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Prefazione
- Il romanzo di
Ornella Beretta racconta la vicenda di una donna,
Dilvia, che deve fare i conti con una profonda crisi
matrimoniale e cerca disperatamente di ritrovare se
stessa: la cosa difficile è cercare di capire
cosa fare, come risolvere la difficile situazione, in
che modo alleviare la sofferenza. Forse l'unica
soluzione è allontanarsi per un po' di tempo
dal marito e, magari, ritornare nella vecchia casa di
montagna in quel piccolo paese alle pendici del
Resegone: una sorta di recupero della memoria, di
ritorno in un luogo tanto amato.
- Ecco allora che
riemergono i ricordi d'infanzia, il profondo legame
che la legava alla nonna, sempre "allegra e
canterina", il profumo del fieno e l'aroma dell'erba,
il calore d'una tavolata davanti al camino, l'armonia
del vivere in un ambiente così diverso dalla
metropoli milanese dove abitava.
- La vita era passata
velocemente e tutto era come sedimentato nel
dimenticatoio della memoria: eppure ora tornava in
superficie, scardinava il presente, regalava nuove
aspettative, metteva davanti agli occhi un mondo
completamente diverso che poteva offrire forse solo
un'illusione ma era pur sempre qualcosa.
- Nel corso della sua
vita aveva lasciato il lavoro che amava tanto ed era
stato più che altro il rifiuto d'una condizione
sofferente nella quale stava lentamente sprofondando:
il matrimonio in crisi con i continui litigi col
marito, le incomprensioni e la mancanza di dialogo la
opprimevano, l'amarezza e la delusione l'assalivano,
le energie tutte rivolte solo al lavoro e alla
carriera, nella mente uno stato di totale confusione,
una sensazione d'insofferenza e d'inutilità.
Non v'era alcun dubbio che aveva un disperato bisogno,
un'urgenza vitale, di soddisfazioni, perché
sentiva impellente la necessità di alimentare
l'entusiasmo per coltivare ancora un
"sogno".
- In quel luogo
silenzioso, a contatto con la natura, assaporando i
dolci ricordi d'un tempo, era come ritrovarsi in una
sorta d'incantesimo, l'incontro e la susseguente
amicizia con il vecchio Battista e poi con il figlio
Giacomo erano una miscela esplosiva che poteva ridarle
la consapevolezza che poteva "essere una donna ancora
affascinante e desiderabile", ancora viva ed
entusiasta.
- Era come un tuffo
fuori dal tempo per ritrovare se stessa, la sua
identità, ricostruire la coscienza di sé
e sentirsi ancora una donna capace di autodeterminare
le sue scelte.
- "E' sempre
difficile sapere cosa si vuole dalla vita" e Dilvia,
che aveva appena passati i quarant'anni, aveva messo
in discussione la sua vita e se stessa: il marito
Stefano rappresentava la realtà sofferente e
lei stava fuggendo da quella condizione che non
sopportava più.
- Ornella Beretta
racconta le varie fasi d'un percorso interiore, d'una
ricerca d'una nuova condizione, e lo fa con parole che
avvolgono e commuovono: i capisaldi sono la
sincerità, la lealtà, la
semplicità delle piccole cose della vita che
possono aiutare a vincere ogni ostacolo. Guardare il
mondo con occhi nuovi, aprire il cuore all'entusiasmo,
alla gioia di gustare ciò che è intorno
a noi, il piacere di parlare con persone che capiscono
il tormento d'un momento difficile e riescono a dare
saggi consigli. Non ha importanza ciò che
può succedere perché quello che conta
è sentirsi felice in quel momento. Gustare la
vita e continuare a vivere cercando di fare la scelta
giusta.
-
Massimiliano
Del Duca
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- Ritrovarsi
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Ritrovarsi
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- Il
profumo di terra bagnata le penetrava nelle narici,
diffondendosi lentamente in tutto il
corpo.
- Dilvia
percepiva con piacere le sfumature più sottili
che sprigionava il bosco intriso di
pioggia.
- Nel
silenzio assoluto riusciva a cogliere il rumore di un
ramo che si spezzava, lo scorrere impetuoso di un
ruscello poco distante, il muggito insistente di
qualche mucca rinchiusa nella stalla.
- Osservava
incantata il paesaggio che la circondava: una catena
di monti le si profilava all'orizzonte ed uno in
particolare attirava la sua attenzione. Fin da piccola
rimaneva incantata ad osservare quella cima più
alta di tutte le altre che sembrava avesse su di lei
un potere quasi ipnotizzante.
