- Dialogo con l'ultimo
giorno
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- L'ultimo giorno non si incontra
nessuno.
- Un diaframma di tempo dallo spessore
inconsistente è quanto ci separerà da
un'altra vita o dal nulla.
- E non sarà una nostra scelta, ma
soltanto la verità che abbiamo cercato
prima, senza possederne le prove.
- Forse per ognuno di noi l'ultimo giorno
è già stato creato, costruito con
lineamenti definitivi perché si accordi con
tutti gli altri giorni che abbiamo
vissuto.
- Sarebbe quindi possibile riconoscerlo e
bisognerebbe farlo per prendere degnamente congedo
dal mondo.
- Assolti con solennità da una sentenza
che non lasci alcun dubbio.
- Ma gli addii non sono solenni. Sono sempre
affannati. Perché si vorrebbe, negli ultimi
istanti, dire tutte le cose dimenticate, ripetere
quelle già dette. L'ansia è la vera
protagonista degli addii. E il timore anche. Di non
essere ricordati con l'intensità desiderata.
Di ritornare davvero una polvere senza
memoria.
- Bisognerebbe dunque spiegare bene,
precisare, avvertire che abbiamo fatto il possibile
ma che è mancato il tempo. Perdonare per
essere perdonati.
- Non lasciare niente in sospeso. Questo
è la condizione da rispettarsi.
- Un giorno contro migliaia di altri.
- Quale assurda idea è mai quella di
affidare a quest'ultima goccia di tempo il compito
di purificare quel pozzo dalla trasparenza incerta
che è stata l'intera vita?
- Forse l'ultimo giorno sembrerà quasi
ugualmente agli altri.
- Stenteremo ad accorgerci di essere soli con
il nostro inventario. Ma non mancherà
nulla.
- Non un insieme ordinato, consultabile, dai
momenti passati, ma qualcosa di diverso e tuttavia
non caotico.
- Ricordi improvvisi, lampi senza ragione, un
passato non richiesto e ormai nemmeno più
nostro.
- Come la luce di certe stelle morte da un
tempo più grande, più impressionante
dell'eternità perché espresso da una
misura esatta che però non possiamo
concepire. La luce che continua a vagare cercando
occhi a cui appartenere dopo aver abbandonato
l'astro in agonia.
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