Autori contemporanei Giovanni Testori
- LE OPERE
- Da I Trionfi (1965)
- Sarebbe compito arduo estrapolare, dai 12.000 versi del poema una citazione che possa renderne dovutamente, almeno a grandi linee il senso: non è questo il luogo. D'altra parte, il poema di Testori deve essere letto come una composizione organica, ciclica, perché un filo lega le varie parti fra loro (elemento che qui non indaghiamo). Cerco quindi di svolgere questa operazione solo per la prima parte del poema, aiutandomi con brevi parafrasi per le parti che sarebbe troppo lungo trascrivere.
- PARTE PRIMA
- I
- Nella prima poesia Testori presenta l'immagine vitale dei cervi che giocano sulla neve (tratta forse da un dipinto barocco), ne fa l'allegoria della istintiva voglia di vivere, della vittoria sulla morte. La riflessione quindi si rivolge alla precarietà della condizione umana segnata dalla morte. Ne consegue una lacerante invocazione al "breve / infinito iddio", ossia l'amore umano, che non ha altro da offrire, per l'uomo e la sua forza di amare, "solo un manto di pietà" nella quiete della morte che sopraggiunge giorno dopo giorno. Segue quindi una appassionata perorazione, un'esortazione a risorgere rivolta a una astratta personificazione dell'amore inteso come sentimento universale, cosmico, ma anche concreto, per le cose più semplici. Questo amore è il personaggio al quale il poeta si rivolge in tono dialogico, vocativo e invocante (il "tu").
- II.
- No, non maledetto.
- Devo estorcere dall'inno la parola.
- Benedetto, santo,
- santo quel giorno
- che ti vide nascere alla luce.
- Benedetto, santo,
- se la parola ha un senso;
- e per te,
- pel miracolo d'ogni giovinezza che s'avanza
- a dispetto dell'orrenda ingiustizia
- fabbricata da chi già esiste,
- un senso l'avrà sempre e grande e sempre più
- e splendente
- quanto più precipiterai tu stesso
- e noi
- e tutti
- nella bolgia di questa lotta contro il niente.
- Tua madre è lì;
- tua madre,
- la madre del dio mortale che sarà in te
- Nasci col sangue,
- intriso di ditate e imbratti,
- lenzuola inumidite dai tramonti
- che le arterie dilatano dai polsi,
- dalla carne che batte,
- dalla bocca che si torce, grida,
- cerca aiuto nella pressione lacerante
- d'un medico qualunque
- o dell'ombra indifferente
- dell'infermiera di turno;
- nasci nel dolore,
- intriso di desideri subito imprecati
- nell'ansia di darti subito vita.
- ..(omitto)
- III
- In una serie ossessionante di anàfore della parola "ali", viene evocata la nascita del Cristo, anch'esso nato a questo amore di carne e sangue. (Tu sei, / tu esisti: / verità, carne, / sacramento, sangue).
- IV
- La scena è ambientata a Parigi. Si apre qui una considerazione amara sulla debolezza della scienza ("l'osannato, venerato Lume della mente / povere trombe, / poveri inni alzati contro l'Ingiustizia") e alla sua pretesa di verità condannata alla sua finitezza storica, mentre permangono sempre le domande prime dell'esistenza. Il prosieguo sembra alludere al disegno di tutto il poema, cioè di celebrare l'amore terreno come modo per superare questa finitezza, come cerniera fra spirito e materia.
- Poveri bronzi morti,
- poveri resti di Rivolte necessarie,
- eccovi lì, franti, spenti
- .
