Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Ornella Beretta
Ha pubblicato il libro
Ritrovarsi - Ornella Beretta


  
 
 
 
Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi)
 
14x20,5 - pp. 92 - Euro 8,0
 
ISBN 88-8356-989-X
 

Pubblicazione realizzata con il contributo de
IL CLUB degli autori in quanto il racconto "Ritrovarsi"
è segnalato nel concorso letterario «J. Prévert» 2005
 
 

In copertina illustrazione di
Lucia Seneca
Prefazione
Incipit

 

Prefazione
Il romanzo di Ornella Beretta racconta la vicenda di una donna, Dilvia, che deve fare i conti con una profonda crisi matrimoniale e cerca disperatamente di ritrovare se stessa: la cosa difficile è cercare di capire cosa fare, come risolvere la difficile situazione, in che modo alleviare la sofferenza. Forse l'unica soluzione è allontanarsi per un po' di tempo dal marito e, magari, ritornare nella vecchia casa di montagna in quel piccolo paese alle pendici del Resegone: una sorta di recupero della memoria, di ritorno in un luogo tanto amato.
Ecco allora che riemergono i ricordi d'infanzia, il profondo legame che la legava alla nonna, sempre "allegra e canterina", il profumo del fieno e l'aroma dell'erba, il calore d'una tavolata davanti al camino, l'armonia del vivere in un ambiente così diverso dalla metropoli milanese dove abitava.
La vita era passata velocemente e tutto era come sedimentato nel dimenticatoio della memoria: eppure ora tornava in superficie, scardinava il presente, regalava nuove aspettative, metteva davanti agli occhi un mondo completamente diverso che poteva offrire forse solo un'illusione ma era pur sempre qualcosa.
Nel corso della sua vita aveva lasciato il lavoro che amava tanto ed era stato più che altro il rifiuto d'una condizione sofferente nella quale stava lentamente sprofondando: il matrimonio in crisi con i continui litigi col marito, le incomprensioni e la mancanza di dialogo la opprimevano, l'amarezza e la delusione l'assalivano, le energie tutte rivolte solo al lavoro e alla carriera, nella mente uno stato di totale confusione, una sensazione d'insofferenza e d'inutilità. Non v'era alcun dubbio che aveva un disperato bisogno, un'urgenza vitale, di soddisfazioni, perché sentiva impellente la necessità di alimentare l'entusiasmo per coltivare ancora un "sogno".
In quel luogo silenzioso, a contatto con la natura, assaporando i dolci ricordi d'un tempo, era come ritrovarsi in una sorta d'incantesimo, l'incontro e la susseguente amicizia con il vecchio Battista e poi con il figlio Giacomo erano una miscela esplosiva che poteva ridarle la consapevolezza che poteva "essere una donna ancora affascinante e desiderabile", ancora viva ed entusiasta.
Era come un tuffo fuori dal tempo per ritrovare se stessa, la sua identità, ricostruire la coscienza di sé e sentirsi ancora una donna capace di autodeterminare le sue scelte.
"E' sempre difficile sapere cosa si vuole dalla vita" e Dilvia, che aveva appena passati i quarant'anni, aveva messo in discussione la sua vita e se stessa: il marito Stefano rappresentava la realtà sofferente e lei stava fuggendo da quella condizione che non sopportava più.
Ornella Beretta racconta le varie fasi d'un percorso interiore, d'una ricerca d'una nuova condizione, e lo fa con parole che avvolgono e commuovono: i capisaldi sono la sincerità, la lealtà, la semplicità delle piccole cose della vita che possono aiutare a vincere ogni ostacolo. Guardare il mondo con occhi nuovi, aprire il cuore all'entusiasmo, alla gioia di gustare ciò che è intorno a noi, il piacere di parlare con persone che capiscono il tormento d'un momento difficile e riescono a dare saggi consigli. Non ha importanza ciò che può succedere perché quello che conta è sentirsi felice in quel momento. Gustare la vita e continuare a vivere cercando di fare la scelta giusta.
 

