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               Prefazione
 
 
               
               
Eroi
               di paese   Quando abbiamo
               scritto qualcosa per il suo libro di poesia, abbiamo
               chiamato Roberto Cossari il poeta del contingente, del
               provvisorio, dell'attimo fuggente; spiegando che vi
               trovavamo "una modesta sublimazione della
               semplicità di ogni giorno", e che questo non
               diminuiva il valore letterario della creazione, ma lo
               rendeva per quello che è e vuole essere. Il
               Cossari del teatro non si discosta, è lo stesso
               sotto altra forma.La vita, del resto,
               è quella che è per ciascuno di noi, la
               scelta è accettarla o rifiutarla, subirla o
               sublimarla. Il luogo, l'ambiente, il linguaggio, i
               vizi e le virtù della condizione sono sotto i
               nostri occhi: il poeta semplice e ingenuo, o che finge
               di esserlo, li coglie e ne fa verso, o scena di
               teatro: piccoli o grandi drammi, o sempre il dramma
               solo della vita, che è decidere cosa farsene,
               se lasciarsi trascinare dal caso o in qualche modo
               imprimere agli aventi una qualche nostra
               volontà. Tutti gli esseri umani, e ciascuno,
               sono posti di fronte a questo momento tragico, ma non
               tutti allo stesso modo, bensì secondo le
               circostanze. Per qualcuno dunque il dramma della vita
               assume il volto della tragedia, per molti altri quello
               della banalità, del quotidiano, del comico: ma
               è solo differenza di forma per differenza di
               situazione; direi, teatralmente, di sfondo.
               E, per chi conosce
               il sottinteso dei versi e del teatro del Cossari, che
               è il paese innominato ma presente, nelle scene
               di questa tragedia buffa, di questo dramma comico,
               c'è molto della malinconia ironica,
               dell'allegria triste, dell'intensità
               stemperata, della risata falsa di un paese di gente
               troppo intelligente e troppo poco volitiva; e troppo
               schiava dei sogni e delle parole per dar corpo alle
               idee; e troppo piena di idee per accontentarsi del
               sopravvivere; e che fa condurre gli anni aspettando la
               vita piuttosto che vivendo: Cardinale. Una condizione
               infelice, ma di un'infelicità con la quale si
               convive benissimo tra frizzi e giochi, tra ironia e
               sorriso.Ecco il paese in
               scena dove gli uomini maturi piangono la propria
               sventura di essere condannati a lavorare, e poi si
               scopre che tutta la fatica è stata un'ora o
               due; dove i giovanotti si lasciano coccolare dalle
               mamme e vanno in cerca di donne amanti che presto
               saranno le loro secondo mamme per tutta la vita, e li
               coccoleranno per poterli comandare; e dove le donne,
               mamme e amanti, recitano bene la parte delle serve
               padrone. In questo ambiente un uomo può
               trascorrere lunghi decenni tranquilli: vivere no, ma
               non se ne accorgono e credono, alla fine, di essere
               vissuti. Un tale sia pur
               latente e sorriso dramma esistenziale, può
               essere espresso nel semplice linguaggio del paese, che
               è a volte banale, a volte crudo, quasi mai alto
               e letterario? Forse sì, ma occorre
               quell'abilità che Cossari ha già
               dimostrato, di saper apparire ingenuo e semplice anche
               quando vuol dire cose inquietanti e comunque
               importanti. Ed è un piccolo capolavoro di
               fantasia, riuscire a far buon uso del dialetto, non
               senza la sua quotidianità e durezza, per dare
               una dimensione piccola a dei drammi
               universali.Domandiamoci ora se
               questo testo è dotato delle virtù di un
               lavoro teatrale. A leggerlo, pare di sì, con le
               sue scene serrate e veloci, e le battute lapidarie e
               taglienti. Ma altro è leggere, altro è
               sottoporre un lavoro alle prove aleatorie e pericolose
               del palcoscenico. È solo in teatro che un testo
               si sottopone ad una sorta di collaudo; e gli umori
               degli spettatori sono il vero banco di prova della
               tenuta di una storia e della tensione scenica. E solo
               dopo aver affrontato il rischio del sipario che una
               commedia inizia quasi a vivere di vita propria, e a
               modificarsi anche lontano dalle stesse intenzioni
               dell'autore.Qualche prova sul
               palcoscenico c'è stata, e con successo.
