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Prefazione
- Con questi brevi
racconti Rino Passigato va in cerca di quei piccoli
fatti e di quelle strane vicende quotidiane che fanno
parte della vita e con la consueta soavità vi
costruisce intorno dei personaggi che si
caratterizzano a volte per quella vena malinconica
altre volte per una istintiva bontà d'animo ed
altre ancora per un approccio divertente e buffo nei
confronti dell'umana vicenda.
- Le sue sono storie,
direi quasi "spigolature moderne", che da vari anni a
questa parte sembra aver fissato su un personalissimo
taccuino di vita: vi ritroviamo così
avvenimenti strani ed impensabili per chi vive in una
grande città, curiose storie di paese che fanno
i conti con la natura e seguono il ritmo delle
stagioni, spassosi aneddoti sul rapporto uomo-donna ed
esilaranti racconti come quello dell'asino maledetto
che con i suoi tremendi ragli notturni non dà
pace all'ingegnere che ha sperato di trovare in una
tranquilla villeggiatura in agriturismo un po' di
silenzio; o il racconto dello iettatore che vive
nell'angoscia di cadere vittima della malasorte dopo
il crollo delle tribune dello stadio con venti feriti
all'ospedale e l'incendio della falegnameria dove
lavora o infine la storiella del pover'uomo che non ha
mai avuto fortuna con le donne, vede andare a vuoto
l'appuntamento con la donna alla quale ha deciso di
dichiarare il suo amore, per rifarsi della presunta
beffa, malauguratamente ed avventatamente risponde ad
un annuncio e si ritrova ad uscire con una racchia
assai noiosa e costosa che lo costringerà a
fuggire dal retro del locale al momento di pagare il
salato conto.
- Le avventure sono
sempre contrassegnate da quella punta d'ironia ed al
contempo da una soavità nell'osservare ed
affrontare la vita così come i protagonisti
delle storielle sono sempre candidi cuori, volti
puliti e anime ingenue: solo in alcuni momenti
emergono figure femminili sempre pronte ad
approfittare della situazione ma credo che questo
sguardo velatamente misogino offra il pretesto per
rendere l'epilogo di alcuni racconti ancor più
amaro.
- Rino Passigato non
si allontana mai dal suo clichè ma limpidamente
ed acutamente vi trova lo spunto per far nascere quel
divertimento pungente, quelle divagazioni comiche,
quell'amara rassegnazione alla forza del destino, alla
mala e buona sorta, ed infine, come già
ricordato poc'anzi, non perde mai di vista quella
visione ironica che permea la quasi totalità
dei racconti.
- Da diversi anni
scrive le sue "felici fantasie" e le sue "amare
spigolature" che spesso nascondono una loro pungente
morale e, anche in questa nuova raccolta ricca di
avventure felici e dolenti, spassose ed ironiche, non
sovverte l'indirizzo della sua scrittura che rimane
semplice, immediata e spontanea.
- I ritratti dei suoi
personaggi oscillano sempre fra la comicità e
la tragicità, il mondo si svela attraverso le
molteplici apparizioni e l'autore penetra con lo
sguardo attraverso le finestre di un mondo che pare
dimenticato, dove i volti silenziosi si scuotono dal
torpore, le persone hanno addosso il pudore della
gente perbene e le sorti si mischiano in un comune
destino umano.
- Una voce semplice
che si sofferma più sull'ironico sorriso che
sul pianto disperato per la malasorte, uno sguardo
distaccato nei confronti del mondo, frutto delle
numerose esperienze vissute, una ricchezza d'animo che
non l'ha mai abbandonato e poi quell'irrinunciabile
amore per la scrittura che ha fatto meritare validi
apprezzamenti a buona parte delle sue
opere.
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Massimo
Barile
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- Sauro
- Graziella era una
ragazza di sedici anni, graziosa e carina.
- Ogni giorno
indossava i calzoni ed il berretto da cavallerizza e
si recava al maneggio. Per lei al mondo c'erano solo i
cavalli. Si fermava ore ed ore ad ammirare i bei
stalloni, che giravano attorno alla pista.