Massimiliano Del Duca


 
Ritrovarsi

Ritrovarsi
 
 
Il profumo di terra bagnata le penetrava nelle narici, diffondendosi lentamente in tutto il corpo.
Dilvia percepiva con piacere le sfumature più sottili che sprigionava il bosco intriso di pioggia.
Nel silenzio assoluto riusciva a cogliere il rumore di un ramo che si spezzava, lo scorrere impetuoso di un ruscello poco distante, il muggito insistente di qualche mucca rinchiusa nella stalla.
Osservava incantata il paesaggio che la circondava: una catena di monti le si profilava all'orizzonte ed uno in particolare attirava la sua attenzione. Fin da piccola rimaneva incantata ad osservare quella cima più alta di tutte le altre che sembrava avesse su di lei un potere quasi ipnotizzante.
Ora le sembrava meno maestosa di un tempo, ma le era tanto cara e familiare e la faceva sentire a casa.
Non c'era altro luogo al mondo in cui lei si sentisse così bene e a proprio agio come in quel piccolo paese alle pendici del Resegone.
Mentre camminava, ammirando compiaciuta quanto le stava attorno non poté fare a meno di pensare che, dopo tantissimi anni, ritrovarsi nei luoghi in cui aveva trascorso una felice infanzia, le procurava ancora una violenta emozione.
All'apparenza sembrava che nulla fosse cambiato, ma purtroppo molte cose erano mutate da quando lei decise che era cresciuta abbastanza e che voleva trascorrere le vacanze altrove, cercando divertimenti e quant'altro una ragazza sogna di ritrovare nell'età dell'adolescenza.
Ed ora, per qualche strano segno del destino, era ritornata proprio lì ad acquistare la casa dei suoi sogni.
Se ne era innamorata a prima vista. Ancor prima di visitare l'interno, aveva già deciso che sarebbe stata sua.
L'aspetto era un po' trascurato con piante altissime e rovi che tenacemente si inerpicavano fino all'uscio. Si poteva facilmente comprendere che da parecchio tempo nessuno vi abitasse.
Ma quella piccola costruzione bianca con le persiane in legno ed una recinzione che delimitava quello che un tempo era stato sicuramente un magnifico giardino, le aveva colpito il cuore.
Fu così che decise quell'acquisto e fu così che si ritrovò a ripercorrere gli anni stupendi della propria infanzia e adolescenza.
Non poteva immaginare che quella scelta avrebbe profondamente cambiato la sua vita.
 