- Ora
le sembrava meno maestosa di un tempo, ma le era tanto
cara e familiare e la faceva sentire a
casa.
- Non
c'era altro luogo al mondo in cui lei si sentisse
così bene e a proprio agio come in quel piccolo
paese alle pendici del Resegone.
- Mentre
camminava, ammirando compiaciuta quanto le stava
attorno non poté fare a meno di pensare che,
dopo tantissimi anni, ritrovarsi nei luoghi in cui
aveva trascorso una felice infanzia, le procurava
ancora una violenta emozione.
- All'apparenza
sembrava che nulla fosse cambiato, ma purtroppo molte
cose erano mutate da quando lei decise che era
cresciuta abbastanza e che voleva trascorrere le
vacanze altrove, cercando divertimenti e quant'altro
una ragazza sogna di ritrovare nell'età
dell'adolescenza.
- Ed
ora, per qualche strano segno del destino, era
ritornata proprio lì ad acquistare la casa dei
suoi sogni.
- Se
ne era innamorata a prima vista. Ancor prima di
visitare l'interno, aveva già deciso che
sarebbe stata sua.
- L'aspetto
era un po' trascurato con piante altissime e rovi che
tenacemente si inerpicavano fino all'uscio. Si poteva
facilmente comprendere che da parecchio tempo nessuno
vi abitasse.
- Ma
quella piccola costruzione bianca con le persiane in
legno ed una recinzione che delimitava quello che un
tempo era stato sicuramente un magnifico giardino, le
aveva colpito il cuore.
- Fu
così che decise quell'acquisto e fu così
che si ritrovò a ripercorrere gli anni stupendi
della propria infanzia e adolescenza.
- Non
poteva immaginare che quella scelta avrebbe
profondamente cambiato la sua vita.
-
-
- "Dilvia,
fermati, non correre... ritorna qui". "Dilvia ti farai
male"...
- Era
la nonna che, furiosa, gridava dall'alto di un prato
mentre Dilvia, correndo, all'impazzata aveva
trascinato con sé la gerla che la nonna usava
per riporvi il fieno.
- Era
un caldissimo pomeriggio d'estate, il sole bruciava
sulla pelle ed era parecchio faticoso stare nei prati
per la consueta raccolta del fieno.
- Ed
ora anche Dilvia la irritava con i suoi scherzi da
bambina facendole perdere un sacco di
tempo.
- Terminata
la sua corsa in fondo al prato, comprese che quel
gioco non poteva durare a lungo, così, a
malincuore, risalì il pendio mentre la nonna le
andava incontro.
- Nonostante
la sua tenera età, sapeva intuire esattamente
le situazioni e la sua innata recettività le
permetteva di cogliere anche le più sottili
sfumature in ogni circostanza.
- Fu
così che intuì di essere andata un po'
oltre e che la nonna si sforzava di mantenere un
atteggiamento risoluto e distaccato nei suoi
confronti, ma che in fondo avrebbe voluto abbracciarla
e coccolarla come al solito.
- "Nonna,
posso aiutarti?" domandò Dilvia con una vocina
esitante
- "Certamente"
ma dobbiamo sbrigarci," lo sai quanti lavori ancora mi
attendono." replicò la nonna in modo
deciso.
- "Cosa
posso fare?" chiese Dilvia desiderosa di farsi
perdonare
- "Inizia
a rastrellare il fieno sparso un po' ovunque", prima
di sera deve essere tutto nel fienile
- Subito
dopo la nonna iniziò a
canticchiare.
- Era
sempre allegra, la sua presenza illuminava l'ambiente
che la circondava. Accanto a lei Dilvia si sentiva
protetta ed al sicuro.
- Non
c'era mai stata una sola volta in cui l'avesse
seriamente rimproverata.
- Esisteva
fra loro un legame molto profondo, un affetto
sconfinato che non si poteva tramutare in
parole.
- Ma
ogni gesto, ogni sguardo, ogni sorriso stavano ad
indicare quanto speciali fossero i loro
sentimenti.
- Era
una vita difficile quella fra le montagne con brevi
estati e lunghissimi inverni, con poche
comodità e tanti sacrifici ma Dilvia non poteva
comprenderlo.
- Per
lei era una vita semplice e spensierata, a contatto
con la natura che tanto amava, con i nonni che la
proteggevano e cari amici con cui
divertirsi.
- Era
tanto diverso dalla città dove abitava alle
porte di Milano con le case attaccate le une alle
altre, i rumori delle botteghe artigianali, il
traffico delle auto e la gente che correva sempre
indaffarata.
