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- Lino Monaco - nato
a Trieste il 31/10/1950 e qui residente
"http://digilander.iol.it/zeroquaranta"
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- Curriculum-vitae
- 1974 - eseguo un
olio su tela per il Museo Sommergibilisti di
Padova;
- 1975/1976 - espongo
i miei quadri in diverse mostre personali e
collettive;
- 1975/1980 -
collaboro con una radio privata locale come conduttore
di programmi storici, folcloristici, culturali e
musicali;
- 1980 - un mio
elaborato a fumetti viene selezionato tra i migliori
venti lavori al ìIƒ Concorso nazionale per
autori di fumettiî di Prato;
- 1981 - il suddetto
elaborato viene presentato al "III Convegno
internazionale del fumetto e della fantascienza", di
Prato;
- 1984/1987 - svolgo,
nelle scuole cittadine, attività divulgativa su
tema storico-naturalistico;
- 1987 - pubblico il
libro a fumetti "Origini", edito da Trieste Mercato
Edizioni;
- 1988/1989 -
collaboro, con articoli e vignette satiriche a cadenza
settimanale, con due periodici a tiratura
regionale;
- 1989 - illustro un
opuscolo edito dalla Commissione interregionale del
Club Alpino Italiano per la tutela dell'ambiente
montano;
- 1997 - pubblico il
libro "... e altre storie de una volta", edito da
Spring Edizioni;
- - pubblico il
libro "Dizionario di parole dimenticate da ricordare,
in dialetto triestino", edito da Demetra;
- - pubblico il
libro "Proverbi de Trieste", edito da
Demetra;
- - pubblico il
libro "Modi de dir de Trieste", edito da
Demetra;
- 1998 - pubblico il
libro "Iera na volta Tarieste", edito da
Demetra;
- 1999 - pubblico il
libro "Trieste città di frontiera", edito da
Demetra;
- - pubblico
il libro "Sissi imperatrice triste", edito da
Demetra.
- 2000/2002 - scrivo
il libro in tre volumi "Storia di Trieste" (titolo
provvisorio), su incarico della Demetra/Giunti, in
fase di pubblicazione.
- "nel cassetto" -
due romanzi brevi in cerca di editore; alcuni
racconti; tre saggi riguardanti Trieste; una
trasposizione a fumetti di alcune leggende legate al
territorio di Trieste.
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- Faccio parte,
inoltre, dell'Associazione speleologica Club
Alpinistico Triestino (in seno alla quale ricopro
anche la carica di presidente) dedicandomi
all'attività classica in cavità naturali
ed a quella in cavità artificiali;
attività, quest'ultima, alla quale presto anche
la mia opera di studioso di storia e di folclore. Ho
scritto anche vari articoli sia sulla stampa
quotidiana che su riviste specializzate del settore.
Presto anche la mia collaborazione nell'organizzazione
di Convegni e nella realizzazione di mostre, sempre su
tema speleologico.
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LA MANSARDA
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- "L'altra sera, per
via Capitolina..."
- Mi sentivo un po'
idiota ma, nonostante questo, non potevo fare a meno
di canticchiare mentalmente questa vecchia canzone
triestina.
- E' una di quelle
cose inspiegabili - riflessi condizionati, li
chiamano? - della mente umana: un impulso esterno fa
scattare la serratura dei ricordi, registrati e
schedati nella tua memoria, ed uno di essi salta fuori
spontaneamente, senza che tu lo abbia evocato... E non
c'è niente da fare, non te la togli dalla testa
finché un altro impulso esterno non viene a
scalzarlo.
- Stavo, in effetti,
salendo lungo la via Capitolina ed ero felice. Forse
anche per questo motivo mi era venuta in mente una
canzone.
- Ero felice
perché andavo ad abitare in una mansardina (una
volta le chiamavano soffitte) nel cuore antico della
mia città: il colle di San Giusto!
- Costeggiai il parco
della Rimembranza, passai sotto il massiccio bastione
rotondo del Castello e, sulla curva, mi fermai. Da
questo punto si gode, forse, il più bel
panorama di Trieste: i tetti delle case, addossati gli
uni agli altri, scendono verso il mare in una
continuità di forme; una distesa di tegole
rosse intervallate, di quando in quando, da bianche
terrazze in cemento e da maestose cupole e guglie di
chiese. Più oltre, la distesa d'acqua racchiusa
dal Carso.
