Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Racconto di
Pierangelo Marini
Teatri dell'oggettivazione:
Secondo Marx: "Il prodotto del lavoro è il lavoro che si è fissato in un oggetto, è diventato una cosa, è l'oggettivazione del lavoro. "Sebbene il significato negativo dell'oggettivazione , e cioè che essa appare come perdita dell'oggetto, è attribuita da Marx all'economia privata capitalistica, ci sembra piuttosto da attribuire alla prassi lavorativa stessa dell'operaio. Bisognerebbe piuttosto parlare di oggettivazione del corpo dell'operaio. Egli, in realtà, non si rapporta come soggetto all'oggettualità esterna del mondo ma vi si rapporta come oggetto egli stesso. Questo è asserito anche da Marx in un passo successivo dei manoscritti economico-filosofici del '44 in cui scrive che l'estraniazione si mostra anche nell'atto della produzione e non soltanto nel risultato. L'oggettivazione in sé e per sé presa ci appare imprescindibile risultato del lavoro che necessariamente si deve fissare in un oggetto. Anche l'artista si oggettiva in un oggetto, però l'oggettivazione dell'operaio è estraniazione in quanto è oggettivato egli stesso. Bisogna distinguere tra oggettivazione interna e oggettivazione esterna. Il corpo dell'operaio è coartato in movimenti meccanici, non è il Leib ma il Korper, per questo il destino dell'operaio è di essere affidato al medico, magari psichiatra, come scrive Marx stesso, che ha compito di igiene sociale in quanto il presupposto epistemologico del medico è il corpo come il corpo-cosa (il Korper) e non come il corpo vivente (il Leib). L'operaio si rapporta all'oggetto come il singolo che lavora una molteplicità infinita di oggetti singoli che non sono però compresi nell'idea universale come il soggetto che filosofa o fa scienza e che lavora sulle essenze degli oggetti che ne comprendono la loro molteplicità. Sebbene Marx affidi alla tecnica il compito di liberare il proletariato, anche se non poteva prevedere i futuri sviluppi dell'informatica dato che non esisteva nemmeno il motore a scoppio, non vede che questa oggettivazione è intrinseca alla spazialità della fabbrica come teatro della crudeltà in quanto è dominata dalla necessità. L'operaio subisce il vincolo con l'oggetto che non è dovuto all'esistenza della proprietà privata ma è coessenziale al teatro, creato dalla società industriale, in cui l'operaio svolge il proprio atto nell'empiria. L'oggettivazione esterna, come cosalità privata del senso, è possibile se il corpo stesso è una cosa; l'operaio perde il suo oggetto, cioè il suo lavoro è estraniato, in quanto si trova nel teatro dell'oggettivazione. Marx inoltre sostiene che si ha l'alienazione in quanto il lavoro diventa un oggetto. Questo passo è impreciso, il problema non è che il lavoro divenga un oggetto, che è ciò in cui consiste l'oggettivazione esterna, ma nell'essere il proletariato l'universale per difetto il che gli impedisce, lavorando una molteplicità infinita di oggetti singoli, di accedere all'essenza universale che ricomprende in sé una molteplicità di oggetti singoli come avviene nelle teorie scientifiche e filosofiche. Questi oggetti sono delle cose private del senso contrariamente a ciò che avviene nell'opera d'arte che è anch'essa una molteplicità di oggetti singoli ma il cui senso è amplificato dal valore estetico. Marx coglie molto di più la verità quando asserisce che l'operaio si rende estraneo nel prodotto della sua attività dato che si estrania da se stesso nell'atto della produzione. Il proletariato in Marx è una delle metamorfosi dell'assoluto degli idealisti, in parte è il soggetto-oggetto di Schelling e in parte essendo l'universale per difetto è hegelianamente quel nulla d'essere che crea il divenire, è il dio nascosto produttore di valore e di storia e la molla dialettica della contraddizione. Come scrive Bataille: "se dio esiste è ateo" per questo la struttura portante del marxismo è l'ateismo in quanto il proletariato è l'attore sulla scena ateologica. L'operaio è tale perché è autocontradditorio, è il soggetto che è oggetto di cui è possibile la soggettivazione se cambia il teatro dove l'attore sociale interpreta il proprio ruolo. La liberazione è possibile nel teatro della soggettivazione dove la voce danza pervadendolo di onde di armonia e nella danza del corpo dove si ripristina la sensu-alità del Leib. Dove gli automi saranno effettivamente utili sarà nella sostituzione del soggetto vincolato con l'oggetto come scrive Marx per cui: " l'operaio è un'appendice della macchina" e non nelle attività specificamente umane come per esempio l'arte. Se anche l'automa che suona il violino suonasse perfettamente, ben difficilmente qualcuno andrebbe ad ascoltarlo, sarebbe considerato niente più che una bizzarria da baraccone. Ciò che si apprezza, al di là del risultato che sarebbe fruibile anche tramite un qualunque supporto tecnologico, è la capacità dell'anima umana, lungamente coltivata, di elevarsi al di sopra dell'uomo comune secondo le leggi della bellezza che vengono comprese in parte in modo innato e in parte in modo acquisito. Dato che l'operaio è l'homme-machine nel teatro della crudeltà, è il korper che produce oggetti esso potrebbe agevolmente essere sostituito dall'automa che è nel capitalismo il modello stesso dell'operaio come di un oggetto che non ha le esigenze del soggetto e dal cui lavoro può essere estratto il plus-valore all'infinito. Dato che la contraddizione è la struttura del divenire della storia, deve essere mantenuta perché la storia abbia un seguito; la società pacificata priva di contraddizioni è possibile nella fine della storia non con il proletariato al potere ma con la dis-soluzione della classe operaia. La fabbrica come teatro della crudeltà in quanto è il centro dell'essere sociale crea il suo correlativo cioè il manicomio dove il corpo oggettivato può essere violato. Esso è il non-luogo desituato ontologicamente ai margini della società e che è l'altro ve del mondo e della legge. Lo stato ha sostituito il manicomio con l'ambulatorio che è però il luogo della castrazione della coscienza e della "morte" del soggetto, che nelle prassi dialettiche con lo psichiatra organicista è oggettivato, il suo corpo è fatticizzato ed è desituato nell'impossibilità delle possibilità. Esso è il nuovo teatro della crudeltà costruito come: " aspettando Godot ", ciò che il malato cerca è la danza della voce che gli viene continuamente negata dal medico che non può essere il suo simbolico amante in un perpetuo circolo vizioso, così due personaggi parlano praticamente all'infinito fino a quando cala il sipario sulla scena del mondo e Godot non è ancora arrivato.
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