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Prefazione
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- Eroi
di paese
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- Quando abbiamo
scritto qualcosa per il suo libro di poesia, abbiamo
chiamato Roberto Cossari il poeta del contingente, del
provvisorio, dell'attimo fuggente; spiegando che vi
trovavamo "una modesta sublimazione della
semplicità di ogni giorno", e che questo non
diminuiva il valore letterario della creazione, ma lo
rendeva per quello che è e vuole essere. Il
Cossari del teatro non si discosta, è lo stesso
sotto altra forma.
- La vita, del resto,
è quella che è per ciascuno di noi, la
scelta è accettarla o rifiutarla, subirla o
sublimarla. Il luogo, l'ambiente, il linguaggio, i
vizi e le virtù della condizione sono sotto i
nostri occhi: il poeta semplice e ingenuo, o che finge
di esserlo, li coglie e ne fa verso, o scena di
teatro: piccoli o grandi drammi, o sempre il dramma
solo della vita, che è decidere cosa farsene,
se lasciarsi trascinare dal caso o in qualche modo
imprimere agli aventi una qualche nostra
volontà. Tutti gli esseri umani, e ciascuno,
sono posti di fronte a questo momento tragico, ma non
tutti allo stesso modo, bensì secondo le
circostanze. Per qualcuno dunque il dramma della vita
assume il volto della tragedia, per molti altri quello
della banalità, del quotidiano, del comico: ma
è solo differenza di forma per differenza di
situazione; direi, teatralmente, di sfondo.
- E, per chi conosce
il sottinteso dei versi e del teatro del Cossari, che
è il paese innominato ma presente, nelle scene
di questa tragedia buffa, di questo dramma comico,
c'è molto della malinconia ironica,
dell'allegria triste, dell'intensità
stemperata, della risata falsa di un paese di gente
troppo intelligente e troppo poco volitiva; e troppo
schiava dei sogni e delle parole per dar corpo alle
idee; e troppo piena di idee per accontentarsi del
sopravvivere; e che fa condurre gli anni aspettando la
vita piuttosto che vivendo: Cardinale. Una condizione
infelice, ma di un'infelicità con la quale si
convive benissimo tra frizzi e giochi, tra ironia e
sorriso.
- Ecco il paese in
scena dove gli uomini maturi piangono la propria
sventura di essere condannati a lavorare, e poi si
scopre che tutta la fatica è stata un'ora o
due; dove i giovanotti si lasciano coccolare dalle
mamme e vanno in cerca di donne amanti che presto
saranno le loro secondo mamme per tutta la vita, e li
coccoleranno per poterli comandare; e dove le donne,
mamme e amanti, recitano bene la parte delle serve
padrone. In questo ambiente un uomo può
trascorrere lunghi decenni tranquilli: vivere no, ma
non se ne accorgono e credono, alla fine, di essere
vissuti.
- Un tale sia pur
latente e sorriso dramma esistenziale, può
essere espresso nel semplice linguaggio del paese, che
è a volte banale, a volte crudo, quasi mai alto
e letterario? Forse sì, ma occorre
quell'abilità che Cossari ha già
dimostrato, di saper apparire ingenuo e semplice anche
quando vuol dire cose inquietanti e comunque
importanti. Ed è un piccolo capolavoro di
fantasia, riuscire a far buon uso del dialetto, non
senza la sua quotidianità e durezza, per dare
una dimensione piccola a dei drammi
universali.
- Domandiamoci ora se
questo testo è dotato delle virtù di un
lavoro teatrale. A leggerlo, pare di sì, con le
sue scene serrate e veloci, e le battute lapidarie e
taglienti. Ma altro è leggere, altro è
sottoporre un lavoro alle prove aleatorie e pericolose
del palcoscenico. È solo in teatro che un testo
si sottopone ad una sorta di collaudo; e gli umori
degli spettatori sono il vero banco di prova della
tenuta di una storia e della tensione scenica. E solo
dopo aver affrontato il rischio del sipario che una
commedia inizia quasi a vivere di vita propria, e a
modificarsi anche lontano dalle stesse intenzioni
dell'autore.
- Qualche prova sul
palcoscenico c'è stata, e con successo.
Auguriamo dunque a Roberto Cossari un pubblico
intelligente e benevolo in molti altri teatri. E di
esserci in mezzo anche noi.
