LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
- Rino Passigato - Poesie sulla luna e sparse
- Collana I gigli (poesia) 15x21 - pp. 64 - Euro 7,00 - ISBN 88-8356-466-9
Prefazione- Questa nuova silloge di poesie, dedicata per la maggior parte alla luna, è una prova positiva di un ulteriore lavoro di Rino Passigato che dimostra di essere ancora una volta attento osservatore della natura con le suggestioni e gli incanti che luna, cielo, sole, alberi, fiumi ed animali sanno regalare agli uomini.
- In queste poesie che creano una sorta di monologo personale con la luna si aprono in continuazione nuovi scenari, si assiste a ripetute rivelazioni in un susseguirsi di emozioni e di abbandoni.
- Ecco allora che la luna si fa vomere che fende le nubi fino a squarciarle per aprirsi un varco; con i suoi raggi agghinda gli uomini che si addormentano nelle mani della stanchezza; fa tornare alla mente i voli spaziali alla sua conquista e i ricordi dell'infanzia; si annuncia pallida e si specchia sulle acque del laghetto o si fa vergognosa e si copre con i veli d'una nube; a volte sembra scomparsa forse impigliata tra i rami dei lecci o dei castagni o magari nascosta nelle tane o cacciata via dalla violenta bufera della notte.
- La luna è tonda e bella, morbida ed evanescente, timida e fatata; luna gelosa che spia i baci di due innamorati; luna violata come cadavere abbandonato sulla terra: un mite bagliore che fa tornare alla mente un firmamento di ricordi.
- La casa rossa degli zii con l'aroma di caffè che si spandeva nella stanza, il campanile e i crocchi di gente riuniti alla sera per narrare le fantasie della giornata, i ricordi di famiglia tristi e gioiosi, la nascita del figlio, il primo vero amore, il matrimonio, gli amici ritrovati: e poi il periodo dell'infanzia quando da ragazzo Rino Passigato seguiva i percorsi delle chiocciole, sognava un mondo senza tempo, mangiava bacche e mirtilli, beveva l'acqua dei ruscelli, si distendeva sull'erba dei prati e correva per abbracciare il vento, per rubare i raggi della luna, scoprire nuove stelle e guardare le lucciole nelle sere primaverili.
- Sono proprio i colori della primavera, tra fiori e profumi, che fanno ricordare il volto dolce della madre, le sue mani screpolate dall'acqua gelata, la sua pelle odorosa di fresche mattine e la sua voce che chiamava per desinare. Nel frattempo la vita si rinnovava tra gioie e dolori, in una girandola di sogni, in una folla di desideri e le ferite della vita con le dolorose cicatrici sembravano svanire nel magico fascino di un arcobaleno ed il desiderio di abbandono si impadroniva della mente fino a farsi trasportare da una folata di libeccio quasi a voler dimenticare le presenti angosce, le paure e le fatiche di ogni giorno.
- In una esplosione della natura tra rossi papaveri sparsi in messi bionde, ciclamini e margherite di campo, fragole e lamponi, ciliegi e tenue sfrascar dei pioppi, prati di eriche e farfalle variopinte ecco infine riemergere sempre quello sguardo affettuoso al passato quando bastava così poco per essere felici e per regalare un sorriso.
- Le atmosfere incantate dei sentieri del bosco, le fantasticherie sotto le fronde agitate dal vento e le meraviglie del cielo non sono ambienti da favola ma la realtà vissuta dall'autore che pone sempre alla base della sua visione poetica l'idea dell'uomo e la sua capacità di saper assaporare la bellezza inesauribile di quel mondo.
- Conduce per mano a scoprire i sentimenti e le suggestioni di un uomo: ogni pensiero, ogni sogno ad occhi aperti, le passioni e i sentimenti sfociano in un canto solo apparentemente solitario perché alla fine non è altro che un inno alla bellezza divina.
Massimo Barile
Poesie
- IL VOMERE DELLA LUNA
- Il vomere della luna
- fende le nubi.
- Non più streghe a passeggio stanotte,
- ma chiassosi rumori dall'officina,
- dove si continua la fatica del giorno.
