LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
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Domenico "Neto" Zizzo

 
Domenico "Neto" Zizzo
È nato il 20/11/1978 a Mesagne.
Vive a San Pancrazio (BR).
Ha partecipato due volte al concorso letterario "Città di Veglie"
a Veglie (LE).
 
 
CORTO1:
L'uomo smise improvvisamente di scrivere: ormai s'era fatto tardi e la stanchezza gl'impediva di focalizzare le idee; guardò l'orologio: segnava le 11.30.
"Accidenti" pensò, "è meglio che vada a dormire, o domattina non riuscirò ad alzarmi!"
Posò la penna nella pagina del quaderno, a mo' di segnalibro e lo chiuse. Poi s'alzò e si distese per sistemarsi le ossa e la schiena; spense la luce dello scrittoio e a passo lento s'avviò alla porta e si trascinò nella camera da letto.
Senza accendere le luci si spogliò e si ficcò sotto le coperte; baciò la moglie e le si avvicinò abbracciandola.
"Ho sonno, caro" gli rispose lei: "Stasera sono stata a quella festa del cavolo, dove c'era la signora Gertrude che non smetteva mai di parlare raccontando i fatti suoi e vantandosi del figlio, sai quello che è medico a bordo sulla Garibaldi? Ora sono esausta". E il discorso finì lì.
Il marito stette per una buona mezz'ora ad ammirare il soffitto, e pensare al suo racconto che andava a rilento, e s'addormentò insoddisfatto.
Nel cuore della notte, il salotto era immerso nel silenzio e nel buio; ma non vi rimase a lungo, perché s'accese una piccola lucina verde che da una iniziale forma sferica, assunse quella di un sottile disco verticale, una delle porte usate dagli esploratori Bohuri per visitare gli infiniti mondi esistenti, conoscere nuove realtà, vivere esistenze diverse, comunicare con nuove civiltà.
La scrivania fu invasa da una nebbiolina violastra, e finalmente scesero in questo mondo. Gost-ha si guardò attorno osservando i giganteschi oggetti che circondavano la sua astronave, e iniziò l'osservazione di quella zona.
Li bastò studiare l'ambiente per due o tre minuti, quindi chiusero la porta e se n'andarono per non disturbare oltre...
 
CORTO 2:
Era molto depresso, in quel periodo: passava le sue giornate nella sua stanza ad ascoltare musica; questo l'aiutava a non pensare ai problemi, ma prima o poi doveva smettere per qualche commissione di casa, e presto lo sconforto lo riassaliva. Ormai non provava molto gusto a stare neanche con gli amici: c'andava insieme in discoteca o in qualche locale, ma ormai era troppo depresso.
Gli altri cercavano di spronarlo a cercare di coltivare qualche interesse, come il fumetto, o la palestra, ma lui non accettava consigli dagli altri, in più si sentiva incapace di qualsiasi cosa. A casa era bersaglio di continui rimproveri da parte dei suoi genitori e per quanto potessero essere fondati e giusti, lui li detestava. Voleva andarsene, ma non ne aveva il coraggio; e poi dove avrebbe mai preso i soldi?
Aveva anche dei momenti nei quali gli veniva un'improvvisa voglia di fare, lavorare a qualcosa, ma quello stato non durava molto: prima o poi accadeva qualcosa, un insuccesso o piccola difficoltà per cui smetteva o se ne scordava addirittura!
Comunque ogni scusa sembrava essere buona, ma a volte era solo la consapevolezza di non saperle fare oppure capiva che non sarebbe mai riuscito in quel tipo d'attività. Così il tempo scorreva, lui invecchiava e se n'andavano anche le occasioni, uniche ed irripetibili, quelle che ti cambiano la vita per sempre.
L'unica cosa che gli piacesse (e che gli riusciva particolarmente bene) era fantasticare, immaginare storie incredibili di cui fosse protagonista: scontri con divinità ed esseri fantastici e soprannaturali, guerre tra potenze super tecnologiche o combattimenti all'ultimo sangue contro super uomini o guerrieri fortissimi. Aveva addirittura provato numerose volte a fissarle sulle bianche pagine di decine di quaderni; ogni volta però, come in tutte le altre cose, lasciava il lavoro a metà e si sentiva sconfitto, peggio di prima.
Accadde un giorno, che venne invitato ad una specie di gita con alcuni suoi amici in una zona pre-montana nell'ovest della Puglia. Lui accettò giusto per cambiare un poco l'aria consumata che gli soffocava il cervello. In più lui amava il contatto con la natura, gli ambienti selvaggi e incontaminati che ancora esistono da quelle parti.
Che paesaggio, ragazzi! Era un'emozione unica guardare quel paesaggio, qualcosa che ti prende alla gola, ti fa girare la testa come le pale dell'elicottero e non ti molla, specialmente a quelle altezze. Si trovavano su di uno strapiombo che dava in una gola alberata con pini, lecci, castagni: una visione fantastica!
A quella vista il ragazzo fu preso da una voglia irresistibile di... volare! Aprì le braccia per prendere quanta più aria sana possibile: infine guardò giù, prese la rincorsa e... si buttò! Tra le grida dei suoi amici. Ma lui non li sentiva più; sentiva solo il vento su di lui; intanto il terreno s'avvicinava velocemente, sempre più, e fu preso dal panico perché non s'alzava in volo: a quel punto capì come fare: "devi fondere il tuo corpo con l'aria, divenire aria e spirare, volare, volare..." quindi gridò: "voglio volareeee!!!"
E accadde! Cominciò a salire più in alto, sempre più rapidamente, e gridò ancora, stavolta per l'euforia: "Uahoo! Volo! Sto volandoo!" Allora cominciò a fare acrobazie incredibili e spettacolari, aprendo le braccia, poi richiudendole per picchiare subito dopo velocissimo sugli alberi. Che emozione, l'aria che ti sbatte in faccia, vedere tutto da un altro punto di vista, sotto di te, come se fossi un dio! E le vertigini erano scomparse!
Non s'era mai sentito tanto felice. Quindi tornò dai suoi amici, per ammirare le loro facce incredule! Li chiamò: "Guardate, voloo!" Ma notò che guardavano in un punto sotto di loro e nonostante li chiamasse, continuavano a rimanere in quella posa: incuriosito, guardò anche lui, e lo vide! Una cosa che non si sarebbe mai aspettato di vedere: una macchia rossa giù nell'eba, e su di o dentro di essa, non si capiva bene... vide se stesso!
Non poteva crederci, e continuava a ripetersi: "non può essere! Io sono qui, e sto volando! Ragazzi, sono quassù in alto!" Chiamò ancora, ma gli altri rimasero immobili.
"Ragazzi! Ehi, ragazzi, sono quassù... io... sono... quiiiiiii!"
 
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