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Presentazione
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- "È
importante scrivere per se stessi" così scrive
Mauro Trapasso nell'incipit ed ha ragione
perché "non si scrive per la gloria o per il
denaro ma per se stessi", per recuperare una parte del
proprio mondo che pare sia dispersa chissà dove
e spetta solo a noi, faticosamente e coraggiosamente,
cercare di recuperarla.
- Le vicende della
vita d'un uomo possono essere rivisitate attraverso un
recupero memoriale, a volte affascinante altre volte
doloroso e sofferto, ma sempre v'è la voglia di
"far conoscere se stessi", di rendere possibile ai
lettori quel lento avvicinamento alle proprie idee, ai
pensieri che hanno pervaso la mente in determinati
periodi della nostra vita, alle difficoltà che
abbiamo incontrato e alle scelte, giuste od errate,
che abbiamo fatto: la chiave d'accesso è quel
"mettersi a nudo", con pazienza e spontaneità,
senza prendersi troppo sul serio e cercare di fornire
indicazioni utili affinché si riesca a cogliere
in modo corretto la figura d'un uomo nella sua
complessità, con le sue contraddizioni e
fragilità.
- Sempre v'è
una sorta di nostalgia a ripensare a ciò che
poteva essere e non è stato, sovente emergono i
rimpianti causati dagli errori o dalle scelte
avventate o dai periodi di sfortuna che si abbattono
su tutti noi: d'altronde è risaputo che
"è un vero peccato che impariamo le lezioni
della vita solo quando non ci servono più"
eppure tutti noi vogliamo continuare a sognare
sperando che qualcosa resti, che qualcuno ci apprezzi
pur con le nostre debolezze, anzi, viviamo con la
speranza di trovare qualcuno a cui piaccia davvero
come siamo e chi siamo e, magari, con un po' di
narcisismo, che ci trovi insostituibili. Fino alla
prossima stagione della vita.
- La vita è
così breve, assai strana, dannatamente
incredibile, addirittura tragicomica: a essere
prevedibili si rischia di rimanere fregati, se si
riesce a diventare imprevedibili si può finire
travolti dal destino diabolico. Ciò che conta
veramente è "non permettere che l'ispirazione
rovini la nostra vita" perché ci sono delle
cose che non hanno ancora prezzo.
- In fin dei conti,
Mauro Trapasso, raccontandosi con spontaneità
in questa sorta di autobiografia non fa altro che
renderci partecipi d'un personale percorso, tra il
bene e il male, con il desiderio inconfessato di
fissare su queste pagine le esperienze che hanno
contrassegnato il suo viaggio e le persone che l'hanno
accompagnato nelle varie fasi della sua vita che non
è altro che una continua ascesa al Golgota:
alla fine, le lacrime si asciugano, i dolori si
dissolvono, le ferite si cicatrizzano, la mente vola
libera chissà in quale mondo parallelo e noi ci
accorgiamo di essere nient'altro che pulviscolo
cosmico.
- La nascita a
Jouarre, vicino a Parigi, da padre emigrante per
sfuggire alla miseria e poi il ritorno in Italia,
nella terra natìa d'Abruzzo, le amicizie, il
periodo scolastico, la gioventù senza la voglia
di studiare, e poi l'interesse per la lettura e le
riviste culturali, le delusioni nel lavoro, il dolore
per la morte della madre, i viaggi in Romania e in
Ungheria, le donne conosciute: non sono altro che le
tappe d'una esistenza marchiata dalla consapevolezza
che il destino gioca un ruolo fondamentale nella vita
d'un uomo.
- "Nessuno sfugge al
suo destino" e Mauro Trapasso va dritto al cuore, con
il suo racconto esistenziale penetra nei giorni
più tenebrosi, tenta di dissolvere la
tristezza, indulge disperatamente su determinate
situazioni che lo hanno visto protagonista e la sua
speranza è che tutto questo sia servito a
qualcosa, al di là del tempo e delle facili
illusioni d'un adolescente.
- Le parole che
disegnano e definiscono l'Uomo sono ciò che
rimane di questa tragedia che è la vita. Siamo
tutti come tori trafitti dalle picche
nell'arena.
