve han pur diritto
- di vivere fiere,
- concludere i giorni alla macchia
- e stendersi al sole.
- Ogni giorno mi faccio discorsi,
- li preparo al mattino
- per essere diversa alla sera,
- fissando le case di fronte
- così cupe, annerite dal tempo.
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- Gondolieri di fantasia
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- Spalle larghe zebrate di colori
- nei campielli alcove a cielo aperto
- gondolieri inoperosi
- tra riflessi di canali
- dai perimetri sempre più chiusi.
- Anelano della dorata Venezia
- lo splendore di echi prigionieri
- nell'implorante geometria
- di sommersi cimiteri abbandonati.
- Nel pallido tramonto
- di un sole contaminato dalla laguna
- avvertono la ciclica sofferenza
- di orizzonti mistificati.
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- L'inevitabile futuro
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- Frasi ripetitive della vecchiaia,
- lontanamente immaginabile.
- Sensazioni rubate,
- mai capite,
- ai tuoi innumerevoli capelli bianchi,
- trafiggono ora i miei pensieri
- per quell'amaro di solitudine
- scorto nella giovane ruga
- di un volto incapace
- di ascoltare il suo futuro.
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- Adesso tocca a me
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- Sono stata per lunghi anni
- prigioniera di tante idee.
- Adesso, come un uccello
- canterò la mia libertà
- in questa seconda età.
- Se la memoria
- comincia a velarsi
- mi abituerò a prendere appunti,
- se il passo diviene pesante
- mi appoggerò
- al mio amico del cuore.
- Resterò con le lacrime
- di cristallo in mano,
- aspettando d'invecchiare.
- Signore illuminami la strada
- di quest'ultimo meraviglioso
- dono di vita.
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- Un pensiero
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- Si perdono i giorni
- e i nostri affanni
- tra i confini del tempo
- inesorabilmente.
- Tra insidie e fatiche
- di un mondo ostile,
- senza amore,
- cerco un nesso
- con le favole udite da bambina.
- E mentre l'Io firma nuovi
- spazi e trasforma
- un ricordo particolare, una foto
- e tra le mani la certezza
- del breve tempo che incalza,
- tra i visi cari, sorridenti,
- mi osservavo tra i miei fantasmi,
- un tuffo al cuore,
- un dolore profondo trattiene
- luci e pensieri,
- mentre m'addormento nell'ignoto
- vuoto
- con le angosce tra grovigli
- di immagini senza respiri.
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- Il cuore del poeta
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- Il cuore del poeta
- è come i muri della sua casa.
- Nelle crepe nascoste, d'estate
- scorre un canto di cicale
- e l'inverno porta i rosari
- di fiocchi di neve,
- che chiudono ferite sul tetto
- dove non fumano i camini
- e la rondine cerca altre grondaie.
- Il cuore del poeta
- è filo dipanato da matasse
- di nuvole chiare
- che il vento imbroglia
- tra percorsi di sogno.
- È bambino inquieto
- che ha paura delle fredde
- dita del tempo,
- invano trattenendo tra le
- fragili mani il giorno che tramonta.
- Il cuore del poeta
- è come i muri della sua casa
- a brandelli,
- dove ognuno scrosta un pezzo
- d'intonaco e tutti versano una
- stilla di pianto
- sulla polvere arsa da antiche
- tramontane.
- È terra di nessuno
- dove ognuno conficca
- i suoi paletti di dolore
- e si ritaglia una scheggia
- di speranza.
- È fiore che tutti sfogliano,
- è pinocchio spezzato di bugie
- senza peso.
- Il cuore del poeta
- è come i muri della sua casa,
- che la pioggia infradicia
- e il sole inaridisce.
- Ma la sua pietra d'angolo
- resiste
- e brilla contro la fioca
- luce della luna,
- come fiaccola che incendia
- la notte della vita,
- senza cogliere significati,
- solo inventando
- eterni brividi d'amore.
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- Il valore della vita
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- Se della vita vuoi il valore vero
- a cultura, potere e ricchezza,
- bravura, fama e prestigio,
- bellezza, onori e gloria
- tu scrivi «zero».
- Se hai però nel cuore e nella mente
- fede e speranza in Dio
- senz'odio alcuno
- davanti a quegli zeri
- scrivi «uno».
- Avrai valorizzato quel
- che è niente.
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