- Prefazione
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- Desiderata è
bella, sensibile, intelligente,
corteggiatissima.
- Nel suo peregrinare
alla ricerca dell'amore, colleziona però solo
storie deludenti. O forse è lei sbagliata? Se
lo domanda, Desiderata, attraversando la sua giovane
esistenza con rari spunti consolatori, spietata
soprattutto verso sé stessa.
- L'Autrice possiede
la non comune capacità di coinvolgere il
lettore: succede un po' di tutto alla protagonista, e
allora si ride, si piange, e si parteggia per
Desiderata.
- La storia si snoda
tra gli anni sessanta, e va quindi collocata nella
mentalità di quel tempo.
- Altro non sveliamo:
perché sia il lettore a costruirsi, leggendo,
il suo finale.
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- Nota
dell'autrice
-
- Contrariamente a
quanto può sembrare, la vicenda narrata non
è autobiografica: solo alcuni episodi
d'infanzia e adolescenza s'avvicinano a mie
reminiscenze. Difatti la mia storia non assomiglia
affatto a quella di Desiderata: ho un amore da sempre,
due figli meravigliosi, due sorelle rompiscatole come
me, e i miei genitori non mi hanno mai deluso. A tutti
loro - la mia vita - dedico questo libro.
- L'uso della prima
persona è stata una scelta per immedesimarmi
totalmente nella protagonista. Però in qualcosa
Desiderata mi è simile: nell'insicurezza, nella
sofferenza interiore, nel mettersi continuamente in
discussione.
- Per questa
simbiosi, la amo.
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- Desiderata
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- Stralcio dal
romanzo Desiderata Ed.
Montedit
- pagina
157-158
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- ... Finché,
una sera, accompagnai a cena per la prima volta un
cliente tedesco.
- Era quasi Natale,
aveva iniziato a nevischiare da poco, ed un
turbinìo soffice e molle s'intravedeva
nell'alone chiaro delle luci e dei
lampioni.
- In terra restava
però soltanto una poltiglia
acquosa.
- Il tedesco era
arrivato con la sua auto, una grossa Mercedes, e, tra
le nostre proposte, aveva scelto di cenare in un
ristorante della collina, dove c'era anche un po' di
musica.
- Era un tipo grasso,
volgare, di circa cinquant'anni, il viso rubizzo,
naturalmente chiazzato di rosa acceso, quando
terminammo di cenare era diventato paonazzo per la
birra il vino e gli alcolici che aveva trangugiato
senza ritegno.
- Già fin
dall'inizio si era comportato in modo troppo spiritoso
per i miei gusti, con complimenti spinti, avances per
niente velate, che non ero riuscita ad
arginare.
- Ora aveva perso
ogni inibizione (se mai ne aveva avute) e dovevo
scacciargli le mani che, sotto il tavolo, tentavano di
frugarmi, e cercavo di farlo con il sorriso sulle
labbra, per non offendere la sensibilità di una
persona che doveva trasmetterci un ordine di alcune
centinaia di milioni (!)
- Prevedendo che la
serata sarebbe finita male, mi ero anche alzata con
una scusa e avevo telefonato al mio capo per chiedere
soccorso, ma non lo avevo trovato in casa. Ora dovevo
affrontare il viaggio di ritorno, tra i tornanti
deserti della collina, sull'auto di quell'energumeno
depravato.
- Mi veniva da
piangere perché sapevo ciò che mi
aspettava.
- Appena in macchina,
aveva allungo una mano ad afferrarmi un seno, e per
una volta ancora mi ero fatta forza per non urlare, e
lo avevo respinto senza proferire verbo.
- Ma mi ero anche
preparata ad affrontare il peggio.
- Avevo un ombrello
pieghevole che ora tenevo saldamente ancorato alla
mano destra.
- Non mi avrebbe
oltraggiata, giurai a me stessa. Al diavolo il
contratto, i milioni (che tanto io non avrei visto),
non sarebbe passato sul mio corpo.
- Vidi che svoltava
in un sentiero scuro, ma non mi stupii, era una scena
che mi ero aspettata, che nella mente avevo già
vissuta. Anche le mie urla, di tornare indietro,
facevano parte di quella scena. E lui che non mi
ascoltava, andava ancora avanti, e poi fermata l'auto,
mi saltava addosso.
- Ed io che lo
colpivo co0n l'ombrello fino a farlo sanguinare, fino
a farlo desistere.
- E pi scappavo verso
la strada, e stavolta ero fortunata, qualcuno subito
mi soccorreva.
- Mentre nevicava
sempre più fitto.
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