- Che domande faremo amore;
- dico, che domande,
- a noi,
- quando saremo là, tombe, lastre,
- ossa, occhi, foglie di Saint-Imoge, foglie del paradiso,
- foreste ancora da conoscere,
- Ecco,
- anch'io alzerò per te
- la tromba;
- dorata, anch'io, di sole,
- splendori di re, principi
- e antichi dei;
- anch'io comincerò l'inno immenso,
- mortale ed immortale alla tua vita
- che torna finalmente ad essere,
- sui muri di lichene, polvere e tempo,
- nei gorghi di carne, schiuma e sangue,
- l'unico oggetto,
- l'unica, eterna e sacra verità,
- perché Dio salvi davanti a noi
- il sopruso e la grazia
- d'averci fatto da creta, carne
- da terra, sangue;
- il momento, l'attimo,
- l'istante
- V
- Rivolgendosi alla madre, il poeta ricorda i momenti un cui egli scoprì la sua sessualità diversa e impetuosa ("Fu quando capii / che un impulso, / una ribellione di cani / nella tessitura contraddetta; / un latrato oscuro di pigmenti feroci, / di cellule impazzite, / senza fiori sulle labbra, / né dolci protezioni, / ma solo fieli, spugne d'assenzio e spine ). In un doloroso rammemorare la sua storia, il poeta conclude:
- Che dire ora?
- Ora che il tempo è ancora lì,
- muro, grido, affanno di felicità,
- invocazione e gioia;
- ora che il tempo sarà sempre lì?
- I mesi sono trascorsi, gli anni,
- e tutto è fermo, muovendosi infinitamente
- attorno a sé, come un cerchio attorno
- al proprio perno,
- tutto resta quel che fu,
- anche se non è vero,
- e tutto va, si fa diverso,
- sfalda l'oro in polvere,
- ma la vita ha trovato in quel momento,
- in quel passo, in quell'istante,
- il suo fulcro, la ragione,
- la sola che potrà resistere
- davanti a sé e al distruggersi del mondo,
- davanti ai soprusi inverecondi,
- alle perenni, invereconde offese ed alterigie
- di chi crede di sapere
- e perciò stesso giudica
- e decide.
- VI
- In questa, che è la poesia centrale della prima parte, il poeta racconta attraverso la metafora del mito di Fetonte, la storia del suo amore, del suo modo di amare, e le emozioni che ne ha avuto. È una scrittura molto espressiva e accorata. È qui dove ci sembra che più si adatti il parallelismo indicato da Panzeri con la scrittura musicale di Orff (specie nel finale, che allude all'amore carnale).
- Non è bestemmia;
- è il senso,
- l'unico, qui, dove siamo;
- qui, dove i lucenti fasci delle arterie
- battono contro il tempo,
- felici oltre ogni ingiuria
- o legge della piccola, sprovveduta cavità
- urlante trombe, editti, idioti anatemi.
- Gridano e urlano i voli del sangue;
- le vene raggrumano il senso d'esistere
- provvisori ed eterni;
- garofani e gigli,
- gigli e garofani;
- ritmo ineluttabile, atroce
- tra corde di vita.
- Tutto si tende,
- s'approssima, s'allontana;
- alternanza continua,
- cieca, foll;
- la gioia,
- l'infinita gioia d'esistere
- si prova e riprova nel nonsenso del sangue.
- Ora;
- ora è l'attimo, l'istante.
- Le nubi si gonfiano,
- atroci si feriscono, immense;
- s'erigono oltre i profili del mondo;
- si scatena la pioggia,
- infinita protesta di madri,
- disperati sensi, figli, fiori
- tra carni,
- tu,
- io,
- sempre
- la pioggia, il vento
- il calore del fuoco in corsa
- nei grembi di garofani e gigli.
- L'eterno si libera a trionfo
- nell'arco enorme di vita.
- Urla, sì:
- vita!
- Impeti, sangue,
- spermi,
- catastrofi,
- abissi
- Ora., sì;
- ora tu sei
- ed io!
- . . . . . . . .
- . . . . . . . .
- poi, nell'immane silenzio,
- nella grande, infinita stanchezza dei corpi;
- nella calda, dorata brina del sangue che si scioglie;
- nel lamento dell'umana fatica;
- nella luce inconsulta del tutto,
- nel nulla
- Fetonte è morto.
- Grida con me:
- Fetonte è morto..
- Ora la terra può aprire
- la sua tomba d'editti, anatemi e rovine.
