| EDOARDO CORBETTA 10°
            classificato Piano bar 
                Nel locale quasi vuoto il pianista si trascina
               stancamente ad eseguire i pezzi più facili del
               suo repertorio, in attesa che gli ultimi clienti di
               decidano ad uscire. In un angolo, non visto, un
               avventore solitario guarda nel vuoto, tentato invano
               da sorridenti volti femminili pubblicizzanti una nota
               marca di digestivi. Si mostra insensibile anche alle
               musiche popolari emesse dal pianoforte, adatte a chi
               vuol dividere con il prossimo uno stato d'animo
               gioioso. Lui non è in quelle
               condizioni.Ingobbito, volge il proprio sguardo entro i
               confini del tavolino sul quale è appoggiato.
               Sembra volersi nascondere dietro il filo di fumo che
               sale dalle sigarette, per isolarsi dai tristi pensieri
               che l'affliggono. Non sente il cameriere che si
               avvicina e prima che questo si pronunci si riscuote,
               come se fosse capitato lì in quel momento e per
               caso. Lo anticipa ordinando "due di quelli là",
               indicando un liquore tesogli da una bionda, raggiante
               attraverso un manifesto appeso alla parete di
               fronte.Per qualche istante viene trattenuto da quella
               immagine, che promette di trasformare una dura
               esistenza in un'allegra vacanza, grazie al prodotto
               reclamizzato. Si tratta però di un fuggevole
               attimo, subito spodestato dal precedente
               atteggiamento.Alla regolare successione delle caraffe vuote
               disposte a semicerchio ora si inseriscono bicchieri di
               più piccola dimensione, posati come bersagli in
               una baracchetta per tiri a segno alla festa del
               paese.La variazione del gusto provoca una breccia nei
               precedenti minacciosi propositi. Si presentano i
               ricordi del più recente passato, immagini reali
               scalzanti nebulose fantasie. Ripercorre i due giorni
               passati in una disperata solitudine, a partire
               dall'ultima notte passata accanto a lei e mai sentita
               così lontana. Il piccolo spazio esistente fra i
               loro corpi, nel letto testimone di innumerevoli
               momenti d'amore, era diventato immenso. Il reciproco
               orgoglio aveva eretto barriere invalicabili, sotto le
               pur delicate lenzuola. Il breve, casuale contatto
               fisico, anziché favorire il ritorno all'antica
               confidenza, produceva un subitaneo allontanamento,
               simile alla reazione fra due poli incompatibili per
               pura legge fisica. Gli insignificanti iniziali
               attriti, non corretti tempestivamente, erano diventati
               causa di una disastrosa rottura, come succede fra due
               ingranaggi non lubrificati e non più fra loro
               sincronizzati.Mentre beve senza gustare il sapore, risente
               l'irritazione per le prime incomprensioni, la rabbia
               incontenibile esplosa in lui assieme alle parole
               brucianti, la successiva indifferenza per la terribile
               soluzione da lei auspicata. I motivi di tale
               situazione non appaiono gravi, ma le giustificazioni
               non correttamente espresse o recepite, lo scambio di
               rimproveri a toni alterati, le offese pronunciate loro
               malgrado, avevano scavato un solco troppo
               profondo.Più si attarda a cercare una via di
               uscita più ricorda le sconcertanti cattiverie
               verbali scambiate. L'animo gli si inasprisce, i buoni
               propositi appena sfiorati svaniscono. Il fumo,
               l'alcool, il vuoto immenso che sente dentro, il
               deserto che lo circonda, la vana ricerca nelle ultime
               ore di un volto amico, lo trascinano a cullare
               propositi oscuri, ad un gesto disperato.
