Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Mauro Trapasso
Ha pubblicato il libro

Quello che non ho mai detto... - Mauro Trapasso

 



 

 

 

Collana I salici (narrativa)

 

14x20,5 - pp. 76 - Euro 7,00

 

ISBN 88-8356-938-5

 


Presentazione
Incipit


Presentazione
 
"È importante scrivere per se stessi" così scrive Mauro Trapasso nell'incipit ed ha ragione perché "non si scrive per la gloria o per il denaro ma per se stessi", per recuperare una parte del proprio mondo che pare sia dispersa chissà dove e spetta solo a noi, faticosamente e coraggiosamente, cercare di recuperarla.
Le vicende della vita d'un uomo possono essere rivisitate attraverso un recupero memoriale, a volte affascinante altre volte doloroso e sofferto, ma sempre v'è la voglia di "far conoscere se stessi", di rendere possibile ai lettori quel lento avvicinamento alle proprie idee, ai pensieri che hanno pervaso la mente in determinati periodi della nostra vita, alle difficoltà che abbiamo incontrato e alle scelte, giuste od errate, che abbiamo fatto: la chiave d'accesso è quel "mettersi a nudo", con pazienza e spontaneità, senza prendersi troppo sul serio e cercare di fornire indicazioni utili affinché si riesca a cogliere in modo corretto la figura d'un uomo nella sua complessità, con le sue contraddizioni e fragilità.
Sempre v'è una sorta di nostalgia a ripensare a ciò che poteva essere e non è stato, sovente emergono i rimpianti causati dagli errori o dalle scelte avventate o dai periodi di sfortuna che si abbattono su tutti noi: d'altronde è risaputo che "è un vero peccato che impariamo le lezioni della vita solo quando non ci servono più" eppure tutti noi vogliamo continuare a sognare sperando che qualcosa resti, che qualcuno ci apprezzi pur con le nostre debolezze, anzi, viviamo con la speranza di trovare qualcuno a cui piaccia davvero come siamo e chi siamo e, magari, con un po' di narcisismo, che ci trovi insostituibili. Fino alla prossima stagione della vita.
La vita è così breve, assai strana, dannatamente incredibile, addirittura tragicomica: a essere prevedibili si rischia di rimanere fregati, se si riesce a diventare imprevedibili si può finire travolti dal destino diabolico. Ciò che conta veramente è "non permettere che l'ispirazione rovini la nostra vita" perché ci sono delle cose che non hanno ancora prezzo.
In fin dei conti, Mauro Trapasso, raccontandosi con spontaneità in questa sorta di autobiografia non fa altro che renderci partecipi d'un personale percorso, tra il bene e il male, con il desiderio inconfessato di fissare su queste pagine le esperienze che hanno contrassegnato il suo viaggio e le persone che l'hanno accompagnato nelle varie fasi della sua vita che non è altro che una continua ascesa al Golgota: alla fine, le lacrime si asciugano, i dolori si dissolvono, le ferite si cicatrizzano, la mente vola libera chissà in quale mondo parallelo e noi ci accorgiamo di essere nient'altro che pulviscolo cosmico.
La nascita a Jouarre, vicino a Parigi, da padre emigrante per sfuggire alla miseria e poi il ritorno in Italia, nella terra natìa d'Abruzzo, le amicizie, il periodo scolastico, la gioventù senza la voglia di studiare, e poi l'interesse per la lettura e le riviste culturali, le delusioni nel lavoro, il dolore per la morte della madre, i viaggi in Romania e in Ungheria, le donne conosciute: non sono altro che le tappe d'una esistenza marchiata dalla consapevolezza che il destino gioca un ruolo fondamentale nella vita d'un uomo.
"Nessuno sfugge al suo destino" e Mauro Trapasso va dritto al cuore, con il suo racconto esistenziale penetra nei giorni più tenebrosi, tenta di dissolvere la tristezza, indulge disperatamente su determinate situazioni che lo hanno visto protagonista e la sua speranza è che tutto questo sia servito a qualcosa, al di là del tempo e delle facili illusioni d'un adolescente.
Le parole che disegnano e definiscono l'Uomo sono ciò che rimane di questa tragedia che è la vita. Siamo tutti come tori trafitti dalle picche nell'arena.
 
