- LE OPERE
-
- Da I Trionfi (1965)
- Sarebbe compito arduo estrapolare, dai
12.000 versi del poema una citazione che possa
renderne dovutamente, almeno a grandi linee il
senso: non è questo il luogo. D'altra parte,
il poema di Testori deve essere letto come una
composizione organica, ciclica, perché un
filo lega le varie parti fra loro (elemento che qui
non indaghiamo). Cerco quindi di svolgere questa
operazione solo per la prima parte del poema,
aiutandomi con brevi parafrasi per le parti che
sarebbe troppo lungo trascrivere.
-
- PARTE PRIMA
- I
- Nella prima poesia Testori presenta
l'immagine vitale dei cervi che giocano sulla neve
(tratta forse da un dipinto barocco), ne fa
l'allegoria della istintiva voglia di vivere, della
vittoria sulla morte. La riflessione quindi si
rivolge alla precarietà della condizione
umana segnata dalla morte. Ne consegue una
lacerante invocazione al "breve / infinito iddio",
ossia l'amore umano, che non ha altro da offrire,
per l'uomo e la sua forza di amare, "solo un manto
di pietà" nella quiete della morte che
sopraggiunge giorno dopo giorno. Segue quindi una
appassionata perorazione, un'esortazione a
risorgere rivolta a una astratta personificazione
dell'amore inteso come sentimento universale,
cosmico, ma anche concreto, per le cose più
semplici. Questo amore è il personaggio al
quale il poeta si rivolge in tono dialogico,
vocativo e invocante (il "tu").
-
- II.
- No, non maledetto.
- Devo estorcere dall'inno la parola.
- Benedetto, santo,
- santo quel giorno
- che ti vide nascere alla luce.
- Benedetto, santo,
- se la parola ha un senso;
- e per te,
- pel miracolo d'ogni giovinezza che
s'avanza
- a dispetto dell'orrenda ingiustizia
- fabbricata da chi già
esiste,
- un senso l'avrà sempre e grande e
sempre più
- e splendente
- quanto più precipiterai tu
stesso
- e noi
- e tutti
- nella bolgia di questa lotta contro il
niente.
- Tua madre è lì;
- tua madre,
- la madre del dio mortale che sarà in
te
- Nasci col sangue,
- intriso di ditate e imbratti,
- lenzuola inumidite dai tramonti
- che le arterie dilatano dai polsi,
- dalla carne che batte,
- dalla bocca che si torce, grida,
- cerca aiuto nella pressione
lacerante
- d'un medico qualunque
- o dell'ombra indifferente
- dell'infermiera di turno;
- nasci nel dolore,
- intriso di desideri subito
imprecati
- nell'ansia di darti subito vita.
-
..(omitto)
-
- III
- In una serie ossessionante di anàfore
della parola "ali", viene evocata la nascita del
Cristo, anch'esso nato a questo amore di carne e
sangue. (Tu sei, / tu esisti: / verità,
carne, / sacramento, sangue).
-
- IV
- La scena è ambientata a Parigi. Si
apre qui una considerazione amara sulla debolezza
della scienza ("l'osannato, venerato Lume della
mente /
povere trombe, / poveri inni alzati
contro l'Ingiustizia") e alla sua pretesa di
verità condannata alla sua finitezza
storica, mentre permangono sempre le domande prime
dell'esistenza. Il prosieguo sembra alludere al
disegno di tutto il poema, cioè di celebrare
l'amore terreno come modo per superare questa
finitezza, come cerniera fra spirito e
materia.
-
- Poveri bronzi morti,
- poveri resti di Rivolte necessarie,
- eccovi lì, franti,
spenti
-
.
