- Prefazione
- Ogni
poeta, così come ogni artista, ha un suo
tono, una sua cifra inconfondibile che ci permette
di riconoscerlo, di ritrovarlo con la stessa
affettuosa complicità con cui si ritrova un
vecchio amico. Si tratta di suggestioni più
che di dati sensibili: certe atmosfere, il
ricorrere di alcune immagini ed espressioni,
l'insistere su alcuni temi, che sono poi i moti
dell'anima che rendono ogni individuo diverso da un
altro. Rino Passigato è, ormai, poeta ben
riconoscibile: lo si ritrova con un gesto di
familiarità, sollecitati in questo dalla sua
scrittura dimessa ma non modesta, sobria ma non
povera, dal sapore crepuscolare e dalle cadenze
lievemente melodiose, sussurrate ben più che
cantate. Una poesia intimista, dunque, molto
autobiografica, che però non si risolve
esclusivamente nel ripiegamento su se stessi, nel
chiuso cerchio della propria personalità. Al
contrario. Se il punto di partenza è sempre
l'io, l'anima, il punto di arrivo sono sempre le
persone, la vita di relazioni, gli altri. Altri con
i quali il poeta entra in immediata empatia,
cambiando il proprio punto di vista (e chi ha
provato a scrivere sa quanto questo esercizio,
questo porsi al di fuori di sé, sia ardua
impresa) e cogliendo degli altri pensieri e
sensazioni, nel tentativo di creare fili, legami,
affinità che consentano a ciascuno di
sentirsi parte di un tutto. E ciò con una
serenità e una saggezza che non possono
essere che il frutto di anni passati a vivere per e
con gli altri.
- Poesie
d'amore, dichiara il titolo. E difatti alcune sono
dedicate alla donna amata, la compagna di una vita.
E sono poesie, di ricordi, di sorrisi, di buffi
complimenti, di complici sospiri per le tante ore
trascorse insieme: anche a litigare, anche a
sopportarsi. Non c'è, qui, l'esaltazione
dell'amore ideale, tanto romantico e tanto poco
vero; c'è però la vita con tutta la
sua solidità, la sua pesantezza, i suoi
compromessi; e , anche, con tutta la sua serena
dolcezza. Quel potersi guardare negli occhi senza
più veli, senza più finzioni, senza
cercare di essere diversi da quel che, poco o
tanto, si è. C'è la magica parola,
segreto di ogni legame (sia esso di amicizia o di
amore): accettazione. Ed è per questo che
con uno stupore non simulato, con lo stesso candore
di un bambino che improvvisamente scopre di aver
ricevuto un regalo meraviglioso, il poeta
può esclamare "Quanti anni vissuti /
insieme! E ricordiamo la spiaggia / e ridiamo... La
volta che / perdemmo il controllo del moscone / e
cademmo in acqua; la volta / che il vento ti
rubò il reggiseno..." Quando ci si guarda
indietro, ci si accorge che sono a volte solo poche
immagini, pochi momenti a riassumere in sé
il significato di una vita, la cifra di un unione.
Ci si guarda indietro e si scopre che era
già tutto lì, tutto insieme. E
poterlo ricordare insieme è una benedizione,
come ben sa il poeta.
- Ma
l'amore non è solo quella per la donna, la
moglie, la compagna. L'amore non può avere,
per Passigato, significato così nobile ma
così circoscritto. L'amore è anche
quello degli affetti più cari: la mamma, con
il suo profumo di glicine e lilla; la nonna, sempre
più curva e roca, che chiede una storia; il
nonno con il ton ton della sedia a dondolo che si
fa sentire per tutta la casa; il papà che
sbatte le scarpe sul tappeto. La famiglia: alcuni
magari ci sono ancora, altri non più. Eppure
vivono tutti insieme nel ricordo, legati a un
profumo, a un rumore, a un piccolo episodio che, se
richiamato alla mente, ce li fa tornare qui come se
non fosse passato neppure un attimo. Insieme a
loro, ai familiari, nelle poesie di Passigato si
trovano uomini e donne forse solo di passaggio,
come la fanciulla del tram, che però hanno
un loro ruolo, un loro posto preciso nella grande
piccola sinfonia di un'esistenza. E come contano le
persone, contano anche i luoghi: con quanta
dolcezza Passigato tratteggia scenari, sfondi, sia
interni che esterni: la cucina di casa, la campagna
immersa nella nebbia, la scorza di un pioppo, il
fragore di un tuono.