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Ulderico
Nisticò
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- PRESENTAZIONE
- di Franco
Calabretta
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- Una storia nata
dall'entusiasmo per "le scene", dalla nostalgia
ritrovata nei momenti di svago dagli impegni dello
studio; nata dal desiderio di una cosa tanto lontana
da poter con tranquillità prendere in
giro.
- I ricordi di un
mondo continuamente infangato dal briluccichio delle
insegne del progresso e degli effimeri bisogni, che
strappano le genti dal suolo natio; per contro,
travolto dallo stesso uragano che soffia sull'ozio e
sull'ignoranza, dai quali è perennemente
sommerso.
- Così trovano
posto, nel racconto, le figure di una realtà
fatta di scelte difficili e di compromessi, inibite
dal freno del passato e dalla corsa verso il
futuro.
- "In media stat
virtus": nel mezzo sta - in questa storia - la madre,
arbitro accomodante nelle dispute; padre e figlio
scontenti, il primo del mondo che lo circonda ed il
secondo della propria condizione. Attorno, il compare
e gli amici, coro onnipresente in un luogo di rapporti
così intensi e ravvicinati tanto da doversene
difendere, paradossalmente, con l'isolamento (le
quattro mura di una casa, le impervie colline, una
città sconosciuta).
- Un mondo, dunque,
che per essere capito esige la conoscenza ed il
contatto diretto di chi, con disprezzo, lo definisce
"provinciale"; parte di un quotidiano rimasta a misura
d'uomo, che dovremmo incominciare ad apprezzare, a
difendere ed a sorridere sopra.
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Roma,
11.12.1989
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Entra la madre di Vito
seguita dal marito che, poggiando la coppola sullo
schienale della sedia, prende posto a tavola.
Madre: Dai su,
mangiamo prima che si raffreddi... è da mezz'ora
che è pronto: non vi decidete mai di ritirarvi
quando è ora di cena!
Padre: Meno
male, va' ... un boccone di cibo caldo ci voleva
proprio.
Vito:
(entrando con fare stanco ed aria affaticata)
Unao sedia... dov'è una sedia? Sono a
pezzi, sconquassato, ho la schiena piena di curve (prende
una sedia e si mette a tavola, sbracandosi).
Madre: Dai
figlio, mangia altrimenti si raffredda. (Rivolta al
padre) Guarda com'è conciato, ma che cosa gli
hai fatto fare?
Padre: Che cosa
gli ho fatto fare? Gli ho fatto raccogliere un po' di
nocciole... e dopo dieci minuti già s'arrotolava
per terra...
Vito: Le
nocciole a terra si raccolgono...
Padre:
Sì, con la lingua!
Madre:
(rivolta al marito) Bruno, io sono contenta che
lui viene con te ad aiutarti, invece di fare il vagabondo
in giro per le strade; comunque non fargli prendere cose
pesanti, perché adesso si trova nel periodo dello
sviluppo...
Padre:
Sì, dello sviluppo... non lo vedi, ha trent'anni
ed ancora non sa come si deve stare a tavola; lo so io
che cosa gli sviluppa!
Vito:
Trent'anni... oh papà, ne ho diciotto, non
trenta!
Padre: Trenta...
diciotto... il buongiorno si vede dal mattino. E poi,
questo lo vuole, quello non lo vuole; la cipolla la mette
di qua, l'aglio di là; e il pepe gli brucia il
palato... aspetta che ti chiamano soldato, così
poi conosci la buona cucina! Guarda dentro al tuo piatto
sembra che giochi al gioco dell'oca!
Vito :
Papà guardate che se continuo così il
sottoscritto il militare lo fa a casa. Mi dovete spiegare
come fanno a prendermi con questa cassa toracica? Poi,
con questa fatica chi mi stravolge, mi sto riducendo a
tre ossa... io sono fatto per altre emozioni, non per la
guerra. Siamo gente delicata!
Padre: Tre ossa,
tre ossa: quello che mangi non ti basta nemmeno da farti
crescere la barba! Ricordati che i vecchi saggi dicevano
che il buon lavoratore si vede da come mangia. Quei
quattro bocconi di roba che mangi chissà dove
vanno a finire! Ma io lo so quello che fai in giro,
perché tu sei un "delinquente"...
Madre: Ma che ne
sai, che ne sai... Tutto il giorno trascorso tra i
noccioleti. E poi sono ragazzi, si vogliono svagare ogni
tanto; chissà quante ne hai combinate tu alla sua
età!
Vito: E
diglielo, mamma, diglielo...