- Getta la lenza
- nelle acque del fiume il pescatore;
- cattura fragranze d'alghe,
- carezze di nuvole.
- Il vento ha visitato
- il cimitero delle falene,
- portandovi petali azzurri e rossi
- di prataioli.
- Solitario un raggio di luna
- si ferma a far luce.
- Qualche insetto notturno
- calpesta i petali
- e piange;
- ha perso le compagne di gioco.
- La luna coperta
- Ho visto una saetta impigliarsi tra
- siepi di nubi, la luna che
- tentava di aprirsi un varco tra quella
- baraonda di nembi e cumuli e ammassi
- di nuvole; non ci riusciva,
- tentava da un'altra parte, subito
- accorreva un altro cumulo nembo
- a tapparla nella sua tana.
- Uno schiocco forte improvviso diede
- Inizio alla pioggia, scrosci ispessiti
- e radi copiosi e stantii. Era tutto
- un correre a destra e a manca a salvare
- i banchetti che restavano aperti
- tutta la notte. Qualcheduno stava
- in piedi dondolante, altri erano
- crollati e giacevano in un mucchio
- di roba zuppa bagnata. D'un tratto
- la luna riuscì a passare per quell'ammucchiata
- di nubi e a sistemarsi bella linda
- tonda nel cielo; più morbida
- ed evanescente, più tonda e bella
- brillava nell'acqua del fiume,
- dove un rapido vapore passando,
- la sbrindellò.
- AGGHINDARSI CON RAGGI DI LUNA
- Agghindarsi con raggi di luna
- e falene colorate,
- correre dietro
- all'ultimo refolo sapido di sale,
- imbavagliarlo e nasconderlo
- dove né il mare né il vento né le nottole
- possono a liberarlo.
- Saltellare
- sull'ultima lingua d'acqua della spiaggia;
- gli spruzzi ci bagnano
- le natiche il petto,
- ci arrossano gli occhi.
- allungarsi sulla rena
- col fiato che chiude la gola,
- avvoltolarsi in un goloso abbraccio,
- nudi
- sotto gli occhi del firmamento,
- mentre lontano passeggia
- il suono d'un vapore.
- Appisolarsi nelle mani della stanchezza,
- fino a che la voce della prima aurora
- non viene a darci la sveglia...
- LA CASA DEGLI ZII
- Casa rossa accarezzata dal tenue
- sfrascar dei pioppi; tutto intorno un fosso,
- interrotto da un ponticello, scosso
- da cricchiare di legni e traballare
- d'assi. Casa rossa, casa degli zii;
- rossi i papaveri tra bionde messi,
- rossa la chioma del ligneo ciliegio,
- rossa la soglia della grande sala,
- dove zia Flora ci aspettava, un denso
- aroma di caffè tra le due mani.
- Casa rossa di quando ero bambino
- e andavo a fare visita ai parenti.
- L'aia schiamazzante d'animali: bianche
- oche, il collo al cielo, bianche galline
- per le uova, bianco calce il magazzino,
- dove lo zio custodiva gli arnesi,
- bianco di cipria il viso di zia Flora,
- saltellante di gioia per il nostro arrivo.
- Giungevamo, quando l'aria faceva
- girellare il rosso dei papaveri
- al sole e le rosse dalie e le zinnie
- maculate rispondevano svelte.
- Quanto mi sono divertito in quella
- casa col gatto bianco, che il bravo zio
- lanciava contro il gallo per la lotta
- cruenta! Casa lontana nei ricordi.
- Le zucchine, i prelibati meloni,
- che lo zio mostrava dalla finestra
- per invogliare la nostra gola.
- Il viso impiccato all'ampio balcone,
- ci metteva sotto il naso i pulcini
- e rosse angurie. Casa rossa, casa
- degli zii, dove nacque il nonno e il padre.
- IL NOVECENTO
- Te ne sei andato, lasciandoci
- un'amara eredità
- (sangue, miseria e carestia).
- Sulle spalle porti i macigni
- di due grosse guerre,
- sul volto gli sfregi dell'odio
- e del sangue, che escono dalle fosse
- del Kosovo e della Serbia.
