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- Ciò
che nascondo
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- È destino, segnato, che un giorno me
n'andrò
- dal tetto che m'hai costruito, dalle
coperte
- che m'hai tessuto. E dilanierò,
arrabbiato, coi denti,
- l'ovatta di cui m'hai avvolto. Vorrò
vedere il mondo.
- E tu dovrai saper lasciarmi andare.
- Vorrò conoscere, da solo, il mondo, e
imparare
- a soffrire, da solo. È destino. È
umano.
- E mi capiterà di pensare che non sono
eterno,
- che sono nato, e di provarne paura.
- Un uomo è nulla di fronte alla magia che
una donna
- - una fra tante - è capace di creare con
le sue carni.
- Ma è una madre - unica al mondo - a
legare un figlio
- in una rete di sentimenti che io stesso,
stupito,
- non riesco ad esprimere. Quant'è
difficile
- parlare d'amore. E quella sera guardando le
stelle
- che brillano all'orizzonte di una terra
lontana
- - non è solo la latitudine a separare la
gente -,
- capirò che erano quelle che bambino
avevo sopra i nostri occhi.
- E allora le parole mi sgorgheranno spontanee
dal cuore.
- Il canto sfogherà quei muti sentimenti
che non avevano nome.
- E in quell'ora ti dirò le parole che
avevo vergogna di dire
- che non sapevo dire perché non le
conoscevo.
- Ma madre, tu che hai capito i miei desideri e
le mie paure
- senza parlare, tu che guardandomi negli occhi
sai
- ciò che nascondo, credi ci sia bisogno
di parole per dirti amore?
- Ci sono momenti in cui un uomo deve tacere,
quello sarà
- uno di questi. Tornerò. E senza parlare
mi aprirai la porta
- di quel tetto, mi coprirai di quelle coperte, e
mi sveglierò la mattina
- come se non fossi mai partito. E non ti
dirò ancora quelle parole
- perché il loro nome tornerà
sconosciuto.
- C'è bisogno di comunicare quando non ci
si capisce. E allora
- perché dovrei parlare?
-
-
- Tetti
siracusani
-
- Mi marcio col carattere
- della meta precisa
- nel sabato delle strade
- tra una bolla di gente
- che si rimbalza
- ai capi della via.
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- Annuvolano stelle di tetti siracusani.
- In un sogno terrazzato d'amici
- Riso e pensiero gattonano a far fusa.
-
- Esce ricordo dalle pietre
- solforoso in canzone
- e cade, estasi matura di limone,
- su occhi indiani bassorilievi per il
cielo.
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- Scoppia la coperta della vita
- le sue coppe d'aria di bucato.
- Più forza nel vento basterebbe
- A far rondine. Ma qui s'è stesa
- sott'un amore a termine.
-
- Già l'alba coi capezzoli in
aroma
- delle sue campane la bocca.
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- Ancora risacca Bergson
- tra birra e sigarette.
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- 31.5.1998
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