Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Poesie tratte dal libro
Verso Sera
di
Angelo Messina
- Verso sera
- E verso sera, allora,
- ci si trovava insieme
- alla fioca luce d'un lume
- attorno a un tavolo.
- La mamma aveva preparato
- cose semplici e buone
- e aveva tessuto nell'attesa
- l'armonia degli affetti.
- E cenavamo tranquilli
- senza guardare lontano.
- Scende ancora la sera
- e noi torniamo, sparsi,
- per appressarci a quel tavolo,
- per ritrovare il babbo stanco,
- per volerci ancora bene.
- Il fiume
- Non scorre uguale
- il fiume del nostro tempo.
- Alla sorgente è un canto armonioso
- poi scende
- fra anfratti e pendii
- s'infrange, ferito, fra i sassi
- e alfine ritorna tranquillo
- più lento, più uguale,
- ma anche più ricco e più grande
- per l'acque raccolte in cammino
- dai rivoli spenti.
- Così silenzioso s'avvia
- nell'ultimo tratto di strada
- e giunto soletto alla meta
- si scioglie nel mare.
- 21 marzo
- Canticchiava un fringuello nel cortile
- sui rametti d'un pesco a primavera
- e tu china su un piccolo telaio
- ricamavi su tela e meditavi.
- Avevi disegnato un bel giardino
- con tanti rami in fiore e un angioletto:
- era la primavera che sognavi
- e trasferivi a noi con il tuo affetto.
- Erano gli anni ricchi di speranza
- dai cieli azzurri e dai tramonti rossi
- quando tu mamma carezzavi un sogno
- fatto d'alberi rosa e d'angioletti.
- Or sei lontana, dormi e più non odi
- dal campanile dell'antica chiesa
- il rintocco d'un bronzo nella sera
- mentre quel pesco rifiorisce ancora
- al ritorno d'un'altra primavera.
- Sala d'attesa
- Tristezza delle sale d'attesa
- delle stazioni;
- volti muti, provati da tormenti diversi
- si scrutano a vicenda
- quasi di nascosto
- cercando nell'altrui sguardo
- una risposta impossibile.
- Ciascuno è solo
- e cela nel cuore la sua ansia.
- La sala è fredda come l'anima
- di chi vi è costretto a contare i minuti
- che scorrono lenti.
- I muri grigi
- sembrano rispecchiare volti stanchi
- di moltitudini assonnate.
- Di tanto in tanto un campanello,
- un fischio, un rumore cadenzato sulle rotaie,
- ed in attesa
- qualcuno che parte per mete lontane
- forse per sempre.
- A Pippo Grasso
- I quadri, gli addobbi,
- le statue di gesso,
- il bel salottino
- del secolo antico,
- le cose vicine che amavi
- non sanno che tu sei partito.
- I fiori piantati con cura,
- che insieme cercammo
- nei giorni sereni,
- attendono invano un ritorno.
- E il sole rispunta e rifulge
- sui larghi tornanti in salita,
- così come quando andavamo
- in cerca di vita.
- Foglie
- Quando muore un amico
- porta con sé una parte di noi
- anche se il mondo,
- come pianta sempreverde,
- non ferma il suo ritmo
- che incalza veloce.
- Non c'è più tempo
- di piangere chi muore.
- Villa serena
- Bell'edificio in zona collinare
- sito tra il verde e da cui s'intravede
- l'ampia distesa confinante al mare
- accogli chi di vita al tramontare
- vede spegnersi i giorni ad uno ad uno.
- Quanti pensieri fra le stanze uguali,
- quante memorie al calar della sera!
- Quante volte lo sguardo ha rimirato
- quel panorama uguale nell'attesa
- d'un volto amico!
- Soli si resta per destino umano
- dopo una vita di lotte e di chimere
- soli si resta per uscir di scena
- in una villa silenziosa e austera.
- Sembrava lunga la strada della vita:
- cala il sipario, la storia è già finita!
- S. Martino
- S'erge altero il palazzo signorile
- con sullo sfondo l'Etna maestoso
- e domina imponente il vasto feudo.
- Acacie sonnecchianti lo separano
- da filari di viti il cui fogliame
- rosseggia e questo giorno mite
- pare prometta inattesi ritorni
- di desiate primavere.
- Vuote le stanze, preme il vecchio glicine
- sulle logore grate del balcone
- da dove un giorno con superbo gesto
- richiamava la ciurma il Signorino.
- Ma se t'accosti all'antico palmento
- odi ancora risate e allegri canti
- e il suono di un'armonica a cadenza.
- E sul portale ornato di sculture
- su nera pietra, il sorriso beffardo
- d'una maschera sfida il tempo
- e custodisce i silenzi.
- Colonia montana
- Taceva il borghetto fra i pini
- e a fianco l'antica chiesetta,
- serrato il portone di fuori,
- serbava fra altari corrosi
- preghiere innocenti di bimbi.
- «Su, sveglia, mettetevi in fila,
- è l'ora di andare in pineta»
- «Su, l'inno intoniamo di Roma»
- «Avanti Messina, Puglisi, Incigneri,
- dov'è Laganà? Cos'hai nel taschino?»
- Ma chiuse le stanze, non c'è il refettorio!
- Colonia montana d'un tempo remoto
- non apri le porte ai bimbi festosi!
- Taceva il borghetto fra i pini,
- le case deserte, divelto il selciato,
- la muta fontana, la vecchia caserma...
- È chiuso l'Ufficio,
- non c'è più la buca
- da dove spedire
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