- Questa
è una storia che si svolse a Roma subito dopo
la II guerra mondiale ed è una delle tante
"dicerie" di borgata che si raccontavano nei bar,
nelle taverne o nei circoli privati della borghesia
romana. Infatti allora l'unico mezzo di comunicazione
per divulgare notizie era quello di passarsi le
informazioni l'uno con l'altro. Così
circolò una delle storie veramente incredibili
come quella che sto per
narrare.
-
- Un amore
sepolto
-
- Era l'anno 1945 del
mese di Dicembre. È appena finita la guerra in
Italia. Roma era invasa dai soldati americani che
uniti alla popolazione festeggiavano la Liberazione
del nostro paese. Ciò avveniva nelle strade
cittadine e nei bar, nelle taverne, si ballava e si
beveva poiché già si pensava alla
ricostruzione del paese, guardando avanti per una
nazione migliore e per rimarginare quelle ferite
provocate durante la guerra dai bombardamenti. I
soldati che erano stati distaccati in reparti lontani
o fuori nazione si incamminavano per raggiungere la
propria terra oppure il proprio comando.
- In un locale, dei
tanti situati nella città romana, un soldato
appena giunto lì, dopo giorni di marcia dal
fronte, ordinò da mangiare e da bere mentre
guardava altri soldati sfrenarsi nei balli. Pochi
metri distante da lui un altro tavolo vi era seduta
una ragazza molto bella; il milite si fece coraggio e
la invitò a ballare, lei accettò e
incominciarono a fare conoscenza ed ebbero i primi
approcci. Il soldato le chiese il nome e la ragazza
rispose: <<Io mi chiamo Elena e tu come ti
chiami?>> Risponde il soldato: <<Io mi
chiamo Giuliano e ho 23 anni, sono di Roma, prima di
partire in guerra abitavo in periferia, ma ora
purtroppo i bombardamenti hanno distrutto la casa e
ucciso i miei genitori, ho da parte un po' di denaro
che ho risparmiato prima della guerra e ora lo
utilizzerò fino a che non troverò un
lavoro>>. Il soldato continuò a ballare
con la ragazza per tutta la sera, fino a quando le
lancette dell'orologio batterono le undici e
mezza.
- Elena disse allora:
<<Vado, perché a mezzanotte devo stare a
casa e abito piuttosto lontano, per raggiungerla devo
camminare molto>>. L'appuntamento con Giuliano
era per la sera seguente alle otto. Così Elena
la sera dopo, puntualmente, si presentò
all'appuntamento e anche quella sera si alzò
quando l'orologio batteva le undici e mezza per
recarsi verso l'uscita. Salutò Giuliano con un
bacio e corse via dando il solito appuntamento alla
sera successiva.
- La terza sera,
ancora una volta, Elena si presentò
puntualmente all'appuntamento e rimase per poi
andarsene nuovamente alla solita ora. Quella sera
però fuori imperversava un brutto tempo, l'aria
era rigida e nevosa. Elena aveva solo una sottile
maglietta di lana che la copriva ed aveva molto
freddo. Il so;dato si tolse il cappotto dandolo alla
fanciulla, e le chiese una sua foto, affinché
potesse tenerla nei suoi pensieri anche durante la
lunga nottata. Quella sera Giuliano, incuriosito dal
fatto che Elena, come una Cenerentola, se ne andasse
ogni sera alle undici e mezza precise, decise di
seguirla anche per scoprire dove abitasse.
- I due camminarono
molto, l'uno distante dall'altra, fino a raggiungere
il cimitero del Verano.
- La ragazza si
avvicinò al cancello principale che si
spalancò improvvisamente. Mentre Elena superava
l'entrata, il cancello si chiuse alle sue spalle come
se una forza estranea guidasse quelle
sbarre.
- Il soldato, che era
nascosto, rimase al momento stupito. Poi, pensò
che ad aver aperto quel cancello a lui sconosciuto
potesse essere stata la figlia del custode oppure
l'innesto di qualche strano marchingegno. Fece molte
ipotesi, ma non trasse nessuna conclusione. Pur
tuttavia si rasserenò.
- Giuliano la sera
dopo aspettò per molto tempo l'arrivo di Elena
ma lei no si presentò, così il soldato
decise il giorno dopo di recarsi al cimitero per
chiedere notizie al custode riguardo la ragazza della
foto che egli aveva avuto. Il custode gli rispose di
non averla mai conosciuta e tantomeno vista circolare
nel cimitero.
- Giuliano si
incamminò, anche un po' scoraggiato, lungo il
viale principale che conduceva all'uscita, quando
all'improvviso vide il suo cappotto riverso sopra una
lapide. Nel recuperarlo si scoprì la foto della
salma lì sepolta. Era la ragazza di cui ne era
innamorato che giaceva in quella tomba.