               Auguriamo dunque a Roberto Cossari un pubblico
               intelligente e benevolo in molti altri teatri. E di
               esserci in mezzo anche noi. Ulderico
               Nisticò   
               
               
PRESENTAZIONE
               di Franco
               Calabretta   Una storia nata
               dall'entusiasmo per "le scene", dalla nostalgia
               ritrovata nei momenti di svago dagli impegni dello
               studio; nata dal desiderio di una cosa tanto lontana
               da poter con tranquillità prendere in
               giro.I ricordi di un
               mondo continuamente infangato dal briluccichio delle
               insegne del progresso e degli effimeri bisogni, che
               strappano le genti dal suolo natio; per contro,
               travolto dallo stesso uragano che soffia sull'ozio e
               sull'ignoranza, dai quali è perennemente
               sommerso.Così trovano
               posto, nel racconto, le figure di una realtà
               fatta di scelte difficili e di compromessi, inibite
               dal freno del passato e dalla corsa verso il
               futuro."In media stat
               virtus": nel mezzo sta - in questa storia - la madre,
               arbitro accomodante nelle dispute; padre e figlio
               scontenti, il primo del mondo che lo circonda ed il
               secondo della propria condizione. Attorno, il compare
               e gli amici, coro onnipresente in un luogo di rapporti
               così intensi e ravvicinati tanto da doversene
               difendere, paradossalmente, con l'isolamento (le
               quattro mura di una casa, le impervie colline, una
               città sconosciuta).Un mondo, dunque,
               che per essere capito esige la conoscenza ed il
               contatto diretto di chi, con disprezzo, lo definisce
               "provinciale"; parte di un quotidiano rimasta a misura
               d'uomo, che dovremmo incominciare ad apprezzare, a
               difendere ed a sorridere sopra. Roma,
               11.12.1989 | 
      
         | Entra la madre di Vito
            seguita dal marito che, poggiando la coppola sullo
            schienale della sedia, prende posto a tavola. Madre: Dai su,
            mangiamo prima che si raffreddi... è da mezz'ora
            che è pronto: non vi decidete mai di ritirarvi
            quando è ora di cena! Padre: Meno
            male, va' ... un boccone di cibo caldo ci voleva
            proprio. Vito:
            (entrando con fare stanco ed aria affaticata)
            Unao sedia... dov'è una sedia? Sono a
            pezzi, sconquassato, ho la schiena piena di curve (prende
            una sedia e si mette a tavola, sbracandosi). Madre: Dai
            figlio, mangia altrimenti si raffredda. (Rivolta al
            padre) Guarda com'è conciato, ma che cosa gli
            hai fatto fare? Padre: Che cosa
            gli ho fatto fare? Gli ho fatto raccogliere un po' di
            nocciole... e dopo dieci minuti già s'arrotolava
            per terra... Vito: Le
            nocciole a terra si raccolgono... Padre:
            Sì, con la lingua! Madre:
            (rivolta al marito) Bruno, io sono contenta che
            lui viene con te ad aiutarti, invece di fare il vagabondo
            in giro per le strade; comunque non fargli prendere cose
            pesanti, perché adesso si trova nel periodo dello
            sviluppo... Padre:
            Sì, dello sviluppo... non lo vedi, ha trent'anni
            ed ancora non sa come si deve stare a tavola; lo so io
            che cosa gli sviluppa! Vito:
            Trent'anni... oh papà, ne ho diciotto, non
            trenta! Padre: Trenta...
