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                  Nanninella la
                  pazza  Ricordi
               infantili.Ci sono volti,
               occhi, sorrisi che si imprimono nella memoria da
               bambini.Questa
               è la storia della signora Anna conosciuta da
               tutti come "Nanninella la pazza".Di lei ricordo
               il suo profumo e il profumo della sua
               casa.Avevo
               all'incirca nove anni, mi recai con mio padre a casa
               di Nanninella, per dirimere delle questioni legate ad
               un'eredità: mio padre infatti era il suo
               curatore.Salimmo le
               scale di un palazzo antico o molto più
               semplicemente vecchio.L'umidità
               aveva corroso l'intonaco e molti scalini erano
               scardinati, i passamani consunti e
               scoloriti.Fermi sulla
               soglia mio padre dette un ultimo sguardo alle sue
               pratiche poi bussammo il campanello.Dopo qualche
               istante Nanninella spalancò la porta
               entusiasta. Non so se era più per lo stupore o
               per la paura di uno scappellato che non
               risi.Una donna
               minuta, esile, sulla sessantina apparve sulla soglia
               sorridente abbigliata come per uno spettacolo teatrale
               di Charleston.Un vestitino
               corto le sagomava la figura esile e aggraziata, le
               calze a rete le facevano intravedere le vene, alti
               tacchi a spillo le mascheravano la statura, una
               splendida fascia nera con una lunga piuma le cingeva
               il capo. I suoi occhi rigati da una matita nera erano
               incorniciati da lunghe ciglia finte, il cerone si
               incanalava fra le rughe, il pallore evidenziava un
               rossetto rosso fiammante e dulcis in fundo un neo alla
               Merilin Monroe disegnato per
               l'occasione."Entrate,
               accomodatevi, farò prima gli onori di casa
               perché vado molto fiera della mia reggia". E
               poi rivolta a me: "Tesoro chiudi la bocca, se la lasci
               così spalancata ti verranno presto le rughe".
               Sorrisi e lei mi strizzò
               l'occhio.La seguimmo
               per tutte quelle stanze affascinati da tendaggi,
               stoffe preziose, mobili antichi e suppellettili di
               varie epoche. L'odore di vecchio cominciava a piacermi
               e la scia di Chanel che Nanninella lasciava sul suo
               percorso mi inebriava. La seguivo con attenzione,
               osservando tutto ciò che mi
               circondava.Ad un tratto
               però mi accorsi che c'erano degli ortaggi
               contenuti in alcuni vasi per fiori: al centro tavola
               dei carciofi, sul comò delle zucchine, sulla
               servante delle melanzane e poi dei cavoletti qua e
               là sparsi su piccoli tavolini. "Ma"
               pensai.Ma la
               curiosità si insinuò maldestra e
               irrefrenabile nel mio piccolo cervello innocente, e,
               noncurante di ciò di cui si parlava, irruppi:
               "Scusi signora, come mai ci sono dei carciofi nel
               vaso?". "Tesoro sono bellissimi non trovi? E che
               profumo che emanano, devo cambiare loro l'acqua di
               continuo altrimenti appassiranno!"Mi
               strizzò l'occhio compiaciuta e io la ricambiai
               con grande intesa.Ci accomodammo
               in salone: un divano di velluto rosso ci fu assegnato
               come sosta alla visita guidata. "Un attimo prego, vi
               porto il rinfresco, e poi parleremo
               d'affari".Mio padre
               annuì e poi mi disse sottovoce: "Speriamo
               bene".Nanninella
               rientrò dopo poco con diversi vassoi vuoti e ci
               invitava ad assaggiare e mangiare le pietanze, che
               secondo lei contenevano i piatti, le tazze tutte
               rigorosamente pregiate di purissima porcellana,
               risalenti a questa o quell'epoca così come ci
               illustrava. Io mi divertivo a fingere di mangiare solo
               per darle piacere.Mio padre,
               sempre più perplesso, aveva accettato ben
               volentieri solo il "caffè", fingendo di berlo.