 

Massimo Barile


Quello che non ho mai detto...

 

Questo libro è dedicato...

A mia madre Marisa Giardini

All'amico Lucio Pace

A Leonardo Trapasso

A Karol Woytyla

Al collega Alessandro Alfonsetti

Ai nonni

 


ciao mamma...!
 

 
È importante scrivere.
Scrivere per se stessi...
è la fondamentale verità.
 
 
Il vuoto avvolge ogni entità
e tesse la realtà.
Nessuno e niente
ha mai cambiato di posto.
PREFAZIONE
dell'autore
 
 
 
"Scrivere un libro e far conoscere alla moltitudine i veri pensieri che scaturiscono dalla loro interiorità è la massima aspirazione di molti umani".
 

MAURO TRAPASSO

 

 
 
Il nostro destino o libero arbitrio si forma con le eterogenee esperienze infantili.
L'essere umano, dall'età consequenziale i suoi primi anni di vita e fino alla morte si porterà dietro codeste esperienze. Le esperienze cognitive, il carattere, la sfera familiare, la sensibilità, etc. saranno per il prosieguo di ogni soggetto: inscindibili dai suoi primi cinque, sei anni di vita. Il libero arbitrio ed il destino studiato per millenni dai massimi filosofi e teologi, in quest'epoca li possiamo plasmare, amalgamare e riformulare. Dopodiché, qualsiasi reazione psichica dovuta agli infiniti stimoli esterni, cui ogni persona viene a contatto nel corso della propria esistenza: subirà per sempre il condizionamento iniziale.
La maschera difensiva, che ognuno di noi indossa, pur di non apparire indesiderabile o per apparire diverso da quel che si è... resterà nell'attuale società, come è avvenuto nelle totalitarie epoche evolutive: l'unica promiscuità che accomuna le infinite e peculiari solitudini umane.
Joseph Conrad, in età avanzata ed all'apice del suo successo scrisse: "Il massimo che ci si possa attendere dalla vita è una certa conoscenza di se stessi, che arriva troppo tardi, una messe d'inestinguibili rimpianti."
Credo che questa frase abbia influenzato in maniera profonda la mia esistenza che ora, all'età di quarant'anni, sono pronto a mettere in gioco, a darla in pasto ai soliti buffoni o profondi eruditi; pur di riuscire a trovare: uomini e donne con un profondo valore umanitario. Lessi la frase di Conrad ventidue anni or sono. Costei, ora è pronta per essere liberata in un libro soggettivo e peculiare, che parlerà delle esperienze di vita di un granello di sabbia che vive in un mare di rabbia etnica. Vive in un mondo di gioia, di noia, di volontariato, di sfruttamento, d'opulenza, di castità, di perversione, di miseria ...di morte che accomuna tutti!...
 
"Quello che non ho mai detto, non è altro che la mia biografia. Sono consapevole del menefreghismo totale e collaterale che costei apporterà. Quello che non ho mai detto è un faro che oggigiorno: illumina la via ritrovata...".

 
 
I TORMENTI VANNO DISCIOLTI SUL NASCERE:
QUALSIASI OSTACOLO È MENTALE
E AUTOPRODOTTO
 
 
1
 
Gli anni dell'incomprensione...
 