- Ero
arrivato.
- Salii le scale ed
aprii la porta dell'appartamento: un monolocale, con
angolo-cucina e servizi. I mobili erano arrivati il
giorno prima ed erano già stati sistemati
secondo le mie istruzioni. Niente di pretenzioso, un
arredamento essenziale e funzionale. Il letto - a
questo ci tenevo molto - lo avevo fatto mettere di
fronte alla finestra cosicché, in qualsiasi
momento (svegliandomi oppure rilassandomi), avrei
visto quel panorama.
- Si stava facendo
sera e così decisi di collaudare la mia nuova
cucina. Qualcosa di veloce perché, a differenza
di molti altri uomini, non ho la pazienza necessaria
per stare dietro ai fornelli.
- Misi su l'acqua per
la pasta e mi avvicinai alla finestra aperta. Era
estate e, tramontato il sole, una velata frescura
saliva dalla strada, in quella zona piena di
verde.
- Mi soffermai a
guardare le persone che passeggiavano sul piazzale, in
mezzo ai resti delle colonne del Foro romano... Che
pace! Non un suono fuori posto: le voci delle persone,
gli uccelli, qualche automobile...
- ... Tic! Tic! Tic!
Tic! ...
- Si era udito
all'improvviso. Un rumore sommesso, cadenzato,
veloce...
- ... Tic! Tic! Tic!
Tic! ...
- Proveniva dalle mie
spalle!
- Mi girai di scatto:
sul bordo del letto, una vecchina seduta stava
lavorando a maglia. Una figura piccola, evanescente,
leggermente curva, i capelli bianchi riuniti a
crocchia sulla nuca, uno scialle sulle spalle; vestiva
di nero ed era immersa nel suo
sferruzzare.
- ... Tic! Tic! Tic!
T ...
- Scomparve.
- La mia reazione fu
di noncuranza. Io sono un tipo razionale, posso anche
accettare l'esistenza del paranormale e condividere
alcune teorie, ma a livello accademico...
- No! Ad essere
sinceri, credo fermamente a tutte queste cose e, in
fondo, mi spaventano!
- La cosa, in
effetti, mi impressionò ma la mia noncuranza fu
autentica. Autodifesa? Non credo. Penso, piuttosto,
un'inconsapevole convinzione che quella apparizione
fosse qualcosa di buono, di inoffensivo.
- L'acqua, ormai, era
straripata dalla pentola. Buttai la pasta, attesi e
mangiai, guardando il letto.
- Come se non fosse
successo niente, mi spogliai e mi coricai prendendo,
ben presto, sonno.
- ... Tic! Tic! Tic!
Tic! ...
- Mi svegliai e lei
era lì, sul bordo del letto a
sferruzzare.
- "Chi sei?" le
chiesi gentilmente.
- Lei mi
guardò con tenerezza e mi sorrise.
- "Scusami,
figliolo," rispose "non volevo disturbarti. Io abitavo
qui, sai? Tanto, tanto tempo fa. Ho passato momenti
belli e momenti tristi, in questa casa... Forse
più tristi che belli... No, ripensandoci
adesso, erano tutti belli, anche quelli tristi. Si
viveva in un altro modo, ecco tutto! Non c'era quella
che voi, oggi, chiamate l'era del benessere... e non
credere a certi vecchi quando dicono che una volta si
viveva meglio... si viveva; chi con poco, chi con
tanto. L'importante, in tutti i tempi, è come
si vive, la propria vita... Eh,
sì!"
- Mi distesi sul
fianco e l'ascoltai, mentre parlava
sferruzzando.
- "Io penso d'aver
vissuto bene... e anche abbastanza... Sai quanti anni
avevo, quando sono morta? Novantanove!... Eh,
sì, sono della classe 1802. Ho vissuto il
cambio di secolo!... L'unica cosa che mi dispiace,
è di non essere riuscita a compierlo io, il
secolo."
- Sorrisi e lei
contraccambiò.
- "Comunque," riprese
"non preoccuparti: non ti disturberò
più. Domani rinasco. Non ricorderò
più niente della mia vecchia vita... Per questo
ho voluto tornare ancora una volta qui, dove sono nata
e dove sono morta... E' stato bello. Ciao, figliolo,
ti auguro un'esistenza bella come la
mia..."
- Mi sfiorò la
fronte con un bacio e scomparve...
- Non l'ho più
rivista!
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