Padre: Io voglio
sapere perché tu lo difendi sempre! E questa
"schifezza" ne approfitta... guarda come se la ride sotto
i baffi. (rivolto al figlio) Hai trovato tua mamma
che ti dà le mille lire, eh? Dicevano bene gli
antichi che "mazzate e panelli fanno i figli
belli"!
Vito: Beh! Che
sono bello non lo puoi mettere in dubbio: sembro un
attore, certo che però se mi davate meno botte
potevo crescere anche più dritto!
Madre: Figlio,
l'albero va raddrizzato quando è tenero, lo
dicevano anche i vecchi saggi...
(fa una carezza al
figlio)
Vito: Qui mi
sembra che stasera gli antichi sono tutti contro di me:
lascia che batta la ritirata, và! (e si alza)
Padre: Lo vedi?
Il maiale si è saziato ed adesso va a sdraiarsi
sulla paglia.
Vito: Veramente,
se non vi dispiace dovrei uscire: devo sbrigare cose
urgenti ... Papà, questa sera la vedo nera! (ed
esce)
Padre: Eh
già, la pancia piena, la tasca piena ed il giovane
baldo è pronto a fare il "gagà".
(rivolgendosi alla moglie) Senti Rosa, questa casa
sta diventando un albergo; qualche sera di queste a
quella porta inchiodo tante di quelle tavole che non la
si riesce ad aprire nemmeno con la dinamite. E tuo
figlio, digli di andare a trovarsi un posto letto da
quelle "puttane" che frequenta...
Madre: Bravo,
così gli fai anche un favore!
Padre: (si
versa un bicchiere di vino e mentre lo guarda in
controluce) Gioventù bruciata!!
Si sente bussare. La
madre si avvia alla porta ed entra il compare
Mico.
Compare Mico:
È permesso, compare Bruno?
Padre: Ah,
entrate compare Mico, entrate.
Compare: Buona
sera compare Bruno, buona sera comare Rosa, scusate se
disturbo...
Madre:
(offrendogli il posto a tavola) Favorite compare
Mico...
(Prende un'altra
sedia ed incomincia a lavorare a maglia).
Padre: Ma quale
disturbo, anzi scusatemi se vi ho fatto chiamare a
quest'ora... accomodatevi! (mentre il compare si siede)
ecco qui un bicchiere di vino (intanto entra il figlio,
tutto cambiato d'abito e si va a specchiare davanti lo
specchio sul muro, alle spalle del padre)
Vito: Buonasera
compare Mico.
Compare: Ciao
Vito, stasera si esce?
Vito: Eh,
sì!
Madre: E comare
Maria... come sta?
Compare: Eh,
comare, come volete che stia... sempre dentro casa.
Adesso ha finito di sparecchiare la tavola perché
si deve mettere a stirare le camicie dei figli: passa il
tempo sempre lavando. Eh sì, perché una se
la tolgono e una se la indossano (beve). Compare
Bruno, questi giovani sembra che non si lavano mai, oggi
come oggi sudano anche i vagabondi!
Padre: Compare,
non parlate di vagabondi; e non sia mai che nominano il
lavoro!! Lo vedete quello? (rivolgendosi al figlio che
si fa lindo davanti allo specchio) Non ne vuole
né per Dio né per i Santi (la madre si
fa il segno della croce). La mattina come arriviamo
nei noccioleti, lui non vede l'ora di riprendere la
strada del ritorno...
Vito:
(intervenendo nel discorso, mentre si aggiusta i
capelli) Papà, se fosse per voi sarebbe una
strada senza ritorno... Posso stare dietro a voi? Io ho
altre esigenze: esigenze giovanili! Qui, lo dico a voi,
qui, in questo paese sono sprecato! Comunque, in tutti i
modi, fatemi andare... perché stasera la vedo
nera: arrivederci compare Mico.
(mentre sta per
uscire, rivolto al padre) E mi raccomando domani
mattina alle otto... (e sparisce)
Padre: Senti,
ragazzo "giovanile", domani mattina sveglia alle sei e
senza discussioni, altrimenti attacco il tuo letto al
Lamborghini (trattore) e ti faccio svegliare in
mezzo ai noccioleti... è andato via!!!
(rivolto al compare)
Credetemi, dieci minuti fa sembrava morto dalla
stanchezza; arriva quest'ora e sembra che
resusciti!
Compare: Compare
Bruno, anzi, voi li vedete almeno all'ora di cena; i miei
figli sembrano fantasmi: io torno e loro spariscono.
