Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Vittoria Caiazza
Ha pubblicato il libro
Vittoria Caiazza - Il Fuoco del Vesuvio



 
 
 
Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi)
 
14x20,5 - pp. 242 - Euro 12,50
 
ISBN 88-6037-244-52
 
 


In copertina disegno di Silvia Raima Chiazza

Presentazione
Incipit


Presentazione
Mentre all'ombra del Vesuvio divampano i primi fuochi della Rivoluzione, un altro fuoco più intimo, ma non per questo meno violento, inizia ad ardere nelle anime di due giovani diversi per classe e condizione sociale: lui, Vincenzo, un umile popolano che diviene uno dei più accaniti rivoluzionari; lei, la nobile Contessina Bianca D'Alba, che violentemente strappata al suo mondo dorato viene a contatto con la dura realtà dei bassifondi napoletani. Sarà proprio qui che per la prima volta nella sua breve vita conoscerà l'Amore, nella sua forma più cieca ed assoluta, quell'Amore che le farà scegliere la morte piuttosto che una vita senza il suo Vincenzo.
In questo toccante romanzo, ambientato sul finire del Settecento, la giovane autrice riesce mirabilmente a descrivere le vicissitudini dei due sfortunati giovani, fornendo al lettore non solo la chiave di lettura della loro interiorità, ma anche offrendo ad esso una dettagliata descrizione delle cruente vicende e dei più carismatici personaggi che animarono la Rivoluzione Napoletana.
Ma il messaggio del tragico destino dei due ardenti e tristi innamorati è chiaro: non vale niente la vita, non vale nulla il sole di questo mondo se non si ha accanto chi davvero si ama.
 

Maria Ilaria Zumpano


 

Il Fuoco del Vesuvio

 
PARTE PRIMA
 
 
I Regni dorati e il mostro sanguinario
 
 
I
 
 
 
Ci fu un tempo in cui la nostra bella Europa, riccamente adornata e vestita, sedeva placidamente su un trono dorato a guardare i suoi grandi Re e le sue belle Regine regnare sulle sue terre.
Correva il secolo XVIII e sui troni europei sedevano gli uomini e le donne più potenti del mondo, che dominavano dall'alto i loro sudditi. Essi vivevano in palazzi luccicanti, che risuonavano della musica che proveniva dalle immense sale da ballo, nelle quali, in sontuosissime feste, le coppie volteggiavano sotto gli enormi lampadari ed i soffitti affrescati. Nelle corti potevate trovare uomini incipriati ed eleganti abituati a comandare, che vi guardavano con occhio sprezzante e cipiglio reale dall'alto al basso, o donne esageratamente ingioiellate e di sorprendente bellezza, chiuse e strette in ricchissimi vestiti dai colori sgargianti e di stoffe preziose da cui uscivano, per essere ammirati, le braccia bianche, le spalle superbe, il collo delicato e profumato che reggeva le testoline più graziose che avreste mai potuto vedere, da quei visi due occhi spensierati vi avrebbero fissato ed ogni uomo si sarebbe sentito un dio se quelle labbra rosse si fossero dischiuse per rivolgergli la parola. Era il trionfo del potere, a volte dell'assolutismo illuminato, di Sovrani degni di tale nome, forti, capaci di adoperare il dono che Dio aveva loro concesso per il bene del paese, ma era anche il trionfo del lusso, della vanità e dell'oro. Le giovani Regine passeggiavano negli immensi giardini che circondavano i palazzi, le seguivano le Dame e gli uomini che formavano le loro corti, i Re uscivano a cavallo per i possedimenti reali; le battute di caccia, le feste, i balli non si contavano, era il regno della spensieratezza e della gioia.