- Che domande faremo amore;
- dico, che domande,
- a noi,
- quando saremo là, tombe,
lastre,
- ossa, occhi, foglie di Saint-Imoge, foglie
del paradiso,
- foreste ancora da conoscere,
-
- Ecco,
- anch'io alzerò per te
- la tromba;
- dorata, anch'io, di sole,
- splendori di re, principi
- e antichi dei;
- anch'io comincerò l'inno
immenso,
- mortale ed immortale alla tua vita
- che torna finalmente ad essere,
- sui muri di lichene, polvere e
tempo,
- nei gorghi di carne, schiuma e
sangue,
- l'unico oggetto,
- l'unica, eterna e sacra
verità,
-
- perché Dio salvi davanti a
noi
- il sopruso e la grazia
- d'averci fatto da creta, carne
- da terra, sangue;
- il momento, l'attimo,
- l'istante
-
- V
- Rivolgendosi alla madre, il poeta ricorda i
momenti un cui egli scoprì la sua
sessualità diversa e impetuosa ("Fu quando
capii / che un impulso, / una ribellione di cani /
nella tessitura contraddetta; / un latrato oscuro
di pigmenti feroci, / di cellule impazzite, / senza
fiori sulle labbra, / né dolci protezioni, /
ma solo fieli, spugne d'assenzio e spine
). In
un doloroso rammemorare la sua storia, il poeta
conclude:
-
- Che dire ora?
- Ora che il tempo è ancora
lì,
- muro, grido, affanno di
felicità,
- invocazione e gioia;
- ora che il tempo sarà sempre
lì?
- I mesi sono trascorsi, gli anni,
- e tutto è fermo, muovendosi
infinitamente
- attorno a sé, come un cerchio
attorno
- al proprio perno,
- tutto resta quel che fu,
- anche se non è vero,
- e tutto va, si fa diverso,
- sfalda l'oro in polvere,
- ma la vita ha trovato in quel
momento,
- in quel passo, in quell'istante,
- il suo fulcro, la ragione,
- la sola che potrà resistere
- davanti a sé e al distruggersi del
mondo,
- davanti ai soprusi inverecondi,
- alle perenni, invereconde offese ed
alterigie
- di chi crede di sapere
- e perciò stesso giudica
- e decide.
-
- VI
- In questa, che è la poesia centrale
della prima parte, il poeta racconta attraverso la
metafora del mito di Fetonte, la storia del suo
amore, del suo modo di amare, e le emozioni che ne
ha avuto. È una scrittura molto espressiva e
accorata. È qui dove ci sembra che
più si adatti il parallelismo indicato da
Panzeri con la scrittura musicale di Orff (specie
nel finale, che allude all'amore carnale).
-
- Non è bestemmia;
- è il senso,
- l'unico, qui, dove siamo;
- qui, dove i lucenti fasci delle
arterie
- battono contro il tempo,
- felici oltre ogni ingiuria
- o legge della piccola, sprovveduta
cavità
- urlante trombe, editti, idioti
anatemi.
- Gridano e urlano i voli del sangue;
- le vene raggrumano il senso
d'esistere
- provvisori ed eterni;
- garofani e gigli,
- gigli e garofani;
- ritmo ineluttabile, atroce
- tra corde di vita.
- Tutto si tende,
- s'approssima, s'allontana;
- alternanza continua,
- cieca, foll;
- la gioia,
- l'infinita gioia d'esistere
- si prova e riprova nel nonsenso del
sangue.
-
- Ora;
- ora è l'attimo, l'istante.
- Le nubi si gonfiano,
- atroci si feriscono, immense;
- s'erigono oltre i profili del
mondo;
- si scatena la pioggia,
- infinita protesta di madri,
- disperati sensi, figli, fiori
- tra carni,
- tu,
- io,
- sempre
- la pioggia, il vento
- il calore del fuoco in corsa
- nei grembi di garofani e gigli.
- L'eterno si libera a trionfo
- nell'arco enorme di vita.
- Urla, sì:
- vita!
- Impeti, sangue,
- spermi,
- catastrofi,
- abissi
- Ora., sì;
- ora tu sei
- ed io!
- . . . . . . . .
- . . . . . . . .
-
poi, nell'immane silenzio,
- nella grande, infinita stanchezza dei
corpi;
- nella calda, dorata brina del sangue che si
scioglie;
- nel lamento dell'umana fatica;
- nella luce inconsulta del tutto,
- nel nulla
- Fetonte è morto.
- Grida con me:
- Fetonte è morto..
- Ora la terra può aprire
- la sua tomba d'editti, anatemi e
rovine.
- Grida con me, nel silenzio.
- Guarda:
- ora può.