Padre: Gli amici
li rovinano, ascoltate me: sembra che li tirino dalle
gambe come i diavoli. Ma poi, oggi, in questo mondo di
ladri, non sai né che fanno, né dove
vanno... e che cosa prendono: tutti questi allucinogeni,
cocaina, marijuana, li sentite per televisione, no? Donne
per le strade e giornaletti scandalistici... (a bassa
voce verso il compare) Si chiude in bagno per ore,
per toccarsi. (ad alta voce) Si distruggono da
soli!!!
Compare: Certo
che ai nostri tempi la vita era più semplice,
più sana: vi ricordate? Ci svegliavamo tre ore
prima del sole come gli asini, a mezzogiorno ci
mangiavamo anche le pietre del fiume e la sera a dormire
come le galline: che bella vita del "cazzo"... e scusate
la frase, comare!
Madre:
Figuratevi, compare Mico, in questa casa siamo
abituati: tra padre e figlio ne volano Spiriti Santi al
giorno...
Padre: Eh,
però avete ragione compare, avete proprio ragione!
A quei tempi non giravano tutte queste donne: eri
fortunato se a qualcuna le intravedevi le gambe mentre
stava per raccogliere le nocciole... Oggi, ne vedi gambe!
Ed anche qualche altra cosa!
Prendiamo l'esempio di
quella "schifezza" di mio figlio Vito: lavorare non gli
importa, eppure vedete, alle donne ci tiene: come ne vede
qualcuna si volatilizza.
Compare: Oggi
hanno tutto: le macchine, il denaro, i divertimenti e per
non parlare di donne: avete presente "Colpo Grosso"? Mi
spiegate che cosa gli interessa che vivono in mezzo
all'aria inquinata? Ragionano proprio come quel grande
uomo: "meglio un giorno da leone che cento da
pecora!".
Padre: Mah! In
tutti i modi sapete anche come si dice: "Di notte leone e
di giorno coglione!!!"
Compare: Ah!
Questo lo potete dire forte: una volta erano svegli, non
come questa gioventù di adesso. Vi ricordate,
compare Bruno, quando andavamo a rubare le ciliegie e le
fave di notte: non ci serviva la lampada! Dove passavamo
noi era peggio di una mandria di capretti!
Padre: Dove
andremo a finire... dove andremo a finire?! Ogni giorno
il mondo va a peggiorare: la gente perspicace diventa
asini e gli asini diventano perspicaci!
In tutti i modi,
compare Mico bevete questo altro bicchiere di vino, alla
salute di noi altri... (prende la bottiglia per
versare il vino)
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- Entra la madre di
Vito seguita dal marito che, poggiando la coppola
sullo schienale della sedia, prende posto a
tavola.
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- Madre: Forza
su, mangiamu prima u si rifridda ... ava menzura
ch'è prontu: non vi diciditi mai 'u vi
ricogghjti quandu è ura.
- Padre: Menu
mala, và ... na vuccata e mangiara caddu ci
volia propiu.
- Vit: (entrando
con fare stanco ed aria affaticata): Na seggia ...
duv'è na seggia? Sugnu pezzijatu, scunquassatu,
haiu a schina curvi curvi (prende una sedia e si mette
a tavola, sbracandosi).
Madre: Eia
figghju, mangia ca si rifridda. (Rivolta al padre)
Guarda cuomu è cumbinatu, ma chi ci facisti u
facia?
- Padre: Ca
chi ficia u fàcia? Quantu u si cogghja quattru
nuciji... duoppu dieci minuti già
s'arruocculava 'nterra ...
- Vito: I
nuciji 'nterra si ricogghjanu ...
Padre:
Sì, cu a lingua!
Madre:
(rivolta al marito) Brunu, io sugnu cuntenta ca
vena cu tia u t'aiuta, invece u facia u vacabondu si
strati strati, comunque onnu fara u pigghja cuosi
pisanti, ca mò esta 'ntro periodu do sviluppu
...
Padre:
Sì, u sviluppu ... onnu vidi, ava trent'anni e
ancora non s'imparau u stacia mancu alla tavula; u
sacciu io chi ci sviluppa!
Vito:
Trent'anni... oh tà, 'ndaiu diciuottu, o
trenta!
Padre:
Trenta... diciuottu... u bongiornu si vida da matina.
E pua, chissu u vola, chiju onnu vola; a cipuja a
menta e ccà, l'agghju e jà; e u pipi ci
fruscia u palatu... aspettu u ti chiamanu sordatu, ca
pua ti 'npari a bona cucina. Guàrdati 'ntro
piattu, para ca juochi allu juocu
dell'oca!
