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Enzo Jannacci
Enzo Jannacci presenta le sue Poesie in musica tutti i mercoledì,nelle ore che corrono fra la sera e la notte, in una sala adibita a Cabaret nel suo locale Il Bolgia Umana, situato al centro di Milano in via Santa Maria Segreta. È questo un ambiente in cui tutti i gusti musicali vengono soddisfatti, ma non solo, in un'ala adibita a ristorante si appagano anche i gusti culinari. C'è poi un piano orchestra in cui gli ospiti giovani godono e ballano la musica moderna dal vivo.
Prima che il cantautore iniziasse la sua esibizione ho tentato di concentrarmi allo scopo di escogitare qualche idea per presentarlo degnamente. Ero in possesso delle traduzioni in italiano dei testi delle sue canzoni meneghine e li esaminavo con interesse.
Jannacci interrompeva le mie confabulazioni avviando lo spettaco lo. Declamava armonicamente com posizioni: per lo più coinvolgenti e disarmanti difese verso poveri cristi, visti simpaticamente, descritti in modo benevolo.
Mi prendeva e mi faceva rotolare in dietro nel tempo.
Prima pervenivo nella giovinezza, allorquando, per gli studenti un po controcorrente e un po' ribelli, Jannacci rappresentava un modello antiper benismo e antiborghesistico.
Poi andavo a finire più indietro, molto più indietro! Mi sprofondavo in uno spazio perduto dove i ricordi culturali svelano il mito della nascita della pee sia. Molti secoli prima di Cristo, nella Grecia antica, gli Aedi rievocavano le gesta degli dei, degli eroi e dei principi achei cantandole al levar delle mense. Sì! Cantando! La poesia (lirica) era un tutt'uno con la musica. L' aedo compo neva gli esametri armonizzandoli alle note delta lira e di altri strumenti a corda.
Jannacci si potrebbe definire un aedo del nostro tempo, con la differenza che i suoi modelli sono popolari oaddirit tura barbeneschi. Ma chi se la sentireb be oggigiorno di evocare e glorificare i personaggi emergenti della nostra civiltà?
Luigi Maino: Le sue canzoni. Crea prima il testo o la musica? Dando per scontato l'importanza di una equili brata armonizzazione fra la parte poe tica e quella musicata, a quale dei due elementi attribuisce più importanza?
Enzojannacci: Euna catena... ècome una catena.
Prima viene l'immagòzazione... esem pio, sullo stradone dell 'Idroscalo... immaginare quello che c'è intorno, quan fo può succedere, e diventare cu rioso.
L'immaginazione non è ancora voca le... e poi la catena... il testo si incate na con la musica... e via.
L.M.: I suoi personaggi sono i poveri cristi, certamente i più adatti ad essere rappresentati in dialetto e nelle canzo ni di taglio cabarettistico.
Non bastano però questi soli motivi per determinare un legame con i reietti e per vestirli di dignitosa simpatia.
Quali sentimenti la legano al popoli no? In che rapporto è con le poesie di Carlo Porta?
E.J.: Non mi sento particolarmente
legato a Carlo Porta. Fra tutti i poeti dialettali meneghini mi attrae di più Delio Tessa; è meno materiale e più greve del Porta.
Devo un rin graziamento particolare a Mazzarella che mi ha introdotto nel mondo dello spettacolo.
L.M.:Jannacciavent'anni... Jannacci a cinquant'anni... È cambiato qualco sa nel suo spirito creativo, e nel suo modo di essere col mondo?
E. J.: Non è cambiato niente! Special mente in questo periodo in cui, avendo aperto Il Bolgia Umana, ho sviluppato intorno al locale la scuola caba rettistica per i giovani promettenti del la Compagnia del Teatro Stabile del Bolgia.
Mi sento uno di loro.
Inoltre lavoro con mio figlio Paolo, vero figlio d'arte, il quale mi riporta indietro di una generazione.
Ci siamo dati degli input coraggiosi e realizziamo invenzioni di denuncia.
L.M.: Molti testi delle sue canzoni sono esclusivamente composti da lei, altri in partecipazione con vari artisti,
fra questi Dario Fo. L'interpretazione delle sue canzoni le muove le stesse sensazioni rispetto a quelle che le deri vano quando canta composizioni fatte con altri parolieri?
E. J.: Èsempre lo stesso! L'interpreta zione delle canzoni fatte con Dario Fo, ad esempio, mi provoca le stesse sen sazioni di quando canto le mie.
Il lavoro di preparazione di una can zone con un compagno unisce gli auto ri in un unico intento artistico ed il risultato è quanto ciascuno voleva ot tenere.
L.M.: Andava a Rogoredo. È la storia di una fregatura subita da un innamo rato da parte della sua bella, ma non sufficiente adeterminarel'annegamen~ to del povero tapino nel punto più nero del Naviglio.
Questa canzone narra un fatto cono sciuto oppure è frutto di invenzione?
E.J.: È stata un'invenzione... tutta in venzione... non c'è nessuno fatto co nosciuto... né alcun nfrnmento auto biografico. Andava a Rogoredo è la prima canzone che ho composto.