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Massimo
Barile
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Quello
che non ho mai detto...
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Questo
libro è dedicato...
A
mia madre Marisa Giardini
All'amico
Lucio Pace
A
Leonardo Trapasso
A
Karol Woytyla
Al
collega Alessandro Alfonsetti
Ai
nonni
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- ciao
mamma...!
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- È
importante scrivere.
- Scrivere per
se stessi...
- è la
fondamentale verità.
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- Il vuoto
avvolge ogni entità
- e tesse la
realtà.
- Nessuno e
niente
- ha mai
cambiato di posto.
- PREFAZIONE
- dell'autore
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- "Scrivere un
libro e far conoscere alla moltitudine i veri
pensieri che scaturiscono dalla loro
interiorità è la massima aspirazione
di molti umani".
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MAURO
TRAPASSO
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- Il nostro destino o
libero arbitrio si forma con le eterogenee esperienze
infantili.
- L'essere umano,
dall'età consequenziale i suoi primi anni di
vita e fino alla morte si porterà dietro
codeste esperienze. Le esperienze cognitive, il
carattere, la sfera familiare, la sensibilità,
etc. saranno per il prosieguo di ogni soggetto:
inscindibili dai suoi primi cinque, sei anni di vita.
Il libero arbitrio ed il destino studiato per millenni
dai massimi filosofi e teologi, in quest'epoca li
possiamo plasmare, amalgamare e riformulare.
Dopodiché, qualsiasi reazione psichica dovuta
agli infiniti stimoli esterni, cui ogni persona viene
a contatto nel corso della propria esistenza:
subirà per sempre il condizionamento
iniziale.
- La maschera
difensiva, che ognuno di noi indossa, pur di non
apparire indesiderabile o per apparire diverso da quel
che si è... resterà nell'attuale
società, come è avvenuto nelle
totalitarie epoche evolutive: l'unica
promiscuità che accomuna le infinite e
peculiari solitudini umane.
- Joseph Conrad, in
età avanzata ed all'apice del suo successo
scrisse: "Il massimo che ci si possa attendere dalla
vita è una certa conoscenza di se stessi, che
arriva troppo tardi, una messe d'inestinguibili
rimpianti."
- Credo che questa
frase abbia influenzato in maniera profonda la mia
esistenza che ora, all'età di quarant'anni,
sono pronto a mettere in gioco, a darla in pasto ai
soliti buffoni o profondi eruditi; pur di riuscire a
trovare: uomini e donne con un profondo valore
umanitario. Lessi la frase di Conrad ventidue anni or
sono. Costei, ora è pronta per essere liberata
in un libro soggettivo e peculiare, che parlerà
delle esperienze di vita di un granello di sabbia che
vive in un mare di rabbia etnica. Vive in un mondo di
gioia, di noia, di volontariato, di sfruttamento,
d'opulenza, di castità, di perversione, di
miseria ...di morte che accomuna tutti!...
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- "Quello che non ho
mai detto, non è altro che la mia biografia.
Sono consapevole del menefreghismo totale e
collaterale che costei apporterà. Quello che
non ho mai detto è un faro che oggigiorno:
illumina la via ritrovata...".
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- I TORMENTI
VANNO DISCIOLTI SUL NASCERE:
- QUALSIASI
OSTACOLO È MENTALE
- E
AUTOPRODOTTO
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- 1
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- Gli
anni dell'incomprensione...
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- Vorrei esser nato
in un'epoca remota. Sono un tipo anacronista. Se fossi
stato un ragazzo più mite avrei fatto
l'archeologo. Amo da morire le antiche civiltà
e le loro bellezze ed infiniti enigmi. Costoro fin da
ragazzo, affascinarono il cervello e l'infinita
fantasia. Invece sono nato in un'epoca in cui gli
sforzi bellici hanno perpetrato le più immani
catastrofi; nell'epoca della massima espansione
scientifica e dell'invenzione della bomba atomica;
nell'epoca del consumismo sfrenato e del capitalismo
senza remore... nell'epoca dell'indifferenza e della
ricerca di linee chat di internet e virtuali amici,
con cui sopperire alla solitudine:
dell'anima.
