| ELENA CUOCO 8° Classificato Novecento
            addio 
                Il Tempo guardava davanti sé; i suoi
               occhi penetravano imperscrutabili i vuoti cosmici e le
               raggelate profondità marine. I silenzi ne erano
               assorbiti. Ai suoi piedi i tempi brulicavano come
               girini impazziti in uno stagno senza sponde: tutti
               occhi, tutte orecchie, tutte mani, tutti lingua,
               vibravano si torcevano sgusciavano nei cunicoli e
               negli anfratti da loro faticosamente costruiti. Il
               vocìo, cui seguivano echi profondi, era
               assordante. Il Tempo li ignorava, glaciale, solo a
               tratti sembrava esserne infastidito, ma fulmineo il
               moto veniva riassorbito dagli abissi insondabili degli
               occhi.I tempi attendevano al varco il Novecento:
               astiosi, pettegoli, irridenti scrutavano l'orizzonte
               in attesa di quella indecifrabile realtà
               temporale di cui nessuno si azzardava più a
               riconoscere la paternità. Pallidi, tetri,
               sospettosi, i tempi dell'Ottocento aguzzavano sotto la
               lampada gli occhi miopi e tossivano raschianti, pronti
               a dare l'annuncio.Il Novecento apparve: un puntino lontano che
               diventava avvicinandosi più grande fino a
               coprire l'orizzonte. L'ombra immensa che proiettava
               sembrava arrancare a fatica ma l'aria intorno vibrava
               di una vitalità repressa e catalizzante.
               Vistoso, pacchiano, coloratissimo, il Novecento
               affrontava il Tempo, gli occhi istrionici nell'ombra
               cupa delle orbite."È un pagliaccio" sussurrò un
               piccolo tempo annidato tra una pesante parrucca
               settecentesca. "Sotto le veste colorate nasconde gli
               stracci" gli fece eco un tempo vecchissimo dagli occhi
               a spillo "non è diverso da noi, non inganna
               nessuno e meno che meno
 il Tempo" e nel
               pronunciare l'ultima parola si rotolò nella
               polvere, prostrandosi. L'immensa figura barcollante di
               fermò e con un gesto maestoso raccolse le vesti
               svolazzanti insieme ai brandelli che pendevano,
               impudichi. Sotto il suo sguardo i tempi, piccolissimi,
               si nascosero, per meglio spiarlo, nei loro labirintici
               cunicoli. Il Novecento li guardava, beffardo."Sta per finire e crede ancora di avere dato
               scacco al mondo" si udì sibilare tra le
               fessure. "Ha fatto un salto sulla luna
 ecco
               tutto" riepilogò una eco lontanissima "ma i
               conti sulla terra non tornano
 aspettiamo di
               sapere quale eredità ha avrà da
               trasmettere al Duemila".Lento e determinato il Novecento si volse
               là dove un tempo breve e malevolo aveva
               parlato: i suoi occhi che riflettevano lo spazio
               cosmico si incupirono fino a farsi notte senza attesa
               di stelle. I tamburi dei piccoli tempi battevano
               lontano la disfatta. Fu solo una frazione di
               eternità. In uno scatto di recuperata
               dignità, il Novecento di erse, altissimo, e
               sfidò il Tempo che lo guardava senza vederlo:
               "I tempi mi strisciano ai piedi" scandì "talpe
               senza orizzonti, e osano giudicare ME
 tu solo
               puoi farlo". E si espose al giudizio, nudo. Gli
               sguardi si arpionarono e per la prima volta un tempo
               della storia dell'Uomo di trovò a cavalcare
               nelle sterminate praterie senza orizzonti dove il
               Tempo scandisce il battito dell'eterno. Poi, il tempo
               umano riprese a scorrere, inesorabile. "Ho sondato gli
               abissi del Male, raschiandovi il fondo e ho teso le
               mani alle stelle toccandole, la partita ora tocca al
               Duemila".La voce rimbombò a lungo prima di
               spegnersi. Immoto il Tempo guardava oltre senza
               vedere. Fu l'ora. Miserabile e sublime il Novecento
               raccolse i suoi stracci e le sue sete e si
               avviò oltre le quinte. Nei suoi occhi corrotti
               c'erano lampi di stelle e pulviscolo di remoti
               pianeti. |