- Era piccola
piccola, pareva che la sua crescita si fosse fermata a
dieci anni. Un cosino da nulla che al maneggio tutti
conoscevano. Applaudiva i cavalli a non finire, li
divorava con gli occhi. Mai forse ne avrebbe avuto uno
tutto per sé, anche se Gerolamo, il padrone del
maneggio, le concedesse il piacere di qualche giro di
pista in groppa a qualche destriero. Scendeva di sella
con il cuore tremante d'emozione, attendeva che l'uomo
le facesse grazia d'un'altra piccola
cavalcata.
- Da un po' di tempo
veniva portato al maneggio un puledro bellissimo. Lo
chiamavano Sauro per il colore del suo mantello. In
molti avevano provato a cavalcarlo; ma nessuno c'era
riuscito. Lo stesso Gerolamo, che godeva fama di
essere un istruttore di galoppo, aveva tentato
più e più volte; ma dopo pochi metri era
stato disarcionato.
- Un giorno era
salito in groppa a Sauro Gino, che aveva cavalcato
chissà quanti stalloni e vinto tante gare. Fece
due giri di pista al passo; poi lanciò la
bestia al trotto. Già si udivano i primi
applausi, quando il cavallo si mise a sgroppare ed a
scuotersi violentemente ed il povero Gino cadde
pesantemente al suolo.
- A Graziella Sauro
piaceva fuori di modo; uno stallone giovane,
irrequieto, pieno di vita. Quando la ragazza chiamava,
"Sauro, Sauro", la bestia alzava la testa, si
avvicinava docile docile, si lasciava accarezzare,
nitriva sommessamente e si piegava a
brucare.
- - Metterà
giudizio anche lui. È ancora giovane. - Si
consolava il padrone.
- Il cavallo
saltellava, trottava in su ed in giù senza
cavaliere. Un giorno Graziella si avvicinò al
padrone, dicendo:
- - Voglio cavalcare
Sauro.
- L'uomo
diventò serio serio e rispose:
- - Per romperti una
gamba o qualcosa di peggio? Da uno scavezzacollo del
genere non ci si può aspettare
altro.
- - Mi risponde
così perché mi crede una ragazza
fragile. Eppure mi ha visto ancora sulla groppa di
Peo, di Violetta...
- - Altroché
ti ho vista; solo che quelli non hanno la carica di
Sauro. È un selvaggio: nessuno è mai
riuscito a restargli in groppa più di qualche
minuto...
- - Si fidi,
Gerolamo. Mi lasci provare. - Insistette Graziella e
ad alta voce chiamò: - Sauro,
Sauro.
- Il cavallo, che
stava saltellando per il maneggio, si fermò e
tranquillo venne vicino alla ragazza, le
abbassò la testa per essere accarezzato. Solo
con lei la bestia si comportava così
docilmente. Il padrone se ne accorse ed alzò la
fanciulla sulla sella.
- Il maneggio cadde
in un profondo silenzio. I cavalieri, fermato il loro
destriero, attendevano la reazione selvaggia di Sauro,
immobile al centro della pista, con in groppa la
ragazza.
- - Buono, Sauro,
buono. Vai adagio.
- Il cavallo
andò al passo fino al margine del maneggio,
dove iniziò a brucare. Uomini e bestie
guardavano sorpresi.
- - Ora, Sauro,
galoppa.
- L'animale
partì al galoppo; leggero passava in mezzo agli
altri cavalli. Graziella era felice: mai in vita sua
aveva provato un piacere così grande; il
puledro, prima tanto selvaggio ed irruento, ora era
docile ai suoi ordini. Si fermò al centro della
pista e per incitamento della ragazza partì al
piccolo trotto. Muoveva le gambe elegantemente. Pareva
un cavallo addomesticato. Con la sua grazia e dolcezza
la ragazza aveva domato il selvaggio
Sauro.