- Noi, qui, abbiamo perduto
- e vinto.
-
- VII
- Il paesaggio urbano, asettico, brutto e
ripugnante rottame, viene qui contestato aspramente
e messo a confronto con la "mitologia superba e
pagana", e rievocato nel suo trasmutare storico del
dopoguerra sino al postmoderno. ("O amore, / la
città si dirama; / la bestia del sole russa
nella morte; / sulla spianata di Saint-Sulpice /
gocciolano i tigli e fermentano le latrine / dei
cristiani). E si chiede: "sarebbe questo / il nuovo
dio davanti a cui cadere? / La nuova, esaltante
eresia / sarebbe questo Moloch?". Il testo cerca di
unire il concetto di amore con il senso della
bellezza che la nostra civiltà va perdendo
(non dimentichiamo che in "back-ground" dell'opera,
il riferimento è al barocco). E le ultime
battute esprimono rifiuto e nostalgia per il
passato.
-
- mentre dormono i cervi
- carichi di brina
- e non s'amano più,
- perché ormai s'è fatto
inverno
- Inverno,
- amore;
- inverno di geli,
- carezze tra i miseri lenzuoli
- che raccolgono questa povera,
- questa sacra, impudente storia
umana
-
-
- VIII
- Prosegue l'invettiva contro l'insensatezza e
la rappresentazione della vuotezza della vita
moderna, nella quale il poeta individua la
pregiudiziale chiusura contro la libera espressione
della corporeità dell'amore, che è
libertà (simboleggiata anche
provocatoriamente da un cane che "indifferente e
libero, orina" contro un paracarro), e ripercorre
poeticamente le tappe di questa involuzione (da
segnalare un enorme frase, lunga 82 versi da: "La
nostra storia comincia così" in
poi).
-
- IX
- La resistenza e la reazione di fronte a
tutto ciò, è simboleggiata dal poeta
nel feto, che testardamente vuole vivere e vive
oltre la morte di sua madre che lo porta. Si
rivolge poi al "tu", l'amore.
-
- Resisti allo spettacolo demente,
- alla generazione del nulla
secolare,
- allo scoccare della freccia
- che muoverà la crosta,
- incuterà alla bestiale, amorfa
insensatezza
- di cellule a strati e abissi,
- l'infame desiderio della vita.
- È un balzo;
- è un'oscura salita
- da più oscure, imperquisibili
regioni,
- di muovere se stessa,
- sfregare la propria breve, labile
sostanza
- di contro ad altre, eguali ed egualmente
brevi,
- che l'occhio amorfo e onnipotente
guarda
- da distanze inaccessibili,
-
- Ha senso giacere?
- E senso ha dirlo così,
- all'uomo?
- Non giacere nella rovente furia
- Di chi ama;
- non giacere nella silente pace
- di chi si disfa strame
-
- Non giacere così,
- come le renne, i cervi,
- le marmotte inseguite da incaute, nere
ombre;
- giacere come noi;
- ora sì, posso dirlo;
- ora posso qui gridarlo,
- perché pur sempre è
vita,
- ora che qui,
- nell'immenso fasto
- e bianco buio del tutto nulla,
- una vita comincia;
-
- (siamo nel buio,
- amore;
- nel buio immane e vuoto,
- nell'orrenda catastrofe di abissi)
- ma se scorgere pure si potesse;
- sollevazione, ecco, inno
- rivolta, canto,
- felicità tremante,
- erezione di stelle
- che s'abbracciano,
- come usando caverne, labbra,
- fiori,
- per gioire
- della gioia infinita che le ha
colte,
- furia di stelle,
- bestie,
- insetti senza numero e nome
- che cercano
- urlano
- e domandano
- una forma che sia,
- non altro;
- una forma che dia
- una per loro, a loro,
- un giorno,
- spazio, necessità,
- ragione, senso.
-
- X
- Questa parte, probabilmente scritta a
Chiavenna (cittadina al confine con la Svizzera).
Testori chiude questa prima parte annunciando un
"distacco" da questa idea originaria di amore, "che
dividerà te e me per giorni; / se veramente
questo può accadere". Ma il canto è
tutto volto alla riabilitazione e alla esaltazione
di questo amore "pagano" che la modernità
non riconosce e che invece tenta di sublimare
nell'orrore delle sue costruzioni mentali, dei suoi
ordinamenti, nel suo industriarsi
materiale.