IL PEkN51I
L.M.: EI portava i scarp del tennis. Questo misero grande barbone è nel cuore di tutti i milanesi e non solo di questi.
Non può essere che la moda attuale delle scarpe da tennis in tutte le salse, non sia derivata dal suo personaggio che le calzava dignitosamente?
E.J.: Non lo so! Lsi canzone è stata composta senza sponsor.
Le scarpe da tenais alloni erano vera mente roba da barboni.
L.M.: Faceva il palo.
Non è questa una parodia involontaria (o non) dell'italiano medio che non ha visto quello che gli capitava nelle vicinanze e si è dovuto accontentare delle briciole pas sategli per commiserazione?
E.J.: Ho voluto rappresentare un mio collegamento barzellettiero con la vita e il mondo dell 'emarginazione.
L.M.: L'Armando.
La coscienza del popolo non si conta con le malefatte; essa stessa (la co scienza) prima opoi svela i suoi delitti. È d'accordo?
E.J.: Sono d'accordo!
È un problema di emarginazione e non
si può nasconderlo.
I diversi sono solamente dei normali
che non riescono nei loro intenti.
mumm uvumm
L.M.: Sfiorisci bel fiore.
È una composizione diversa dalle altre da lei composte.
Nelle sue canzoni il sorriso a volte può velarsi di qualche lacrimuccia; qui c'è solo pianto: un pianto malinconico che si versa sulla caducità dell'esistenza, delle passioni e delle cose. Ci parli della suaispirazioneedi quantoil testo non rivela (naturalmente se lo ritiene opportuno).
E.J.: Sfiori sci bel fiore è una ballata in italiano in omaggio a questo modello di composizione.
Rappresenta anche una reazione mu sicale nei confronti delle canzonette con storie e personaggi cIle hanno fatto una certa moda, dico di Non ho l'età ecc. ecc. Canzoni dense di imma gini e finzioni poetiche.
L'operaio e la partenza del soldato vogliono dire queste cose.
L.M.: Vengo anch 'io - no tu no.
Questa fortunati ssi ma canzone sem brerebbe frivola, ma lo è solo all'appa renza.
È la storia dell'uomo che non ha la possibilità di accedere alla felicità e alle soddisfazioni.
Ogni volta che le intravede viene re spinto dagli altri, che però hanno gli stessi suoi impedimenti.
No, tu no; ha lo stesso significato di:
no, noi no.
Fatalismo o nichilismo? Cosa ne dice?
E.J.: È la storia del cammello che non può... non riesce a entrare... degli esti'natori di qualche mito della nostra civiltà... di alcuni politici giovani o vecchi... del cammello che non en tra... del divieto di accedere... vietato l'ingresso... 110, fui no!
Luigi Maino
Lette per yoi:
ANDAVA A ROGOREDO
Quuel che sunf drèe a cuntav l'è ona
storia vera
de vun che l'è unai sfà bon de dì de no.
E sereuu conussui visin alla Breda
e l'era de Rogored e la el so no.
Un dì la l'aveva menada a vedè lafeìa la gh 'eva un vestidin color de tra-su disse «vorrei un kraffen» «oh... non ho mone fa»
«pronti» ci g 'haa dà des chili e la vista pu.
Andava a Rogoredo e cercava i so danèé
girava per Rogoredo el vosava me 'n strascé:
«No, no, no, no, non mi lasciar no, no, no, no, non mi lasciar mai, mai, mai».
Triste è un mattin d'aprile senza i 'amore la ghera vegnuu anca in ment (le andàa a negà
la dove eI Navili I 'è pi<ssé negher dué i barcon i poden 110 rivà;
e l'era bel fermott, de giallllllò un quart d'ora
e l'era passada anca l'ora de andà a timbrà.
«Mi credi che a massas bisogna pensa glì sora
adess voo a tò i mè des chili, poi si vedrà».
Andava a Rogoredo e cercava i so daneé
girava per Rogoredo ci vosava me 'n strascé:
«No, no, no, no, non mi lasciar no, no, no, non mi lasciar mai, mai, mai».
EL PORTAVA I SCARP
DEL ThNNIS
Che scusee ma mi voeri cuntaa d'on mee amis che l'era andà afaa el bagn
sul stradon per andare ali 'Idroscalo l'era lì è l'amore lo colpì.
EI portava i scaro del tennis elparlava de per lù rincorreva già da tempo
uil bel sogno d 'amore. EI portava i scarp del tennis el gh 'aveva du oeucc 'de bon; l'era el primm a menàa via perché l'era un barbon.
On bel di che l'era adree a parlaa de per lù l'aveva vist a passaa bianca e rossa che pareva il tricolore ma poeu iù l'e sta bon pù de parlàa. EI portava i scaìp del tennis... ecc.
Parlato:
On bel visin a quel por diaval chi cli 'è lì una macchina, ven giò vun ghe domanda:
«Ei là!» «A mi?» «Sì a là, dov'è l'aeroporto Forlanini ?» «EI so no?» «E la strada per I 'Idroscalo ?»