L'Europa aveva tremato appena, nel secolo precedente, per le rivoluzioni inglesi che avevano portato prima alla morte di Re Carlo I ed alla proclamazione della Repubblica, sfociata poi nella Dittatura personale di Cromwell, quindi alla nascita della Prima Monarchia Costituzionale. Nel Settecento, un secolo apparentemente beato, il nostro continente poteva dirsi forte per la presenza di personalità che apportavano importanti riforme all'interno degli Stati, i celebri despoti illuminati. In Prussia c'era Federico II, in Russia Pietro il Grande, mentre dall'Austria sembrava dominare l'Europa intera la potente imperatrice Maria Teresa. Il nostro paese, la vecchia Italia, era suddiviso in una miriade di Stati più o meno grandi e potenti, che vivevano sotto il dominio straniero, ed avrebbe dovuto attendere ancora a lungo il momento in cui avrebbe potuto dirsi finalmente unita e libera, in cui tutti i suoi figli si sarebbero potuti chiamare veramente fratelli.
A quel tempo l'Europa viveva spensierata guardando felice i progressi delle scienze, arridendo ai nuovi movimenti nel campo della cultura e delle arti, ma udendo pure l'eco delle battaglie che si stavano combattendo in lontanissime terre e che avrebbero portato, verso la fine del secolo, tredici colonie a dichiarare la propria indipendenza e la nascita di una Repubblica di tipo federale, stavano nascendo gli Stati Uniti d'America.
Chi avrebbe detto allora che un germe maligno era annidato in uno dei più belli di questi regni dorati e cresceva, cresceva a dismisura, spaventosamente, sotto gli occhi allegri e ignari di due giovani Sovrani, fino a trovare il momento di manifestarsi finalmente in tutta la sua terribile grandezza e potenza? Che cos'era una corte reale, cosa potevano i suoi ori, le sue musiche ed i suoi canti, cosa potevamo gli occhi di una Regina, le parole di un Re, lo stesso esercito, contro il malessere e la forza dirompente e disperata di un popolo affamato? Essa, al pari di un fiume che abbia abbattuto gli argini e che nulla possa fermare o della lava incandescente che precipita a valle dall'alto di una montagna infuocata, divora e distrugge tutto ciò che incontra sul suo cammino, infelice quel paese che vede al suo interno scatenarsi la forza inarrestabile del popolo arrabbiato! Il Settecento e l'Europa intera rimasero sbigottiti a vedere questa malattia scoppiare al loro interno quasi inaspettata, ma preparata, invece, da anni ed anni di soprusi, tasse e carestie, i Sovrani dell'intero continente si voltarono spaventati a guardare il sangue che macchiò il trono di uno dei regni in apparenza più beati, la Francia, ed in quel momento sentirono vacillare anche il loro potere, poiché il germe della Rivoluzione poteva essere annidato in ogni paese, condotto dall'urlo di gioia di un popolo finalmente libero, dal fascino delle parole di un oratore o anche, semplicemente, da un libro.
 