- All'alba del
quindici maggio 1964 nacqui a Jouarre, una ridente
cittadina francese distante cinquanta chilometri dalla
fastosa Parigi. Figlio d'italiani, Fernando Trapasso e
Marisa Giardini, nacqui in una città straniera
per colpa della miseria che ancor albergava in Italia
all'inizio degli anni sessanta. L'Italia negli anni
sessanta, quando mio padre decise d'emigrare in
Francia; ancora non si riprendeva in maniera
definitiva dalla recessione economica, dalla
disoccupazione e consequenziale inflazione, causata
dal secondo conflitto mondiale.
- Come ho scritto
nella prefazione di questo libro, i primi anni di vita
dell'evoluzione umana sono basilari per il prosieguo
di ogni soggettiva esistenza. La mia infanzia è
stata correlata da fattori interni ed esterni, normali
e privi di tragici fatti. Sono stato amato e tenuto
nella bambagia. Dopo cinque anni di residenza a
Jouarre, con periodici ritorni nella nazione italiana;
nel 1969 i miei genitori, con un altro neonato in
arrivo, decisero d'interrompere la transizione
francese per ritornare nell'amata Italia. In
quell'anno mia madre con al seguito la mia persona ed
un fratellino in formazione, ritornò
definitivamente in Abruzzo. Mio padre, darà
l'addio definitivo alla terra francese nel 1971.Da
quel dì, in cui abbandonammo Jouarre e
giungemmo a S. Andrea di Lucoli, (luogo natio di mio
padre) un piccolo paesino dell'entroterra aquilano,
circondato da una possente corolla montagnosa, che si
prostra, al sempre magico Gran Sasso d'Italia... ha
inizio la mia avventura.
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- In ogni adulto
dovrebbe sopravvivere lo spirito libero che accomuna,
i bambini di paradisiaci orizzonti temporali.
L'infanzia è un sogno che molti bambini
emarginati, venduti o sfruttati non riescono a
figurarsi neanche nel loro più recondito
intelletto. Sotto questo punto di vista, mi sono
sempre considerato un bambino fortunato. Fortunato per
fattori molteplici e diversificati. Si è
fortunati a vivere in una nazione in pieno boom
economico (Italia anni settanta); fortunati a non
essere venuti alla luce in una famiglia disastrata; si
è ancor più fortunati, quando nasci
senza problemi psico-fisici che fin dall'infanzia:
creano al cervello emarginazione...
- Il primo impatto
con il paese fu traumatico e negativo. Immaginatevi un
bambino che a cinque anni e mezzo, debba cominciare a
parlare una lingua straniera, senza avere a sua
disposizione delle ferree basi. "quando eravamo in
Francia, i miei genitori parlavano con me anche in
italiano ma, nella mia corteccia cerebrale, nei
neuroni e trasmettitori in perenne evoluzione; la
madrelingua francese,vinceva, contro ogni loro minimo
o massimo sforzo dialettico. Non amavo parlare
italiano. Perché dovevo imparare una lingua
lontana dalla mia città natia?"
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- Fin da piccoli
siamo alla mercé dei nostri errori e di quelli
dell'uman specie! Ricordo nitidamente il mio primo
giorno di scuola e lo scarso bagaglio linguistico
della mia persona, al confronto dei bambini / e
nativi. Il mio era un mix di dialetto, frullato con
parole francesi e scarne frasi italiane. In quei anni
di scuola elementare,non ebbi il minimo aiuto morale o
culturale,da parte di una maestra che non recepiva i
problemi di un bambino. Una maestra che amava
accarezzare il suo bassotto ed inveiva come un
militare. Dalle elementari, cominciò il declino
scolastico di un bambino come tanti. La scuola, la
sede dell'istruzione, da quel luogo in cui ogni essere
umano aspira la linfa culturale: cominciò a
crearmi problemi interiori.
- I tre anni di
scuola media subirono lo stesso traviamento delle
elementari. L'unica positività della scuola
media fu costituita dalla professoressa d'italiano e
da quella di francese, le quali, leggevano fino in
fondo alla mia anima. Durante questi anni di licenza
media, cominciai a conoscere ragazzi / e, i quali,
avevano come etica assoluta soltanto una parola...
divertimento... divertimento e sega alla scuola. Nel
frattempo, anche le amicizie paesane non sortivano
altro interesse al di fuori della parola:
divertimento. Appena tornavo da scuola, mangiavo in
fretta un boccone e,senza dare ascolto ad una brava
madre, preoccupata per le mie continue scorribande:
andavo a giocare a pallone, tennis, ping pong ed altri
interessi marginali; rientrando in casa al
crepuscolo.