-
- Sì,
- tu sei;
- esisti nella vita,
- risorgi nella morte
- per ciò che ti brucia dentro gli
occhi a mandorla,
- azzurri,
- per ciò che sai di te donare nel
lamento
- e più,
- più ancora,
- nel silenzio.
- Non piangere;
- tanta vita è già qui, tra
noi,
- e tanta ancora sarà,
- tutta che resti a noi da vivere,
- angelo e cane,
- purché qualunque sia la
redenzione
- che tu farai di me in me,
- sempre sarò legato
- all'ombra oscura di tuguri e tane,
- all'idiote speranze
- gettate nella fragile allegria
- d'incontri provvisori,
- mai compromessi e spinti fino al
limite
- del sangue,
- salvati sempre
- o forse più dannati
- da un lieve crepuscolo di gioco.
-
- Alza anche tu
- sulla città della vittoria
tua,
- ben oltre alza,
- sulla mia
- che si stende nell'infida pianura;
- la mano alza,
- sventola anche tu lo straccio,
- il bianco brandello d'ogni rivolta
necessaria,
- la bianca bandiera della vita
- e lìbrati
- sull'ombra dei fucili
- puntati contro Cristo!
- Lìbrati
- ancora te lo grido,
- invincibile,
- anche se vinto già
- dal verme
- che rode già e consuma
- i ciechi vinti
- e sui legni le bare di bellezze
- del naufragio di rovina e strage!
- Canta
- Nell'orrore degli spasimi,
- quando ogni evento
- sembra farsi negazione e ombra.
- Il graffito è qui,
- di sangue e pietra;
- il testamento brucia nella carne;
- Chiavenna geme nell'incendio
- delle vigne
- Rovina,
- vittoria sulla morte,
- lìbrati!
- Angelo,
- mia croce
- lìbrati,
- ricorda!
-
-
- Da L'amore (
- I
- T'offro, amore,
- guarda,
- gli zigomi, le palme
- e l'ultima forza
- dell'insana maturazione;
- l'estremo riguardo
- della luna ancor disabitata
- e la mano che scende,
- la cintura disserra,
- nelle bende avverte
- l'empito, la viola;
- e la bocca,
- i fianchi,
- il labbro t'offro,
- la speranza,
- il mio stesso battesimo,
- la mia firmata dannazione,
- purché tu
- dal profondo m'assicuri che,
- nell'ora delle vipere e del sangue
- rivisiterai il nulla
- che t'ha amato.
- Ma anche senza questo
- T'offro, amore,
- pel nonsenso che ci morde
- e, madre incauta,
- a sé ci chiama,
- nel suo ventre smisurato
- ci serra, ci avvolge.
-
- IV
- Quando ritroveremo l'ossa,
- i resti,
- perduti dell'umana cognizione,
- fusi nell'abbraccio che ci avrà
distrutti,
- cancellati?
- In questa ansa delle nevi?
- In quale curva,
- insistente sera,
- ombra,
- grumo,
- polline,
- viola?
-
- XIII
-
- Guarda lo scheletro:
- mio padre
- - è partito,
- è venuto quaggiù,
- è ritornato.
- Guarda il vuoto
- Là dove fissavano i suoi
occhi.
-
- Non saremo diversi.
- Anche sui tuoi
- scenderà l'inesistenza.
- Abbracciati a me,
- mio santo;
- stringiti alla colonna
- di cenere che t'ama;
- io a te mi stringo,
- alle tue ossa
- vinte dalla tristezza
- per cui sei ciò che mi sei,
- eternità nel nulla,
- nel presente, luce.
-
- Guarda le labbra,
- il mento,
- l'ombra della ferita
- alla laringe;
- guarda la forza,
- la pazienza
- Tornerà nella pace.
- Riposerà per sempre
- sotto i fiori dei figli
- e della sposa.
- Guarda l'ossa memori,
- stanche;
- il letto estremo,
- il cuscino sfatto,
- vuoto
- Bacia nel bacio che mi doni
- La sua pace,
- com'io bacio tremando
- la furia del padre tuo
- che ancora è qui,
- si muove, parla,
- vive.