               Cominciarono a discorrere di faccende che non mi
               interessavano.A poco a poco
               sprofondai nel divano e lentamente sgattaiolai via e a
               carponi me la svignai.L'unica
               stanza, che non ci era stata mostrata, era quella che
               maggiormente esaltava la mia fantasia. Avrei voluto
               aprire la porta e sbirciare solo per un breve istante.
               "Un istante che sarà mai" pensai. Ma sul
               più bello mi sentii rimproverare: "Ah! furbetta
               sei curiosa non è vero?! Non mostro mai questa
               stanza agli ospiti, è la mia camera da letto,
               sai, ci sono le mie cose. Ma questa volta farò
               un'eccezione, mi viene voglia di vedere brillare i
               tuoi occhioni dallo stupore. Signori a voi:" "Wow".
               Esclamai.Un'enorme
               letto a baldacchino con una coperta di seta bordeaux,
               una specchiera come quella della matrigna di
               Biancaneve, comodini stracolmi di medicine e un
               armadio enorme che lei aprì soddisfatta:
               c'erano vestiti di ogni specie per le più
               bizzarre occasioni, abiti del settecento, degli anni
               quaranta, cinquanta, vestiti da sera con strass d'oro
               e scarpe stranissime con perline e pietre incastonate.
               Un patrimonio!"È il
               mio necessaire, mi piace cambiare d'abito più
               volte durante l'arco della giornata. E poi ho sempre
               ospiti che mi fanno reverenze".In effetti era
               così le persone andavano a trovare Nanninella,
               a pranzare ai suoi rinfreschi, ai suoi buffet, a
               scattarle foto. Ma cos'è la pazzia se non una
               esasperazione della stravaganza?Nanninella in
               fondo non faceva male a nessuno. Era un'artista con un
               passato da nobil donna, da ballerina e da cavallerizza
               del circo.Osservavo le
               fotografie della sua gioventù. Una folta chioma
               nero corvino incorniciava un bel volto roseo ed occhi
               scuri e penetranti splendevano.Era stata una
               bella donna ma la pazzia, sopraggiunta presto, aveva
               indubbiamente pregiudicato la sua bellezza, ma a me
               piaceva il suo modo di guardare, di sorridere, ma
               soprattutto di agitare il bocchino. Buttando il fumo
               verso l'alto movendo il capo con grazia e
               disinvoltura.Ad un tratto
               si avvicinò ad un grammofono ed esclamò:
               "Gradirei voi foste ospiti di un mio piccolo
               spettacolo, in cambio solo pochi applausi". "In
               verità signora, noi dovremmo andare via". "No
               papà, io voglio restare, voglio vedere lo
               spettacolo". "Tesoro vieni con me, un regalo te lo
               devo per la tua infinita dolcezza".Aprì un
               cassetto e ne trasse fuori una borsetta meravigliosa,
               argentata con delle pietre incastonate, e me la porse:
               "Questa è per te, da grande la indosserai e
               quando mi verrai a trovare, poi ti vestirò a
               seconda dell'occasione".Accese il
               giradischi e incominciò una strana danza, e,
               danzando danzando, ci accompagnò alla porta
               senza dire una parola ce la chiuse in
               faccia.Mio padre si
               mostrò dubbioso, ormai fuori, sentivamo
               Nanninella cantare a squarcia gola. Ce ne andammo ed
               ho tuttora quella borsa. Non so se mai la
               indosserò.Anni dopo ci
               fu il suo funerale. La sua casa fu venduta all'asta e
               i suoi creditori si divisero la fortuna che
               conteneva.Morì
               incipriata e truccata, indossando uno splendido
               vestito del settecento e così fu seppellita
               come su sua esplicita richiesta.Non c'è
               tomba che io abbia visto con tanti fiori sempre
               freschi al cimitero.Ogni tanto
               anche io le faccio un presente, le porto dei carciofi,
               li sistemo con cura nel vaso per non farli appassire,
               e le strizzo l'occhio.   |