- Nonostante l'indole
ribelle, presi la licenza media senza il minimo sforzo
o il minimo studio. Non studiavo mai! La scuola,
grazie al primo impatto negativo: diventò la
mia acerrima nemica. Dopo la licenza media m'iscrissi
all'Istituto Tecnico Industriale. Frequentavo il
secondo anno del Tecnico Industriale, quando occupammo
costui, scacciammo preside e professori... per
difendere la dignità umana e la fame di
giustizia...
- Ancor oggi, la
mente ripensa all'ingenuità che albergava nel
mio involucro in quei anni di piombo. Lo Stato
italiano, come non mai in precedenza; veniva da
qualche anno: tartassato da gruppi anarchici ed
insurrezionali che erigevano barricate di fuoco ed
ammazzavano senza pietà statisti e poliziotti.
In quei tristi anni settanta, anche la guerra in
Libano: risaltava per la sua immane violenza. Sempre
in quei turbolenti anni, cominciai a frequentare
amicizie leggere e dedite al carpe diem. Nel contempo,
aderii al movimento studentesco a difesa dei soprusi
mondiali, che fomentava giustizia e pari
opportunità per uomini e donne, diversi
involucri etnici. A capeggiarlo erano dei capelloni
dal cuore multicolore (diventai un capellone) i quali,
nelle varie assemblee scolastiche, urlavano,
gracchiavano; manifestavano... volevano occupare le
scuole e le università d'ogni città
italiana, pur di dar concretezza alle loro, le mie
idee. Contro la guerra e tutte le ingiustizie
combattevamo. All'Aquila come in molte altre
città, l'adesione agli scioperi o occupazioni
illecite degli istituti: avvenne in maniera
disorganizzata. Le basi erano deboli. La guerra in
Libano, la ristrutturazione di obsolete scuole
(compreso il Tecnico Industriale), la fine
dell'intolleranza tra i popoli, la fame del terzo
mondo... queste ed altre problematiche crearono in noi
soltanto caos. Molti quarantenni, al giorno d'oggi
rimembreranno con gaudio la loro adolescenza ed i vari
scioperi studenteschi a favore d'impossibili utopie.
Ricordo con tristezza il giorno del mio collasso
scolastico. Era un freddo giorno di febbraio di un
anno che ho represso, quando la mia vita subì
un brusco cambiamento. Quel dì, arrivai alla
scuola mentre era in corso uno sciopero pro Libano,
per la fine delle illogiche barbarie che da anni
insanguinavano quel lontano paese. Come in ogni
promiscuo luogo, in cui gl'interessi ed i desideri di
un gruppo si scontrano con altri esseri; in un
battibaleno mi crollò sulla testa il mondo
intero. "La giustizia, la pace e la solidarietà
globale... inutili parole in pasto ai nefasti
venti..."
- "UNA CATENA DI MANI
FEMMINILI E MASCHILI, AVVINGHIAVA IL PORTONE
PRINCIPALE DELL'ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE: EVITANDO
L'ENTRATA AGLI STUDENTI SENZA IDEALI. IN PRECEDENZA, I
PROFESSORI, IL PRESIDE ED I BIDELLI... SI ERANO
INCUNEATI TRA LA TURBINOSA FOLLA E, NELLO SCONTRO
FRONTALE CONTRO LA CATENA UMANA; RIUSCIRONO A
SPEZZARLA, MOMENTANEAMENTE. COSTORO ENTRARONO
NELL'ISTITUTO. COSTORO GIACEVANO NEL PALAZZO
CULTURALE, VUOTO E SENZA STUDENTI: QUANDO MI
APPRESTAI, IN RITARDO COME AL SOLITO, A DEFINIRE LA
MIA SCONFITTA SCOLASTICA!"
