Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Giuseppe Parato
Ha pubblicato il libro
Giuseppe Parato - Cuori inquieti




 
 
 
 
 
 
 
Romanzo - Formato 14x21 - Euro 9,60 - ISBN 885170550X
Casa Editrice Maremmi Editore - Firenze

 
Prefazione
Incipit

Presentazione
 


E' sullo sfondo magico di Parigi che si compie uno dei due percorsi d'amore di questo romanzo, che si perderà, poi, nelle maglie di un destino segnato... Un amore spezzato che, comunque, riuscirà a sopravvivere oltre la morte. Una storia d'amore che s'icnrocia con quella, diversamente dolorosa, di altri due innamorati a cui la felicità ha voltato le spalle, in un giorno come tanti. Un sequestro e una violenza ne segneranno, infatti, per sempre la finme, tragica, inevitabile. Dolceacqua, Stellamare, le valli di Lanzo, l'incantevole Riviera ligure diventano così scenari di passioni, amori e atti estremi...



 
Cuori inquieti

Il piccolo aereo correva sulla pista aumentando la velocità per potersi staccare da terra. Decollo perfetto. Alberto Salemi, pilota e unico passeggero, appena l'aereo giunse in fondo alla pista, iniziò una elegante virata di 30 gradi e puntò la prua a Nord-Est dopo aver retratto il carrello e regolato i flaps. Concluse le operazioni di decollo, Alberto iniziò la manovra di salita per raggiungere la quota prestabilita.
Era un mattino di giugno, luminoso, ma ancora fresco per i recenti temporali; il sole creava riflessi multicolori. Nella carlinga i raggi del sole disegnavano una vibrante teoria di colori che abbagliava la vista sugli strumenti, ma i dettagli, oltre il cristallo del cruscotto, apparivano nitidi. Proprio davanti ad Alberto si stagliavano i contorni delle Alpi maculate di verde muschio e di terre bruciate. Entro pochi minuti l'aereo avrebbe imboccato l'importante vallata sorvolando piccoli agglomerati di case montane, boschi e campi e mantenendo sempre la rotta stabilita, sarebbe giunto di fronte al grande e vasto massiccio del Monte Bianco con i suoi ghiacciai perenni.
La radio trasmetteva i consueti e periodici bollettini meteorologici comunicando tempo stabile per tutto il giorno. Alberto quella mattina era uscito da casa molto depresso a causa di ripetute crisi senza soluzioni o almeno senza soluzioni a lui gradite. Per questi motivi aveva deciso di scaricare le ansie, lo stress, come faceva sovente negli stessi casi, volando e disegnando tra le nuvole e sui colori del cielo. Il senso intimo e solitario dell'arte di Alberto entrava subito in azione nelle più inaspettate forme, dalla pittura, alla musica, alla poesia e a brucianti concetti di filosofia.
Vedeva attraverso il cruscotto paesaggi boschivi interrotti da piccoli raggruppamenti di case dove la gente del luogo in quel momento viveva la propria vita angustiata da chissà quante pene. Là, più in alto, un campanile che sembrava un pezzo di matita con la punta all'insù, era certamente un punto di attrazione sociale, religiosa, un punto di riferimento per risolvere i problemi della propria coscienza, dei problemi causati da altri e ad altri. Istintivamente manovrò la cloche dirigendo l'apparecchio verso il campanile in una discesa non prevista.
L'immagine del campanile si espandeva diventando via via più grande mentre l'aereo lo puntava come se fosse un obiettivo da colpire. Alberto sentiva una forza che lo guidava e una sensazione di caldo piacevole inondava il suo viso, il collo e scendeva fino al ventre. A pochi metri dalla punta del campanile una forte impennata riportò l'aereo col muso puntato verso le nuvole bianche in direzione della montagna.
Pensieri e pensieri affollavano la mente di Alberto: pensieri cupi, circolari senza uscita; desiderio di dipingere, disegnare con colori e ombre, movimenti e dinamiche presenti nel paesaggio, cercare i punti di fuga e fermare l'attimo infinito; cercare le parole uniche, assolute, mai dette per coniugare il finito con l'infinito. "Michelle", era questo il nome magico, la calamita spirituale e mentale attorno cui egli ruotava, richiamato da una forza gravitazionale sempre più forte. Michelle era il suo buco nero a cui si avvicinava in una corsa irrefrenabile, sedotto fatalmente come da una sirena sull'orlo dell'abisso infinito. Erano questi i grovigli di pensieri di Alberto in quel mattino in prossimità della valle che s'incuneava tra le alte montagne della Val d'Aosta.
Fu un leggero odore di bruciato a distoglierlo dai suoi pensieri e riportarlo alla realtà del volo. Un rapido controllo degli strumenti, la valutazione della quota, del carburante e dell'assetto di volo gli diedero un primo esito rassicurante, poi provò la radio, i flaps e il timone: tutto a posto. Girò leggermente la testa all'indietro per controllare la fonte dell'odore di bruciato che gli sembrava diventare sempre più acre. Vide una nuvola di fumo grigio azzurro, denso, che si avvicinava alla cabina di pilotaggio. L'idea fu di inserire il pilota automatico e andare a ispezionare... ma un'improvvisa fitta nebbia investì l'aereo: non si vedevano più le montagne, solo qualche ombra: visibilità ridottissima. Questo nuovo fatto, lo fece desistere dall'inserire il pilota automatico e lo indusse a cercare immediatamente di effettuare manovre strumentali per una rapida risalita dell'aereo oltre la cortina di nebbia. Si stupì di sentirsi calmo e sicuro quando iniziò la serie delle manovre che conosceva molto bene. Improvvisamente la nebbia sparì e vide, attraverso il cruscotto, avvicinarsi la montagna: i comandi non rispondevano, perdeva quota, anziché salire. Dietro di sé sentiva lo scoppiettio delle fiamme. Un nodo alla gola gli impedì qualsiasi ragionamento … era troppo tardi.
 