- Il nome era
Esposito Elena, nata il 1928 e morta nel 1944, durante
i bombardamenti a Roma. La foto era uguale a quella in
possesso di Giuliano, però la ragazza non aveva
il sorriso sulle labbra, era molto triste e il suo
viso sembrava solcato da una lacrima.
- Anche al soldato
cadde una lacrima che andò a bagnare quella
tomba, la lastra di pietra che divideva il loro grande
amore.
- Giuliano è
morto circa 15 anni fa, abitava in una zona nella
periferia di Roma in una baracca fatta di lamiere. Si
arrangiava facendo dei lavori di giardinaggio e viveva
solo con il suo cane.
- SI dice che Elena
ogni notte gli apparisse per dargli il suo saluto e
lui nulla ha più voluto saperne di altre
avventure, poiché l'unico amore che veramente
credeva era sepolto sotto una lapide. Ancora oggi,
nella zona dove abitava il soldato prima di morire, al
calare delle tenebre si notano due ombre. Si
distinguono vagamente mentre si baciano
appassionatamente.
- Molta è la
gente che passa da quelle parti e nota quelle figure.
Finalmente il cielo ha riunito un amore sepolto dal
tempo, dall'odio degli uomini e dalla guerra, ed ora
vivono sereni la loro pace eterna in quel cielo
celeste dividono il loro amore.
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- Sospiri nel
vento
-
- Se ancora un
anelito di doglia
- soffuso nel
tempo
- sfiori con le
carezze
- l'anima mia
rimembrante,
- se le parole
non tacitano repliche
- nel cardine
dell'indifferenza
- e se il
silenzio non mormori
- sorrisi della
giovinezza
- cederei
nell'abisso delle tenebre.
- Senza
ascolto,
- nella vitale
corsa dei giorni
- abbandonerò
ombre offuscate,
- castelli di
paglia bruciati dall'ira.
- Se
deserterò le nostalgie
- e non
comporrò più versi
d'amore
- lanciranno i
miei tormenti.
- E se la luna
non illuminerà
- l'incedere
sperante
- vacillerò
per cercare qualcuno
- per non
ricordare memori sequenze
- vissute nel
buio.
- E quando la
romita scogliera
- canterà
le sue melodie
- bagnerò
i piedi per sentirmi idratata
- dalle brezze
dell'onda.
- Zingara,
raccoglierò conchiglie
- sull'arenile
di sabbia dorata per sentirmi viva
- e sciogliere
i miei capelli
- al vento
dell'attesa.
- Serpeggeranno
nomadi i miei desii
- e nell'attimo
fugace del mio passare
- lascerò
perire tutti i ricordi.
-
-
- Tempo di
sospiri
-
- Fui fanciulla
tra spighe orate,
- ma la trebbia
falciò gli anni della
purezza.
- Prati non
più verdi, cieli non più
azzurri.
- Immagini
confuse si disperdono nei ricordi del
tempo...
- Tendo le mani
verso il Volto di chi Creò il libro della
Vita.
- E mi guardo
ancor fanciulla, tra cespugli di spine e
rose.
- Vagabonda
vado,
- verso un
sentiero privo di profumi,
- di erbe
odorose e boccioli fioriti.
- Vagabonda
vado,
- ad incontrare
Colei che non amo
- nel libro del
destino,
- che non
voglio mi consoli,
- non voglio mi
accarezzi.
- Senza di Lei
vivrò anche nei campi bruciati
dall'afa
- e nei
tormenti della pena.
- Un giorno ti
ho amato, Sorella Morte,
- quando ancor
fanciulla
- i miei giorni
erano oscuri
- e i tuoi
sonetti erano estasi,
- la tua voce,
la mia canzone.
- Ora il mio
canto è un vivere d'attesa,
- che sorga
l'alba
- che tramonti
il sole,
- che pianga la
luna nella notte,
- che torni il
passato a rimembrare
- le desta dei
primi amori.
- Passò
la fanciullezza e cittadina del mondo mi
ritrovai
- fra strade
opache e soli offuscati, sorrisi senza
anima.
- Non rimpiango
quei giorni, né il tempo
dell'amore
- che ha
distrutto ogni speranza cheta,
- ma vivo
attendendo un'alba nuova
- un solo segno
che volga al mio cammino.
-
- Cuore di
paglia
Ormai,
che celati
sogni
son
riversati
nel cassetto
segreto
e bruciate
chimere
nei suoni
della gioventù,
di paglia
è il mio cuore.
E
fragile,
se
arderà ancora
butterò
le sue ceneri al vento
per non
ricordare notturni d'amore
e canti di
sospiri.
Disperderanno
nel ciclo del tempo,
anche se
memori carezze
saranno
ancora specchi riflessi,
oniriche
ombre perdute
nei rivoli
d'anima.
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