- A
Dilvia piaceva il profumo del fieno, lo aspirava
profondamente fintanto che non iniziava a starnutire e
a sentirsi un tutt'uno con l'aroma dell'erba ormai
secca.
- Mentre
la nonna instancabilmente scendeva dal pendio con il
fieno da depositare e risaliva per prenderne
dell'altro, Dilvia la seguiva trotterellando e
ponendole un sacco di domande.
- Arrivata
al fienile, spesso si incrociava con gli altri
bambini, e allora iniziava un rituale che gli adulti
cercavano ogni volta di impedire.
- Ai
bambini piaceva saltare da una trave di legno
collocata ad una certa altezza sui mucchi di fieno
accatastati, come se fossero delle molle capaci di
proiettarli sempre più in alto e farli ricadere
ogni volta che l'equilibrio non riusciva a sostenerli,
fintanto che il fieno secco non graffiava tutte le
gambe irritando la pelle delicata.
- E
così, anche quel giorno, Dilvia, incurante del
parere della nonna, arrivata al fienile e scorgendo
Alessandro, non poté fare a meno di
chiamarlo.
- "Ale"
gridò a gran voce "andiamo a
giocare"?
- "Non
possiamo" rispose lui, per niente
convinto.
- "Dai,
solo qualche salto" lo supplicò, guardandolo
implorante
- In
pochi secondi altri compagni di giochi si unirono a
loro e con un gran vociare tutti si divertirono con
tante acrobazie per poi scappare velocemente al primo
accenno di pericolo.
- "Raccogliamo
i lamponi?" propose Alessandro
- "Aspetta,
prendo una ciotola e chiamo anche Laura"
accettò Dilvia felice di recarsi ai margini del
bosco.
- "Ahi,
mi sono orticata" piagnucolò più tardi
mentre si dirigeva verso un cespuglio.
- Il
formicolio iniziale si tramutò in un prurito
fastidioso, così si fermò ripetutamente
per bagnare un fazzoletto con la saliva e strofinarlo
sulla parte lesa, sperando che il fastidio passasse in
fretta.
- Laura
ed Alessandro sbuffarono per l'ennesima volta e
pregarono Dilvia di sbrigarsi e di non fare troppe
smorfie.
- Litigavano
spesso, come succede a molti bambini, ma
inevitabilmente cercavano sempre la reciproca
compagnia.
- Individuata
una zona di lamponi iniziarono a raccoglierne parecchi
fino a riempire la ciotola.
- Ogni
tanto, ne assaggiavano qualcuno, assaporando il gusto
così intenso assai diverso da quelli acquistati
negli attuali supermercati.
- Arrivati
a casa, lavarono i lamponi utilizzando l'acqua fresca
prelevata ad una fontana e con l'aggiunta di un
cucchiaio di zucchero suddivisero la raccolta in parti
uguali per ricavarne una deliziosa
merenda.
- Mancava
ancora parecchio prima di sera, così decisero
di trascorrere il tempo giocando a biglie.
- La
pista costruita il giorno prima era ancora intatta,
ognuno si procurò le proprie biglie di plastica
che all'interno racchiudevano l'immagine dei ciclisti
più famosi, e chiamando gli altri amici si
suddivisero in squadre.
- Il
gioco durò fino all'ora di cena, quando la
nonna iniziò a chiamare Dilvia a gran
voce.
- La
tavola era apparecchiata con semplicità, la
cucina era molto essenziale con una grande stufa a
legna che occupava gran parte di una parete. Un camino
non utilizzato si trovava nella parete opposta ed un
solo mobile con vetrina costituiva l'unico arredo del
piccolo locale.
- In
una nicchia erano stati collocati dei ripiani nella
parte superiore, che servivano come deposito per le
provviste e dei ganci, nella parte inferiore, ai quali
si appendevano i secchi colmi di acqua.
- Ogni
mattina si andava a prelevare l'acqua fresca ad una
fontana collocata nel mezzo della contrada, e l'acqua
conservata in secchi di metallo si manteneva fresca
per tutta la giornata.
- Attorno
a quella tavola così semplice ma tanto ricca di
calore e di armonia, Dilvia si apprestava a consumare
la sua cena raccontando ai nonni gli avvenimenti della
giornata.
-
- Dilvia
non riusciva bene a ricordare quanti anni avesse
quando i nonni acquistarono il primo televisore. Fu un
grande avvenimento. Erano gli unici a possederlo in
quella contrada, così ben presto la cucina
divenne una sala TV.
- Dopo
cena tutti i bambini si ritrovavano davanti al
televisore per assistere a qualche programma. Nessuno
osava parlare, attento a non lasciarsi sfuggire una
sola immagine.