Le cause che portarono allo scoppio della Rivoluzione Francese nel luglio del 1789 sono generalmente individuate nel malessere diffuso nel popolo, esasperato dalle tasse eccessive e dalle carestie che si erano abbattute sul paese, nonché nella rivendicazione del potere politico da parte della borghesia, potere che era riunito nelle mani di un Sovrano, Luigi XVI, debole, se confrontato alle grandi personalità che l'avevano preceduto, basti per tutti il grande Luigi XIV, le Roi Soleil. In realtà la denuncia della sempre più pesante crisi francese era stata fatta da anni: nel 1774 il ministro delle finanze Turgot aveva proposto l'abolizione dei privilegi feudali, ma, in risposta, Luigi XVI lo aveva licenziato, e nel 1783 Calonne aveva domandato un'imposta sulla proprietà fondiaria; in verità la crisi finanziaria che affamava la Francia in quegli anni era pesantissima e ad accrescerla c'era stato l'intervento francese in America. La cultura aveva anche fatto la sua parte nella diffusione degli ideali di uguaglianza e libertà, le idee di Montesquieu, Voltaire, Rousseau erano state rimurginate, sviluppate, portate fino ai loro esiti più estremi. La tristemente nota storica divisione nei tre stati, che metteva in minoranza i rappresentati dei ceti borghesi e popolari, le spese eccessive e inutili di una corte superficiale e amante del lusso e del piacere, e l'incapacità dei sovrani di prendere posizioni forti, di trovare rimedi ai mali della Francia fecero il resto: nel 1789 Re Luigi XVI e con lui la Regina Maria Antonietta, figlia dell'Imperatrice Maria Teresa, siedono su un trono che già sta crollando e dominano un popolo ormai esasperato. La denuncia finale ed estrema dell'insostenibile stato di cose si ebbe con la convocazione degli Stati Generali nel maggio dell'89, durante la quale il Terzo Stato rivendicò un numero di deputati uguale alla somma degli altri due nonché il voto individuale, contrapposto all'antico voto per ordine, che non poteva far giungere in porto, com'è naturale, nessuna delle richieste avanzate dai ceti più bassi. La situazione sta ormai precipitando: mentre si moltiplicano le rivolte popolari per l'ennesimo aumento del pane, il 17 giugno il Terzo Stato, appoggiato da alcuni nobili e da parte del Clero, si distacca dagli Stati generali per formare l'Assemblea Legislativa, riconosciuta dal Re il 27 giugno. Divenuta Costituente, essa cerca di elaborare un nuovo ordinamento politico, il Re, allora, tenta il colpo di Stato, radunando le truppe a Versailles, ma è troppo tardi, il popolo di Parigi, ormai esausto, insorge definitivamente, urla e rivendica a gran voce i propri diritti, la Bastiglia, prigione di Stato e simbolo del potere assoluto, è assaltata da una folla di uomini e donne inferociti, armati a volte anche solo di bastoni, il crollo di quelle mura è accolto da un grido che ci raggiunge forte dalle nebbie del tempo e ci fa tremare ancora oggi, il popolo francese è libero dall'antica tirannia; l'insurrezione di Parigi blocca il Re, salva l'Assemblea Costituente e cambia il corso della Storia. È il 14 luglio 1789, una data che verrà impressa per sempre nelle memorie e nei cuori di tutti i popoli, è iniziata la Rivoluzione Francese.
Il 26 agosto con la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino i francesi dimostrano al mondo intero che quelle tre parole che sono diventate ormai il motto dei rivoluzionari, "libertè, egalitè, fraternitè", non sono solo ideali utopici, ma valori reali a cui ogni Stato deve ispirarsi, che ogni popolo deve rivendicare.
Mentre la rivolta si estende alle città delle province e gli aristocratici iniziano a fuggire, salgono al potere i Moderati che danno vita ad uno Stato liberal-liberista in forma monarchica che trova espressione nella Costituzione del 1791. L'opposizione, nei partiti dei Girondini, dei Giacobini e dei Cordiglieri, si fa sempre più forte e la Rivoluzione comincia a riscuotere successo negli ambienti culturali dell'intera Europa. I Sovrani guardano terrorizzati alla Francia, temendo che la Rivoluzione dilaghi anche nei loro paesi; Luigi XVI, allora, che, pur avendo accettato i provvedimenti dell'Assemblea Legislativa, aveva fino a quel momento sperato in un aiuto da parte delle potenze straniere, in particolare dell'Austria, dove regnava Leopoldo, fratello di Maria Antonietta, decide di fuggire da Parigi, ma il 20 giugno 1791 la Famiglia Reale viene riconosciuta e bloccata a Varennes. È la sconfitta dell'Assemblea Legislativa, si fa passare la fuga per un rapimento, ma l'opposizione repubblicana, resa più forte dall'appoggio popolare dopo l'eccidio del Campo di Marte, durante il quale cinquanta persone vengono uccise dalla Guardia Nazionale, avanza fino ad ottenere, il 10 agosto del 92, la caduta del partito moderato ed il potere. La Famiglia Reale, accusata di alleanza con i nemici, soprattutto dopo la dichiarazione di guerra all'Austria, viene imprigionata; i Girondini, rappresentanti degli interessi della borghesia, hanno la maggioranza, ma i Giacobini, che rappresentano i ceti più bassi, sono capeggiati dal bellicoso Robespierre e formano una tenace e temibile opposizione, denominata la Montagna. Il 20 