            diciotto... il buongiorno si vede dal mattino. E poi,
            questo lo vuole, quello non lo vuole; la cipolla la mette
            di qua, l'aglio di là; e il pepe gli brucia il
            palato... aspetta che ti chiamano soldato, così
            poi conosci la buona cucina! Guarda dentro al tuo piatto
            sembra che giochi al gioco dell'oca! Vito :
            Papà guardate che se continuo così il
            sottoscritto il militare lo fa a casa. Mi dovete spiegare
            come fanno a prendermi con questa cassa toracica? Poi,
            con questa fatica chi mi stravolge, mi sto riducendo a
            tre ossa... io sono fatto per altre emozioni, non per la
            guerra. Siamo gente delicata! Padre: Tre ossa,
            tre ossa: quello che mangi non ti basta nemmeno da farti
            crescere la barba! Ricordati che i vecchi saggi dicevano
            che il buon lavoratore si vede da come mangia. Quei
            quattro bocconi di roba che mangi chissà dove
            vanno a finire! Ma io lo so quello che fai in giro,
            perché tu sei un "delinquente"... Madre: Ma che ne
            sai, che ne sai... Tutto il giorno trascorso tra i
            noccioleti. E poi sono ragazzi, si vogliono svagare ogni
            tanto; chissà quante ne hai combinate tu alla sua
            età! Vito: E
            diglielo, mamma, diglielo... Padre: Io voglio
            sapere perché tu lo difendi sempre! E questa
            "schifezza" ne approfitta... guarda come se la ride sotto
            i baffi. (rivolto al figlio) Hai trovato tua mamma
            che ti dà le mille lire, eh? Dicevano bene gli
            antichi che "mazzate e panelli fanno i figli
            belli"! Vito: Beh! Che
            sono bello non lo puoi mettere in dubbio: sembro un
            attore, certo che però se mi davate meno botte
            potevo crescere anche più dritto! Madre: Figlio,
            l'albero va raddrizzato quando è tenero, lo
            dicevano anche i vecchi saggi... (fa una carezza al
            figlio) Vito: Qui mi
            sembra che stasera gli antichi sono tutti contro di me:
            lascia che batta la ritirata, và! (e si alza)
             Padre: Lo vedi?
            Il maiale si è saziato ed adesso va a sdraiarsi
            sulla paglia. Vito: Veramente,
            se non vi dispiace dovrei uscire: devo sbrigare cose
            urgenti ... Papà, questa sera la vedo nera! (ed
            esce) Padre: Eh
            già, la pancia piena, la tasca piena ed il giovane
            baldo è pronto a fare il "gagà".
            (rivolgendosi alla moglie) Senti Rosa, questa casa
            sta diventando un albergo; qualche sera di queste a
            quella porta inchiodo tante di quelle tavole che non la
            si riesce ad aprire nemmeno con la dinamite. E tuo
            figlio, digli di andare a trovarsi un posto letto da
            quelle "puttane" che frequenta... Madre: Bravo,
            così gli fai anche un favore! Padre: (si
            versa un bicchiere di vino e mentre lo guarda in
            controluce) Gioventù bruciata!! Si sente bussare. La
            madre si avvia alla porta ed entra il compare
            Mico. Compare Mico:
            È permesso, compare Bruno?  Padre: Ah,
            entrate compare Mico, entrate. Compare: Buona
            sera compare Bruno, buona sera comare Rosa, scusate se
            disturbo... Madre:
            (offrendogli il posto a tavola) Favorite compare
            Mico... (Prende un'altra
            sedia ed incomincia a lavorare a maglia). Padre: Ma quale
            disturbo, anzi scusatemi se vi ho fatto chiamare a
            quest'ora... accomodatevi! (mentre il compare si siede)
            ecco qui un bicchiere di vino (intanto entra il figlio,
            tutto cambiato d'abito e si va a specchiare davanti lo
            specchio sul muro, alle spalle del padre) Vito: Buonasera
            compare Mico. Compare: Ciao
            Vito, stasera si esce? Vito: Eh,
            sì! Madre: E comare
            Maria... come sta? Compare: Eh,
            comare, come volete che stia... sempre dentro casa.
