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- Notturno
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- Lunghe
ciglia di tenebra trapelano:
- fiore
di luce che viene dall'ombra.
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- Da
imprendibili vette
- labbra
inviolabili bevono sangue
- di
rose, eterna sorgiva di canto.
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- Neri
eliotropi fraterni, d'immenso
- ebbri,
all'enigma notturno si librano.
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- Nel
profondo di specchi universali,
- tra
le fragili unghie di Mida,
- fatue
rifulgono nuove corolle.
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- Veglie
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- Mani
sfiorare palpiti d'argento,
- misterico
bramire spezza il tempo.
- Sospesa
folla estatica d'assenso
- al
tripudio s'inebria violento.
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- Bellezza
avvampa nella titubante
- oscura
tregua dal dolore astrale
- fatuo
al chiarore d'onirica aurora
- lunare.
Un filtro s'ingoia di dolce
-
- assenzio,
morte si turba in alate
- danze
su complice fuochi. Stravolte
- ammiccano
Diane, astri furenti
- per
fluttuanti forre di sospiri.
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- Vanità
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- Aliene
ombre trascorrono bieche
- eterne
mura cieche
- d'inespugnabili
città granitiche.
- Nel
vespertino vermiglio riverbero
- Porte
Scee più non dischiude
l'inganno.
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- Simulacri
venusti
- da
atarassiche altezze
- fissano
sguardi là dove lenissime
- si
librano figure nelle brezze
- su
orizzonti affocati.
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- Veleggiano
vascelli
- lontani,
gonfi d'esotiche brame.
- Saldo
al timone il nocchiere audace
- alla
volta d'astrali
- evanescenti
fari:
- tregue
scorge ineffabili
- in
un battito d'ali.
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- Attese
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- Tregua
dileguano intimi abissali
- fremiti.
Tace canuto l'assenso.
- Afone
buccine risuonano echi
- di
guerra, eteree ammassano presenze
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- oscure
alate su flutti di pece.
- Tra
albatri ai ponti tremanti alto un
grido
- d'orgoglio,
schiere rincuora perduta
- in
tratta eterna di febbrili sensi.
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- Al
digrignare di sartie sprofondano
- sospiri
in un abisso ignaro, inani
- emaciate
lanterne uomini impugnano
- a
graffiare altre tenebre silenti.
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- Guaiscono
tardivi avvistamenti
- di
salmastre tagliole indifferenti:
- nessun
probo nocchiere mai sorprendono
- salvezze
estreme... perpetui naufragi.
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- Avvistamenti
Scorrono eteree forme onde
basaltiche;
- ad alvei
riarsi s'abbeverano,
- sole,
senza più volgersi,
- nel
profondo s'immergono
- cupo e
lucente di sogni perduti.
Vanità diafane s'ergono
- da torri
di cristallo.
- Auree
porte di Camelot svanite:
- carezza
uno spirito cieco
- bianche
mura infinite
- sorde al
canto dei bardi,
- nel suo
pianto dilegua.
- Splendenti
armi giacciono inerti
- d'antichi
guerrieri al comando
- partiti
d'ignoto sovrano,
- e rose
stremate d'attesa.
Da bivacchi sperduti
- aleggianti
voci nel buio
- di un
vuoto siderale.
- Smarrite
le stelle, si scalda
- appena il
sangue all'esile
- fuoco
della memoria.
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- Indifferenza
Impietrito
silenzio:
- giacciono
vele incuranti del vento,
- tacciono
di sartie litanie.
- Ammarate
spoglie vermiglie
- prone,
all'eterna deriva... svanite.
Un nocchiere assopito,
abbarbicato
- a un
veliero sfinito, dismesso,
- erra
perplesso nell'evanescenza
- muta del
suo sogno ebbro.
Consenso silente d'assenza
- universale:
vacua l'armonia.
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- Nei
brividi lievi
Aurore, ampie bonacce di calore
- universale
piano cullare schiarimenti
- leggeri,
leni leni a fior dell'acqua:
- corolle
dischiuse di chiare parole.
Nei lievi brividi di rosee brezze
- su colli
d'acacie sopite nel verde
- covare
tenui memorie d'antichi
- arpeggi,
vibrati da trame sbiadite
- di fiochi
miti e di passi perduti.
E il presto calare col buio di
soffici
- coltri a
celare tracce e vite deboli
- di velate
lanterne calde d'istanti, eterne
- veglie
segrete di sogni volati.
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- Adolescenza
Sconvolgimenti labili
- sferzanti
svelamenti.
- Un'allodola
sazia di rugiada
- svetta
canti di luce indecifrabili:
- abbacinanti
schianti deflagrati.
Sotto piogge d'ardenti strali
- un'effige
si staglia
- immersa
nel fragile cuore
- di viole
abissali.
Primizia smarrita in un soffio
- tra labbra
di lolita.
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- Il
pastore
Cristallina
fiducia
- nel vuoto,
funambolico librarsi
- sopra
creste pietrose d'apparenze,
- tutt'intorno
un intrepido occhieggiare
- vivido
d'ampli affetti:
- al vivente
salvifica baldanza.
Per te ho temuto bianca
- capretta:
il vacillare che fa il vento
- sul
greppo, l'urlo di notte che
assilla
- le tese
orecchie del cane fremente.
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- Del
Figlio
Giacqui nel cuore di terra del
mondo,
- giacqui e
d'allora non ricordo invero
- che povere
lacrime e fuochi.
Eppure gli echi discordi del
tempo
- umano mi
sogliono ancora
- lambire il
costato, e come uomo
- mi spoglio
di chiare corone
- e mi
arrovello di spine mortali.
Ma è buona la vita, è buona la
morte
- sorella al
santo martirio fatale,
- e nel
mistero di fede e di croce
- trasfiguro
me stesso
- ed edifico
il Padre.
Nel mio eterno sole celeste
- solo
l'amore dell'uomo trafigge.
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