- Scrosciò un
caloroso applauso. Graziella ne fu fiera. Scese dalla
groppa e parlò al padrone, perché le
affittasse il puledro. Lo avrebbe allenato per le gare
di galoppo; sarebbe potuto arrivare primo.
- - È un
cavallo carico di foga ed energia. Può vincere
dei grossi premi. Ce li divideremo,
Gerolamo.
- Il padrone
accettò. Da quel giorno Graziella venne al
maneggio per incontrare Sauro, per cavalcarlo ed
allenarlo. Appena la vedeva, il cavallo le trottava
incontro, si piegava sulle zampe per farla salire in
groppa. Più la ragazza lo praticava, più
si sentiva attaccata alla bestia. Guai a chi glielo
avesse toccato! Lo strigliava, lo governava, gli
serviva abbondanti porzioni d'avena. Poi saliva in
sella e via per i sentieri della campagna, in mezzo ai
campi di mais, lungo gli argini dei fiumi. Sauro
galoppava per chilometri e chilometri. Mai si sentiva
stanco. Sotto la guida della ragazza faceva poi
ritorno alla scuderia.
- Cominciò a
portarlo all'ippodromo. Sauro galoppava per dei quarti
d'ora senza perdere il ritmo. Avrebbe partecipato al
Premio Primavera di galoppo. Tenuto conto dei
risultati ottenuti negli allenamenti, si pensò
che avrebbe potuto anche vincere la corsa.
- Per la prima volta
fu lasciato nelle stalle dell'ippodromo: un posto che
si dimostrò poco adatto per il puledro, che
soffriva, a volte rifiutava il cibo, quando arrivava
Graziella si metteva a scalpitare ed a mandare dei
lunghi nitriti.
- Dopo due giorni di
permanenza in quelle stalle diventò fiacco,
quando cavalcava aveva poco fiato. La ragazza
montò in sella, diede un leggero colpo con gli
speroni, il cavallo saltò lo steccato,
attraversò la strada piena di veicoli ed in un
battibaleno arrivò al maneggio.
- Continuarono gli
allenamenti al galoppo per le distese coltivate a
prato, lungo le strade di campagna. Avrebbe
partecipato al Premio Primavera. Graziella
fantasticava che sarebbe arrivata prima; una corona di
fiori al collo, una marea di gente che avrebbe
applaudito il suo stallone.
- Il grande giorno
arrivò. Quel mattino Sauro entrò
nell'ippodromo assieme alla sua cavallerizza, che gli
camminava a fianco, tenendolo per le briglie. Percorse
qualche giro di prova e fu portato nella stalla. La
ragazza non lo abbandonò un istante. Alle
undici gli diede da mangiare dell'avena, non troppa
per non appesantirgli lo stomaco. Lo
incoraggiò:
- - Sei il più
forte. Vinceremo. Non t'intimidire, quando sarai
davanti ai vecchi bestioni pieni d'esperienza. Nei
tuoi confronti sono dei brocchi.
- Arrivò il
momento della gara. I dodici cavalli, uno più
focoso dell'altro, erano allineati per la partenza. La
ragazza tremava per l'emozione. Pensava alla tattica
che avrebbe adottato in corsa. Al via i cavalli
scalpitarono e si misero a galoppare.
- Al primo giro
Trespolo, Scugnizzo e Baio erano già un
centinaio di metri davanti agli altri, che correvano
appaiati. Graziella temeva Trespolo più di
tutti: uno stallone grigio, carico d'allori. Aveva
vinto chissà quante volte, partendo subito
veloce.
- Sauro era frenato
dal suo fantino. "Buono, Sauro. Lasciali andare. Se
parti subito, ti spompi e perdi la corsa". Il cavallo,
tirato per le briglie, andava un po' più
lentamente degli altri. Dopo tre giri era l'ultimo,
distaccato di un'ottantina di metri. Fatta eccezione
per Graziella e Gerolamo, nessuno avrebbe più
dato nulla per lui.
- - Guardalo il tuo
Sauro. La tua grande speranza... Un vero brocco. Come
sei stato fesso a badare alle ciance d'una ragazzina!
