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- LIBERA VOLPE
Disegnale
la pecora che
- s'accompagni
al fiore
- e forse il
fiore la mangerà
- o vivranno
nell'Eden della pace.
- Le rose
costruiscono le spine:
- impigliano
nubi in cotonate
- e le donano
agli amanti.
- Legami
significativi
- annodano
relazioni intelligenti.
- Addomestica
la libera volpe
- e unici per
l'uno e per l'altro
- il pilota
assicura sarete,
- separati su
diversi pianeti,
- uniti
dall'onda di grano in oro.
- Ricorda,
c'è un solo modo
- per
attraversare in barca
- con lupo,
pecora e fiore
- e lupo tu
sei, grande uomo,
- impara da
libera volpe
- e non sarai
più orda.
- AGAVE
- Ho vissuto
all'insegna
- dell'attesa
in sorriso
- e nel maggio
piovoso
- parve il
divenire
- della
promessa disattesa.
- Reggo il
ghiaccio e l'arsura,
- il filo del
mio ago
- cuce pensieri
e crittografa
- su anime
bianche.
- L'inganno del
carro del sole
- duplica
l'inno di monadi segrete
- e ciò
che sfugge allo scrigno
- stempera il
suo vigore.
- Mi ergo dalla
roccia
- e questo
è il messaggio.
- Per altri
sono solo parole.
- ARCOBALENI
- Han tanti
segreti i folli poeti
- parole
sperdute, non trascritte
- lasciate,
ignorate, non godute.
- Parlano
d'ascese al cielo
- e ne sfidano
il mistero tetro
- per capire il
retro
- di proprie e
altrui paure,
- così
negano le giornate dure.
- In chiave di
viola ti senti più sola,
- vorresti
ritmare una riga
- rendendola
canzone infinita.
- Invece canta
la rana,
- nella notte
assai chiara,
- gracida
insistente e forte
- su zampe
troppo corte.
- Come ti
somiglia
- del limo
anche tu figlia!
- Cerchi tra
sogni e bisogni,
- fotografi
cieli pieni
- e scalate
irraggiungibili
- d'eterei
arcobaleni.
- EGLI
VIDE
- Non le stelle
spiegano
- le regole
all'universo,
- ma calcoli e
leggi
- di matematico
amplesso.
- Alla norma
data
- il cosmo si
adattò
- e in
ciò fu cosa buona.
- Non so se si
tratti di
- numero, legge
superna
- o progetto
d'inventore,
- a te basta lo
splendore
- del verde
prato che attrasse
- il puro volo
d'ala.
- Eri anima
senza dolore
- non ossa, non
sudore,
- non schianto,
non livore
- e desiderasti
una carne.
- Fu un tuffo,
oltre il turgore
- di frigidi
motori in stelle.
- Dietro
lasciasti l'implodere,
- le scie
dell'illusione,
- il sospetto
d'infiniti cieli
- in cui lo
spazio microbico
- è
sull'unghia d'ultramondani
- e ogni tozzo
palmo cela
- infinite
altrui civiltà.
- Ancora mordi
l'aria,
- di
così difficile respiro
- e annaspi
alla ricerca
- di quel
velluto smeraldino
- che ti
incantò e tradì,
- del riso in
cascatelle d'eco
- quando la
vita fu tua.
- Non so cosa
sia il necessitato,
- quanto nasce
sogno o destino,
- quale sia la
natura dell'essenza,
- né
quella dei cicli chiusi dal Libro
- o quanto i
cieli si rinnovino
- nei tempi
degli uomini e delle ere.
- Non chiedo se
fosti farfalla o drago,
- né
quale sia il rammarico oggi
- d'aver scelto
l'esistere allora:
- quando sarai
pronto trasmuterai.
- E' il
cambiamento di stato
- il progetto
che vide...
- e in
ciò è cosa buona.
- FLASH
- Lama arancio
è la scia d'aereo,
- squarcia un
inverno slavato.
- Calato
è il sole, infuocato
- serpeggia il
vapore... e freccia.
- La luna si
affaccia oculata,
- tra gli orli
rossi di nembi
- e su squame
innevate
- già
albeggiano i marmi.
- Presso
Carrara digrada il ricordo,
- da cime a
lastre tombali deposte
- tra i binari
in ritmi di chiari.
- SUSPICIONE
- Sulla piana
dei cesari assurde
- vagano le
nubi di Giorgione
- e coltri in
triplo strato e sbuffi
- sfuggite alle
tele di Tiziano.
- In questo
è la dicotomia
- che inquieta
e rallenta
- il treno e il
viaggio
- affinché
l'anima insegua
- l'imbuto di
tromba d'aria
- e cerchi il
fondo cielo in mare.
- Mobbing, I
suppose
- ed è
legittima suspicione,
- quasi tenzone
tra l'io nato leone
- e l'immagine
dimessa concessa.
- Repressi
nella minorità trattenuta
- in cui ci
vogliono gli incapaci
- recitiamo il
quotidiano e i ruoli.
- Non calmano
le nebbie collinari
- nella
medietà borghese la sete
- di limpido
infinito e di chiarezza.
- La prima
corruttrice è la menzogna
- e se la
pratichi sarai il re nudo.
- Dai lidi
deserti del presente
- nessuno offre
sete e sogni al re,
- non lo loda e
non lo irride.
