Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Rino Passigato
Ha pubblicato il libro

  

Uomini e natura - Rino Passigato
 
 

 

 

 

 
 
 
Collana I gigli (poesia)
 
15x21 - pp. 44 - Euro 5,00
 
ISBN 88-8356-999-7
Prefazione
Poesie

Prefazione
 
Tra le pieghe della vita rimangono i palpiti del cuore, le calde carezze, gli entusiasmi, le delusioni, e Rino Passigato si sente "invischiato nella pece del malumore", si ritrova ad aspettare i colori dell'aurora per spegnere la tristezza e, tra sommessi ricordi e acute riflessioni, molla gli ormeggi, si racconta pacatamente, con discrezione, con quella sincerità che lo contraddistingue nella sua lunga esperienza letteraria.
Ecco allora che il "frascare delle betulle, il profumo di timo, i rossi campi di papaveri, la voce sommessa dei boschi" fanno dimenticare l'egoismo e la falsità, e quel passeggiare solitario in un consolatorio album d'immagini, non è altro che l'ultimo disperato tentativo di ritrovare la speranza dopo la disperazione, la melodia "dell'ultima danza d'autunno" d'un uomo che vede svanire il tempo: le sue parole in libertà ne sono l'esempio più lampante come il commovente ricordo degli appuntamenti mancati con la bella fanciulla bruna, "restìa ai baci" o quel rimembrare la "bisbetica solitudine" in cui si chiudeva nella sua stanza e infine l'eco dei rimpianti, dei sussurri e sorrisi, a scoperchiare le "parole nascoste nel cuore", a sottrarre alla memoria gli spiragli delle immagini e delle sensazioni di quei giorni passati.
Ora il soffio della brezza stacca le foglie dagli alberi come fossero giorni e nel diario esistenziale rimane un "volo sottile" verso "ingenui splendori" e pare di avere davanti Rino Passigato mentre ormai sorride dell'"incerto arrancare sugli ardui/enigmi della vita", intento a cogliere i "sussurri nel vento": e le sue parole sembrano fatte di sole, di vento, di luna e di maree, scivolano sui muri della memoria, avvolgono le fronde e immancabilmente cadono al suolo, l'arido terreno del presente.
Le voci amiche sono rare, il silenzio alimenta l'amarezza, la vita pare un continuo muoversi tra "chiaroscuri", e lui, davanti ad un tramonto anemico, con gli occhi coperti dalle nuvole seppur legato a questo mondo con un filo di fiato, con un riflesso di voce, con un lontano profumo e con i colori della memoria, coraggiosamente porta il suo cuore oltre l'ostacolo: "in attesa del divenire", mai dimenticando quel "sapore di libertà", quella coscienza di sé, quel mondo poetico che sgorga da un cuore che offre come dono il palpito intimo, il lirismo essenziale, un senso di pace inconsueto.
 

Massimiliano del Duca



 
Poesie

 
I COLORI DELL'AURORA
 
 
Non so quante volte ho atteso
l'aurora colorare le pieghe del
cielo, quante volte ho cercato
una farfalla flirtare con un fiore.
Non so, bimba mia,
quante volte ho atteso che cessasse
il tuo pianto. Ora che sei cresciuta
vieni a spegnere la mia tristezza.
Aspettiamo ancora i colori dell'aurora
che affreschino gli occhi del cielo;
ma non sarà come quando al loro apparire,
saltavi giù dalle braccia e ti mettevi
a danzare. Non ci sono più fate e maghi
che vengano a darci ad intendere
che le stelle sono lucciole, che
le fragole del bosco ci strizzano l'occhio,
quando passiamo. Ora c'è la Bora,
che fischia e ulula e porta
grossi ghiaccioli sulla fontane,
sulle finestre, ricopre le piante
di brina. Urla e fugge, portandosi
con sé i nostri segreti
e le fragole del bosco.

 
GRAZIE
 
 
Non ti posso regalare il raggio
obliquo, che entra dalla finestra,
né i capricci della brezza,
che s'arrotano nei tuoi capelli,
la fetta di luna, che civettuola
si mostrava nel cielo
di ieri sera, posso solo farti
ascoltare i bizzarri scalpiti
di questo cuore, rinfocolarti
con calde carezze, quando il vento
della fortuna è gelato,
dirti grazie per aver vestito
il mio cammino con gioie
di primule e giacinti.
Grazie per i vagiti
di nuova vita, che vanno crescendo
nel tuo grembo...

 
DIMENTICA
 
 
Sono invischiato nella pece del malumore.
Le fresche delusioni?
Le indigeste calunnie?
Dietro alla montagna troverai
altri colli ebbri d'aria resinosa,
il prato lilla delle eriche,
il ghiotto profumo dei finferli.
Ascolta...
la voce sommessa dei boschi,
i delicati bisbigli del Creato.
Dimentica...
la pesante superbia del vicino,
l'affollata siepe di egoismo
che ti circonda,
la fatica di regalare il ben accetto
alle false amicizie. La sera sosta
sul fascio immacolato
dei raggi di luna,
il mattino sulle stelle di rugiada,
sul lieto sfrascare delle betulle,
sui sospiri dei prati,
sui rossi entusiasmi dei campi di papaveri.