- Diceva Gino, un frequentatore del maneggio, rivolto
a Gerolamo.
- - Scommetto uno
contro dieci che Sauro arriverà
primo.
- - Povero illuso! -
Ribatté Gino. - E Trespolo? E Baio? Dove li
lasci? A questo punto Sauro non può più
vincere.
- Gli altoparlanti
annunciarono il penultimo giro. Graziella
lasciò andare le redini, diede dei colpi di
sperone al cavallo.
- "Sauro, è
ora", gli disse. Il cavallo partì di gran
carriera. In meno d'un giro aveva superato tutti,
eccetto Trespolo, che aveva ancora cinquanta metri di
vantaggio. Sauro galoppava agile e sicuro. Sulle
tribune la gente s'era alzata in piedi. Gerolamo
toccava il cielo con un dito e gridava: "Sauro,
Sauro".
- Trespolo ormai era
raggiunto. Il traguardo era a cento metri, i cavalli
galoppavano fianco a fianco.
- - Forza Sauro!
Ormai ce l'hai fatta. Trespolo è finito. Guarda
come suda, - Lo incitava Graziella.
- Un ultimo balzo.
Sul traguardo Sauro superò di mezzo metro
l'avversario; ma nella foga della corsa fu urtato,
perse l'equilibrio, barcollò e
cadde.
- La folla in
visibilio gridava, "Sauro, Sauro". Gerolamo corse dal
cavallo, tirò su il fantino. Il puledro non si
mosse, nitriva, scalpitava: aveva una gamba rotta.
Graziella piangeva, stringeva il collo della bestia,
che non la smetteva di nitrire. Il suo cavallo aveva
vinto; ma a lei non importava un bel niente della
vittoria, né del premio di parecchi milioni di
lire: Sauro aveva una gamba rotta. Gerolamo, il
padrone, decise di riportarlo al maneggio. "Domani
vedremo il da farsi", disse.
- Appena fu nella
stalla il cavallo si allungò sulla paglia. La
ragazza legò due stecche di legno sullo stinco
rotto, poi gli si distese accanto. Era triste,
preoccupata. "Domani vedremo il da farsi". Cosa
avrebbero fatto di Sauro? L'avrebbero venduto, ucciso?
Povero Sauro! Uno stallone così bello e pieno
di vita! Non poteva finire così. Rimase a
vegliarlo per tutta la notte. L'indomani mattina,
appena vide arrivare Gerolamo, gli si fece incontro
con il fiato sospeso.
- - A cosa vuoi che
serva un cavallo con una gamba rotta? Lo venderemo,
ché ne facciano carne da macello.
- - Aspettiamo il
veterinario. Chiediamo a lui. - Disse singhiozzando
Graziella.
- - Cosa vuoi
aspettare? Sauro è un cavallo finito
ormai.
- Il veterinario
arrivò alle dieci passate. Visitò il
cavallo e disse:
- - L'osso sullo
stinco, proprio dove c'è l'articolazione dello
zoccolo, è rotto.
- - Allora non
c'è proprio nulla da fare, dottore? - Chiese in
tono supplichevole Graziella.
- Dopo qualche
istante di silenzio l'uomo rispose:
- - C'è una
clinica a B., dove si fanno trapianti d'ossa sugli
animali. Naturalmente costa parecchio.
- Graziella si
sentì rianimare e chiese
l'indirizzo.
- L'uomo aprì
un notes e vi segnò l'indirizzo assieme al nome
del primario. Strappò il foglio e lo diede alla
ragazza.
- - Ci costerà
un occhio della testa. Dove troviamo tutti i soldi? E
ne varrà poi la pena? - Biascicò
Gerolamo.
- - È il mio
cavallo. Abbiamo i soldi vinti al Premio
Primavera.
- - E se l'operazione
non riesce? - ribatté pronto l'uomo, - Io non
voglio metterci una lira delle mie.
- - Se il veterinario
ci ha segnalato quella clinica, vuol dire che ci sono
buone probabilità che l'operazione vada bene.
Sauro tornerà come prima. Vincerà
ancora.