- Grida con me, nel silenzio.
- Guarda:
- ora può.
- Noi, qui, abbiamo perduto
- e vinto.
- VII
- Il paesaggio urbano, asettico, brutto e ripugnante rottame, viene qui contestato aspramente e messo a confronto con la "mitologia superba e pagana", e rievocato nel suo trasmutare storico del dopoguerra sino al postmoderno. ("O amore, / la città si dirama; / la bestia del sole russa nella morte; / sulla spianata di Saint-Sulpice / gocciolano i tigli e fermentano le latrine / dei cristiani). E si chiede: "sarebbe questo / il nuovo dio davanti a cui cadere? / La nuova, esaltante eresia / sarebbe questo Moloch?". Il testo cerca di unire il concetto di amore con il senso della bellezza che la nostra civiltà va perdendo (non dimentichiamo che in "back-ground" dell'opera, il riferimento è al barocco). E le ultime battute esprimono rifiuto e nostalgia per il passato.
- mentre dormono i cervi
- carichi di brina
- e non s'amano più,
- perché ormai s'è fatto inverno
- Inverno,
- amore;
- inverno di geli,
- carezze tra i miseri lenzuoli
- che raccolgono questa povera,
- questa sacra, impudente storia umana
- VIII
- Prosegue l'invettiva contro l'insensatezza e la rappresentazione della vuotezza della vita moderna, nella quale il poeta individua la pregiudiziale chiusura contro la libera espressione della corporeità dell'amore, che è libertà (simboleggiata anche provocatoriamente da un cane che "indifferente e libero, orina" contro un paracarro), e ripercorre poeticamente le tappe di questa involuzione (da segnalare un enorme frase, lunga 82 versi da: "La nostra storia comincia così" in poi).
- IX
- La resistenza e la reazione di fronte a tutto ciò, è simboleggiata dal poeta nel feto, che testardamente vuole vivere e vive oltre la morte di sua madre che lo porta. Si rivolge poi al "tu", l'amore.
- Resisti allo spettacolo demente,
- alla generazione del nulla secolare,
- allo scoccare della freccia
- che muoverà la crosta,
- incuterà alla bestiale, amorfa insensatezza
- di cellule a strati e abissi,
- l'infame desiderio della vita.
- È un balzo;
- è un'oscura salita
- da più oscure, imperquisibili regioni,
- di muovere se stessa,
- sfregare la propria breve, labile sostanza
- di contro ad altre, eguali ed egualmente brevi,
- che l'occhio amorfo e onnipotente guarda
- da distanze inaccessibili,
- Ha senso giacere?
- E senso ha dirlo così,
- all'uomo?
- Non giacere nella rovente furia
- Di chi ama;
- non giacere nella silente pace
- di chi si disfa strame
- Non giacere così,
- come le renne, i cervi,
- le marmotte inseguite da incaute, nere ombre;
- giacere come noi;
- ora sì, posso dirlo;
- ora posso qui gridarlo,
- perché pur sempre è vita,
- ora che qui,
- nell'immenso fasto
- e bianco buio del tutto nulla,
- una vita comincia;
- (siamo nel buio,
- amore;
- nel buio immane e vuoto,
- nell'orrenda catastrofe di abissi)
- ma se scorgere pure si potesse;
- sollevazione, ecco, inno
- rivolta, canto,
- felicità tremante,
- erezione di stelle
- che s'abbracciano,
- come usando caverne, labbra,
- fiori,
- per gioire
- della gioia infinita che le ha colte,
- furia di stelle,
- bestie,
- insetti senza numero e nome
- che cercano
- urlano
- e domandano
- una forma che sia,
- non altro;
- una forma che dia
- una per loro, a loro,
- un giorno,
- spazio, necessità,
- ragione, senso.