- Non risibile
ciò che possibile illude
- l'altrove
dell'utopia ove il reale
- ironizza se,
pur che in fiamma sia,
- non alieno al
sentire, il contrastato
- è il
forte acuire l'oggi, ogni giorno
- nel sempre di
contorta pedagogia.
- SCROSCIO
- Sono nave e
la prua della scarpa
- affonda
fradicia tra piovaschi
- presso altra
nave in piazza.
- Scroscia
intorno la tristezza,
- -è un
forte temporale-,
- chiacchiericcio
di turisti.
- Era colmo di
barboni,
- dilavati, ora
via.
- Vorrei per me
la mantellina
- di quel
milite all'Altare,
- tanto fermo
sempre pare...
- come la
può indossare?
- La mia fitta
è compagna
- rode dentro
ginocchiera,
- ho già
l'acqua alla caviglia
- tanto
è inutile l'ombrello,
- come foglia
di ninfea
- floscio
sfatto è il cappello.
- Son spariti
anche i cavalli
- e il bacio
ponentino,
- che i pomposi
chiamano vento.
- Non demorde
nel cantone
- di
caldarroste il venditore
- e nel profumo
di Novembre
- la dolcezza
del Pomarancio
- scende da
Aracoeli.
- KIM
- Ti ascolto:
parli del mondo
- unito e
diviso al summit,
- c'è
l'eco del divario economico,
- l'atarassia
del non amare,
- il degrado
della forbice,
- l'involucro
di fenice spenta
- adattata,
integrata, sciancata.
- Peace is
dead.
- Questo
è il tempo silente
- del demone
mascherato,
- la fuga delle
coscienze.
- Temo la
logica e i sussurri
- di un
immaturo domani
- e le
ideologie fallite
- come le fedi
in crociata,
- temo la
perdita dell'utopia.
- Si è
strappato l'arco di nubi
- teso al visus
della speranza
- e il gelo
inchioda le parole.
- INCOMUNICABILITA'
- Sudate anime
faticano la vita
- e il loro
battagliare è solo
- diversa
intensità del soffrire.
- La relazione
travalica il sopportare:
- è
l'incomunicabilità
dell'essere.
- Bifidi ideali
assaltano
- l'utopia in
querula noia,
- irradiano
microonde affrettati
- sentimenti
riciclati.
- Meglio
ascoltare il ritmo
- insistito
delle cicale
- e cercare
nell'aia l'imprevisto
- nel nitore
dei quadrifogli lobati
- LEMURI
- Umidiccio,
paranoico,
- non asciuga
il pavimento.
- Trascorre sul
monitor
- il tempo
apostrofato
- da pedestri
pellicani.
- Ingurgitano
il mangiare
- sulle reti
del cucinare,
- canali
ombelicali.
- Antenna rara,
già straniera,
- "mondo tre" e
miti da salvare.
- Urlo di
pubblicità.
- Qui si fonda
resistenza.
- Soccombi a
diurni
- lemuri
mediatici
- con orbe
pupille
- o palpebre da
chirotteri
- e diventi
cormorano
- invischiato
in nera melma
- tra miasmi di
petrolio.
- O scioperi
l'accettazione
- e combatti la
tua spesa.
- SCUOLA
CAMPESTRE
- Nell'aria
fresca
- di un'alba
sospesa
- sono a
lezione
- le giovani
rondini.
- Maestre in
planare
- dal cavo ben
teso
- osservano le
gincane.
- Alcune
più tarde,
- turbinano
disordinate,
- altre per
l'oceano
- paiono
nate.
- A tutti i
pennuti
- è
garrito il risveglio
- dal bosco
infittito
- di fischi e
richiami.
- I passeri
inebriati
- osano nuove
tattiche
- e sbottano,
arruffano,
- calano, mai
così vispi.
- Ora hanno la
scuola
- i rozzi
"tettaioli"campestri,
- d'improvviso
chiamati
- a sogni
più arditi.
- HORRESCO
REFERENS
- C'è la
certezza delle ossa
- e il marasma
apparente
- nel deliquio
in sorriso.
- Localizzare
bollette e scadenze
- è
ottimale per banchetti di vermi:
- lasci un
corpo non cercato,
- involucro ab
intestato.
- Brindo a
Shangri-la,
- perduta
dentro il primo angolo.
- Urbs francta
delecta, dilecta,
- flutti
dilavano i colli.
- E' gioco
d'inversa polarità,
- se l'asse
ripieghi, tenebra vinci.
- Horror vacui
e assenzio,
- stella d'est
ci sfibra,
- trema l'ovest
nel suo tifone.
- Ovunque
l'urlo di una notte
- ante lucem
nata.
- IRRE
ORRE
- Sotto l'ala
di vetro
- ringalluzzisce
il pavone
- stende sui
colonnelli
- piume
ritinte.
- Dove trovano
le mostrine?
- Manca del
grano la battaglia
- e cerchi non
d'orbace
- nel prato
misterioso
- sono
stampati
- in tempo di
pace.
- Indeciso
è l'irre òrre.
- Non
tergiversare: dimmi
- in quale era
devo abitare.
- MAREMOLA
- Sul Maremola
sono
- concistori
diurni.
- Lampare
all'alba
- accendono il
mattino.
- Coriandolati
sul rivo
- ritmano i
bassi all'acqua.
- Piccioni e
gabbiani
- vi guardo
basito.
- Giallo
guantato
- il becco
sfrontato
- si volta e
inquisisce:
- <Tu sei il
guardone,
- lascia questa
riunione.>
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