- Letizia Lusito Lobianco, è nata a Fiume
ma Napoli è la sua città d'adozione e di
formazione.
- La prematura morte del padre, oltre ad aver
segnato la sua infanzia ed adolescenza di profonda
tristezza, non le consentì di continuare ed
approfondire i suoi studi. Insegnante elementare, dopo
essere andata in pensione, si è rinnovata in
lei la giovanile passione per la poesia.
- Ha pubblicato una raccolta di poesie edite da
T. Marotta, Napoli, che è risultata 3°
classificata nel concorso internazionale Emily
Dickinson.
- Inoltre le sono stati riconosciuti diversi
premi, per singole poesie, in concorsi banditi da
varie associazioni culturali: "Napoli è",
"Megaris", "A.N.A.O.C.", "La Villanella", "Bella
Partenope".
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- Stelle
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- Tremula giunge da mondi lontani
- la tua luce remota.
- Brilli e palpiti come creatura
vivente
- e, forse, da più di
mill'anni
- la tua vita è finita.
- Sei tu il contrario di un sogno
- che sempre precede
- una diversa realtà.
- Tu eri parte del cosmo
- ed ora sei solo un sogno svanito,
irreale!
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- La cava di
pietre
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- Squarciata, la montagna
- mostra il suo seno violato
- a cieli remoti, indifferenti.
- Rivoli di sassi, fiumi di
pietrisco
- si fermano laggiù in un gelido
lago
- di polvere bianca.
- Eppur qui c'era una festa di verde,
- cristalli di luce, folate di aromi,
- fruscii vibranti di vita.
- L'uomo crea e distrugge,
- sgretola e innalza
- per la sua gloria e la sua
miseria.
- Ora sei lì, muta,
- ma il tuo grido è più
lacerante
- della tua aberrante ferita.
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- L'onda e lo
scoglio
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- S'infrange l'onda e tormenta lo
scoglio
- che resta consunto e pur vivo di
lei.
- Scossa, rosa, la pietra risucchia quel
mare
- che penetra e scava le mille sue
vene,
- quei piccoli fori mai stanchi
dell'acqua
- che li fa più profondi.
- L'anima mia così si
tormenta
- ed ama e si perde in quel mare
- e palpita anche se l'onda
- la scuote, e l'offende,
- se penetra in lei e l'annulla
- se nella gioia ella soffre
- come giammai.
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- Antiche vestigia dei
Campi Flegrei
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- Arcana magia di luoghi sepolti dal
mare!
- Statue, ninfei, rovine sommersi nel
silenzio
- di una soffusa luce lunare;
- liquido sogno ondeggiante che si
allontana
- come in un'alba fuggente...
- Resti greco-romani di "urbes" e
templi,
- fra dominanti pianori e crateri
lacustri
- degradanti su acque di giada e
cobalto,
- dove vedi apparire pepli ondulati di
bianche vestali,
- luci ed ombre di oracoli e riti, alla
fiamma di tripodi e torce.
- Terme e solarium sgorganti acqua e
vapori
- da vulcanici pozzi; ville superbe di marmi e
di sale
- diffondono immagini e suoni di opulenti
banchetti e di "otia".
- Anfiteatri maestosi riversano ancora nei
cieli
- applausi ed urla più bestiali che
umane.
- I castelli a strapiombo su golfi di
sogno
- proteggono ancora i loro profondi
misteri:
- amori, eroismi, passioni, congiure,
vendette...
- E intorno visioni di giovani donne
danzanti, dai volti di perla,
- giochi di bimbi, fragori di lance,
torture, lamenti...
- E chiese stupende o modeste da secoli
chiudono in grembo,
- madri amorose, reliquie e tesori d'arte e di
fede;
- sale da esse il canto di lode di martiri e
santi,
- di un popolo parco e tenace che ha saputo
lottare
- col mare ed i sussulti di una terra di
fuoco, traendone vita!
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- Immensità (Il
Castello di Laurito)
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- La rupe turrita strapiomba laggiù
nell'azzurro
- del mare che attende e si espande
- nel cielo, rapito.
- Ne sento il respiro che sembra
chiamarmi,
- avverto l'angoscia dei suoi abissi
profondi,
- di sopite paure, di attese remote.
- Poi l'anima si libra e trasvola
- al di fuori del tempo,
- incredula e persa
- nella luce e l'immenso
- e la realtà è solo un sogno
lontano.
- La torre apre ai cieli
- i suoi oscuri misteri,
- lascia ai venti ed ai rovi
sgretolare
- l'antica sua forza,
- più non veglia per arabe
vele...
- Anch'essa è perduta in
quest'eterna
- bellezza dell'infinito.
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- A Dio
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- Vieni Signore
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- Vieni, o Signore, come il sole
- a fugare le nebbie del dubbio
- che offuscano la mia mente.
- Vieni, o Signore, come il sole
- a sciogliere le nevi
- che coprono la terra brulla del mio
cuore.
- Vieni, o Signore, come il sole
- a rinverdire questo arbusto
inaridito
- da troppe stagioni e tante
tempeste.
- E sbocceranno mille fiori
- ed il loro profumo salirà
- fino a Te.
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