- X
- Questa parte, probabilmente scritta a Chiavenna (cittadina al confine con la Svizzera). Testori chiude questa prima parte annunciando un "distacco" da questa idea originaria di amore, "che dividerà te e me per giorni; / se veramente questo può accadere". Ma il canto è tutto volto alla riabilitazione e alla esaltazione di questo amore "pagano" che la modernità non riconosce e che invece tenta di sublimare nell'orrore delle sue costruzioni mentali, dei suoi ordinamenti, nel suo industriarsi materiale.
- Sì,
- tu sei;
- esisti nella vita,
- risorgi nella morte
- per ciò che ti brucia dentro gli occhi a mandorla,
- azzurri,
- per ciò che sai di te donare nel lamento
- e più,
- più ancora,
- nel silenzio.
- Non piangere;
- tanta vita è già qui, tra noi,
- e tanta ancora sarà,
- tutta che resti a noi da vivere,
- angelo e cane,
- purché qualunque sia la redenzione
- che tu farai di me in me,
- sempre sarò legato
- all'ombra oscura di tuguri e tane,
- all'idiote speranze
- gettate nella fragile allegria
- d'incontri provvisori,
- mai compromessi e spinti fino al limite
- del sangue,
- salvati sempre
- o forse più dannati
- da un lieve crepuscolo di gioco.
- Alza anche tu
- sulla città della vittoria tua,
- ben oltre alza,
- sulla mia
- che si stende nell'infida pianura;
- la mano alza,
- sventola anche tu lo straccio,
- il bianco brandello d'ogni rivolta necessaria,
- la bianca bandiera della vita
- e lìbrati
- sull'ombra dei fucili
- puntati contro Cristo!
- Lìbrati
- ancora te lo grido,
- invincibile,
- anche se vinto già
- dal verme
- che rode già e consuma
- i ciechi vinti
- e sui legni le bare di bellezze
- del naufragio di rovina e strage!
- Canta
- Nell'orrore degli spasimi,
- quando ogni evento
- sembra farsi negazione e ombra.
- Il graffito è qui,
- di sangue e pietra;
- il testamento brucia nella carne;
- Chiavenna geme nell'incendio
- delle vigne
- Rovina,
- vittoria sulla morte,
- lìbrati!
- Angelo,
- mia croce
- lìbrati,
- ricorda!
- Da L'amore (
- I
- T'offro, amore,
- guarda,
- gli zigomi, le palme
- e l'ultima forza
- dell'insana maturazione;
- l'estremo riguardo
- della luna ancor disabitata
- e la mano che scende,
- la cintura disserra,
- nelle bende avverte
- l'empito, la viola;
- e la bocca,
- i fianchi,
- il labbro t'offro,
- la speranza,
- il mio stesso battesimo,
- la mia firmata dannazione,
- purché tu
- dal profondo m'assicuri che,
- nell'ora delle vipere e del sangue
- rivisiterai il nulla
- che t'ha amato.
- Ma anche senza questo
- T'offro, amore,
- pel nonsenso che ci morde
- e, madre incauta,
- a sé ci chiama,
- nel suo ventre smisurato
- ci serra, ci avvolge.
- IV
- Quando ritroveremo l'ossa,
- i resti,
- perduti dell'umana cognizione,
- fusi nell'abbraccio che ci avrà distrutti,
- cancellati?
- In questa ansa delle nevi?
- In quale curva,
- insistente sera,
- ombra,
- grumo,
- polline,
- viola?
- XIII
- Guarda lo scheletro:
- mio padre
- - è partito,
- è venuto quaggiù,
- è ritornato.
- Guarda il vuoto
- Là dove fissavano i suoi occhi.
- Non saremo diversi.
- Anche sui tuoi
- scenderà l'inesistenza.
- Abbracciati a me,
- mio santo;
- stringiti alla colonna
- di cenere che t'ama;
- io a te mi stringo,
- alle tue ossa
- vinte dalla tristezza
- per cui sei ciò che mi sei,
- eternità nel nulla,
- nel presente, luce.
- Guarda le labbra,
- il mento,
- l'ombra della ferita
- alla laringe;
- guarda la forza,
- la pazienza
- Tornerà nella pace.