 
LA FORSIZIA
 
 
Vado a strapparti un fiore. Ti ricordo
ancora serena e, quando passo
per queste vecchie strade, penso
al tuo andare incerto e,
gli ultimi tempi... traballante.
Una garbata imprecazione
e continuavi, aggrappata a me.
Mi parlavi di cose d'infanzia
innocenti. Ora passeggio da solo;
ti vedo venirmi incontro, un ramo
di forsizia tra le mani.
Sfogo con te i miei ultimi dolori.
Mi consoli, ti allungo una mano;
ma la pietra del cavalcavia è fredda.
Mi siedo su un gradino e attendo
che ritorni; intanto fingerò
di narrarti la mia tristezza.

 
NOSTALGIE
 
 
Non so se sulle acacie torneranno
le leggere voci delle cicale.
Non so se torneranno le piroette
delle rondini in quest'aria inficiata
da rutti di ciminiere. E dobbiamo
accettare i dispetti dei refoli
contagiati da bubboni alfa e gamma.
Non so se i rami del vecchio platano
gemmeranno ancora copiosi. Sono
affollati da nuvoli di corvi,
che dispettosi attendono il tramonto
per riempire l'atmosfera del loro
verso. Speriamo che l'aria profumi
di fresco pulito, dopo gli irruenti
temporali e abbia il gradito sapore
del glicine a primavera. Da quando
è esplosa Chernobyl sono scomparse
farfalle e libellule ed i fiori hanno
l'aspetto di chi ha avuto la pellagra.
Qualche agile passero girovaga
per l'aria sozza per le radiazioni
di Chernobyl...

 
LA MELA
 
 
E fummo creta senz'anima, creta
da plasmare e divenimmo uomini,
fatti di voci, d'aria e profumo
di bosco. Ci portarono cibi
d'oro, stelle lucenti, sacchi
di frutta. Tutto rifiutammo;
preferimmo la mela rosseggiante,
regalataci dalla sinuosa serpe.
Lei ne inghiottì
un boccone. Fissai curioso
le sue vergogne, che a mala pena
copriva con le mani. Lui ci fece
vestire con foglie di fico. E
divenimmo esseri mortali,
vapori d'anima e soli splendenti
accanto a Lui; molti presero forma
di serpe, di urla, di pianti
e ci fu il fuoco, che ci mostrò
Caronte. I parenti morti divenivano
nulla e si accesero fuochi, perché
ci guidassero nella notte.
E divenimmo nomadi, vestiti
di stracci e scarpe di spago.


LA BALBUZIE DEL VENTO
 
 
Dimmi perché Ti nascondi nel tuono
che spaventa le stelle,
nel vento che fugge abbattendo
le messi; mi accarezzi
con i colori di una margherita,
mi osservi dalle crepe di una zolla?
Mi dai speranza, dove prima
la disperazione si accapigliava
con l'odio. Mi fai aprire gli occhi
al mattino e lodare
le note melodiose
d'un usignolo, coccolare
i teneri colori dell'aurora,
rabbrividendo al rantolo del buio,
che se ne sta andando: forse attendi;
che cessino l'odio, il sangue, le guerre
per far crescere l'uomo
in un nido d'amore?
Ti supplico. Vieni. Bussa alla porta,
siediti al mio tavolo,
dimmi come sono roventi
le carezze del sole,
il farmaco per correggere
le balbuzie del vento, quanto è immenso
il campo dove riposano
secoli passati.

 
DONA LE MIE PAROLE
 
 
Ascolta le mie parole dicono
di pace, di libertà.
Nel tremila vengano suonate
dai flauti e dai cembali delle galassie
e giungano alla gioia del Creatore.
 
Dona le mie parole al violino
che le suoni dietro le nubi e i cirri
e desti i piccoli folletti,
che vi sono nascosti ed inizino le danze.
Porta le mie parole, colorate
di biondi pigmenti e del rosso
dei papaveri a ballare nell'azzurro del cielo
assieme alle musiche degli astri.
 
Lascia le mie brevi parole
alla storia di uno strumento
spaziale del tremila,
che le diffonda di là della terra,
di là della luna ed illumini
di dolci melodie la solitudine degli astri.

 
IDILLIO CAMPESTRE
 
 
Il fuoco d'un raggio di sole brucia
una goccia di rugiada; la foglia asciutta
brilla di verde e si distende all'aria.
 
Brevi insetti mattutini inseguono
i vapori di rugiada, che stanno
coprendo le grosse piante di foschia.
 
Da una stalla ritorna allegro il suono
d'un cembalo, che fa danzare
i prati ed i folti boschi vicini.
 
Attendo il sole del mezzodì, perché
si riscaldi il tremante agnellino,
nato da pochi giorni.
Lento s'incammina il gregge al pascolo
tra le prime piante del bosco scopre
succose fragole e dolci mirtilli.
 
Giunto dal chiasso della città;
mi rallegro di questi brevi suoni.
Il rombo profondo e maleducato
del tuono mi sconvolge e mi stizzisce,
salto da un sasso a una ruvida roccia,
da una buca a una breve rampa e gioisco
ad odorare i profumi di timo...

 
L'ULTIMA DANZA
 
 
Anche tu, piccola foglia d'acero,
oggi indossi l'abito giallo rosso,
per l'ultima danza d'autunno. Un soffio
leggero, tosto inizi a dondolare,
a girare sul ramo. Un lieve refolo
ti titilla, ti diverte, ti sei
scordata ch'è l'ultima danza.
Il vento aumenta la sua forza,
la povera forza volteggia, s'arrota,
si gira, trema. Un colpo fatale
la stacca e cade. Al suo posto
sorride tosto una gemma.


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