- - Tu, bambina mia,
vivi nel mondo delle nuvole. Non vedi che Sauro non si
regge più in piedi?
- - Ora,
perché ha la gamba rotta. - Fu pronta a
ribattere Graziella e tanto fece, tanto
scongiurò il padrone che ottenne la piena
potestà sul cavallo.
- - Tanto è un
rottame. Non ne voglio più sapere. - Concluse
Gerolamo.
- La ragazza
consultò il primario della clinica, che le fece
una prognosi favorevole: sarebbe tornato come prima.
Avrebbero sostituito l'osso rotto con uno sano,
prelevato alla banca delle ossa. Venne fuori
però un problema: i soldi vinti al Premio
Primavera non bastavano per le spese
dell'operazione.
- Graziella
tornò al paese con il cuore traboccante di
fiducia. Andò al club ippico a raccontare la
cosa. Molti appassionati si offersero di saldare il
conto della clinica.
- Sauro fu operato.
Dopo un mese fu dimesso. Solo che trotterellava per
una decina di metri, si fermava e s'accucciava sulla
gamba operata.
- "Ci vorrà
del tempo prima che si rimetta completamente". Aveva
detto il primario. Furono giorni di pazienza, durante
i quali Graziella mai si stancò di assistere il
suo amico: gli massaggiava la gamba operata, gli stava
vicino quando dormiva, perché non si buttasse
con il peso del corpo sulla parte malata.
- Dopo alcuni mesi il
cavallo tornò a galoppare. La scienza aveva
fatto il miracolo. Gerolamo stava allevando un nuovo
puledro, nato da poco, che avrebbe dovuto riempire il
vuoto lasciatogli da Sauro, di cui non aveva
più fiducia.
- - Non verrò
neanche al Premio Primavera per non vederlo
stramazzare ancora una volta. Checché ne dicano
i tuoi scienziati, un cavallo con una gamba rappezzata
non può reggere a certi ritmi di galoppo. -
Disse un giorno a Graziella.
- La ragazza non si
perse d'animo, continuò a seguire e ad allenare
con amore il suo stallone.
- Al Premio Primavera
c'era tutto il paese. Sauro arrivò vivace e
scalpitante, cavalcato da Graziella. Fece un giro di
prova. Si allineò per la partenza. La ragazza
adottò la tattica di gara tenuta la prima
volta: dapprincipio lo tenne indietro, al penultimo
posto. Ogni volta che passava davanti alla tribuna, si
alzava un unico grido: "Forza Sauro!"
- A due giri
dall'arrivo Graziella allentò le redini ed
incitò il suo cavallo: "Su, Sauro, parti!" La
bestia partì a tutta birra.
- Dopo un giro
passò terzo. Graziella insisteva a spronarlo:
"Non mollare, Sauro, dobbiamo vincere." E gli dava dei
piccoli colpi con il frustino. Qualche centinaio di
metri e Sauro passò al secondo posto. Tutti gli
occhi erano puntati su di lui. Applaudivano,
incitavano a gran voce. Sauro affiancò il
primo. La ragazza lo incitava, il cavallo insisteva
con i suoi rapidi scalpiti. Era in testa, il traguardo
era a mezzo giro. Graziella ormai era sicura; ce
l'avrebbero fatta.
- Da dietro
sopravvennero veloci Trespolo e Baio. Si trovarono in
tre alla pari, lanciati in uno sprint senza
precedenti. In testa erano Baio e Sauro, dietro veniva
Trespolo. Il traguardo era a cento metri. I cavalli
lottarono allo spasimo. Erano tutti e tre lì
lì per vincere. Nessuno perdeva un colpo.
Passarono il traguardo affiancati. Baio e Trespolo
precedettero d'un soffio Sauro, che arrivò
terzo. Non aveva vinto; ma la gente lo applaudiva:
aveva ritrovato il suo stallone.
- Graziella gli
camminava a fianco, felice più che se fosse
arrivato primo: Sauro era tornato il cavallo forte e
battagliero d'un tempo.
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