- Particolari
ripresi con una tecnica quasi impressionistica,
prima isolati dall'insieme e poi ricondotti al loro
posto nella visione d'insieme, in quel quadro di
cui si scopre il senso a poco a poco, e forse non
si finisce mai: la vita.
-
Bianca
Cerulli
-
-
Poesie
- Cos'è
l'amore
-
- Ho
cercato l'amore
- nel
cipiglio arrabbiato delle nubi,
- nel
fuoco d'un raggio di sole,
- nei
prati malati di sterilità.
- Al
di là delle catene montuose,
- dove
si alzano i muri freddi
- delle
grandi città, ho visto farfalle
- corteggiare
prataioli
- variopinti,
persone soccorrere
- i
feriti d'un incidente.
- Mai
dimenticherò la vecchietta
- che
teneva alta la testa ad un morente
- e
lo abbagliava con un biondo sorriso.
- Dare
senza sperare di avere,
- aiutare
chi tende la mano,
- soccorrere
i poveri,
- gli
ammalati, gli afflitti...
-
-
- La
nonna
-
- Sono
passate le stagioni ed io la vedo
- spegnersi
a poco a poco. Le favole,
- diventate
monotoni discorsi,
- ripetuti...
La schiena più rotonda,
- la
voce sempre più roca, come se
- le
mancasse il fiato. Sta per ore e ore
- seduta
nell'entrata ad avvolgere
- un
gomitolo che le cade
- e
lei raccoglie chissà quante
volte.
- Mi
chiama per una favola (in realtà
- mi
vuole vicino). La storia
- è
sempre la stessa; ne narra un brano.
- Non
so, se se ne sia accorta. Lei è
sempre
- più
vecchia e tremante
- nella
voce, nel pettinare.
- "Vorrei
poter aiutarti, nonna,
- darti
un po' della mia forza". Lei
- non
capisce, si crede ancora
- giovane,
vuol aiutare mamma
- nella
cena; è la volta che succede
- un
quarantotto (piatti che cadono,
- bicchieri
al posto del coltello).
- Sei
stata ragazza graziosa e forte.
- Ora
sei debole e smemorata, ogni
- giorno
diventi più curva e, seduta,
- chiamando
or questo or quello (in realtà
- nessuno
ti dà retta), aspetti
- e
aspetti chissà cosa...
-
-
- Sotto
il lampione
-
- Bagliori
di luna
- battono
sulla finestra,
- si
spezzano in frazioni di raggi
- che
rimbalzano sulle fronde dell'acero,
- sui
muri coperti di buio.
-
- Un'ombra
compassata silenziosa
- passeggia
avanti indietro
- sotto
il lampione.
- Attende...
- Nessuno
arriva.
-
- La
luna mi fa le boccacce
- e
sorniona mi sorride.
- L'ombra
resta sola
- assediata
- da
un silenzio legnoso.
-
- Mi
muove
- un'allampanata
curiosità,
- un
appassito senso di pena.
-
-
- La
nostra spiaggia
-
- Ogni
volta ho paura che sia l'ultimo
- sogno,
che il mio cuore già arido
- non
ce la faccia a modellarne di nuovi.
- E
passano i giorni, i mesi
- e
la compagnia dei sogni segreti,
- chiusi
in un angolo della memoria,
- attende
la mano della fortuna.