-
- Vito:
Tà guardàti cà si continuu
accussì il sottoscritto u militari su facia
alla casa. Mu spiegati cuomu fannu u mi pigghjanu cu
sta cassa toracica? Pua, cu sta fatiga chi mi sdomija
mi staiu riduciendu a tri ossa... io su fattu pe' atri
emozioni, o pe' a guerra. Simu gienti delicati...
- Padre: Tri
ossa, tri ossa: chiju chi ti mangi on t'abbasta mancu
u ti criscia a varva! Ricordati ca l'antichi dicianu
ca u buonu lavoratori si vida e cuomu mangia. Chiji
quattru vuccati e robba chi ti 'mbucchi cu u sapa duva
vannu a finira! Ma io u sacciu chiju chi fai 'n giru,
ca tu si nu "delinquenti..."
- Madre: Ma
chi sai, chi sai... Tuttu u jornu jettatu 'ntra chiji
nucijari. E pua sugnu ragazzi, vuonnu u si svaganu
ogni tantu; cu u sapa quantu 'nda facisti tu
all'età sua!
- Vito: E
dincilu, mà, dincilu...
- Padre: Io
vuogghju u sacciu pecchì u difiendi sempa! E su
fetusu 'nda approfitta... guarda cuomu sa rida sutta i
baffi. (rivolto al figlio) A trovasti a mammata
ca ti passa i milli liri, eh? Dicianu buonu l'antichi
ca "mazzate e panelli fannu i figghj belli"!
- Figlio: Beh!
Ca sugnu bellu onnu pua mentira in dubbiu: paru
n'attori, certu ca però si mi jettavavu menu
mazzati potia criscira puru cchiù
dirittu!
- Madre Figghju,
l'arvuru vacia addirizzatu quando è tennaru, u
dicìanu puru l'antichi ...
- (fa una carezza
al figlio)
- Vito:
Ccà mi para ca stasira l'antichi sugnu tutti
cuntra e mia: assa u battu a ritirata va!
- (e si alza)
- Padre: U
vidi? U puorcu si gurdau e mò vacia u si jetta
'ntra pagghja.
- Vito:
Veramente, si non vi dispiacia avaria u nesciu: haiu u
sbrigu cuosi urgenti ... A tà, stasira a viju
nigra! (ed esce)
- Padre: E
già, a panza chjna, a tasca chjna e u giovani
baldu è prontu u facia u gagà.
(rivolgendosi alla moglie) Senti Rosa, sta casa
stacia diventandu n'ostellu; 'ncuna sira e chisti a
chija porta ci 'nchjuovu tanti e chiji tavoli nuommu
si apara mancu cu a dinamiti. E tuo figlio, u vacia u
si trova liettu jà chiji puttani chi
frequenta...
- Madre:
Bravo, accussì ci fai puru nu favori!
- Padre:
(si versa un bicchiere di vino e mentre lo guarda
in controluce) Gioventù
bruciata!!
-
- Si sente bussare.
La madre si avvia alla porta ed entra il compare
Micu.
-
- Compare
Mico: È permessu, cumpara Brunu?
- Padre: Ah,
trasiti cumpara Micu, trasiti.
- Compare:
Bona sera cumpara Brunu, bona sera cummara Rosa,
scusati si disturbu...
- Madre:
(offrendogli il posto a tavola) Favoriti cumpara
Micu...
- (Prende un'altra
sedia ed incomincia a lavorare a maglia).
- Padre: Ma
quala disturbu, anzi scusati a mia chi vi ficia
chiamara a chist'ura... accomodatevi! (mentre il
compare si siede) ccà nu bicchieri e vinu
(intanto entra il figlio, tutto cambiato d'abito e
si va a specchiare davanti lo specchio sul muro, alle
spalle del padre)
- Vito:
Bonasera cumpara Micu.
- Compare:
Ciao Vitu, stasira si nescia?
- Vito: E,
sì!
- Madre: E
cummara Maria... cuomu stacia?
- Compare: Eh,
cummara chi voliti... sempa intru. Mò finiu e
sparecchiara a tavula ca ava u si menta a stirara i
cammisi de figghj: sa facia sempa lavandu. E
sì, pecchi una sa caccianu e una sa mentanu
(beve). Cumpara Brunu, sti giovani para ca non
si lavanu mai, oggi come oggi sudanu puru i
vacabundi!
