- San Lorenzo
(10
agosto).
- Era festa
grande,
- nella casa
antica,
- il giorno
di San Lorenzo.
-
- Risuonavano
gli angoli bui
- di grida e
di risate e,
- le scale
si inondavano
- di passi e
di fruscii.
-
- Si
rincorrevano i piccoli
- coi grandi
e le ampie
- sale
brillavano al
- tremolio
delle candele.
-
- I tavoli
si coprivano
- di vivande
e il profumo
- del pan
fresco inebriava
- i nostri
cuori di fanciulli.
-
- Vorrei
dare tutta la mia vita
- ora, per
poter rivivere un
- attimo di
allora, quando la
- mano
rassicurante di mio
- nonno si
poggiava calda
- d'amore
stilla spalla.
-
- Chiudo gli
occhi e sento
- ancora
quell'amore che
- solo ora
è sceso nel mio
- cuore
arido e vuoto.
-
- San
Lorenzo. Dove sono
- i miei
sogni di bambina
- implorati
dietro alla
- scia delle
stelle cadenti?
-
- Dove sono?
Ho cercato
- inutilmente
di avverarli.
- Ma la vita
ha il suo
- percorso
già tracciato.
- Mi
è rimasto il profumo
- del
ricordo, così intenso,
- così
acuto, così puro.
-
- San
Lorenzo. Come è freddo
- questo
giorno così caldo
- senza
l'ombra di un abbraccio.
- Come
è silenzioso questo
- giorno
così gaio, senza l'eco
- di una
risata
- Com'è
che non è più
- il mio San
Lorenzo, ma
- solo un
nome sul calendario.
-
- Terra mia!
- Ho sentito
i profumi
- della mia
terra
- penetrarmi
nel sangue.
-
- Ho rivisto
i colori
- della mia
terra
- rispecchiarsi
negli occhi
-
- e una
lenta,
- sottile
tenerezza
- ha invaso
il mio cuore...
-
- Terra,
terra mia!
- che non ti
vedo mai!
-
- I colori
dorati
- della tua
campagna,
- il profumo
dolce
- dei tuoi
frutti
- e quella
soave, silenziosa
- pace che
dai al mio cuore
- quando ti
rivedo
-
- con te
rivedo
- la mia
fanciullezza e
- forse per
questo
- ti
rimpiango di più:
- tu sei la
mia fanciullezza
- che non
ritorna mai più
-
- Terra,
terra mia!
- Vorrei
riudire
- i tuoi
suoni,
- vorrei
risentire
- i tuoi
profumi e
- ridare al
mio cuore
- tutta la
gioia
- che non ha
più
-
-
- Antico mio
paese (Mirabella
Belano)
- Paese mio
gentile
- scintillante
di rugiada
- profumato
di grano
- ricamato
di ulivi
- intessuto
da rondini in volo
- sei
tu
- la mia
anima viva
- che pulsa
nell'ombra
- del buio
che a volte
- circonda
il mio io.
-
- Sorgeva la
casa natia
a mò di fortino
nell'antica Via Borgo
tra case odorose di pane
brulicanti di mani operose.
-
- La chiesa
era lì accanto
- quieta e
nascosta
- testimone
silente di storia
- e la volta
di oro e d'azzurro
- qual manto
Madonna
- vegliava i
miei sogni di bimba
- tra le
braccia amorose di mamma.
-
- Scendevano
fiere le donne
- dai vari
contadi
- nei giorni
di festa
- i monili
pendenti
- le ceste
ricolme sul capo
- e- le
grosse sottane
- qual fiori
di campo
- ondeggiavano
morbide al vento.
-
- Sedevano
quiete sul bianco
- sagrato o
sul nero pendio
- e fra le
ceste odorose
- un cicalio
allegro e festoso
- saliva
nell'aria
- già
alla luce dell'alba.
-
- Sentivo
confusa nel sonno
- quel suono
così simile a un canto
- che ancor
oggi risento
- e mi
aggrappo
- mi
aggrappo per sentirmi ancor viva
- a quel
piccolo borgo di fiaba
- -così
come era allora -
- racchiuso
in un campo di grano
- un
campanile tra stormi di rondini
- e una casa
natia piena tanto d'amore
-
-
- Antigone,
Aspasia... io altre
- Si
dirà un giorno
- che fossi
sola
- una donna
sola
- per
strada
- in
chiesa
- o
semplicemente a bere un
caffè
-
- Si
dirà che sotto la pioggia
- camminassi
piano
- quasi a
voler bagnare
- un volto
già bagnato,
- o corressi
incontro al vento
- per
sentirne la carezza
- sulla
pelle arida
-
- Non che lo
fossi sempre stata:
- un tempo
così lontano e nebbioso
- la mia
mano stretta ad un'altra,
- un'altra
traditrice
- omicida
- che
triturava la mia anima
- e poi la
gettava via
-
- Antigone,
Aspasia ...io...altre
- quante
violenze e lagrime
- quanto
dolore
- Dio
- quanto
dolore
- per questa
libertà
- di
vivere!
-
- Si
dirà un giorno
- che fossi
una donna sola,
- ma non lo
ero:
- l'animo
mio libero
- mi faceva
compagnia
-
-
-
- Il
colore della verità
- La
bianca verità
- è
un brivido nel vetro,
- fingere
il suo controcanto
-
- Giorno
dopo giorno
- oscilla
- corda
pendula
- di
impassibile ombra
-
- Forse
cerco remissione
- in
una croce di rose
-
-
- A mio
padre
- Pensavo
non mi volessi bene,
- quando,
china sui libri, la
- tua voce
dura ed ironica
- mi
incitava allo studio
-
- Pensavo
non mi volessi bene,
- quando la
tua robusta mano
- lasciava
il segno sul mio
- volto
pallido e mi additava
- la retta
via.
-
- Pensavo
non mi volessi bene,
- quando,
incurante del mio dolore,
- mi
lasciasti sola nel
- caos della
vita.
-
- Ho capito
che me ne hai voluto,
- quando ho
scelto l'onestà
- alla
cupidigia, la moralità
- ai facili
piaceri, il coraggio
- di sognare
anche in mezzo al dolore.
-
- So che ti
ho sempre amato
- anche
quando l'odio mi rodeva
- il cuore,
il rancore
- bruciava
la mia pelle,
- ma
soprattutto ora che
- mi manca
la tua presenza.
-
-
- O mamma!
- Chi sei
stata tu o mamma
- che mi
sussurri ora parole
- d'amore
mai dette e anelate?
-
- Chi sei
stata tu o mamma
- che mi
promuovi a gesti
- gentili da
te stessa imparati?
-
- O mamma a
me così cara
- vicina ma
tanto lontana,
- dai cigli
umidi di pianto,
- dal canta
di un uccello ferito,
- dalla
lieve figura che-
- dava poca
ombra alle stanze.
-
- Per anni
la colpa
- di non
esserti uguale,
- per anni
l'anelito di un
- tuo cenno
d'assenso.
-
- Nel
reverbero opaco
- della
lunga agonia
- un
dì mi hai visto
- e hai
mormorato: ti amo
- da sempre
mia figlia adorata.
-
- Lieve,
come balsamo antico
- su petto
malato, è scesa la pace
- nel mio
cuore ormai stanco
- e... mi
sono aperta in un pianto.
-
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