-
- XIX
- O la tua bocca,
- amore,
- quando la notte scendeva
- immensa
- su Parigi
- e il mondo era vivente
- e morto;
- su di me la bocca,
- mio airone,
- mia gironda;
- il bacio che il corpo percorreva
- e ancora lo percorre,
- dopo tant'anni qui,
- flauto,
- violino;
- la bocca timbrica, felice,
- l'estro di cervo acceso,
- disperato,
- felice la tua bocca,
- il bacuio felicissimo,
- la luce,
- la furia del tuo gaudio,
- la subita clemenza del tuo riso,
- la vita,
- il paradiso
-
- XCVIII
- A chi ci avrà deriso
- E devastato
- Diremo: "siamo qui;
- tutta la vita è già
passata.
- Che vale il vosytro scherno, il
riso?
- È grande, inesprimibile il
silenzio
- così che tutto in silenzio si
compone
- nella sola domanda che anche voi
- a noi rilega.
- Non abbiate pietà, ora,
- né sdegno.
- Si spegne ogni rumore,
- il tempo non ha voce.
- Se almeno qui
- volete riconoscere l'amore
- dovete perdonarci
- nell'ombra che anche qui
- getta la croce".
-
- C
- Lo so:
- avrò io sempre un'ombra
- anche se il sogno è questo
- e il murmure non sembri
- dare gridi.
- Sarò sconfitto,
- come già qui sono.
- Ma tu mi prenderai su te,
- fratello più giovane
- e più sano,
- e agli altri ed al silenzio
- racconterai della mia colpa
- ma anche, ne sono certo,
- del dolore.
- Allora piangendo mostrerai al vuoto
- il cuore:
- ferito il tuo,
- senza mai pace il mio.
- Un cigno accanto ci passerà
beato
- e con le piume libererà dal
nodo
- anche il mio canto chiuso
- e disperato.
-
-
- Da Per sempre (1970)
-
- Stringo dentro la notte
- la tua mano,
- stringe la tua
- il mio cuore.
-
- Oh, come dormo,
- amore!
-
- ________________
-
- Da me la sola passione
- puoi imparare.
- Dal mondo impara
- tutto l'arco del sole
- e lo splendore,
- la grandezza dei gesti
- in che consiste crescere,
- finire.
- Impara dalle madri
- il silenzio provvido
- Gentile,
- dalle tombe la morte,
- e dal morire d'ogni giorno
- l'esame impara a svolgere.
- Medita quando l'ombra
- ti cade d'ogni sera
- sulla fronte:
- è passato, mio amore,
- un altro giorno.
-
- ____________________
-
- La pace cerca in te
- e si riposa
- il nulla che t'ha amato
- e che morendo
- ora si posa.
-
- _____________________
-
- È orgoglio dolce,
- dolcissimo piacere
- vederti beato riposare
-
- Respiri come un prato.
- Come un bambino sogni
- innamorato.
-
- _____________________
-
- La mia felicità
- ha solo un nome:
- morir per te d'orgoglio
- e abnegazione.
-
- _____________________
-
- Non piangere:
- non morirò mai.
- La vita è un dono;
- nessuno sa dove
- dopo di qui
- insieme a me
- tu vai.
-
- ______________________
-
- Eri bianco,
- la vita sembrava
- in te finire,
- io mi dicevo:
- anch'io
-
- (
e il verbo che seguiva
- era uccidersi,
- morire.)
-
- _____________________
-
- Una volta era il tramonto,
- adesso che non sono più
forte
- è l'alba che mi parla di
morte.
-
- ______________________
-
- Tremo se penso a te
- E agli occhi che tu hai.
- Tremo se penso che, pur vecchio,
- non te li lascerò più
mai.
-
- ______________________
-
- È passata l'ala,
- l'infanzia è volata,
- l'adolescenza è fiorita
- in adulta coscienza addolorata.
-
- _______________________
-
- Entri come un angelo
- nella stanza,
- accendi la lucerna.
-
- Non piangere &endash; mi dici
&endash;
- La vita non finisce,
- è eterna.