* * *
 
Stavo ritornando a casa dopo il funerale di Alberto. Dovevo percorrere oltre duecento chilometri in macchina e avevo tutto il tempo che volevo, per fortuna, perché la mia mente era bloccata dai ricordi dolorosi di Alberto morto così improvvisamente, lasciando un vuoto incolmabile nella mia vita. Alberto aveva quarantun anni ed era vedovo già da cinque anni, viveva solo, anche se la madre ne soffriva molto perché sapeva che era un uomo sensibile e avrebbe mal sopportato la perdita prematura della moglie che aveva amato moltissimo.
Era un ingegnere elettronico e lavorava come direttore di stabilimento di una azienda internazionale di costruzioni di aeromobili che curava tutta la manutenzione straordinaria dei maggiori aeroporti europei. Ma la sua passione era la pittura, per la quale era capace di dimenticare anche qualche impegno di lavoro. Eravamo amici dal liceo e per me era la persona che rappresentava il riferimento più immediato e importante di tutta la mia vita, anche perché ormai avevo perso entrambi i miei genitori.
La madre di Alberto, Maria Bartolo vedova Salemi, mi aveva accolto quel mattino con molto affetto anche se era molto abbattuta e traumatizzata per la perdita di suo figlio. Era vedova da molti anni, da quando Alberto era ancora piccolo. Sul suo volto si leggeva la disperazione che cercava di mascherare con una rassegnazione silenziosa. Mi chiedevo come avrebbe potuto continuare a vivere senza di lui, sola e senza altri affetti, eccetto una nipote, figlia della sorella, che però vedeva raramente.
Nessuno sapeva come era accaduto il drammatico incidente. Forse si era trattato di un malore improvviso, oppure di un guasto, ma entrambe le ipotesi erano incontrollate e infondate perché Alberto sembrava godere ottima salute e inoltre, era un pignolo nella manutenzione del suo aereo, che controllava personalmente tutte le settimane quando lo usava per andare a casa della mamma.
Al funerale c'erano tante persone che lo avevano amato: i suoi compagni di lavoro, i rappresentanti del consiglio d'amministrazione e della direzione della società aerea dove lavorava, gli amici dell'Università che frequentava come ricercatore, pittori con cui aveva condiviso mostre e fatto conferenze in TV, i responsabili tecnici di tutti gli aeroporti italiani con cui aveva avuto rapporti di lavoro e conoscenti e giornalisti della televisione che l'avevano incontrato in varie occasioni. Molte di queste persone le conoscevo personalmente, altre solo indirettamente dai colloqui avuti con lui. In tutti era visibile un profondo dolore che si manifestava negli atteggiamenti e nelle parole dette e non dette. Tra queste persone notai una donna che sembrava non conoscesse nessuno, nemmeno i parenti stretti di Alberto.
* * *

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Ins. 09-12-2004