LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti

 

Poesie di

Luigi Nosenzo


(Tutte le poesie qui proposte sono contenute in Glicine Fiorito edito da Carello Editore, ad eccezione della poesia Il silenzio sul cortile facente parte di una nuova raccolta di poesie, ancora inedite, in preparazione
 
Invano
 
Ho aperto un cassetto
dov'erano custoditi
un ritratto muto,
fotografie ingiallite
e un ninnolo decaduto.
 
Ho guardato quelle cose
coi medesimi occhi,
sperando bastassero
il tempo perduto a ripetermi...
 
invano
 
seduto su una panchina,
ho atteso di vedermi passare,
forse vent'anni prima,
nel luogo dov'ero stato,
ho camminato, gioito, amato...
 
invano
 
cerco luoghi che mi rendano il tempo,
fuggito, distratto...
 
lontano.
 

Glicine fiorito
 
 
Proprio non so dirti
l'azzurro del glicine fiorito.
 
Mi sorprende quel profumo
in un cortile d'albergo,
e unisce vent'anni in uno
istante di colore:
vedermi lungo quella strada...
presso quel muretto...
 
Ora come allora
alzar la mano
a pescare in cielo,
perle di glicine in fiore.
 

 
Il Paladino
 
 
Oltre l'apparenza,
da invisibili fili
schierato in battaglia
o implorante amore,
della vita affronto la ventura
 
Saccente paladino
sopra un palco d'assi e di tela,
larva in armatura,
della mano che mi muove
non ho cura
 
Se dai sogni d'Angelica,
unico mio amore,
come un pupo luccicante,
alla fine d'ogni battaglia
riesco vincitore.
 
 

 
Primavera e tramonto
 
Compiuta, l'ultima sua
rivoluzione, la terra,
coperta di ghiaccio
e foglie morte,
ridesterà, e ovunque
esploderà la verde vita
della primavera.
 
Molti, come risollevandosi,
dimentichi degli anni
"e senza troppo riflettere",
"al lavoro usato"
faranno ritorno.
 
Mentre io, in piedi,
sul gorgo,
precipizio di passioni,
sentimenti, dolori,
dei tempi trascorsi
e di quelli futuri,
mi attardo, sgomento,
scorgendo il tramonto.
 
 

 
Meandro
 
Solo sapessi dipingere
mille e mille volte,
abbandonando parole stanche,
ritrarrei me stesso
inquieta lucertola
nel torpore del meriggio,
sul cortile e per la strada,
lungo muri roventi
di mattoni e fossi erbosi,
passo dopo passo
posare,
misurando il tempo
senza tempo,
percorso
senza meta,
nel meandro dei pensieri vuoti,
solo,
vagare
aspettando.
 

 
Notte
 
Spenta negli occhi
del giorno l'ultima scintilla,
in fondo al cunicolo cupo
attendono, i fantasmi
della gola del lupo.
 
Solo sarò un'altra notte
faccia a faccia con l'io profondo,
come luce che specchiata
nel buio, vi trova
il male del mondo.
 
E quale raggio di sole,
risale liberatrice a trafiggere
le mie spoglie, sul cuore
della terra, in superficie.
 
 

03/05/2004

 

 
Sogno meridiano
 
 
Come in un sogno meridiano,
lungo il viale, dietro di noi,
lasceremo la nostra inquietudine.
 
Sul battito dei nostri passi,
nel meriggio luminoso e fisso,
"itinerando" berremo
la parola che consola.
 
Una calma profonda
colmerà "il lago del nostro cuore",
fermerà la macchina dei pensieri,
gli istanti in una fotografia.
 
Nell'ora che già scolora,
al termine del nostro viaggio,
purificati sosteremo
presaghi dell'abbraccio della sera.
 

 
Percorsi
 
 
Quale tela di ragno
inesorabili percorsi
avvincono il cuore.
 
Alla luce,
corta, di mezza candela
(tanto gli resta?)
guadagna le sue stazioni.
 
Sulle spalle, crescente
il fardello d'un passato
sempre più chiaro,
a mano a mano
si fa lontano.
 
Pendola stordito
fra notte e giorno,
alba e tramonto,
riso e pianto,
spontaneo e ordito.
 
Muore e risorge
ad ogni secondo
d'un moto aperpetuo.
 
 

 
STAZIONE XIII
"Davanti a mia Madre"
 
Il capo reclinato sul cuscino,
le scarne braccia, vinte:
Ecco mia madre!
 
Spezzato
l'anello che legava
la vita alla vita.
 
Nel petto,
vuoto tabernacolo d'eternità,
dura la ferita.
 
Nell'ora della morte
staziono in questa
"Pietà" invertita.
 
(Nella solitudine,
uomo,
chi sarà dalla tua parte?)
 
 

 Danza con l'ombrello
 
Cielo grigio su contrada
deserta di paese
e un'uggiosa pioggia rada.
 
Nel guscio mio, di ferro,
danza col tergicristallo
il rosso vestito d'una bimba
e il suo ombrello.
 
Si ferma, accosta
il muro e nasconde
un viso così bello.
 
Ora che non sono
più il suo timore,
riprende la sua danza
e il suo trottare
nello specchietto retrovisore.
 
Per un attimo vicini
nulla più di lei so,
sulla crosta della terra
già dispersi puntini.
 
La sua danza, il suo trottare
mia povera poesia non puoi
dimenticare.
 
 
 

 Come il ghiro e la rana
 
Alle porte dell'inverno
partecipo del ghiro e della rana.
 
Un po' di cibo, qualche libro,
null'altro a turbare il silenzio
nella tana.
Poi, che tutto tace,
riuscire con la mente
(libera finalmente)
sulla neve, presso gli alberi spogli
o sotto un cielo ingemmato...
 
per ritornare, senza aver viaggiato,
senza essere uscito ma entrato
nella tana
come il ghiro,
come la rana.
 
 

Il profilo dei colli
 
Negli occhi,
per sempre resterà
il profilo dei colli.
 
Lentamente respirato
il paesaggio s'è fatto carattere,
e il desiderio non spinge
ad osservare il mondo
sulle ardite guglie dei monti,
né muove l'anima
isocrona alle onde del mare,
o la mente distende
infinita, ad inseguire l'orizzonte,
ma il piede trattiene alla terra,
finché ogni sentiero, ogni albero,
fosso o forra avrà conosciuto,
e sui colori delle stagioni
che il cielo muta
alle docili colline,
dipana la vita.
 
In questa terra antica,
ascoltatomi nel profondo,
udita la voce dei vecchi,
mi unirò dei colli alle zolle.
 
 
 

 
Il silenzio sul cortile
 
 
Non chiedermi di raccontare
d'una città che non conosco,
di voci amplificate
nelle trombe delle scale,
di luci a prolungare il giorno
in vetrine, nelle quali
non mi riconosco.
 
Solo ti posso dire
dell'ombra, del meriggio
e del silenzio sul cortile,
di campi d'erba e strade polverose,
del respiro degli alberi e del guaire
di cani nella notte, al tuo venire.
 
D'una riva dove potermi
una sera sedere, e rivedere
quanto ho lasciato del passato,
quanto ho perduto, dimenticato,
più non riconosciuto.

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