- Fino a quel momento
la scuola era una mia problematicità. La
timidezza che mi fustigava in quei giorni: subì
un brusco cambiamento. Fino a quel giorno in cui il
preside, afferrò per i capelli un ragazzo
immaturo e lo strattonò senza posa, pur di
farlo entrare nell'Istituto; per dar l'esempio agli
altri dimostranti: la mia vita scorreva in un letto di
fiume senza gravi affanni. Fino a quel maledetto
giorno, quando sferrai un pugno ad un uomo colmo
d'alterigia... la mia fantasia... volava lontano e
l'ipocrisia umana non toccava il mio
stato.
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- Sospensione per un
mese... accompagnato dai genitori... denuncia alla
polizia, ritrattata grazie ai miei professori...
triste verdetto; per un pugno, dato senza remore, allo
stomaco di un uomo. Uomo che cadde per terra, visto da
tutti... nell'atrio principale dell'Istituto Tecnico
Industriale...
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- Dopo il fattaccio
tutti entrarono nelle aule; lo sciopero
evaporò; le lezioni iniziarono senza ulteriori
preoccupazioni. Il capro espiatorio era stato trovato.
Ancor oggi, quel pugno: mi rode
l'esistenza!...
- Non ho mai
ringraziato i miei zii, Angelo ed Ivana,per essersi
candidati nella mia soap opera, attori in primis della
citata disfatta scolastica. Colgo l'occasione per
farlo in questo contesto lontano ed ancor
anacronistico in eterogenee, soggettive o globali
occasioni. Ringrazio i miei zii, per essersi
presentati al cospetto del mio amato preside, sotto le
false spoglie dei miei genitori ed aver ascoltato un
uomo inveire a squarciagola, dire ad un ragazzo
d'essere un sobillatore, un capellone ed un
ribelle...
- Ricordo ancora le
parole di mio zio, costui mi disse: "ne hai parlato
con i tuoi genitori?" Ed io risposi: "no...è
meglio che non sappiano nulla!..."
- Forse il destino
avrebbe preso un'altra piega, se invece di scrivere le
mie debolezze... avrei parlato delle mie
problematicità. Forse il vento sarebbe spirato
senza tifoni ed avrei evitato varie delusioni...
forse... forse... quien sabe?
- Il ricordo
dell'istantaneo pensiero che m'inghiottì
l'anima, quando vidi il preside steso sul freddo
marmo...ancora mi rode il fegato. Soltanto una cosa
pensai: "Oddio, ho colpito il
preside!!!..."
- Infatti, la presa e
lo stiramento della mia criniera, credevo fosse opera
di qualche studente entrato precedentemente
nell'Istituto...
-
- Non ero mai stato
un secchione o giù di lì. I miei voti
alla fine dell'anno scolastico: furono in toto
abbassati di una unità, per colpa della cattiva
condotta. Fui bocciato. Col nuovo anno scolastico
tornai nello stesso Istituto Tecnico. Oramai ero
adocchiato, emarginato, preso di mira dall'apice al
fondato. Andai via da un posto deludente.
Abbandonai,... andai via per sempre da un posto che
non amava la mia persona. Non presi in considerazione
altre scuole superiori. Soltanto una fantasia mi
scuoteva in quei tristi anni. La voglia di andare
lontano e dimenticare la mia più grande
disfatta...!
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- C'è una
frase TAO che m'accompagna nel prosieguo della
vita:
- Studio,
applicazione, ragionamento... Ci vuole anche una buona
dose di fortuna. Buttati e rischia!
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- Quando rileggo
questa frase, un ragionamento comincia ad infettare i
miei neuroni. Le sinapsi e le consequenziali cellule
dell'emisfero destro, sinistro e del resto del mio
cervello... soltanto una cosa pensano:
- "Da studente mi
sono buttato ed ho rischiato senza remore!"
D'altronde, anche questo è Carpe
Diem.
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- Non ho altro da
scrivere della mia prolungata adolescenza. Le leggere
amicizie, le innumerevoli, platoniche e stupide cotte
adolescenziali, la fantasia e le centinaia di
giornaletti che collezionavo e divoravo in un
battibaleno... tutto volò via in un freddo mese
di febbraio ed all'orizzonte cominciava il
gelo!...
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