 
"Dilvia, fermati, non correre... ritorna qui". "Dilvia ti farai male"...
Era la nonna che, furiosa, gridava dall'alto di un prato mentre Dilvia, correndo, all'impazzata aveva trascinato con sé la gerla che la nonna usava per riporvi il fieno.
Era un caldissimo pomeriggio d'estate, il sole bruciava sulla pelle ed era parecchio faticoso stare nei prati per la consueta raccolta del fieno.
Ed ora anche Dilvia la irritava con i suoi scherzi da bambina facendole perdere un sacco di tempo.
Terminata la sua corsa in fondo al prato, comprese che quel gioco non poteva durare a lungo, così, a malincuore, risalì il pendio mentre la nonna le andava incontro.
Nonostante la sua tenera età, sapeva intuire esattamente le situazioni e la sua innata recettività le permetteva di cogliere anche le più sottili sfumature in ogni circostanza.
Fu così che intuì di essere andata un po' oltre e che la nonna si sforzava di mantenere un atteggiamento risoluto e distaccato nei suoi confronti, ma che in fondo avrebbe voluto abbracciarla e coccolarla come al solito.
"Nonna, posso aiutarti?" domandò Dilvia con una vocina esitante
"Certamente" ma dobbiamo sbrigarci," lo sai quanti lavori ancora mi attendono." replicò la nonna in modo deciso.
"Cosa posso fare?" chiese Dilvia desiderosa di farsi perdonare
"Inizia a rastrellare il fieno sparso un po' ovunque", prima di sera deve essere tutto nel fienile
Subito dopo la nonna iniziò a canticchiare.
Era sempre allegra, la sua presenza illuminava l'ambiente che la circondava. Accanto a lei Dilvia si sentiva protetta ed al sicuro.
Non c'era mai stata una sola volta in cui l'avesse seriamente rimproverata.
Esisteva fra loro un legame molto profondo, un affetto sconfinato che non si poteva tramutare in parole.
Ma ogni gesto, ogni sguardo, ogni sorriso stavano ad indicare quanto speciali fossero i loro sentimenti.
Era una vita difficile quella fra le montagne con brevi estati e lunghissimi inverni, con poche comodità e tanti sacrifici ma Dilvia non poteva comprenderlo.
Per lei era una vita semplice e spensierata, a contatto con la natura che tanto amava, con i nonni che la proteggevano e cari amici con cui divertirsi.
Era tanto diverso dalla città dove abitava alle porte di Milano con le case attaccate le une alle altre, i rumori delle botteghe artigianali, il traffico delle auto e la gente che correva sempre indaffarata.
A Dilvia piaceva il profumo del fieno, lo aspirava profondamente fintanto che non iniziava a starnutire e a sentirsi un tutt'uno con l'aroma dell'erba ormai secca.
Mentre la nonna instancabilmente scendeva dal pendio con il fieno da depositare e risaliva per prenderne dell'altro, Dilvia la seguiva trotterellando e ponendole un sacco di domande.
Arrivata al fienile, spesso si incrociava con gli altri bambini, e allora iniziava un rituale che gli adulti cercavano ogni volta di impedire.
Ai bambini piaceva saltare da una trave di legno collocata ad una certa altezza sui mucchi di fieno accatastati, come se fossero delle molle capaci di proiettarli sempre più in alto e farli ricadere ogni volta che l'equilibrio non riusciva a sostenerli, fintanto che il fieno secco non graffiava tutte le gambe irritando la pelle delicata.
E così, anche quel giorno, Dilvia, incurante del parere della nonna, arrivata al fienile e scorgendo Alessandro, non poté fare a meno di chiamarlo.
"Ale" gridò a gran voce "andiamo a giocare"?
"Non possiamo" rispose lui, per niente convinto.
"Dai, solo qualche salto" lo supplicò, guardandolo implorante
In pochi secondi altri compagni di giochi si unirono a loro e con un gran vociare tutti si divertirono con tante acrobazie per poi scappare velocemente al primo accenno di pericolo.
"Raccogliamo i lamponi?" propose Alessandro
"Aspetta, prendo una ciotola e chiamo anche Laura" accettò Dilvia felice di recarsi ai margini del bosco.
"Ahi, mi sono orticata" piagnucolò più tardi mentre si dirigeva verso un cespuglio.
Il formicolio iniziale si tramutò in un prurito fastidioso, così si fermò ripetutamente per bagnare un fazzoletto con la saliva e strofinarlo sulla parte lesa, sperando che il fastidio passasse in fretta.
Laura ed Alessandro sbuffarono per l'ennesima volta e pregarono Dilvia di sbrigarsi e di non fare troppe smorfie.
Litigavano spesso, come succede a molti bambini, ma inevitabilmente cercavano sempre la reciproca compagnia.
Individuata una zona di lamponi iniziarono a raccoglierne parecchi fino a riempire la ciotola.
Ogni tanto, ne assaggiavano qualcuno, assaporando il gusto così intenso assai diverso da quelli acquistati negli attuali supermercati.
Arrivati a casa, lavarono i lamponi utilizzando l'acqua fresca prelevata ad una fontana e con l'aggiunta di un cucchiaio di zucchero suddivisero la raccolta in parti uguali per ricavarne una deliziosa merenda.
Mancava ancora parecchio prima di sera, così decisero di trascorrere il tempo giocando a biglie.
La pista costruita il giorno prima era ancora intatta, ognuno si procurò le proprie biglie di plastica che all'interno racchiudevano l'immagine dei ciclisti più famosi, e chiamando gli altri amici si suddivisero in squadre.
Il gioco durò fino all'ora di cena, quando la nonna iniziò a chiamare Dilvia a gran voce.
La tavola era apparecchiata con semplicità, la cucina era molto essenziale con una grande stufa a legna che occupava gran parte di una parete. Un camino non utilizzato si trovava nella parete opposta ed un solo mobile con vetrina costituiva l'unico arredo del piccolo locale.
In una nicchia erano stati collocati dei ripiani nella parte superiore, che servivano come deposito per le provviste e dei ganci, nella parte inferiore, ai quali si appendevano i secchi colmi di acqua.
Ogni mattina si andava a prelevare l'acqua fresca ad una fontana collocata nel mezzo della contrada, e l'acqua conservata in secchi di metallo si manteneva fresca per tutta la giornata.
Attorno a quella tavola così semplice ma tanto ricca di calore e di armonia, Dilvia si apprestava a consumare la sua cena raccontando ai nonni gli avvenimenti della giornata.
 