 
Vorrei esser nato in un'epoca remota. Sono un tipo anacronista. Se fossi stato un ragazzo più mite avrei fatto l'archeologo. Amo da morire le antiche civiltà e le loro bellezze ed infiniti enigmi. Costoro fin da ragazzo, affascinarono il cervello e l'infinita fantasia. Invece sono nato in un'epoca in cui gli sforzi bellici hanno perpetrato le più immani catastrofi; nell'epoca della massima espansione scientifica e dell'invenzione della bomba atomica; nell'epoca del consumismo sfrenato e del capitalismo senza remore... nell'epoca dell'indifferenza e della ricerca di linee chat di internet e virtuali amici, con cui sopperire alla solitudine: dell'anima.
All'alba del quindici maggio 1964 nacqui a Jouarre, una ridente cittadina francese distante cinquanta chilometri dalla fastosa Parigi. Figlio d'italiani, Fernando Trapasso e Marisa Giardini, nacqui in una città straniera per colpa della miseria che ancor albergava in Italia all'inizio degli anni sessanta. L'Italia negli anni sessanta, quando mio padre decise d'emigrare in Francia; ancora non si riprendeva in maniera definitiva dalla recessione economica, dalla disoccupazione e consequenziale inflazione, causata dal secondo conflitto mondiale.
Come ho scritto nella prefazione di questo libro, i primi anni di vita dell'evoluzione umana sono basilari per il prosieguo di ogni soggettiva esistenza. La mia infanzia è stata correlata da fattori interni ed esterni, normali e privi di tragici fatti. Sono stato amato e tenuto nella bambagia. Dopo cinque anni di residenza a Jouarre, con periodici ritorni nella nazione italiana; nel 1969 i miei genitori, con un altro neonato in arrivo, decisero d'interrompere la transizione francese per ritornare nell'amata Italia. In quell'anno mia madre con al seguito la mia persona ed un fratellino in formazione, ritornò definitivamente in Abruzzo. Mio padre, darà l'addio definitivo alla terra francese nel 1971.Da quel dì, in cui abbandonammo Jouarre e giungemmo a S. Andrea di Lucoli, (luogo natio di mio padre) un piccolo paesino dell'entroterra aquilano, circondato da una possente corolla montagnosa, che si prostra, al sempre magico Gran Sasso d'Italia... ha inizio la mia avventura.
 
In ogni adulto dovrebbe sopravvivere lo spirito libero che accomuna, i bambini di paradisiaci orizzonti temporali. L'infanzia è un sogno che molti bambini emarginati, venduti o sfruttati non riescono a figurarsi neanche nel loro più recondito intelletto. Sotto questo punto di vista, mi sono sempre considerato un bambino fortunato. Fortunato per fattori molteplici e diversificati. Si è fortunati a vivere in una nazione in pieno boom economico (Italia anni settanta); fortunati a non essere venuti alla luce in una famiglia disastrata; si è ancor più fortunati, quando nasci senza problemi psico-fisici che fin dall'infanzia: creano al cervello emarginazione...
Il primo impatto con il paese fu traumatico e negativo. Immaginatevi un bambino che a cinque anni e mezzo, debba cominciare a parlare una lingua straniera, senza avere a sua disposizione delle ferree basi. "quando eravamo in Francia, i miei genitori parlavano con me anche in italiano ma, nella mia corteccia cerebrale, nei neuroni e trasmettitori in perenne evoluzione; la madrelingua francese,vinceva, contro ogni loro minimo o massimo sforzo dialettico. Non amavo parlare italiano. Perché dovevo imparare una lingua lontana dalla mia città natia?"
 