            Adesso ha finito di sparecchiare la tavola perché
            si deve mettere a stirare le camicie dei figli: passa il
            tempo sempre lavando. Eh sì, perché una se
            la tolgono e una se la indossano (beve). Compare
            Bruno, questi giovani sembra che non si lavano mai, oggi
            come oggi sudano anche i vagabondi! Padre: Compare,
            non parlate di vagabondi; e non sia mai che nominano il
            lavoro!! Lo vedete quello? (rivolgendosi al figlio che
            si fa lindo davanti allo specchio) Non ne vuole
            né per Dio né per i Santi (la madre si
            fa il segno della croce). La mattina come arriviamo
            nei noccioleti, lui non vede l'ora di riprendere la
            strada del ritorno... Vito:
            (intervenendo nel discorso, mentre si aggiusta i
            capelli) Papà, se fosse per voi sarebbe una
            strada senza ritorno... Posso stare dietro a voi? Io ho
            altre esigenze: esigenze giovanili! Qui, lo dico a voi,
            qui, in questo paese sono sprecato! Comunque, in tutti i
            modi, fatemi andare... perché stasera la vedo
            nera: arrivederci compare Mico. (mentre sta per
            uscire, rivolto al padre) E mi raccomando domani
            mattina alle otto... (e sparisce)  Padre: Senti,
            ragazzo "giovanile", domani mattina sveglia alle sei e
            senza discussioni, altrimenti attacco il tuo letto al
            Lamborghini (trattore) e ti faccio svegliare in
            mezzo ai noccioleti... è andato via!!! (rivolto al compare)
            Credetemi, dieci minuti fa sembrava morto dalla
            stanchezza; arriva quest'ora e sembra che
            resusciti! Compare: Compare
            Bruno, anzi, voi li vedete almeno all'ora di cena; i miei
            figli sembrano fantasmi: io torno e loro spariscono.
             Padre: Gli amici
            li rovinano, ascoltate me: sembra che li tirino dalle
            gambe come i diavoli. Ma poi, oggi, in questo mondo di
            ladri, non sai né che fanno, né dove
            vanno... e che cosa prendono: tutti questi allucinogeni,
            cocaina, marijuana, li sentite per televisione, no? Donne
            per le strade e giornaletti scandalistici... (a bassa
            voce verso il compare) Si chiude in bagno per ore,
            per toccarsi. (ad alta voce) Si distruggono da
            soli!!! Compare: Certo
            che ai nostri tempi la vita era più semplice,
            più sana: vi ricordate? Ci svegliavamo tre ore
            prima del sole come gli asini, a mezzogiorno ci
            mangiavamo anche le pietre del fiume e la sera a dormire
            come le galline: che bella vita del "cazzo"... e scusate
            la frase, comare! Madre:
            Figuratevi, compare Mico, in questa casa siamo
            abituati: tra padre e figlio ne volano Spiriti Santi al
            giorno... Padre: Eh,
            però avete ragione compare, avete proprio ragione!
            A quei tempi non giravano tutte queste donne: eri
            fortunato se a qualcuna le intravedevi le gambe mentre
            stava per raccogliere le nocciole... Oggi, ne vedi gambe!
            Ed anche qualche altra cosa! Prendiamo l'esempio di
            quella "schifezza" di mio figlio Vito: lavorare non gli
            importa, eppure vedete, alle donne ci tiene: come ne vede
            qualcuna si volatilizza. Compare: Oggi
            hanno tutto: le macchine, il denaro, i divertimenti e per
            non parlare di donne: avete presente "Colpo Grosso"? Mi
            spiegate che cosa gli interessa che vivono in mezzo
            all'aria inquinata? Ragionano proprio come quel grande
            uomo: "meglio un giorno da leone che cento da
            pecora!". Padre: Mah! In
            tutti i modi sapete anche come si dice: "Di notte leone e
            di giorno coglione!!!" Compare: Ah!