Dilvia non riusciva bene a ricordare quanti anni avesse quando i nonni acquistarono il primo televisore. Fu un grande avvenimento. Erano gli unici a possederlo in quella contrada, così ben presto la cucina divenne una sala TV.
Dopo cena tutti i bambini si ritrovavano davanti al televisore per assistere a qualche programma. Nessuno osava parlare, attento a non lasciarsi sfuggire una sola immagine.
A quel pensiero, Dilvia sorrise. Ma quanto tempo era passato? Secoli forse...
Sembrava che quei ricordi appartenessero ad un'altra vita...
"Quanti anni ho?" si ripeté mentalmente - "Quarantuno, quarantadue" pensò...
La vita scorreva troppo in fretta, tanti avvenimenti si erano intrecciati in quegli ultimi anni ed era giunto il momento di prendere decisioni importanti per poter proseguire serenamente.
 
Mentre procedeva la sua passeggiata si ritrovò a pensare al recente scontro avuto con Stefano, suo marito.
Ormai non ricordava nemmeno i motivi per cui esplodevano discussioni sempre più feroci. Qualsiasi pretesto era valido per innescare la scintilla. In alcuni momenti era quasi certa che entrambi cercassero qualsiasi appiglio pur di iniziare a rinfacciarsi l'un l'altro un sacco di cattiverie. Ma come erano arrivati a quel punto?
Dove era finito l'amore tanto speciale che li legava ormai da quasi vent'anni? Possibile che i sentimenti non esistessero più?
Sentiva ancora nelle orecchie la sua voce stridula mentre il giorno prima gridava a Stefano:
"Basta me ne vado, non ne posso più" e lui che replicava inacidito:
"Non me ne importa nulla, da solo starò molto meglio"
Risentì il rumore assordante della porta che sbatteva dietro di sé, e lei che come una pazza, saliva sull'auto ad una folle velocità senza sapere dove fosse diretta.
Ansimava mentre alcune lacrime iniziarono a pungerle gli occhi. Dopo pochi attimi, fu presa da una crisi incontrollata di singhiozzi. Non riusciva a smettere ed accecata dalle lacrime che ormai sgorgavano a fiumi dovette fermarsi per non rischiare di schiantarsi da qualche parte.
Fu mentre rovistava nella borsa alla ricerca di un fazzoletto che vide quelle chiavi.
Prese subito la decisione di dirigersi verso la casa in montagna.
Non ricordava quasi nulla di ciò che aveva fatto una volta arrivata. Si sentiva indolenzita, esausta, con la testa pesante a causa del pianto dirotto.
Vagamente ricordò di essersi preparata un tè caldo per ristorarsi e prima di coricarsi, assalita forse da un po' di rimorso, inviò un breve SMS a Stefano.
"Sono in montagna" gli scrisse. Poi spense il cellulare. Non desiderava essere disturbata.
 
Ad un tratto ritornò alla realtà. Il rintocco delle campane le ricordava che erano le undici. Da quanto tempo camminava immersa nelle proprie riflessioni?
Decise che era ora di rientrare e preparare qualcosa per pranzo. Iniziava a sentire qualche crampo allo stomaco e immediatamente realizzò che la sera precedente non aveva cenato.
La mattina, contrariamente alle sue abitudini, non si abbandonò alla solita abbondante colazione.
Si accontentò di un succo di frutta e qualche biscotto. Era ancora troppo scossa e si sentiva come svuotata da ogni energia.
Mentre rientrava, la pioggia riprese con insistenza ma a lei non importava. Sembrava che anche il tempo così grigio e triste si fondesse con il suo stato d'animo.
Nonostante le sembrò di avere parecchia fame, riuscì a malapena ad assaggiare un po' di pasta..
Pensò che un dolce poteva forse stuzzicarle l'appetito. Aprì la dispensa alla ricerca di qualcosa di invitante ma con disappunto notò che non era rimasto nulla tranne che biscotti e marmellata.
"Accidenti" esclamò contrariata, mentre il pensiero di una fetta di torta o della cioccolata cominciò ad insinuarsi nella sua mente.
"Ma certo" disse fra sé, se è rimasto del cacao posso prepararmi una tazza di cioccolata.
Qualche istante dopo era seduta al tavolo con la cioccolata fumante. Ne bevve un sorso e venne assalita da un'ondata di nausea.
Pensò che non era il caso di insistere, l'appetito, prima o poi, sarebbe arrivato.
Allontanò la tazza e si distese sul divano.
La notte agitata e la camminata del mattino la lasciarono parecchio stanca.
Prese una coperta di lana che aveva confezionato personalmente da ragazza. Imparò da piccola il lavoro all'uncinetto e ben presto si ritrovò a preparare presine, coperte, centrini. Ricordò come le sue amiche la prendessero in giro per questo.
A volte, mentre loro si dedicavano a giochi più adatti alla loro età, lei se ne stava in disparte con il suo gomitolo di lana e intanto fantasticava.
Dilvia era sempre stata un po' solitaria. Amava la compagnia, ma spesso si ritrovava a pensare che non c'era amica migliore di se stessa. Da sola poteva vagare con la fantasia immaginando un futuro meraviglioso, sognando spesso avventure impossibili. Vagando con la mente, inventava luoghi, personaggi e situazioni in cui avrebbe voluto ritrovarsi e quando ritornava alla realtà si sentiva felice ed appagata come se avesse realmente vissuto i suoi sogni.
Anche in quel momento, rannicchiata sul divano, iniziò a rimuginare.
Guardò più volte la fede che portava al dito e rivide quel giorno.
 