Fin da piccoli siamo alla mercé dei nostri errori e di quelli dell'uman specie! Ricordo nitidamente il mio primo giorno di scuola e lo scarso bagaglio linguistico della mia persona, al confronto dei bambini / e nativi. Il mio era un mix di dialetto, frullato con parole francesi e scarne frasi italiane. In quei anni di scuola elementare,non ebbi il minimo aiuto morale o culturale,da parte di una maestra che non recepiva i problemi di un bambino. Una maestra che amava accarezzare il suo bassotto ed inveiva come un militare. Dalle elementari, cominciò il declino scolastico di un bambino come tanti. La scuola, la sede dell'istruzione, da quel luogo in cui ogni essere umano aspira la linfa culturale: cominciò a crearmi problemi interiori.
I tre anni di scuola media subirono lo stesso traviamento delle elementari. L'unica positività della scuola media fu costituita dalla professoressa d'italiano e da quella di francese, le quali, leggevano fino in fondo alla mia anima. Durante questi anni di licenza media, cominciai a conoscere ragazzi / e, i quali, avevano come etica assoluta soltanto una parola... divertimento... divertimento e sega alla scuola. Nel frattempo, anche le amicizie paesane non sortivano altro interesse al di fuori della parola: divertimento. Appena tornavo da scuola, mangiavo in fretta un boccone e,senza dare ascolto ad una brava madre, preoccupata per le mie continue scorribande: andavo a giocare a pallone, tennis, ping pong ed altri interessi marginali; rientrando in casa al crepuscolo.
Nonostante l'indole ribelle, presi la licenza media senza il minimo sforzo o il minimo studio. Non studiavo mai! La scuola, grazie al primo impatto negativo: diventò la mia acerrima nemica. Dopo la licenza media m'iscrissi all'Istituto Tecnico Industriale. Frequentavo il secondo anno del Tecnico Industriale, quando occupammo costui, scacciammo preside e professori... per difendere la dignità umana e la fame di giustizia...
Ancor oggi, la mente ripensa all'ingenuità che albergava nel mio involucro in quei anni di piombo. Lo Stato italiano, come non mai in precedenza; veniva da qualche anno: tartassato da gruppi anarchici ed insurrezionali che erigevano barricate di fuoco ed ammazzavano senza pietà statisti e poliziotti. In quei tristi anni settanta, anche la guerra in Libano: risaltava per la sua immane violenza. Sempre in quei turbolenti anni, cominciai a frequentare amicizie leggere e dedite al carpe diem. Nel contempo, aderii al movimento studentesco a difesa dei soprusi mondiali, che fomentava giustizia e pari opportunità per uomini e donne, diversi involucri etnici. A capeggiarlo erano dei capelloni dal cuore multicolore (diventai un capellone) i quali, nelle varie assemblee scolastiche, urlavano, gracchiavano; manifestavano... volevano occupare le scuole e le università d'ogni città italiana, pur di dar concretezza alle loro, le mie idee. Contro la guerra e tutte le ingiustizie combattevamo. All'Aquila come in molte altre città, l'adesione agli scioperi o occupazioni illecite degli istituti: avvenne in maniera disorganizzata. Le basi erano deboli. La guerra in Libano, la ristrutturazione di obsolete scuole (compreso il Tecnico Industriale), la fine dell'intolleranza tra i popoli, la fame del terzo mondo... queste ed altre problematiche crearono in noi soltanto caos. Molti quarantenni, al giorno d'oggi rimembreranno con gaudio la loro adolescenza ed i vari scioperi studenteschi a favore d'impossibili utopie. Ricordo con tristezza il giorno del mio collasso scolastico. Era un freddo giorno di febbraio di un anno che ho represso, quando la mia vita subì un brusco cambiamento. Quel dì, arrivai alla scuola mentre era in corso uno sciopero pro Libano, per la fine delle illogiche barbarie che da anni insanguinavano quel lontano paese. Come in ogni promiscuo luogo, in cui gl'interessi ed i desideri di un gruppo si scontrano con altri esseri; in un battibaleno mi crollò sulla testa il mondo intero. "La giustizia, la pace e la solidarietà globale... inutili parole in pasto ai nefasti venti..."
"UNA CATENA DI MANI FEMMINILI E MASCHILI, AVVINGHIAVA IL PORTONE PRINCIPALE DELL'ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE: EVITANDO L'ENTRATA AGLI STUDENTI SENZA IDEALI. IN PRECEDENZA, I PROFESSORI, IL PRESIDE ED I BIDELLI... SI ERANO INCUNEATI TRA LA TURBINOSA FOLLA E, NELLO SCONTRO FRONTALE CONTRO LA CATENA UMANA; RIUSCIRONO A SPEZZARLA, MOMENTANEAMENTE. COSTORO ENTRARONO NELL'ISTITUTO. COSTORO GIACEVANO NEL PALAZZO CULTURALE, VUOTO E SENZA STUDENTI: QUANDO MI APPRESTAI, IN RITARDO COME AL SOLITO, A DEFINIRE LA MIA SCONFITTA SCOLASTICA!"
Fino a quel momento la scuola era una mia problematicità. La timidezza che mi fustigava in quei giorni: subì un brusco cambiamento. Fino a quel giorno in cui il preside, afferrò per i capelli un ragazzo immaturo e lo strattonò senza posa, pur di farlo entrare nell'Istituto; per dar l'esempio agli altri dimostranti: la mia vita scorreva in un letto di fiume senza gravi affanni. Fino a quel maledetto giorno, quando sferrai un pugno ad un uomo colmo d'alterigia... la mia fantasia... volava lontano e l'ipocrisia umana non toccava il mio stato.
 