            Questo lo potete dire forte: una volta erano svegli, non
            come questa gioventù di adesso. Vi ricordate,
            compare Bruno, quando andavamo a rubare le ciliegie e le
            fave di notte: non ci serviva la lampada! Dove passavamo
            noi era peggio di una mandria di capretti! Padre: Dove
            andremo a finire... dove andremo a finire?! Ogni giorno
            il mondo va a peggiorare: la gente perspicace diventa
            asini e gli asini diventano perspicaci! In tutti i modi,
            compare Mico bevete questo altro bicchiere di vino, alla
            salute di noi altri... (prende la bottiglia per
            versare il vino) | 
               Entra la madre di
               Vito seguita dal marito che, poggiando la coppola
               sullo schienale della sedia, prende posto a
               tavola. Madre: Forza
               su, mangiamu prima u si rifridda ... ava menzura
               ch'è prontu: non vi diciditi mai 'u vi
               ricogghjti quandu è ura.
Padre: Menu
               mala, và ... na vuccata e mangiara caddu ci
               volia propiu.
Vit: (entrando
               con fare stanco ed aria affaticata): Na seggia ...
               duv'è na seggia? Sugnu pezzijatu, scunquassatu,
               haiu a schina curvi curvi (prende una sedia e si mette
               a tavola, sbracandosi).Madre: Eia
               figghju, mangia ca si rifridda. (Rivolta al padre)
               Guarda cuomu è cumbinatu, ma chi ci facisti u
               facia?
 
Padre: Ca
               chi ficia u fàcia? Quantu u si cogghja quattru
               nuciji... duoppu dieci minuti già
               s'arruocculava 'nterra ...
Vito: I
               nuciji 'nterra si ricogghjanu ...Padre:
               Sì, cu a lingua!
Madre:
               (rivolta al marito) Brunu, io sugnu cuntenta ca
               vena cu tia u t'aiuta, invece u facia u vacabondu si
               strati strati, comunque onnu fara u pigghja cuosi
               pisanti, ca mò esta 'ntro periodu do sviluppu
               ...
Padre:
               Sì, u sviluppu ... onnu vidi, ava trent'anni e
               ancora non s'imparau u stacia mancu alla tavula; u
               sacciu io chi ci sviluppa!
Vito:
               Trent'anni... oh tà, 'ndaiu diciuottu, o
               trenta!
 
 Padre:
               Trenta... diciuottu... u bongiornu si vida da matina.
               E pua, chissu u vola, chiju onnu vola; a cipuja a
               menta e ccà, l'agghju e jà; e u pipi ci
               fruscia u palatu... aspettu u ti chiamanu sordatu, ca
               pua ti 'npari a bona cucina. Guàrdati 'ntro
               piattu, para ca juochi allu juocu
               dell'oca! Vito:
               Tà guardàti cà si continuu
               accussì il sottoscritto u militari su facia
               alla casa. Mu spiegati cuomu fannu u mi pigghjanu cu
               sta cassa toracica? Pua, cu sta fatiga chi mi sdomija
               mi staiu riduciendu a tri ossa... io su fattu pe' atri
               emozioni, o pe' a guerra. Simu gienti delicati...
Padre: Tri
               ossa, tri ossa: chiju chi ti mangi on t'abbasta mancu
               u ti criscia a varva! Ricordati ca l'antichi dicianu
               ca u buonu lavoratori si vida e cuomu mangia. Chiji
               quattru vuccati e robba chi ti 'mbucchi cu u sapa duva
               vannu a finira! Ma io u sacciu chiju chi fai 'n giru,
               ca tu si nu "delinquenti..."
Madre: Ma
               chi sai, chi sai... Tuttu u jornu jettatu 'ntra chiji
               nucijari. E pua sugnu ragazzi, vuonnu u si svaganu
               ogni tantu; cu u sapa quantu 'nda facisti tu
               all'età sua!
Vito: E
               dincilu, mà, dincilu...