- Padre:
Cumpara, non parramu e vacabundi; e non sia mai u
nominamu a fatiga!! U viditi a chiju? (rivolgendosi
al figlio che si fa lindo davanti allo specchio)
on da vola né pe' Dio né pe' i Santi
(la madre si fa il segno della croce). A matina
cuomu arrivamu 'ntre nucijari, non vida l'ura u
pigghja a strata do ritornu...
- Vito:
(intervenendo nel discorso, mentre si aggiusta i
capelli) A tà si fussa pe vui sarìa
na strata senza ritornu... Puozzu stara appressu e
vui? Io, haiu atri esigenzi: esigenzi giovanili!
Ccà, ca vu dicu a vui, ccà, 'ntra stu
paisi sugnu sprecatu. Comunque, in tutti i modi,
facitimi u scappu... ca stasera a viju nigra:
arrivederci cumpara Micu.
- (mentre sta per
uscire, rivolto al padre) E mi raccumandu u matinu
all'ottu...
- (e
sparisce)
- Padre:
Senti, ragazzo giovanile, u matinu sveglia alli sia e
senza discussioni, altrimenti t'attaccu u liettu allu
Lamborghini (trattore) e ti fazzu u ti rivigghj
'ntre nucijari... fujiu!!
- (rivolto al
compare) Criditimi, dieci minuti fa parìa
muortu da stanchezza; arriva chist'ura e para ca
risuscita!
- Compare:
Cumpara Brunu, anzi ca vui i viditi almenu all'ura e
mangiara; i figghj mia paranu fantasma: io tuornu e
iji spariscianu.
- Padre: I
cumpagni i rovinanu, sentiti a mia: para ca i tiranu e
l'anchi cuomu i diavoli. Ma pua oja, in questo mondo
di ladri, on sai né chi fannu né duva
vannu... e chi pigghjanu: tutti sti allucinogiani,
cacaina, mariana, i sentiti pe' televisioni, no?
Fimmani ammienzu sti strati e giornaletti
scandalistici... (a bassa voce verso il compare) Sa
facia 'ntro bagnu urati sani, u si tocca. (ad alta
voce) Si distruggono da soli!!
-
- Compare:
Certu ca ai tempi nuostri a vita era cchiù
semplici, cchiù sana: vi ricordati? Ni
risbigghjavamu tri uri prima do sula cuomu i ciucci, a
menzijuornu ni mangiavamu puru i pietri da fiumara e a
sira a dormira cuomu i gajini: chi bella vita e
"cazzu..." e scusati a frasi, cummara!
Madre:
Figuratevi, cumpara Micu, 'ntra sta casa simu
abituati: tra patra e figghju 'nda volanu Spiriti
Santi u juornu...
Padre: Eh,
però aviti ragiuni cumpara, aviti propiu
ragiuni! A chiji tiempi non giravanu tutti sti
fimmani: eri fortunatu si a 'ncorchiduna ci
'ntravidivi i cuosci mentra era a cogghja nuciji...
Oja, 'nda vidi cuosci, e puru 'ntatra
cosa!
- Pigghjamu l'esempiu
e chiju fetusu e figghjamma
Vitu: allu lavoru non da vola e nenta, eppuru
viditi, alli fimmani 'nda vola: cuomu 'nda vida 'ncuna
si volatilizza.
Compare: Oggi
hanno tutto: i machini, i sordi, i divertimenti e pe'
non parrara de fimmani: aviti presenti "Colpu Grossu"?
Mu spiegati chi ci 'nteressa ca vivano a mienzu
all'aria inquinata? A ragiunanu propiu come quel
grande uomo: "megghju nu juornu da leoni ca cientu e
piecura!".
Padre: Mmah! In
tutti i modi sapiti puru cuomu si dicia: "Di notte
leone e di giorno coglione!!"
Compare: Ah!
Chissu u potiti gridara forta: na vota eranu sberti,
no sa gioventù e oja. Vi ricordati, cumpara
Brunu, quando jiamu u 'marrobbavamu ciarasi, e i favi
'ntra notta: on ni servia a lampada! Duva passavamu
nui era pieju e na mandra e crapi!
Padre: Dove
andremo a finira... dove andremo a finira?! Ogni
juornu jamu a peggiorara: i sberti diventanu ciucci e
i ciucci diventanu sberti!
- In tutti i modi,
cumpara Micu facitivi stu bicchieri e vinu, alla
saluti e nuatri... (prende la bottiglia per versare
il vino)
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