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È nato il 28 febbraio 1962, risiede a Catania.
Ha conseguito la maturità artistica nel 1982,
Accademico in lettere nel 1988, Grafico pubblicitario
nel 1996, ora pensionato. I suoi hobby riguardano la
poesia, la pittura, la narrativa. Ha pubblicato due
libri: "Dimensioniamo: Una realtà d'oggi" a
cura di Filadelfio Coppone e Francesco Savatteri,
presso il centro culturale "La Crisalide" 1987,
antologia. "Messaggi di pace e d'amore" antologia a
cura di Filadelfio Coppone ed edito dalla casa
editrice Greco 1991, antologia. Continua a scrivere
narrativa e poesie presso il periodico "Il Tizzone"
sino al 1996 con varie pubblicazioni. Concorre ai vari
concorsi di poesia "Ossi di seppia", dove sinora ha
avuto solo segnalazioni.
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- La
Panchina
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- Era lì,
davanti a me, con l'aria di chi volesse interrogarmi.
Ero terrorizzata ed io avrei voluto essergli di
conforto, ma trovare le parole adatte non era la mia
dote migliore. <<Pensi che accadrà di
nuovo?>> mi chiese con un filo di voce. Tirai
fuori dal taschino il mio pacchetto di Marlboro e mi
accesi una sigaretta. <<Non lo so>>
risposi. La giovane vittima era lì, distesa in
un lago di sangue, su quella fredda panchina del parco
pubblico. La testa era lì vicino, appesa al
ramo di un albero: la stessa scena di tre giorni
prima. Era già il secondo cadavere in una
settimana, pensai. Per me era tremendo trovarmi
lì, dopo quello che era successo a mia sorella
solo due anni prima. Fu un duro colpo trovarla morta
per diciassette anni. Sally era solo una bambina. Una
bambina per morire.Fu per questo che dalla omicidi
passai alla squadra narcotici; se non posso fare
più niente per mia sorella, almeno salvare
qualcun altro da quei sudici spacciatori mi
farà stare meglio. Sì, è da
egoisti pensarla così, ma non posso farci
niente. Jenny, mia sorella maggiore, era accanto a me,
distrutta dal ricordo. Dovevo salvare quelle povere
ragazze tossicomani da quella furia omicida. Il loro
destino non era già abbastanza triste? Le
dovevo salvare a tutti i costi, per Sally, per Jenny
ed anche per me. Quando avrebbe colpito di nuovo?
Certamente non tornerà qui, non a questa
panchina. Non può essere tanto stupido fino a
questo punto, pensai. La voce di mia sorella, mi fece
trasalire. <<Andiamo a casa, ti prego>>
disse. La feci salire in macchina e tornammo a casa,
così, senza dirci una parola: eravamo scossi
tutti e due. La notte feci un sogno. Sognai Sally. Era
distesa sulla panchina ed una mano la teneva per i
capelli. L'altra mano stringeva una scure. Di chi
erano quelle mani? Perché volevano ucciderla?
Poi vedevo delle luci, sentivo urla indistinte.
Sudavo.Mi svegliai di colpo: ero ancora in preda ad un
forte torpore e avevo la vista annebbiata.
<<Alza le mani o sparo!>> sentii in
lontananza. Ma cosa stava accadendo?Le immagini si
stavano schiarendo, si facevano sempre più
nitide. Il viso di mia sorella stava tramutando in un
volto sconosciuto: ma chi era quella ragazza?
Perché la tenevo per i capelli? E perché
mi trovavo lì? Mi voltai e vidi che i miei
colleghi puntavano le loro pistole verso me.
<<Alza le mani ho detto!>> urlò
Sam, il mio compagno d'accademia. Un senso di orrore e
un brivido scossero tutto il mio corpo. Sentivo le
fredde gocce di sudore scendere giù dalle
tempie. Non poteva essere vero. Voltai lentamente gli
occhi per vedere cosa stringevo nell'altra mano:
un'accetta. La lasciai cadere a terra ed alzai
lentamente le braccia: il pazzo assassino ero
io.
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- Donna
sei
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- Se tu fossi il
cielo,
- non sarebbe mai
scuro
- perché
dei tuoi raggi illuminerebbe.
- se tu fossi
terra
- di frutta
saporosa gusteresti,
- se tu fossi
foco
- le membra
scalderesti.
- ma donna sei
e
- nel tuo caldo
ventre riposo.
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- Trabocca
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- Ammiro il tuo
viso,
- fonte di una
dolcezza
- che mi riempie e
che trabocca
- dal mio
cuore.
- Attimi profondi
di gioia
- attraversano la
mia anima,
- rendendo
leggero
- il
corpo.
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- Anfora
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- Ora ti
allontani,
- ti trasformi in
fiore,
- il cuore si
svuota della dolcezza,
- il mio corpo
appassisce:
- è il
mondo che torna.
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- Dea
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- Il tuo volto
è l'acqua che prorompe,
- i tuoi occhi
immensi di cielo,
- il tuo riso si
espande.
- Il tuo corpo
è lineare,
- le gambe
alte,
- affusolate.
- Tu mi
piaci,
- ed io la notte
non dormo per te.
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- La
zappa
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- Volgo lo sguardo
e ti vedo lì,
- appoggiata al
muro ricurva sul tuo asse,
- col manico
imbrunito dal sudore,
- la punta
arroventata a tratti storta
- dal contatto con
la dura pietra.
- Ancora stanca
guardi la gente che
- ammira i campi,
il giglio, la rosa loda il
- grano
e,
ringrazia la terra.
- E tu! Misera
zappa,
- recuperando il
fiato perduto per la fatica,
- sai che tutto
ciò è anche merito tuo.
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