settembre 1792, nella storica battagli di Valmy, l'esercito del generale Dumouriez blocca l'avanzata nemica, la Francia rivoluzionaria è salva e saluta, all'alba del giorno seguente, la nascita della Repubblica; la Convenzione si riunisce con il compito di dare al paese una nuova Costituzione. Il Re è giudicato colpevole nei confronti del popolo francese e per lui viene decretata la morte, Luigi XVI viene decapitato il 21 gennaio 1793, la Regina Maria Antonietta subirà la stessa condanna qualche mese dopo, il 16 ottobre; i Sovrani europei, spaventati, organizzano una prima coalizione contro la forza sanguinaria della Rivoluzione, l'Europa intera si schiera contro la Francia: l'Inghilterra, l'Austria, la Spagna, la Prussica, la Russia, il vicino Regno di Sardegna, lo Stato della Chiesa ed anche il lontano ed assolato Regno di Napoli, dove regna una sorella di Maria Antonietta, Maria Carolina.
L'astuto Robespierre, fedelmente devoto al suo ideale repubblicano al punto da sacrificargli poi la vita, approfitta della crisi che sta investendo il governo girondino, causata da più fattori: l'opposizione europea; il malcontento popolare nei confronti della politica fino ad allora condotta; il tradimento di quello che era fino a quel momento stato l'eroe Dumouriez e che aveva tentato di marciare su Parigi perché minacciato di destituzione; la violenta rivolta popolare scoppiata in Vandea a favore della monarchia. Così il 2 giugno 1793 un colpo di Stato rovescia il governo e porta al potere Robespierre, fiancheggiato dai devoti e fedeli Saint-Just e Carnot, che lo seguiranno fino alla morte. Il paese ha una nuova Costituzione, finalmente a carattere democratico, che concede addirittura il suffragio universale, ma il nuovo governo è subito oscurato da un evento funesto: il 13 luglio una realista, Carlotta Corday, uccide uno degli uomini politici più noti e popolari, Marat.
L'opposizione che si forma nei due partiti degli Indulgenti di Danton e degli Arrabbiati, opposizione soffocata nel sangue, non riesce a bloccare Robespierre, che conquista in breve tempo il favore popolare nonché un potere quasi illimitato. Ma le due leggi dei sospetti (17 settembre 1793 e 10 giugno 1794) ed il dilagare del Terrore che conduceva alla ghigliottina, a volte senza processo e senza prove, chiunque venisse accusato di essere un nemico della Rivoluzione e di cospirare contro di essa, fanno diffondere l'idea ed il timore che Robespierre aspiri ad una dittatura personale, così il 9 termidoro (28 luglio 1794) le forze moderate si rendono autrici di un improvviso e quasi inaspettato nuovo colpo di Stato, Robespierre ed i suoi più stretti collaboratori sono arrestati e decapitati l'indomani.
La Rivoluzione si avvia, con la morte di Robespierre, al suo esito più naturale: dopo una violenta caccia al giacobino, detta Terrore Bianco, e la promulgazione di una nuova Costituzione, detta dell'anno III (1795), con cui viene abolito il suffragio universale, le forze moderate sono chiuse fra il rimpianto popolare per Robespierre ed insurrezioni realiste e tentativi di restaurazione monarchica, nonché angustiate da una congiura di neogiacobini capeggiata da Babeuf, in tempo scoperta e sventata. Il Direttorio, allora, cui è stato affidato l'esecutivo, e che è instabile politicamente, decide di appoggiarsi all'unica forza sicura e salda di quel momento: l'esercito. È la fine: nel 1797, dopo il fortissimo successo dei partiti realisti alle elezioni, la Repubblica viene salvata solo dal colpo di Stato del 18 fruttidoro (4 settembre), ed il potere passa all'esercito.
La guerra è riaperta ed i più grandi generali sono impegnati sui campi macchiati dal sangue dei loro soldati. Per le sconfitte subite si decide di sostituire il generale Schirer, sul fronte italiano viene allora mandato un giovane generale, un corso di appena 27 anni che si chiama Napoleone Bonaparte, ma le menti che lo hanno scelto ignorano che il suo è il nome dell'uomo che diverrà padrone di mezzo mondo. Il giovane Bonaparte, sicuramente ignaro del suo destino, parte per l'Italia dove in brevissimo tempo riporta sorprendenti nonché insperate e fulminee vittorie. È un susseguirsi di trionfi, il suo nome fa impallidire e tremare: Vittorio Amedeo III, Re di Sardegna, è costretto all'armistizio di Cherasco, la Lombardia viene liberata, tutti gli Stati stipulano patti con lui; il Papa Pio VI è costretto a firmare la Pace di Tolentino (19 febbraio 1797) quando il futuro Imperatore invade anche lo Stato della Chiesa. Perfino l'Austria è costretta ad abbassarsi e si giunge alla celebre Pace di Campoformio, tristemente nota agli italiani di quegli anni, con cui il Belgio e la Lombardia passano alla Francia e all'Austria viene concessa l'Istria e la Dalmazia, ma anche, ed è questo che delude i nostri patrioti, la Repubblica di Venezia.
Era il 17 ottobre 1797, il nostro paese, nonostante il tradimento di Bonaparte, cominciò a guardare all'esperienza francese in modo più reale, gli ideali esaltati dai rivoluzionari, quelle idee che ormai circolavano in tutta Europa cominciarono ad infiammare anche i cuori italiani.

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Ins. 03-01-2007