-
- Sabato
-
- Eppure non sai nascondere
- la lacrima fredda sulla guancia
- ché bene come stasera
- da mesi e mesi non sei stato
- e lògos accetti infine
- che vivere tu devi, convivere
- con i tuoi mali o con il sereno
- quando scende la sera
- tornando dal mercato.
-
- Guardi e taci, i fari spenti,
- attenti passeggeri stanchi, seduti
- sul regionale fermo alla stazione.
- Forse qualcuno ti saluterà
- alzando una mano
- contro il finestrino chiuso.
-
-
-
- Un'opra
meritevole
-
- Un filo al mio polso,
- così l'ho legato,
- come Arianna salvò Teseo.
-
- Un filo al mio polso
- e correndo racconto ciò che
vedo
- e lui che il colore del cielo
- non conosce, come latte la luce
- del sole della luna e della vita,
- ora con l'accento delle parole
- irta del sentor la sua pelle
- con le mie sensazioni,
- il giorno e la notte distingue.
-
-
-
- Preghiera
-
- Nulla rattrista più d'un alba
piovosa,
- oggi domenica nessuno calpesta
- la strada deserta
- e la pioggia scesa copiosa.
-
- C'è nebbia confusa con
l'acqua
- che scorre sui tetti, gorgoglia
- nei fossi.
- Scopri il mattino con il sonno
smarrito
- alzando lo sguardo, poca la luce,
- poca attraverso la tenda
- e gli occhi tuoi spaziano
- trovando certezza,
- cieca era la notte digiuna
- di sogni.
- Eppure è strano il silenzio!
- T'invita ad uscire dal dolce far
nulla,
- ti prende per mano.
- Il giorno ti attende,
- attende una musa gentile, la musica
- che satura la stanza e preghi,
preghi
- invocando il tuo Dio, ieri sepolto
- oggi risorto dentro al tuo cuore.
- Conosci affanno e dolore,
- tu sai, assomigliano all'alba
piovosa
- dischiusa da poco.
-
-
-
- La donna
cannone
-
- C'era il baraccone
- con la luce sulla soglia,
- c'era la giostra dei bambini
- e degli specchi deformanti.
-
- Dentro, nel buio un groviglio
- tra uomini d'oltralpe e sudati
- o di città note e
sconosciute.
- Sul palco un riflesso smorto
-
- quando una voce d'altri tempi
- annuncia Tania, tra i viventi
- unica donna, meraviglia!
- d'immense virtù corporee
-
- oltre che di peso abnorme.
- Tania la donna cannone
- scende dal precario tavolato,
- dal palco senza faville.
-
- Scende tra noi gente
- di mondo e di paese, di ville
- di cascine, di vie strette
- e di case senza numero.
-
- Di quel giorno la foto ricordo,
- Tania seduta sullo scranno,
- umide le labbra e corto
- il respiro sul cuore l'affanno.
-
- Usciamo, oltre il baraccone
- nell'aria sopita il rumore
- della giostra dei bimbi
- con la solita musica vuota.
-
- Tania fugge, dietro le quinte.
- Al prossimo spettacolo!
- Tra poche ore, meraviglia!
- con grande stupore le gesta
-
- della donna cannone.
-
-
-
- Il pesce
rosso
-
- Chetati. Respiri con ansia
- dalle tue branchie agitate
- e quegli occhi grandi e neri
- si specchiano nel solitario ghetto
- dell'anfora di vetro.
- Sei tu riflesso,
- con l'espressione attenta
- di chi non sfugge la prigione,
- tu solo per sempre in cerchio
- a nuotare intorno a te stesso.
-
- È solo un sospiro
quell'abboccare
- in superficie,
- come affiorare ad un mondo
- sconosciuto a cui protendi.
-
-
|