«EI so indove l'è I 'Idroscalo, eIsa, el compagni mi, ve gni su sulla macchina cont là... che bella macchina... Ferma signore ferma... che mi sont
rivàa!. .
Ei portava i scarp del tennis... ecc.
L 'hann trovàa sotta a on mucc 'de carton
gh 'ann guardàa él pareva nissun gh 'ann tocaa él parea ch 'eI dormiva «lassa stà che l'è roba de barbon!» EI portava i scarp del tennis... ecc.
FACEVA IL PALO
Faceva il palo nella banda dell 'ortiga ma era sguercio, non ci vedeva quasi più. Edè stato così che li hanno presi senza fatica li hanno presi tutti, tutti tutti tutti, fuori che lui.
Lui era fisso che scrutava nella notte quando gli è passato davanti a lui un carabinier
insomma on ghisa, trii cariba e un metronotte
nanca ona piega, lù I 'hafaa nanca on pliséé
faceva il palo nella banda dell 'ortiga faceva il palo perché l'era el sò mesatée.
Cosiprecisi come quei della mascherpa son restati li i suoi amici
a vedere i carabinier han detto: «Ma come, porco Giuda, mondo cane. Il nostro palo, brutta bestia, ma dov'è?»
Lui era fisso che scrutava nella notte ha visto nulla ma in compéns I 'han sentù nient
perché vederci non vedeva un 'autobotte, però sentirci éI ghe sentiva on acidént faceva il palo nella banda dell 'ortiga, faceva il palo perché l'era il sò mestée.
Ci son stati pugni, spari, grida e botte i han ménàa via l'era giamò quasi mezzdì
lui sempre fisso lì a scrutare nella notte
perché ci vedeva istèss de nòtt comè del dì.
Ed è lì ancora come un palo nella via la gente guarda dà cento lire poi... poi và
lui circospetto guarda in giro e mette via
ma poi borbotta perché ormai l'è un po' rabbilia
edèarrabbiato con labanda dell 'ortiga perché lui dice non sifà così a rubar.
Dice: «Ma come a me mi lasclan qui fuori
e loro, loro chissà quand'è che vengon su.
E poi il bottino me lo portano sù a cento lire
un pa 'pér volta a far così non fin inmo più.
No, no quèst chi l'è pròpi on lavarà dé stàpà!
la sana uu pala non on baniba non ci sta pìu
la vénga via da quésta imada disbarbati mi métto in propria casi non ci pénso più.
Facéva il pala aclla bailda déll 'ortiga facéva il palo, il pala, pérché I 'éra él so mestée.
L'ARMANDO
Era quasi verso sera 5 'ero dietro, stavo andando che si è aperta la portIera
è caduta già I 'A rmando Commissario, sa l'Armando era propria il ndo gemelin però ci valeva bene come fasse mio fratello.
Stessa strada, stessa osteria, stessa daiìna, uua sola, la mia.
Macchè delitto di gelosia io ci ho l'alibi, a quell 'ora san sempre all'osteria. Era quasi versa sera, 5 'era dietro, stava andando che si è aperta la portiera è caduto giù l'Armando.
Tiatta tira riattatira I tiattira tiratta
Commissario, saI 'Armando mi picchiava col martello mi picchiava qui su gli occhi per sembrare lili il pin bella. Per far ridere gli amici, mi imuava giù dal ponte, ,na per non bagizarmi tutto mi buttava dove è asciutto.
Ma clic dice, clic I 'hanno trovata senza scarpe, denndato già sbarbato. Oculi! Ma clic dice clic gli lian trovata nn coltello con la lama sei dita nel costata?
Cammissario 'sto coltello non lo nega, è roba mia ma ci ha l'alibi, a quell 'ora solia sempre all'osteria. Tiatta tira ritattira I tattatira tiratta Era quasi versa sera, 5 'era dietro, stavo andando clic si è aperta 'a portiera, ho cacciato giù... pardon... è caduto giù l'Armando. Tiatta tira rittatira I tiattira tiratta.
SFIORISCI BEL FIORE
C'è un fiore di campo clic è nato iii miniera
per soli pochi giorni lo stettero a guardar.
Di uii pianta suo dolce sfiorì in una sera, a niente le nere malii valsero a salvar.
Sfiorisci bel fiore sfiorisci amare mio clic a marir d'amore c'è tempo lo sai.
E un dì un bel saldato partiva lontano fu solo per gioco che lui ti baciò. Pian gesti stringendo la fredda sua mano
lui rise con gli altri e il treno via andò.
Sfiorisci bel fiore sfiorisci amore mio che a morir d'amore c'è tempo lo sai.
C'è laggiù in un prato una bella dormente, ma neanche un tuo bacia svegliar lo potrà.
Morì disperata ma il viso è gaudente, chi passa vicina di lei riderà.
Sfiorisci bel fiore sfiorisci amore mio che a morir d'amore c'è tempo lo sai.
Enzo Jannacci