- Te ne sei andato senza il dono
- d'un sorriso o un breve souvenir
- di gioia o di piacere. Di curioso
- ci ricordiamo i voli spaziali,
- la conquista della luna, la nuova
- energia atomica, che assieme
- ai viaggi interstellari
- ha lesionato la stratosfera
- e ferito gli strati d'ozono,
- lasciandoci la triste previsione
- che un bel mattino ci sveglieremo
- col cadavere della luna
- abbandonato sulla terra.
- UN FUGGI FUGGI
- Un fuggi fuggi di desideri,
- la mente li insegue di buona lena;
- ma ahimè inciampa
- e rotola nella scarpata.
- Ferita contusa si rialza,
- preoccupata solo dei dolorosi lividi
- TI BASTAVA POCO
- Ti bastava una spolveratine
- di cipria di quella economica,
- non profumata, un po' di nero
- intinto col dito nella caligine
- della pentola dei fondi del caffè e
- ti credevi truccata come una principessa.
- Ti bastava poco... Il sorriso
- della nipotina che ti correva
- dietro, perché la coccolassi
- tra le braccia. Una taroccata
- del "to vecio", perché la pastasciutta
- era scotta. Tu gongolavi:
- "Finalmente si è accorto che il pranzo
- l'ho preparato io. "Ti bastava
- la felicità dei tuoi (Figli e nipoti).
- un vestitino a una tinta per andar
- alla messa. Con tanto amore,
- come lo sapevi dare tu, mamma,
- magari cercandolo in un mazzetto
- di prataioli o di margherite da campo,
- preparate sul tavolo al posto
- "Del to vecio"...
- E FU VIOLATA LA LUNA
- E fu violata la luna...
- Le scarpe di sughero,
- il belletto sulle guance,
- ogni sera entravi dalla finestra
- a narrarmi le favole
- vissute nel cosmo.
- Ti specchiavi sulle acque del laghetto
- ed attendevi le capriole
- di qualche cavedano
- per prenderlo nella rete.
- Ora hai dovuto vendere
- le tue fiabe all'asta
- per esserti concessa
- ai tuoi profanatori.
- E non scendi più la sera
- a raccontarmi dello gnomo
- che, stanco di far legna nei tuoi boschi,
- si addormentò in riva al torrente,
- dove stavi facendo il bagno.
- Non sa più di ciclamino il tuo profumo
- e il tuo viso pallido
- non si fa più vedere nello stagno.
- Erano altri tempi,
- quando puntuale
- ti paracadutavi sulla terra
- per muovere un sorriso
- sulle bocche degli ammalati,
- regalare foulards di seta alle ragazze
- e bonbos fiabeschi ai più piccini.
- IL PALLIDO GLOBO
- Do un nome ai minuti
- perché si muovano più lenti.
- Anche stasera la luna
- si annuncerà
- col suo pallido globo
- al bimbo che sogna
- di sbarcarvi sopra
- per trovare
- dove si nascondono le Parche
- che srotolano lo stame
- della vita,
- la Mente che ha creato le stelle,
- l'angolo in cui è stato sepolto
- lo scudo di Ettore...
- SOLO CON IL VENTO
- Il viale è deserto, un cane randagio
- ferma ad ogni pianta: sono da solo in
- compagnia del vento, che fa tremare
- le foglie delle piante; alcune
- cadono e ad ogni raffica si rincorrono
- per i marciapiedi, si nascondono
- nei fori luce delle cantine.
- Guardo l'ora. I primi ospiti saranno
- già al secondo piatto. Io tranquillo
- alzo il bavero, osservo la via deserta;
- ancora due isolati e sarò giunto.
- LACRIME DI LUNA
- Sono lacrime di luna
- le gocce di rugiada
- che brillano al primo sole
- e scherzano con i prataioli
- le margherite le mammole
- e se ne vanno
- dopo aver dato l'avvio
- alle piante
- su cui hanno dormito.
- La luna, osservata ogni cosa,
- s'è messa il collirio
- per decongestionare gli occhi.
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Ins. 11-04-2003