               L'autocommiserazione lo esalta, gli fa sembrare unica
               "quella" decisione. La possibilità di
               vanificare il tormento così grande lo
               tranquillizza, ingannevolmente, fino a gioire della
               possibile soluzione.Con un gesto abituale estrae il portafogli,
               guarda il volto al quale vorrebbe rimproverare ancora
               qualcosa, ma ne subisce ancora l'antico fascino, pur
               contro la propria volontà. Una piccola crepa
               appare in quel blocco compatto e gli permette una
               parentesi salutare, una pausa fino a quel momento
               soffocata. Un flash gli ricorda la breve scossa
               provata nel momento in cui si era sentito fortemente
               attratto dalle acque del canale, viste dal vicino
               ponte. Le sue "risalite" cominciano sempre dopo aver
               toccato il fondo della tristezza e del pessimismo. Le
               nuove energie capaci di sconfiggere i pensieri
               più neri lo assistono nel momento estremo,
               perché nel buio totale è più
               facile distinguere una minuscola luce. Dopo due giorni
               di vagabondaggio oscuro gli sembra di poter giudicare
               con maggiore obbiettività. La parte di
               sé più litigiosa però chiede la
               collaborazione di un motivo plausibile, non una resa
               incondizionata. Un profondo sospiro di impossibile
               interpretazione attira l'attenzione del barista,
               invisibile, intento alle inutili manovre dietro al
               banco.Il pianista se n'è andato. Il ragazzo,
               preoccupato per la presenza di quell'ultimo cliente al
               quale non ha il coraggio di far notare la tarda ora,
               inserisce una cassetta nello stereo per sopportare la
               fatica, per cercare aiuto, per trovare la forza di
               dire "signore, mi spiace, devo chiudere".Le note di un pianoforte dal suono argentino,
               trasparente, si diffondono discrete, com'è il
               pezzo, armonioso e lento. Quella musica fresca,
               leggera, chiara come una notte d'inverno serena in
               alta montagna, non può passare
               inosservata.Un lamento si inserisce nella successione del
               brano: no, è una gioia non trattenuta dal
               musicista, la partecipazione alla vivacità
               musicale nel frattempo raggiunta. L'esecuzione ora
               cresce di intensità, testimonia un inatteso
               tormento, cresce
 cresce
, la testa
               dell'uomo, già dolorante, non sembra in grado
               di resistere, la sofferenza comunicata dall'artista
               è da lui condivisa e diventa la goccia che non
               può più contenere.Improvvisamente scoppia il silenzio, un attimo
               di sollievo, prolungato da alcuni nuovi suoni
               gradevoli, timidi, di una semplicità
               disarmante, sorti dalla precedente tempesta musicale e
               simile alle onde pigramente adagianti sulla battigia,
               dopo la mareggiata. L'ospite ne viene contagiato, si
               distende su due sedie a testa in su, madido di sudore.
               Decide di alzarsi, il barista si meraviglia di vedere
               due occhi sereni su quel volto segnato da gravi
               sofferenze e di sentire una voce educata ma
               decisa:- Mi potrebbe dare quella cassetta?- Mah
 non so
 dovrei
               chiedere
- La prego, le dò tutto quello che ho
               con me - e già si sta sfilando un banalissimo
               "swatch", dopo aver controllato il portafogli
               vuoto.Il piccolo contenitore di note passa da una
               mano ad una tasca, senza compenso alcuno. No, non
               è del tutto vero, anche il ragazzo si sente
               appagato, consapevole di aver favorito
               involontariamente quel rasserenamento, di essere
               riuscito a trasmettere il conforto che il cliente
               aveva cercato e che il "piano bar" non era stato in
               grado di dare.Il solitario esce, si strofina le guance
               irritate dalla barba lunga. Passa un treno senza
               fischiare e lui lo guarda con un mezzo sorriso sulle
               labbra. L'equilibrio è precario, ma le idee
               sono chiare, dopo aver messo la testa sotto la
               fontanella della piazza. Ora è convinto di
               poter fare qualcosa per recuperare la tradizionale
               serenità, ora ha un grande alleato. Quella
               musica, che lui sa come fargliela sentire, prima
               ancora di presentarsi, l'aiuterà. Poi
               saprà trovare le parole per farle capire che le
               vuole sempre bene. Quel magico suono saprà
               rasserenarla un po', indurla a salutari riflessioni, a
               prepararla al suo arrivo.- La mia donna è sensibile,
               apprezzerà l'iniziativa
La "mia donna"
 era tanto che non la
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