- A
quel pensiero, Dilvia sorrise. Ma quanto tempo era
passato? Secoli forse...
- Sembrava
che quei ricordi appartenessero ad un'altra
vita...
- "Quanti
anni ho?" si ripeté mentalmente - "Quarantuno,
quarantadue" pensò...
- La
vita scorreva troppo in fretta, tanti avvenimenti si
erano intrecciati in quegli ultimi anni ed era giunto
il momento di prendere decisioni importanti per poter
proseguire serenamente.
-
- Mentre
procedeva la sua passeggiata si ritrovò a
pensare al recente scontro avuto con Stefano, suo
marito.
- Ormai
non ricordava nemmeno i motivi per cui esplodevano
discussioni sempre più feroci. Qualsiasi
pretesto era valido per innescare la scintilla. In
alcuni momenti era quasi certa che entrambi cercassero
qualsiasi appiglio pur di iniziare a rinfacciarsi l'un
l'altro un sacco di cattiverie. Ma come erano arrivati
a quel punto?
- Dove
era finito l'amore tanto speciale che li legava ormai
da quasi vent'anni? Possibile che i sentimenti non
esistessero più?
- Sentiva
ancora nelle orecchie la sua voce stridula mentre il
giorno prima gridava a Stefano:
- "Basta
me ne vado, non ne posso più" e lui che
replicava inacidito:
- "Non
me ne importa nulla, da solo starò molto
meglio"
- Risentì
il rumore assordante della porta che sbatteva dietro
di sé, e lei che come una pazza, saliva
sull'auto ad una folle velocità senza sapere
dove fosse diretta.
- Ansimava
mentre alcune lacrime iniziarono a pungerle gli occhi.
Dopo pochi attimi, fu presa da una crisi incontrollata
di singhiozzi. Non riusciva a smettere ed accecata
dalle lacrime che ormai sgorgavano a fiumi dovette
fermarsi per non rischiare di schiantarsi da qualche
parte.
- Fu
mentre rovistava nella borsa alla ricerca di un
fazzoletto che vide quelle chiavi.
- Prese
subito la decisione di dirigersi verso la casa in
montagna.
- Non
ricordava quasi nulla di ciò che aveva fatto
una volta arrivata. Si sentiva indolenzita, esausta,
con la testa pesante a causa del pianto
dirotto.
- Vagamente
ricordò di essersi preparata un tè caldo
per ristorarsi e prima di coricarsi, assalita forse da
un po' di rimorso, inviò un breve SMS a
Stefano.
- "Sono
in montagna" gli scrisse. Poi spense il cellulare. Non
desiderava essere disturbata.
-
- Ad
un tratto ritornò alla realtà. Il
rintocco delle campane le ricordava che erano le
undici. Da quanto tempo camminava immersa nelle
proprie riflessioni?
- Decise
che era ora di rientrare e preparare qualcosa per
pranzo. Iniziava a sentire qualche crampo allo stomaco
e immediatamente realizzò che la sera
precedente non aveva cenato.
- La
mattina, contrariamente alle sue abitudini, non si
abbandonò alla solita abbondante
colazione.
- Si
accontentò di un succo di frutta e qualche
biscotto. Era ancora troppo scossa e si sentiva come
svuotata da ogni energia.
- Mentre
rientrava, la pioggia riprese con insistenza ma a lei
non importava. Sembrava che anche il tempo così
grigio e triste si fondesse con il suo stato
d'animo.
- Nonostante
le sembrò di avere parecchia fame,
riuscì a malapena ad assaggiare un po' di
pasta..
- Pensò
che un dolce poteva forse stuzzicarle l'appetito.
Aprì la dispensa alla ricerca di qualcosa di
invitante ma con disappunto notò che non era
rimasto nulla tranne che biscotti e
marmellata.
- "Accidenti"
esclamò contrariata, mentre il pensiero di una
fetta di torta o della cioccolata cominciò ad
insinuarsi nella sua mente.
- "Ma
certo" disse fra sé, se è rimasto del
cacao posso prepararmi una tazza di
cioccolata.
- Qualche
istante dopo era seduta al tavolo con la cioccolata
fumante. Ne bevve un sorso e venne assalita da
un'ondata di nausea.
- Pensò
che non era il caso di insistere, l'appetito, prima o
poi, sarebbe arrivato.
- Allontanò
la tazza e si distese sul divano.
- La
notte agitata e la camminata del mattino la lasciarono
parecchio stanca.
