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Lembi di vita

Lembi di Vita, pp.48, Lit. 10.000, Montedit, collana "I gigli, poesia",
agosto 1996 ISBN 88039-84-0
di Domenico Barra

Prefazione di Vincenzo Sala

Lembo è una bella parola, lasciata alla lingua di Dante e di Leopardi dal latino (limbus). Indica il margine, la propaggine, la zona estrema di qualche cosa. È un simbolo di incertezza, di sospensione, forse addirittura di ansia. Domenico Barra se ne è appropriato, con felice scelta, per contrassegnare questo riepilogo del suo materiale poetico, rifiorito negli ultimi anni dalle ceneri degli esiti giovanili.
All'impatto i versi di Barra mi hanno rammentato inspiegabilmente le angosce e le malinconie distillate nei grandi canzonieri di Saba e Ungaretti, libri moderni dal respiro già classico. Però inoltrandosi nelle pagine si afferra un filo diverso, e la connotazione più forte di questa poesia appare la scelta di sottrarre la parola al rumore dei giorni, tenendola abbarbicata al cuore vero e antico del tempo umano.
Ed ecco che dalla forma aperta dei versi di Barra sorgono campagne e ruderi assolati, alberi da frutta, mulini diroccati, viottoli dimenticati, ruscelli disseccati, quasi simboli in rilievo di una personale carta geografico-spirituale. È un fine paesaggio d'anima, un Sud solitario cesellato dal vento che apre i suoi spazi all'esplorazione di una voce amara e sincera.
I Lembi di Barra fondono i dati dell'esperienza vitale in un tessuto poetico ricco di suggestioni, che si dipana nel segno della grande poesia classica italiana. Colpisce un nitido autoscatto che staglia il poeta sullo sfondo dolente della sua terra natale (ho dentro il volto selvaggio / di una terra nuda / senza fiumi / che partorisce ruderi di storia / soleggiati / volti scavati, / la rassegnazione / dio temuto e adorato, da «Ritornando a Napoli»).
E stupisce piacevolmente la volontà di testimoniare, con i versi, anche un'opposizione all'inautenticità dilagante: da un lato stà la sterminata America di riporto dove pensare è dolore, l'irrealtà effimera dei videogiochi dai colori marci; dall'altro la realtà dei cieli del Sud arrossati dai tramonti e profumati dalle zagare, proiezioni naturali di un desiderio umano di dolcezza e di verità.

***

La poesia scaturisce, a tutte le latitudini, da incontri fortuiti, fenditure di luce che si schiudono all'improvviso nell'opacità dell'usuale e del quotidiano. Tuttavia per cogliere queste occasioni è necessaria una vocazione non episodica, un'attitudine che può formarsi soltanto attraverso un accumulo, una crisi lenta e autentica. La poesia di Barra mostra radici profonde, e nella sua filigrana si sente la fedeltà a un'identità morale che si è accresciuta restando fedele alle sue premesse. Il suo discorso appare teso a conquistare un difficile equilibrio, e in questa ricerca si colora a volte di delicati toni elegiaci.
Se lo sfondo naturale e storico dei Lembi è quello dell'Italia meridionale, carico di memoria già elaborata anche liricamente, il gesto con cui Barra si appropria del paesaggio e delle storie umane fa di questo poeta una voce chiara e autentica, e di questo libro un frutto amaro ma godibile, da assaporare con attenzione e disponibilità.

Vincenzo Sala

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