SCRITTORI ITALIANI
CONTEMPORANEI

affermati, emergenti ed esordienti
Racconto di

Ines Scarparolo


Lo Stradivari
 
Grazie a Dio, anche per quel giorno Elena era riuscita in qualche modo a procurarsi del latte per i suoi picinìni quando pose i suoi ultimi francheti sul banco, la vecchia Bruna si rammaricò di non essere riuscita ad ottenerle più di tanto ma Elena la ringraziò con calore quindi, tenendosi ben stretta la sua preziosa confezione, uscì dal negozio e si diresse di buon passo verso S. Pietro. Sperava di giungere a casa prima dell'ora della pappa per il piccolino... L'orologio della torre aveva già battuto le dieci! Certo i più grandi erano svegli... ma chissà che stava combinando la sua vivacissima Nini! Non aveva avuto il coraggio di mandare Aldo e Dana a scuola, quella mattina. Erano talmente stanchi! Ed anche lei si sentiva a pezzi: tre volte era suonato l'allarme quella notte... "La sirena! Su, svegliatevi bambini!... Svelti, vestitevi bambini!... Presto, correte bambini!..." E lei, con la Nini intabarrata e insonnolita, che le si trascinava appresso tenendosi ben stretta alla sua mano e al collo Cieto, l'ultimo nato, piangente ed affamato... Non appena fossero giunti al rifugio, avrebbe cercato di sistemarsi in un angolino per allattarlo... "Ssst, ssst, buoni bambini, buoni! Aldo, Dana, avanti, da bravi, io vi raggiungo subito!" Al terzo allarme (aveva appena fatto riaddormentare Nini dopo un brutto sogno), non sentendosela di svegliarsi nuovamente, aveva deciso che per quella volta se ne sarebbero rimasti lì, al calduccio... Se andava, andava! Presto la contrada si illuminò a giorno per gli scoppi delle bombe e Aldo e Dana si svegliarono; come inebetiti, rimasero lì, tremanti, a fissare la madre poi, quando meccanicamente fecero per alzarsi dal letto, lei fece un gesto di diniego e li abbracciò quasi con disperazione: "Nini e Cieto dormono tranquilli, restiamocene qui, Dio avrà cura di noi".
Dana si riaddormentò quasi subito ma Aldo rimase a vegliare con la madre fino a cessato allarme.
Da quando il marito era partito, Elena teneva a dormire i tre figli minori nel lettone; le sembrava di poterli così proteggere più facilmente da qualsiasi pericolo e di riuscire a far sentire loro che nulla avrebbe potuto dividere la loro bellissima famiglia. Le riempivano le giornate con la loro esuberanza, ingenuità e dolcezza... Il grande era ormai un ometto undicenne: "el so omo de casa", così lei lo chiamava... L'aiutava a portare al canale le pesanti ceste della biancheria da lavare e a riportarla ben stirata ai Signori che gliene avevano dato commissione, a fare qualche lavoretto facile e veloce, a badare ai fratellini più piccoli. Inoltre, da quando ancora era alto come un soldo di cacio, il ragazzino aveva imparato a tenere la canna da pesca in mano. Andava al fiume con Arnaldo e Gigio "il Monco" e con quale soddisfazione ritornava a casa con el so sésto de vimini! Ne tirava fuori il pesce con orgoglio, mostrandolo alla mamma: "È una trota salmonata, il Monco me l'ha invidiata quando ha abboccato e ha visto quanto era grossa! Basterà per tutti, mammina"? E poi... era un artista, aveva la musica nel sangue! Al Conservatorio di Vicenza, quando il Maestro Pedrollo lo aveva visto, con il suo bastoncino di salice, "dirigere" a tempo perfetto un difficile pezzo che si stava provando, per non sprecare quel talento innato, aveva chiesto ai genitori di mandarglielo a lezione, assicurando loro che non avrebbe dovuto sostenere alcuna spesa. Poi aveva affidato al piccolo un violino della misura adatta, un minuscolo Stradivari che Aldo teneva in casa con ogni cura e con il quale, talvolta, seguitava ad esercitarsi.
Purtroppo, la guerra aveva fatto sì che, con la chiusura del Conservatorio adibito a scopi bellici, finisse presto anche quel sogno... E Dana? Se il suo Toni avesse potuto ascoltarla quando incantava con le sue favole la piccola Nini! Non aveva che sei anni, Dana, ma era già donnina ed aiutava la mamma come poteva: stando attenta a Cieto, di pochi mesi, quando mamma usciva per i servizi, aiutando Nini, di appena tre anni, a mangiare la sua pappa e raccontando... sì, raccontando storie che mischiavano gli ingredienti di quanto aveva appreso a scuola alla sua incredibile fantasia. Aveva davvero di che essere orgogliosa delle sue creature!
Da sei mesi, purtroppo, la donna non aveva nuove del marito. Quando si era trattato di far partire ogni uomo valido per le destinazioni in alto loco stabilite, all'Ufficio di Smistamento avevano assicurato che le famiglie avrebbero ricevuto periodici ragguagli e che per ogni congiunto si sarebbe provveduto con adeguato supporto economico... Balle!
All'edicola del Ponte, incontrò Adele, una pettegola che viveva sulla disperazione degli altri. Quella le si affiancò, iniziando a confidarle qualcosa circa il "lavoro" che la Colomba faceva con i cruchi, poi con noncuranza le chiese: "E i tuoi piccoli? Sono rimasti a casa soli, vero? Poverini... Eh, già, con il padre chissà dove, tu devi pure arrangiarti ma, dimmi: hai più saputo niente di lui?"