Padre: Io
               vuogghju u sacciu pecchì u difiendi sempa! E su
               fetusu 'nda approfitta... guarda cuomu sa rida sutta i
               baffi. (rivolto al figlio) A trovasti a mammata
               ca ti passa i milli liri, eh? Dicianu buonu l'antichi
               ca "mazzate e panelli fannu i figghj belli"!
Figlio: Beh!
               Ca sugnu bellu onnu pua mentira in dubbiu: paru
               n'attori, certu ca però si mi jettavavu menu
               mazzati potia criscira puru cchiù
               dirittu!Madre Figghju,
               l'arvuru vacia addirizzatu quando è tennaru, u
               dicìanu puru l'antichi ...(fa una carezza
               al figlio)
Vito:
               Ccà mi para ca stasira l'antichi sugnu tutti
               cuntra e mia: assa u battu a ritirata va! (e si alza)
Padre: U
               vidi? U puorcu si gurdau e mò vacia u si jetta
               'ntra pagghja.
Vito:
               Veramente, si non vi dispiacia avaria u nesciu: haiu u
               sbrigu cuosi urgenti ... A tà, stasira a viju
               nigra! (ed esce)
Padre: E
               già, a panza chjna, a tasca chjna e u giovani
               baldu è prontu u facia u gagà.
               (rivolgendosi alla moglie) Senti Rosa, sta casa
               stacia diventandu n'ostellu; 'ncuna sira e chisti a
               chija porta ci 'nchjuovu tanti e chiji tavoli nuommu
               si apara mancu cu a dinamiti. E tuo figlio, u vacia u
               si trova liettu jà chiji puttani chi
               frequenta...
Madre:
               Bravo, accussì ci fai puru nu favori!
Padre:
               (si versa un bicchiere di vino e mentre lo guarda
               in controluce) Gioventù
               bruciata!! Si sente bussare.
               La madre si avvia alla porta ed entra il compare
               Micu. Compare
               Mico: È permessu, cumpara Brunu? 
Padre: Ah,
               trasiti cumpara Micu, trasiti.
Compare:
               Bona sera cumpara Brunu, bona sera cummara Rosa,
               scusati si disturbu...
Madre:
               (offrendogli il posto a tavola) Favoriti cumpara
               Micu...(Prende un'altra
               sedia ed incomincia a lavorare a maglia).
Padre: Ma
               quala disturbu, anzi scusati a mia chi vi ficia
               chiamara a chist'ura... accomodatevi! (mentre il
               compare si siede) ccà nu bicchieri e vinu
               (intanto entra il figlio, tutto cambiato d'abito e
               si va a specchiare davanti lo specchio sul muro, alle
               spalle del padre)
Vito:
               Bonasera cumpara Micu.
Compare:
               Ciao Vitu, stasira si nescia?
Vito: E,
               sì!
Madre: E
               cummara Maria... cuomu stacia?
Compare: Eh,
               cummara chi voliti... sempa intru. Mò finiu e
               sparecchiara a tavula ca ava u si menta a stirara i
               cammisi de figghj: sa facia sempa lavandu. E
               sì, pecchi una sa caccianu e una sa mentanu
               (beve). Cumpara Brunu, sti giovani para ca non
               si lavanu mai, oggi come oggi sudanu puru i
               vacabundi!
Padre:
               Cumpara, non parramu e vacabundi; e non sia mai u
               nominamu a fatiga!! U viditi a chiju? (rivolgendosi
               al figlio che si fa lindo davanti allo specchio)
               on da vola né pe' Dio né pe' i Santi
               (la madre si fa il segno della croce). A matina
               cuomu arrivamu 'ntre nucijari, non vida l'ura u
               pigghja a strata do ritornu...
Vito:
               (intervenendo nel discorso, mentre si aggiusta i
               capelli) A tà si fussa pe vui sarìa
               na strata senza ritornu... Puozzu stara appressu e
               vui? Io, haiu atri esigenzi: esigenzi giovanili!