Sospensione per un mese... accompagnato dai genitori... denuncia alla polizia, ritrattata grazie ai miei professori... triste verdetto; per un pugno, dato senza remore, allo stomaco di un uomo. Uomo che cadde per terra, visto da tutti... nell'atrio principale dell'Istituto Tecnico Industriale...
 
Dopo il fattaccio tutti entrarono nelle aule; lo sciopero evaporò; le lezioni iniziarono senza ulteriori preoccupazioni. Il capro espiatorio era stato trovato. Ancor oggi, quel pugno: mi rode l'esistenza!...
Non ho mai ringraziato i miei zii, Angelo ed Ivana,per essersi candidati nella mia soap opera, attori in primis della citata disfatta scolastica. Colgo l'occasione per farlo in questo contesto lontano ed ancor anacronistico in eterogenee, soggettive o globali occasioni. Ringrazio i miei zii, per essersi presentati al cospetto del mio amato preside, sotto le false spoglie dei miei genitori ed aver ascoltato un uomo inveire a squarciagola, dire ad un ragazzo d'essere un sobillatore, un capellone ed un ribelle...
Ricordo ancora le parole di mio zio, costui mi disse: "ne hai parlato con i tuoi genitori?" Ed io risposi: "no...è meglio che non sappiano nulla!..."
Forse il destino avrebbe preso un'altra piega, se invece di scrivere le mie debolezze... avrei parlato delle mie problematicità. Forse il vento sarebbe spirato senza tifoni ed avrei evitato varie delusioni... forse... forse... quien sabe?
Il ricordo dell'istantaneo pensiero che m'inghiottì l'anima, quando vidi il preside steso sul freddo marmo...ancora mi rode il fegato. Soltanto una cosa pensai: "Oddio, ho colpito il preside!!!..."
Infatti, la presa e lo stiramento della mia criniera, credevo fosse opera di qualche studente entrato precedentemente nell'Istituto...
 
Non ero mai stato un secchione o giù di lì. I miei voti alla fine dell'anno scolastico: furono in toto abbassati di una unità, per colpa della cattiva condotta. Fui bocciato. Col nuovo anno scolastico tornai nello stesso Istituto Tecnico. Oramai ero adocchiato, emarginato, preso di mira dall'apice al fondato. Andai via da un posto deludente. Abbandonai,... andai via per sempre da un posto che non amava la mia persona. Non presi in considerazione altre scuole superiori. Soltanto una fantasia mi scuoteva in quei tristi anni. La voglia di andare lontano e dimenticare la mia più grande disfatta...!
 
C'è una frase TAO che m'accompagna nel prosieguo della vita:
Studio, applicazione, ragionamento... Ci vuole anche una buona dose di fortuna. Buttati e rischia!
 
Quando rileggo questa frase, un ragionamento comincia ad infettare i miei neuroni. Le sinapsi e le consequenziali cellule dell'emisfero destro, sinistro e del resto del mio cervello... soltanto una cosa pensano:
"Da studente mi sono buttato ed ho rischiato senza remore!" D'altronde, anche questo è Carpe Diem.
 
Non ho altro da scrivere della mia prolungata adolescenza. Le leggere amicizie, le innumerevoli, platoniche e stupide cotte adolescenziali, la fantasia e le centinaia di giornaletti che collezionavo e divoravo in un battibaleno... tutto volò via in un freddo mese di febbraio ed all'orizzonte cominciava il gelo!...
 

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Ins. 11-10-2005