A quelle parole permeate di finto interesse, che mal celavano la curiosità maligna dell'Adele, Elena si era sentita salire i fiumi al cervello; nel tentativo di togliersi quella sbètega di torno, aveva risposto con ira: "Sì, li ho lasciati soli, per andare a prendere almeno un po' di latte per loro. A questo servono i miei servizi a favore dei Signori di Fontana Coverta, sai? A dar da mangiare a quattro creature che questo sporco governo ha dimenticato, come ha dimenticato di darmi notizie di loro padre... Farabutti, il Duce e i suoi amici d'Oltralpe! All'inizio del conflitto hanno cercato di adescarci, noi, quattro mona, con la storia del credere, obbedire, combattere; perfino le fedi nuziali ci hanno tolto. Fandonie! Ecco a che si è ridotta l'Italia con i sogni di gloria di questi quattro fanatici!"
Fece appena a tempo, l'Elena, a finire l'infausto sfogo, che vide l'Adele impallidire e indietreggiare lentamente. Stupita, si guardò attorno e scorse, alle sue spalle, un giovane soldato della Milizia; la fissava con odio puntandole contro, freddo e spavaldo, una pistola. Le fu immediatamente addosso, agguantandola e strattonandola malamente, poi con rabbia la sospinse contro il muro. Le sputava addosso tutto il suo livore, ingiungendole di ritrattare immediatamente quanto prima aveva osato dire altrimenti... seduta stante, le avrebbe squarciato il ventre, lì, in mezzo alla strada...
Ad Elena parve di morire per la paura; aveva le mani ghiacciate, i sudori freddi, non riusciva a muoversi, le gambe erano di piombo, le parole non le uscivano di bocca. I suoi capelli... li toccò, sì, erano così soffici, vivi... La sera, quando ne scioglieva la crocchia e li spazzolava a lungo davanti allo specchio, la sua Dana gliele sfiorava dolcemente. Proprio ieri, con un sorriso, aveva mormorato che erano bellissimi, così neri e lucenti, erano come una notte di stelle... Quanto avrebbe voluto, la piccola, avere lei pure quei capelli meravigliosi, simili a quelli di una fata, anziché i quattro riccioli ribelli che si ritrovava!
Al pensiero di Dana e degli altri suoi piccoli, Elena si riscosse; la paura si dissolse, la percorse una forza insperata. Alzò gli occhi sul giovane, lo fissò con fierezza e, con voce quasi altera, rispose: "Nulla ritraggo di quanto è verità; e non temo la morte, lo sappia, ma ho quattro figli a casa cui badare; non attendono che il mio ritorno per calmare, almeno un po', la loro fame. Cieto, il più piccolo, lo allatto ancora io; suo padre, non l'ha ancora visto! Mi segua, avanti, mi tenga pure sotto il tiro della pistola. Quando avrò sistemato le mie creature, potrà far di me ciò che vuole. Ammazzarmi anche subito, al Comando o in strada; ecco, questo sì le chiedo: di non farlo davanti ai bambini...". Quindi Elena si girò e, lentamente, a testa alta, proseguì per la sua strada.
Con faccia dura e senza profferir parola, il Miliziano la seguiva tenendole la pistola puntata alla schiena.
Dalle finestre delle vecchie case ai lati della strada, volti impauriti sbirciavano la scena. Qualche ragazzino si era issato, per vedere meglio quanto succedeva, sul muricciolo di Villa Salviati; alcune donne, apparse sull'uscio di casa, mormoravano una preghiera; il vecchio Gino, seduto a fumare la sua pipa accanto all'arco di Corte da Dino, si fece il segno di croce.
Erano arrivati. Si udivano, al di là delle finestre aperte, le voci dei suoi bimbi: Aldo esortava il piccolo Cieto a non piangere, che la mamma sarebbe arrivata subito per dargli la pappa buona... Dana cantava con voce dolce la filastrocca "Le campane de Mason" e Nini... chissà, forse stava combinando disastri!
Elena ora sorrideva, compiaciuta. Aprì la porta ed entrò in quella cucina così ampia e piena di calore, anche se il camino restava spesso spento. Già, la legna, sì, anche la legna mancava ma non aveva importanza se i suoi piccoli crescevano buoni e bravi!
Aldo le corse incontro: "Mamma, mammina, finalmente!" ma in quella si avvide dell'uomo in divisa alle sue spalle, con l'arma in mano. Si zittì, sbiancò in volto e subito si affiancò alle sorelline, quasi a proteggerle.
Il Miliziano spinse con veemenza Elena di lato ed entrò nella stanza. A gambe spalancate e tenendo l'arma ben alta, si guardò attorno. Scorse il prezioso Stradivari sulla scansia più alta della credenza, subito lo afferrò, lo tenne tra le mani osservandolo con interesse. Aldo fece per avventarsi contro di lui ma Elena lo trattenne, rassicurandolo con lo sguardo. Il giovane soldato sfiorò lo strumento con delicatezza, accennò subito a qualche accordo, poi, ben attento, lo rispose là dove l'aveva preso.
Forse fu la vista del focolare spento, o dell'umidità alle pareti della misera cucina, forse fu il piccolo Cieto che si era riassopito a scuoterlo, chissà...
Osservò la donna stringere spasmodicamente le sue creature, e infine uscì, sempre in silenzio.
Nella stanza, Elena scoppiò in singhiozzi liberatori, abbracciando i suoi piccoli che la carezzavano con dolcezza; mentre Dana cercava di asciugarle gli occhi con il suo fazzolettino, Aldo prese il violino e lo portò alla madre, affermando orgogliosamente: "È tutto merito del mio Stradivari, lo so!".
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Agg. 19-01-2005