               Ccà, ca vu dicu a vui, ccà, 'ntra stu
               paisi sugnu sprecatu. Comunque, in tutti i modi,
               facitimi u scappu... ca stasera a viju nigra:
               arrivederci cumpara Micu.(mentre sta per
               uscire, rivolto al padre) E mi raccumandu u matinu
               all'ottu...(e
               sparisce)
Padre:
               Senti, ragazzo giovanile, u matinu sveglia alli sia e
               senza discussioni, altrimenti t'attaccu u liettu allu
               Lamborghini (trattore) e ti fazzu u ti rivigghj
               'ntre nucijari... fujiu!!(rivolto al
               compare) Criditimi, dieci minuti fa parìa
               muortu da stanchezza; arriva chist'ura e para ca
               risuscita!
Compare:
               Cumpara Brunu, anzi ca vui i viditi almenu all'ura e
               mangiara; i figghj mia paranu fantasma: io tuornu e
               iji spariscianu.
Padre: I
               cumpagni i rovinanu, sentiti a mia: para ca i tiranu e
               l'anchi cuomu i diavoli. Ma pua oja, in questo mondo
               di ladri, on sai né chi fannu né duva
               vannu... e chi pigghjanu: tutti sti allucinogiani,
               cacaina, mariana, i sentiti pe' televisioni, no?
               Fimmani ammienzu sti strati e giornaletti
               scandalistici... (a bassa voce verso il compare) Sa
               facia 'ntro bagnu urati sani, u si tocca. (ad alta
               voce) Si distruggono da soli!! Compare:
               Certu ca ai tempi nuostri a vita era cchiù
               semplici, cchiù sana: vi ricordati? Ni
               risbigghjavamu tri uri prima do sula cuomu i ciucci, a
               menzijuornu ni mangiavamu puru i pietri da fiumara e a
               sira a dormira cuomu i gajini: chi bella vita e
               "cazzu..." e scusati a frasi, cummara!Madre:
               Figuratevi, cumpara Micu, 'ntra sta casa simu
               abituati: tra patra e figghju 'nda volanu Spiriti
               Santi u juornu...
Padre: Eh,
               però aviti ragiuni cumpara, aviti propiu
               ragiuni! A chiji tiempi non giravanu tutti sti
               fimmani: eri fortunatu si a 'ncorchiduna ci
               'ntravidivi i cuosci mentra era a cogghja nuciji...
               Oja, 'nda vidi cuosci, e puru 'ntatra
               cosa!
Pigghjamu l'esempiu
               e chiju fetusu e figghjamma Vitu: allu lavoru non da vola e nenta, eppuru
               viditi, alli fimmani 'nda vola: cuomu 'nda vida 'ncuna
               si volatilizza.
Compare: Oggi
               hanno tutto: i machini, i sordi, i divertimenti e pe'
               non parrara de fimmani: aviti presenti "Colpu Grossu"?
               Mu spiegati chi ci 'nteressa ca vivano a mienzu
               all'aria inquinata? A ragiunanu propiu come quel
               grande uomo: "megghju nu juornu da leoni ca cientu e
               piecura!".
Padre: Mmah! In
               tutti i modi sapiti puru cuomu si dicia: "Di notte
               leone e di giorno coglione!!"
Compare: Ah!
               Chissu u potiti gridara forta: na vota eranu sberti,
               no sa gioventù e oja. Vi ricordati, cumpara
               Brunu, quando jiamu u 'marrobbavamu ciarasi, e i favi
               'ntra notta: on ni servia a lampada! Duva passavamu
               nui era pieju e na mandra e crapi!
Padre: Dove
               andremo a finira... dove andremo a finira?! Ogni
               juornu jamu a peggiorara: i sberti diventanu ciucci e
               i ciucci diventanu sberti!
In tutti i modi,
               cumpara Micu facitivi stu bicchieri e vinu, alla
               saluti e nuatri... (prende la bottiglia per versare
               il vino) |