- Prese
una coperta di lana che aveva confezionato
personalmente da ragazza. Imparò da piccola il
lavoro all'uncinetto e ben presto si ritrovò a
preparare presine, coperte, centrini. Ricordò
come le sue amiche la prendessero in giro per
questo.
- A
volte, mentre loro si dedicavano a giochi più
adatti alla loro età, lei se ne stava in
disparte con il suo gomitolo di lana e intanto
fantasticava.
- Dilvia
era sempre stata un po' solitaria. Amava la compagnia,
ma spesso si ritrovava a pensare che non c'era amica
migliore di se stessa. Da sola poteva vagare con la
fantasia immaginando un futuro meraviglioso, sognando
spesso avventure impossibili. Vagando con la mente,
inventava luoghi, personaggi e situazioni in cui
avrebbe voluto ritrovarsi e quando ritornava alla
realtà si sentiva felice ed appagata come se
avesse realmente vissuto i suoi sogni.
- Anche
in quel momento, rannicchiata sul divano,
iniziò a rimuginare.
- Guardò
più volte la fede che portava al dito e rivide
quel giorno.
-
- "Meno
male sei arrivata" le sussurrò Stefano
preoccupato appena lei lo raggiunse
all'altare.
- "Non
sapevo cosa pensare" continuò lui con un tono
un po' irritato.
- Anche
il parroco durante la cerimonia non mancò di
sottolineare il notevole ritardo della sposa: quasi
quaranta minuti.
- Eppure
quella mattina si era alzata prestissimo.
- Si
recò da sola dalla parrucchiera per avere una
acconciatura adatta all'abito che avrebbe
indossato.
- Era
un abito favoloso, l'avevano studiato insieme, lei e
Lara: una ragazza giovanissima che confezionava
solamente abiti da sposa. Era molto brava, con una
notevole fantasia che anche a Dilvia certo non
mancava. Dilvia desiderava qualcosa di semplice ma
unico, qualcosa di speciale, che lasciasse un ricordo
indelebile. Fu così che da un collage di
innumerevoli abiti nacque quella
creazione.
- Un
tubino bianco che arrivava alle caviglia sopra il
quale spiccava una gonna in tessuto ricamato di forma
irregolare che le sfiorava le ginocchia, rimanendo
sollevata a forma di campana.
- La
parte superiore fasciava perfettamente la sua esile
figura ed una scollatura appena accennata era
contornata da una moltitudine di fiori bianchi in
tessuto cuciti manualmente con notevole
pazienza.
- Per
dare un tocco di colore furono applicati dei pistilli
gialli.
- L'effetto
era sorprendente: sembravano fiori veri.
- Come
la maggior parte delle spose romantiche, Dilvia
pretese un velo lunghissimo che non si stancò
di trascinare per tutto il giorno del
matrimonio.
- Poiché
c'erano già parecchi fiori ad ornare il
vestito, Lara suggerì un bouquet semplice ma
originale: qualche rametto di felce con velo da
sposa.
- Gentilmente
si offrì di aiutarla a truccarsi. Un maquillage
molto leggero, appena accennato.
- Un
rossetto rosa trasparente ed un tocco di ombretto per
dare risalto agli occhi di un azzurro
intenso.
- Il
risultato fu incredibile. Dilvia, davanti allo
specchio non riusciva a credere che quella figura
riflessa fosse proprio lei. In abito da sposa si
sentiva la protagonista di una favola.
- Chissà
se a tutte le ragazze succedeva lo stesso... Si
sentiva incredibilmente felice ed emozionata e fu la
voce di suo padre che la riportò alla
realtà incitandola a sbrigarsi perché
era già tardi.
- Fu
una giornata indimenticabile. La cerimonia fu
bellissima ed anche il parroco, dotato di un notevole
senso dell'umorismo, cercò di rendere partecipe
alla celebrazione tutti gli invitati con riflessioni
concrete e battute a volte spiritose.
- Rivisse
il momento in cui, in preda quasi al panico,
percorreva il breve tratto che dal portone della
chiesa la conduceva all'altare, lo scambio delle fedi,
il consueto lancio del riso, gli applausi fragorosi di
tante persone che erano lì con lei per
festeggiare un momento così
importante.
- Il
pranzo sembrava non terminasse mai. Ricordò che
la musica intrattenne gli invitati fino a sera e
l'euforia delle persone man mano che si allentò
la tensione. Ripensò a quanti amici erano con
lei quel giorno e mentre cercava di ricordare i loro
visi, lentamente si appisolò.
- Ben
presto questi visi si sovrapposero ad altri, la musica
lasciò il posto ad altre voci e risate e ad un
minuscolo albero di Natale che illuminava una piccola
cucina.
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