Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Allegro moderato di Gianmario Lucini
-
Collana I gigli (poesia) 14x20,5 -
pp. 48 - Euro 6,20 - L. 12.000 - ISBN 88-8356-185-6
- A Marina
- Agli Amici
- 1. Tivù
- "...pure la più ostinata
- coscienza si dissolve
- nel coro allucinante delle cicale"
- D. M. Turoldo - da: Nel segno del Tau
- Angelus dominae
- Dà inizio alla serata di sciagure
- la bella annunciatrice:
- ti fa un saluto il tuo ruolo benedice,
- il tuo status d'uditore
- di mutilate notizie - rottami
- già invalidati dell'ultima ora -
- primizie del dramma dei lontani
- che in fumo azzurrino vapora
- - estasi di tabacco.
- Metempsicosi
- Tre minuti e il capo ciondola
- le voci s'inglobano sfumano
- in olismo di sensi che rammenta
- quel primo sciabordìo nella placenta
- voci ipnagogiche o quel sussurrare
- del vento fra gli scuri
- nei pomeriggi d'estate.
- O forse il fiato di un dio che irrompe
- e ti rapisce oltre lo spazio, oltre il tempo
- (canone sciamanico
- a prezzo politico).
- Voce
- Voce suadente: ricolma vallate,
- pervade alture pur senza tuonare,
- voce inumana di cento cascate,
- apoteosi e prologo in prima serata
- - ci desta e ci introduce
- all'aroma dell'ultimo caffè,
- viatico al giorno e proteso
- ponte verso il domani.
- Educational
- Televisione che si apre sul mondo
- illumina il fondo dei mari
- e gli orizzonti chiari domina e spazia,
- si fionda nell'azzurro
- cupo del cielo e fruga
- l'angusta povertà di una capanna,
- a mostrarci, a spiare
- ogni grandezza e dolore
- che la mente scissa vedere non vuole,
- a commentare a tratti, a spanne un'impotenza,
- in appagata aseità
- che di potenza s'alimenta;
- visione accesa ed emozione spenta
- - parla per lei l'evidenza iper-critica
- del sapiente montaggio delle immagini -
- in questo stellare viaggio senza requie,
- tappa dopo tappa sempre più lontano
- in tondo navigare, intorno all'uomo
- fino ai porti del suo incubo,
- come fosse il mondo lì, supplice, ad attendere
- sua grazia o sentenza
- che gli dia un po' di fiato, un po' di vero
- che di là dal vero esista
- - a volte lo senti forte pungolare
- nello spasimo dei succhi gastrici,
- ed è così che ti trangugi un antiacido...
- Oculus Dominae
- Nelle favelas i bambini aspirano colla
- e dormono nell'incubo
- della morte che li veglia.
- Assalgono vecchie borghesi e le derubano,
- ma con disperazione adulta
- e senza odio la vita consumano
- in questa guerra che li vede già cadaveri
- ridere con denti bianchissimi.
- Oh regista dopo questo
- strazio
- non mandare altre immagini
- lasciaci nella sera navigare a occhi chiusi
- dal nero di quegli occhi folgorati
- lasciaci credere che svolino nell'aria
- vive ancora nei colori di Rio
- dopo il tuo documentario
- - ch'è solo un pugnale virtuale
- e non ferisce cuore occidentale.
- Quasi mistica
- Illanguidita bagna la luce
- fosforescente il cielo della notte
- nella via fuorimano
- ed esso sopra ad essa impallidisce,
- vivido sogno, fantasma generato
- dalle lucide pietre del selciato,
- dagli scrostati androni che rimbombano
- musiche e voci:
- se levi il capo lo puoi intravvedere
- l'occhio ceruleo del sogno che ti parla
- e ti cattura da finestre spalancate.
- Un fumo un leggero profumo
- di lecito vizio l'avvolge,
- e gli vai incontro nel chiarore di luna
- volando come sciamano.
- I fortunati in quel paradiso invidiato
- vengono e vanno per una buon'ora
- dalla dispensa al soggiorno
- poi cadono in sonno di piombo
- - effetto abatjour.
- Se avesse un'anima
- Ora è lei che parla, la muta
- scultura che scruta la casa noi assenti.
- Cupa maestà d'eremita, luce
- immanenza e trascendenza in un sol quadro,
- occhio sul mondo, sua essenza e modello
- in essere e in divenire
- - non cessa di frinire
- se la risvegli
- la sfidi...
- Interno
- Gli oggetti intorno stanno tutti muti
- quand'essa si risveglia e quasi intimoriti
- si raggrinzano, le cedono l'aria,
- impalliditi a una luce d'ectoplasma
- - fuoco di gelo che li brucia, lento,
- d'occhio che osserva anche quando è spento -.
- Quel pulsare di cuore, cuore che spia
- rovente da orbita nera... (pazzia?)
- Teosofica
- Da quando Dio è defunto, qualcuno
- dovrà pur assumersi la briga
- di curarsi dei nostri malanni,
- tessere fila di sogni e paure
- e farne ordigni, difenderci
- dalla natura delle cose, protenderci
- a un luogo di salvezza e prospettiva
- d'altro orizzonte, con la refurtiva
- dei giorni riposta in cantina,
- le vecchie ossa in solaio ad asciugare.
- Qualcuno dall'immenso cuore, che comprenda
- i nostri cuori in una formula sola
- - garrulo canto di cicala che risale
- un filo d'erba a esplorare il mondo...
