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aggiornato il 20-luglio 1997
Linea di confine
- Norbertiana
- (Ipotesi per una traccia)
- -Della città nuova e la nuova Gerusalemme-
- Ma io, negando quel che vedo,
- dirò delle mie illuminazioni
- quelle che mi si presentano.
- Comincio a comporre una cosa
- erta nell'illusione,
- nel nome, unica,
- nel senso, molteplice.
- Cercandola,
- cerco il luogo da nessuna parte.
- Come se perseguissi
- la bellezza di una cosa
- indiscernibile e dinanzi a me.
- Abù Nuwàs
- Sono artista, pittore, creo idoli ad ogni istante
- e poi, tutti quest'idoli, ai Tuoi piedi li infrango!
- Evoco cento fantasmi e li imbevo di spirito
- ma quando vedo il fantasma Tuo, li getto tutto nel fuoco!
- Sei Tu il coppiere degli ebbri o il nemico sei della sobrietà?
- O sei Tu uno che distrugge ogni casa che edifico?
- Gialal ad-Din Rumi
- Aprile 1994
- Nello studio dello psicanalista Michele
- - Ho pensato che saresti stato interessato...
- - Pronto? Sì Scusami, ora sono impegnato; chiama tra un'ora... allora dicevi?
- - Dicevo che i segni in questo periodo si vanno intensificando e per ricordarli tutti ho deciso di prendere appunti.
- - Dimmi, dimmi, scusa se mi stendo un attimo sul lettino; sai... il mal di schiena... prendi una sedia, accomodati accanto a me.
- - Insomma sei sempre tu, a quanto so, ed è molto poco, non dovrebbe essere il paziente a stendersi sul lettino?
- - Infatti io sono molto paziente... Questi appunti?
- - Ho seguito il tuo consiglio, ho costruito il canovaccio di un'opera, non so se chiamarla così...
- - Fammi vedere!
- - Ecco...
- E l'eco della notte
- dallo stillato calice
- del mattino unica nota
- in sette gocce di rugiada
- un'Arlecchina scanzonata
- dal volto di Pierrot
- nel chiaro riso di mimo
- si è fermata
- Ed alimenta il Cristo
- nelle stimmate del tempo
- la sua resurrezione.
- Premessa
- vocazione
- Lo sposo
- O tu che abiti i giardini, gli amici
- sono intenti alla tua voce:
- deh, fammela sentire
- La sposa
- Fuggi, amico mio, come una
- gazzella od un cerbiatto, sul
- monte degli aromi
- Cantico dei Cantici
- L'arbitra pianta mi condusse sospeso
- tra il tempo dell'anziano e il fragore
- del tuono all'imbrunire; sottratto alla
- veglia m'adagiavo, quindi poggiato alla
- destra mi voltai e vidi un ponte: su mille
- misure d'altezza era legato, vi si leggeva
- una scritta tra le ombre
- La stella del Mattino segnava l'orizzonte;
- un tempo ebbe parlato:
- «Il compito cui fosti assegnato» ormai
- non esisteva. «Daniele? Daniele?» ripeté
- una voce ed io dal sogno: «Cosa vuoi?»
- «Non vedi che il compito cui fosti
- chiamato - e quest'Io sono - s'avvicina?
- Tu, dagli uomini scacciato, scandaglia
- questa voce!»
- Lessi allora nello spazio una porzione
- che brillando fratturava come l'onde:
- decisa Lei s'accoccolava, ai margini
- incastrata. «È la pietra scartata,
- testata d'angolo inventata; la tua
- chiamata collocazione precisa
- nella region del cuore!»
- E confidando nel perdono che m'era
- già spiegato andai su me stesso
- roteando.
- Lo stilita e il lunario
- Ritto
- sull'asta
- di un passaggio a livello
- osserva lo stilita il lunario
- (Non quel senso che appartiene quando
- l'onda del pensiero s'inframmezza
- all'orizzonte scava il cuore, ma il
- dolore che si nutre dell'attesa è
- ambivalente ricercare, tra il colore
- e la sua assenza)
- Frammenti di primo parto
- inventano
- l'universo
- sbalzati da un nuovo ordine della natura
- (Spesso s'è chiesto che fosse
- il suo cercare; violare con un
- sottile gesto della mano il velo
- di morte che il pensiero non
- raggiunge spingendo oltre confine
- il corpo con la mente o semplice
- vegliare)
- Linea rovente
- e convergenza d'orizzonte
- sfogliati da un libro antico
- (L'ipotesi seguente gli pare,
- di certo, la migliore)
- Stretto nelle spalle
- dallo specchio lo vidi risalire:
- «Vegliare» il suo corpo l'ho vegliato - disse -
- e sfiorarlo con le labbra l'ho sfiorato
- fermarmi fui fermato da un gesto repentino
- della mano.
- (Venga l'amico mio nel suo giardino,
- e ne mangi i frutti deliziosi!)
- Ripercorri il pensiero e costruiscine
- i nodi per poi scioglierli uno ad uno,
- le risposi. Per tendere la corda dell'arco
- abbisogni delle frecce benché
- il centro sia già colpito.
- (Venga l'amico mio nel suo giardino,
- e ne mangi i frutti deliziosi!)
- Perso
- nel silenzioso gioco delle ombre
- ora ripercorro come tortuose
- calle cittadine le linee che uniscono
- mattone a mattone. Così mi perdo nel
- labirinto della stanza e non so se
- la poesia sia dentro o fuori di essa»
- (Venga l'amico mio nel suo giardino,
- e ne mangi i frutti deliziosi!)
- * Il passo tra parentesi è tratto dal Cantico dei Cantici 4, 16
- Il verbo che si vuole rafforzare di significato ponendolo all'infinito è tratto dalla traduzione di Erri De Luca di Esodo/Nomi.
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