- Radiofonia
notturna
-
- Lasciami
ancora rapire
- da una
lemma senza volto,
- è
l'eco dell'uomo solo
- impaurito
dal silenzio.
- Per
lavoro osteggia l'invisibile,
- usa la
bocca a guisa di cerniera
- tra
parodia e verità
rinviate
- ai
precari rimpalli dell'etere.
- Nostromo
delle onde corte,
- stucca
sui vicoli una guerra
- tra
schioppi di legno e cerbottane
- puntati
sulla polla
- di un
fumoso domani.
- In un
separé di cristallo
- distilla
la colonna sonora
- del
vespro sonnambulo
- e la
cuffia lo preserva
- dall'arruffato
sottofondo delle falene.
- Parole,
a caldo consumate,
- screpolano
i battenti
- dell'ultimo
metrò,
- variegato
bouquet
- d'amore
e stanchezza.
- Sulla
scansia dove archivia
- il
malessere imploso,
- un
obsoleto transistor
- - come
perla nella spazzatura -
- alza la
gonna al mondo.
-
- Donna di
padre
-
- Anche
tra i vivai d'Occidente
- si
disperdono le ninfe
- convertite
all'ateismo
- dalle
intemperie dell'amore.
- Rincasano
solo per empatia,
- la
gonna basculante
- - per
misogino passatempo -
- s'accascia
sul talamo dei demoni inerti.
- Bersagliate
dai falsari del Cielo,
- si
fanno verbi senza mutazione
- che il
belletto persuade
- all'età
adulta e poi infeltrisce,
- membrana
assolutoria
- per
episodi di vecchiaia.
- Per
questo, figlia mia,
- concilierò
il tuo oblio
- chiosando
sui dogmi profani,
- finché
non vedrò le trecce
recise
- sul
tagliere dell'offertorio.
- Cicalante
ossessione il simulacro
- del
corpo porzionato
- per me,
genitore imperito
- del
calice perfetto in te deposto.
- Sei il
sangue ansioso che tramanda
- - come
carsico emissario -
- il
fulcro del mio lamento.
-
-
- Il vento di
ieri
-
- Nell'entroterra
di foglie di feltro
- il
vento è un maestro
errante
- s'intrufola
nel serrame opaco,
- mitiga
il tunnel dei ricordi,
- plissetta
vestiti di cerea carta
- e
premuroso asciuga l'inchiostro
- di
minute parole quotidiane.
-
- Spazza
i cortili di case senza
riposo,
- sensibile
al lunario biondo d'autunno,
- sibila
inquieto sui tetti in lamiera.
-
- Il
cielo è una mappa di cerini al
neon,
- gelido
atrio di un cosmo adulto
- intinto
nell'aria svaporata
dell'infanzia.
-
- Visi di
porcellana rivivono
- il
viaggio di una barca senza
remi,
- il
cuore è un fuoco di
bivacco,
- ravviva
alla brezza del passato
- asperso
d'episodi in poesia,
- ha il
ritmo di segreti innocenti
- un
fregio dai contorni
evanescenti.
-
-
- Spanky (in
ricordo di Charles
Schulz)
-
- Piccola
gente in colonna,
- hanno
mani di china sul foglio
lucido
- e cuori
in ombra d'argento,
- silhoutte
di luna - insonne ed incerta -
- nell'aria
stinta di un cielo senza
fondo.
-
- Trovatore
di storie d'amore
- nel
cosmo sobrio - dietro lo steccato
-
- di
maturi e geniali marmocchi,
- dagli
occhi affusolati e malinconici
- e il
naso ripiegato in una lamina di
timidezza.
-
- Nel
campo dei grandi cocomeri
- il
poeta ha sepolto la maschera del
domani,
- dal
sorriso affabile e
stampigliato,
- algido
ritratto della solitudine
impressa
- su
strisce filanti di eroi di
carta.
-
- Sulla
ciotola del cane
- sdrucciola
il disegno imposto dal
destino,
- erede
di una matita senza testamento
- raccoglie
i trucioli di un gesto antico,
- con
sfacciato pudore s'appropria del tratto
incerto.
-
- Sei
partito da un mondo di latte,
- con
arte hai ripulito la cassetta della
posta,
- ancora
non era San Valentino...
- il
giorno prima si è perduto il
fantasma
- della
ragazzina dai rossi capelli.
-
-
- Da
bambino
-
- Ripiegavo
il futuro nelle ali di
un'effimera
- ed il
passato nel canto della cicala
- - nota
soffocata di una sola estate
-.
- Conoscevo
una strada sotto il mare
- punteggiata
di stelle cadenti.
- La
pioggia buona
- - sopra
il cielo delle favole -
- riempiva
lo zaino,
- ghermito
alle mie spalle.
- Oggi il
raggio di sole non ha
innocenza,
- sciupa
la polvere garbata
- sulla
porta del soppalco,
- dove un
ramo d'ulivo antico
- monta
la guardia al cofano di pino.
- S'inclina
l'orizzonte di una stagione
- appesa
all'angolo del cuore e
- - sotto
grandi ali nere -
- cerco
risposte difficili per angeli
disertori
- - eroi
di una guerra senza dolore -
- per un
gomitolo di carta ingiallita
- - da
toccare coi piedi -
- sulla
sabbia riportata del cortile,
- per un
cappello di piume di rondine
- cucito
sotto la trifora
dell'oratorio.
- La
calligrafia incerta delle prime
impressioni
- non
scambiava la neve per un
pianto,
- che si
riversa disciolta a valle
- dondolando
tra le onde del tempo.
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