- Ora
sono rari e spesso sono
- rimbalzi
di quelli già vissuti.
- Una
passeggiata lungo la spiaggia;
- un
mare azzurro, meraviglioso...
- dove
anni orsono ci accorgemmo
- del
nostro amore. Erano lunghe ore
- di
complimenti e di moine
- per
piacerti di più. S'aperse il
cielo,
- il
mare s'impennò in alti
- cavalloni
di gioia. Pochi
- s'accorsero
della nostra
- felicità.
Quanti anni vissuti
- assieme!
Quante gioie e dispiaceri!
- Siamo
soddisfatti della nostra
- unione:
ha partorito due cuccioli
- meravigliosi.
- E
ricordiamo la spiaggia
- e
ridiamo... La volta che
- perdemmo
il controllo del moscone
- e
cademmo in acqua; la volta
- che
il vento ti rubò il reggiseno...
-
-
- E
noi due
-
- Ritornare
per brevi istanti
- sul
luogo del primo incontro.
- Il
tuo sguardo che timido mi evitava,
- mentre
cercavo qua e là una lucciola.
- Lo
smog, i fumi delle ciminiere
- avevano
fatto un'ecatombe
- d'insetti.
Ti chiamai per nome,
- ti
avvicinasti, atteggiando le labbra
- ad
un breve sorriso. Finalmente
- eravamo
riusciti ad eludere
- gli
impegni di lavoro.
- Perle
di baci,
- velluti
di carezze,
- il
cuore in cerca di delicate
- effusioni.
Eravamo finalmente
- soli.
Nel prato vicino al paese.
- Tu
mi stringevi ingenua,
- giravi
lo sguardo in cerca di falene
- in
mezzo alle stoppie del frumento,
- a
quando a quando qualche rosso
- papavero,
fuggito
- alla
falciatrice, si nascondeva
- vicino,
sotto una buca di terra.
- E
noi due in cerca di perle di luce,
- il
canto solitario
- d'un
grillo, il sospiro
- d'una
libellula tra l'erbe
- del
prato.
-
-
- I
colori della laguna
-
- Graziosa
fanciulla, dal sorriso
- fatto
di vento mi hai mosso una forte
- simpatia;
più non so distaccare
- lo
sguardo dal tuo volto sfuggente
- e
misterioso. Sei venuta a chiamarmi
- che
è ora di partire per la strada
- ventosa,
in mezzo a folle
- di
veicoli veloci e rumorosi.
- Ci
saranno i ponti, le fantasie
- dei
palazzi, che crescono dall'acqua.
- Fanciulla,
dal fare
- misterioso
e istintivo,
- accompagnami
dove vendono
- i
colori della laguna,
- gridi
di gabbiani e lo sciacquettio
- dei
canali al passaggio
- d'un
vaporetto.
-
- Lasceremo
un po' del tuo fresco
- sorriso,
una treccia di voce
- e
tante lacrime di nostalgia.
- Fanciulla,
vestita di solitudine
- e
silenzio, fa che il tuo fascino
- non
accechi quello della laguna.
-
-
-
- È
lungo il tragitto
-
- È
lungo il tragitto che va alla prima
- infanzia;
mi ricordo le favole
- che
mi narravi sotto il bel glicine
- ed
il sazio aroma del gelsomino.
- Allungavi
la mano e mi mettevi
- il
fiore vicino al naso, d'istinto
- mi
tiravo indietro. Le amiche a volte
- tardavano
per il caffè. Il marito
- forse
era geloso. Alla chetichella
- giungevano
con le nuove del giorno.
- "La
Marisa ha partorito un bambino,
- bello,
dicono; ma il padre sostiene
- che
non è suo. Sfortunata ragazza!"
- Incontri
con amiche; cavallucci
- di
pezza che mamma stessa costruiva.