-
-
-
- Da "Nel tuo Sangue", Rizzoli, 1973
-
- Se è bestemmia
- pensarti inesistente
- non Ti chiedo pietà
-
- Davanti a Te
- Che ritenevo Dio,
- alzo come un pugno
- la mia idiota realtà
-
- ____________
- Sono caduto sotto il mio stesso
peso.
- Non avevo su di me nessuna croce.
- "Perché mi lasci?" ha urlato la mia
voce.
-
- Parlavo a Te non come Dio,
- parlavo al Cristo venduto,
- al Cristo sanguinante, perduto.
- S'era scomposto Dio nei frammenti del
caso,
- s'era disfatto come il mio niente,
- più atroce e indifferente verso
me
- del mio stesso io.
-
- _______________
-
- Ma Tu non parli,
- non dici.
- Sei il Dio sordo;
- il Dio muto.
- Per illuderci di poterTi parlare
- Ti sei dovuto incarnare.
-
- ___________________
-
- M'aspetti nel buio
- come un'affamata prostituta,
- cme un ladro m'azzanni
- nei riposi difficili e ansiosi.
- Mi riporti nel letto privo ormai di
lui
- le tue stigmate affrante.
-
- Che cosa mi domandi?
- Che accetti di baciarle,
- di rotolarmi su Te
- come facevo sul suo ventre
- di figlio delicato,
- sulla sua carne
- d'arcangelo rubato?
-
- ________________________
-
- Tu sei il Dio marcio,
- il Dio incarnato.
-
- Sei il Dio Cristo,
- il Dio sangue,
- il Dio peccato.
-
- ___________________
-
- Il giglio inventato
- è quello che hai scelto,
- amato, lasciato.
-
- È quello che per un'uguale
rivolta
- da Te adolescente, fedelissima
scolta
- S'è fatto profeta nel tempo
- che era ancora prima di Te,
- il tempo senza luce e ardore,
- il tempo che attende
- il messia traditore.
-
- ___________________
-
- L'hai amato più degli altri.
- Sul desco della cena
- appoggiava la sua guancia
- al tuo volto.
-
- Non era solo predilezione,
- era un'atroce, carnale
- peccatrice dedizione.
-
- ____________________
-
- Ha sfiorato
- i piedi trafitti.
-
- Ha tentato per l'ultima volta
- Di farTi gli occhi riaprire.
- Forse voleva vederTi
- sorridere ancora;
- ancora voleva
- che la Tua umana tristezza
- si trasformasse
- in divina allegrezza.
-
- _____________________
-
- Anche tua madre
- ha gridato.
- S'è afferrata
- alla mangiatoia
- quando dal ventre
- le uscivi.
-
- Sapeva anche lei
- che nascendole Cristo
- come Dio le morivi?
-
- __________________
-
- Che sarebbe accaduto
- Dell'umana pietà?
-
- Chi avrebbe incarnato
- La vergogna
- Della Tua carità?
- ____________________
-
- Quando con le gengive
- il suo seno mordevi
- era la pace o la morte di lei
- che volevi?
-
- _____________________
-
- Se allunghi una mano su me
- È perché io bruci di
Te.
-
- Ma di Te io non brucio.
- Di Te sento solo pietà.
- Sei un Dio che per avermi
- s'è fatto morte, sangue,
- viltà.
-
- _____________________
-
- Se il sangue è il tuo segno
- la morte è il tuo regno.
-
- ______________________
-
- Dopo il fallimento di Te
- non resta che disprezzare ogni
deità
- e vivere nella disperata certezza
- della Tua nullità.
-
- ______________________
-
- Se vedendoTi apparire
- come un incubo, un richiamo,
- non Ti darò l'estrema gioia
- di vedermi morire,
- è perché c'è ancora lui
che va
- e va, sola mia pena
- più grande, più infinita di
Te,
- tigre dell'anima,
- jena.
-
- _______________________
-
- Sei zucchero anche Tu
- immensa storia di Dio.
-
- Uno zucchero marcio come il suo
- come il mio.
- ________________________
-
- Hai ancora bisogno
- Del mio corpo,
- di me?
-
- Quando potrò liberarmi
- Di Te?
-

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