- Prove per l'ultima partita
- Giocare è quel perdersi nel tempo
- per gioco, appunto, sereno ammiccare
- a una morte quasi bambina,
- veloce e ossuta nelle nostre fantasie,
- gioco di luce che aleggia
- nella tenebra del grande palcoscenico,
- già prima dell'inizio, fra gli spenti
- riflettori dell'origine,
- prima d'ogni pubblico
- giunto dal nulla a tentare il suo brivido
- - spasmo dell'effimero
- amabilmente suo -
- in un darsi e ritrarsi fra salvezza e perdizione,
- protrarsi lì a sbalzo sul baratro e spiare
- l'eternità per un attimo, tirarla
- imploranti per la manica:
- - memento di me
- non mi finire,
- tempo...
- Mezza verità
- Di non morire mai, l'unico affanno
- televisivo: fa sorridere l'ingenuo
- scongiuro a Lei, per discrete
- sequenze di pene altrui - ah l'edonismo
- immemore nostro,
- come volo di passero
- all'orizzonte del nibbio...
- Ma io La voglio evocare
- come volo sereno di deltaplano,
- sorella nostra morte corporale
- che nel silenzio infrange onde elettriche
- ed empie benigna di colori
- il muto rigore dell'assenza.
- Soltanto potessi
- come Lei volare...
- Dedicata a
- Passa lo strazio d'una storia
- di povera gente in quello specchio lucido
- passano i giorni dei politici, la noia
- di anni che si ripetono
- e dal profondo si richiamano
- in un vivere nevrotico, scontento:
- passato che ritorna, vecchi lupi
- del nostro occaso a ululare
- tutto il suo gelo, lo sgomento.
- Oh tempo che mai si dà per vinto
- e greve si trascina
- nostra nicciana catena...
- Talk show
- Hai fra le mani uno spicchio di mondo,
- lo giri e lo rigiri,
- sospiri, bofonchi,
- affondi
- in certe piaghe, a caso.
- In lui, che t'offre il collo adagio
- studiando l'etichetta di palazzo,
- immergi e ritrai la mano,
- che palpita rossa d'un sangue
- di vite stroncate
- e come un trofeo l'esibisci
- all'idiozia dell'ospite di turno
- teneramente intrappolato fra i tuoi denti.
- Ovunque il pretesto per un brivido,
- stridula voce di fagotto che motteggi,
- ovunque una nota da glissare
- o flautato da sottacere,
- stilando e ristilando quegli appunti,
- quella scaletta che tutto armonizza
- nel disarmonico:
- ottoni e grancasse al loro posto
- - esibita mai
- riserva a una frivola orchestra
- nella serata cultural-edonistica.
- Tutto s'amalgama, urla sottovoce
- prima che esploda l'applauso.
- Stadio
- Sugli spalti inchiavardate le bestie
- umane urlano all'arena.
- Nello specchio della rete non trema
- il portiere corrucciato. Lesto
- uno ha sforato fra le strette
- maglie della difesa. In quell'attimo
- il tempo si gela. Tenaglie,
- strette fauci chiudono un brivido
- che elettrizza la marmaglia e tosto
- dalle seggiole sincrona la scaglia.
- Come petalo di pianta carnivora,
- l'abbraccio del portiere attanaglia
- l'oggetto sferico - simbolica
- metessi d'una catarsi
- che in gola ha rivoli di sangue
- ed esplode in incredula ovazione -.
- Ma c'è sempre un'altra occasione,
- prima che inauguri il tempo delle visioni
- e delle revisioni il fischio dell'arbitro:
- commenti amari, lamenti, scansioni
- di un tempo ciclico, liturgico,
- di scongiuri a un dio sferico
- da prendere a pedate...
- In terza serata
- E l'improbabile non apparirà
- nel suo lucore d'aria liquida,
- dove danzano superstiti falene
- nel profondo di certe estive brume
- ma una saggia religio di scena,
- serena vita e spalancata bocca
- a trangugiare l'aria della notte
- - credere sazio di amore e di pena -;
- l'incredibile non è sulla scena
- di quel mondo perfetto e già accaduto
- che godiamo, in mutande e canottiera,
- pallido il volto madido di luna:
- piuttosto il suo non essere mai stato
- o l'improbabile suo venire,
- o il professare una presenza
- che non presenzia mai...
- Concerto in diretta
- Invece di fare l'artista
- il cameraman
- indugi sulle dita del pianista
- e ci trasmetta quel tremito
- che parla finalmente
- e non glissare sempre
- sui controluce i riflessi
- la moretta in prima fila,
- lo stucco che ribrilla
- sul soffitto barocco.
- Tossicchia il pubblico e in quel tossicchiare
- dorme una rabbia repressa
- che il medianico pianista
- consunto dal sudore
- invia a Johan Sebastian.
- Delirium tremens
- ... Tutto levitando arte cultura
- la natura della morte e della vita
- in tanta leggerezza sgraziata
- politica murata nel suo cielo
- parole senza vero e fiato e fiato
- e tutto il concordato e il preveduto
- deferente cenno del cronista la vista
- suadente l'abilità della risposta
- che tutto il mondo tutto esploda
- straziandosi a brani seppellendosi
- in una nuova tomba metafisica...
- Necrofila
- Televisione che scava il dolore
- come un barbone scava spazzatura,
- strumento di tortura e di espiazione,
- processo, assoluzione,
- coscienze sciorinate sulla piazza,
- corazza di morale collettiva
- per supplire a un'assenza di morale...
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