- Tonfi
per terra, il vestitino bianco
- diventava
nero e così le mani,
- che
solerte lei puliva. La mia gioia
- di
vivere e di crescere. Se ne andò
- l'estate
di quella prima infanzia,
- ci
ritrovammo il freddo tra le mani.
- Mammina
che d'inverno
- parlava
poco; il glicine, il bel lilla,
- erano
degli stecchi spogli stantii.
- Come
vorrei, mamma, che si potesse
- ritornare
al profumo del glicine
- ed
ascoltare i tuoi consigli; il breve
- saluto
al mattino, la compostezza
- a
tavola...
-
-
- Nella
vecchia casupola
-
- Acquartieriamoci
da soli
- nella
casetta abbandonata
- e
viviamo dimentichi
- delle
preoccupazioni,
- delle
estroverse manate degli inganni.
- Attendiamo
che arrivi la mandria
- che
sale alla malga. Passeranno
- prima
delle luci dell'alba.
- La
Rossa ci desterà
- con
i suoi muggiti e suoni
- di
campanacci. Il buio presto
- ci
riporterà il sonno.
-
- Restiamo
in questa vecchia casupola
- da
pastori a raccogliere raggi
- di
luna per farli fuggire assieme.
-
-
- Vendita
al dettaglio
-
- Chissà
dove va la Lella, la sera,
- quando
i bambini stanno per finire
- di
cenare! Sculettante e formosa,
- viene
avanti spedita.
- Non
guarda in faccia
- nessuno.
Mi metto
- in
prima fila per salutarla.
- Lei
tira avanti diritta.
- Resto
senza parole,
- avvilito.
Mi guardo le mani,
- il
viso sulla lastra della finestra.
- "non
sono poi da buttare!".
- Lei
continua, al primo vicoletto
- gira
e avanti per strade mute
- di
traffico, avanti per viuzze,
- vicoli
e stradine. Tranquilla,
- impassibile
si apposta
- al
suo angolo, con la sigaretta
- accesa
e aspetta... Si ferma
- un'auto:
"Quanto vuoi?"
- Ribrezzo,
pena, la voglia
- di
tirarla fuori dal giro!
- "Quanto
vuoi?"
- Sale
sull'auto, si allontana
- per
pochi minuti e torna
- con
addosso la puzza rancida
- e
stantia di quell'uomo.
-
- Stanca,
umiliata
- lascia
il vicoletto, spento nel buio,
- seminato
di carte sporche,
- preservativi...
Odore di urina.
-
-
- Il
passaggio per la tua anima
-
- Una
ragnatela polverosa,
- gonfia
di mosche chiude il passaggio,
- che
porta alla tua anima. A destra
- ed
a sinistra, buio assoluto,
- sempre
nuove muffe e ragnatele
- accecano
l'ingresso. Non fuggire.
- Perché
ti arrocchi in quel tacere
- arrabbiato,
che porta
- all'incomprensione,
alla sconfitta?
- Insegnami
la strada...
- Vedrai!
Sarà bello aprirsi l'un l'altro,
- attestarsi
su posizioni di mutua
- comprensione.
Lascia aperta la strada,
- che
porta allo scrigno, dove sono
- custoditi
i tuoi più intimi segreti.
-
-
- Accompagnami
al lido
-
- Accompagnami
al lido
- dove
gli scogli spezzano
- le
manate delle raffiche.
- Accompagnami
dove il mare
- conversa
solitario con le voci
- degli
aridi arbusti
- e
le mani delle onde
- abbracciano
le rocce.
- Accompagnami...
- Sarò
sibilo di vento
- che
fugge oltre l'orizzonte
- treccia
di sole che strega
- con
diafani lucciolii
- le
crespature turchine
- docile
alfabeto di parole
- che
toccano la tua anima,
- quando
inalberi
- la
vela dell'indifferenza
- e
diventi sorda
- ai
miei vellutati sussurri.
|