"Meno male sei arrivata" le sussurrò Stefano preoccupato appena lei lo raggiunse all'altare.
"Non sapevo cosa pensare" continuò lui con un tono un po' irritato.
Anche il parroco durante la cerimonia non mancò di sottolineare il notevole ritardo della sposa: quasi quaranta minuti.
Eppure quella mattina si era alzata prestissimo.
Si recò da sola dalla parrucchiera per avere una acconciatura adatta all'abito che avrebbe indossato.
Era un abito favoloso, l'avevano studiato insieme, lei e Lara: una ragazza giovanissima che confezionava solamente abiti da sposa. Era molto brava, con una notevole fantasia che anche a Dilvia certo non mancava. Dilvia desiderava qualcosa di semplice ma unico, qualcosa di speciale, che lasciasse un ricordo indelebile. Fu così che da un collage di innumerevoli abiti nacque quella creazione.
Un tubino bianco che arrivava alle caviglia sopra il quale spiccava una gonna in tessuto ricamato di forma irregolare che le sfiorava le ginocchia, rimanendo sollevata a forma di campana.
La parte superiore fasciava perfettamente la sua esile figura ed una scollatura appena accennata era contornata da una moltitudine di fiori bianchi in tessuto cuciti manualmente con notevole pazienza.
Per dare un tocco di colore furono applicati dei pistilli gialli.
L'effetto era sorprendente: sembravano fiori veri.
Come la maggior parte delle spose romantiche, Dilvia pretese un velo lunghissimo che non si stancò di trascinare per tutto il giorno del matrimonio.
Poiché c'erano già parecchi fiori ad ornare il vestito, Lara suggerì un bouquet semplice ma originale: qualche rametto di felce con velo da sposa.
Gentilmente si offrì di aiutarla a truccarsi. Un maquillage molto leggero, appena accennato.
Un rossetto rosa trasparente ed un tocco di ombretto per dare risalto agli occhi di un azzurro intenso.
Il risultato fu incredibile. Dilvia, davanti allo specchio non riusciva a credere che quella figura riflessa fosse proprio lei. In abito da sposa si sentiva la protagonista di una favola.
Chissà se a tutte le ragazze succedeva lo stesso... Si sentiva incredibilmente felice ed emozionata e fu la voce di suo padre che la riportò alla realtà incitandola a sbrigarsi perché era già tardi.
Fu una giornata indimenticabile. La cerimonia fu bellissima ed anche il parroco, dotato di un notevole senso dell'umorismo, cercò di rendere partecipe alla celebrazione tutti gli invitati con riflessioni concrete e battute a volte spiritose.
Rivisse il momento in cui, in preda quasi al panico, percorreva il breve tratto che dal portone della chiesa la conduceva all'altare, lo scambio delle fedi, il consueto lancio del riso, gli applausi fragorosi di tante persone che erano lì con lei per festeggiare un momento così importante.
Il pranzo sembrava non terminasse mai. Ricordò che la musica intrattenne gli invitati fino a sera e l'euforia delle persone man mano che si allentò la tensione. Ripensò a quanti amici erano con lei quel giorno e mentre cercava di ricordare i loro visi, lentamente si appisolò.
Ben presto questi visi si sovrapposero ad altri, la musica lasciò il posto ad altre voci e risate e ad un minuscolo albero di Natale che illuminava una piccola cucina.

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