- Riposerà per sempre
- sotto i fiori dei figli
- e della sposa.
- Guarda l'ossa memori,
- stanche;
- il letto estremo,
- il cuscino sfatto,
- vuoto
- Bacia nel bacio che mi doni
- La sua pace,
- com'io bacio tremando
- la furia del padre tuo
- che ancora è qui,
- si muove, parla,
- vive.
- XIX
- O la tua bocca,
- amore,
- quando la notte scendeva
- immensa
- su Parigi
- e il mondo era vivente
- e morto;
- su di me la bocca,
- mio airone,
- mia gironda;
- il bacio che il corpo percorreva
- e ancora lo percorre,
- dopo tant'anni qui,
- flauto,
- violino;
- la bocca timbrica, felice,
- l'estro di cervo acceso,
- disperato,
- felice la tua bocca,
- il bacuio felicissimo,
- la luce,
- la furia del tuo gaudio,
- la subita clemenza del tuo riso,
- la vita,
- il paradiso
- XCVIII
- A chi ci avrà deriso
- E devastato
- Diremo: "siamo qui;
- tutta la vita è già passata.
- Che vale il vosytro scherno, il riso?
- È grande, inesprimibile il silenzio
- così che tutto in silenzio si compone
- nella sola domanda che anche voi
- a noi rilega.
- Non abbiate pietà, ora,
- né sdegno.
- Si spegne ogni rumore,
- il tempo non ha voce.
- Se almeno qui
- volete riconoscere l'amore
- dovete perdonarci
- nell'ombra che anche qui
- getta la croce".
- C
- Lo so:
- avrò io sempre un'ombra
- anche se il sogno è questo
- e il murmure non sembri
- dare gridi.
- Sarò sconfitto,
- come già qui sono.
- Ma tu mi prenderai su te,
- fratello più giovane
- e più sano,
- e agli altri ed al silenzio
- racconterai della mia colpa
- ma anche, ne sono certo,
- del dolore.
- Allora piangendo mostrerai al vuoto
- il cuore:
- ferito il tuo,
- senza mai pace il mio.
- Un cigno accanto ci passerà beato
- e con le piume libererà dal nodo
- anche il mio canto chiuso
- e disperato.
- Da Per sempre (1970)
- Stringo dentro la notte
- la tua mano,
- stringe la tua
- il mio cuore.
- Oh, come dormo,
- amore!
- ________________
- Da me la sola passione
- puoi imparare.
- Dal mondo impara
- tutto l'arco del sole
- e lo splendore,
- la grandezza dei gesti
- in che consiste crescere,
- finire.
- Impara dalle madri
- il silenzio provvido
- Gentile,
- dalle tombe la morte,
- e dal morire d'ogni giorno
- l'esame impara a svolgere.
- Medita quando l'ombra
- ti cade d'ogni sera
- sulla fronte:
- è passato, mio amore,
- un altro giorno.
- ____________________
- La pace cerca in te
- e si riposa
- il nulla che t'ha amato
- e che morendo
- ora si posa.
- _____________________
- È orgoglio dolce,
- dolcissimo piacere
- vederti beato riposare
- Respiri come un prato.
- Come un bambino sogni
- innamorato.
- _____________________
- La mia felicità
- ha solo un nome:
- morir per te d'orgoglio
- e abnegazione.
- _____________________
- Non piangere:
- non morirò mai.
- La vita è un dono;
- nessuno sa dove
- dopo di qui
- insieme a me
- tu vai.
- ______________________
- Eri bianco,
- la vita sembrava
- in te finire,
- io mi dicevo:
- anch'io
- ( e il verbo che seguiva
- era uccidersi,
- morire.)
- _____________________
- Una volta era il tramonto,
- adesso che non sono più forte
- è l'alba che mi parla di morte.
- ______________________
- Tremo se penso a te
- E agli occhi che tu hai.
- Tremo se penso che, pur vecchio,
- non te li lascerò più mai.
- ______________________
- È passata l'ala,
- l'infanzia è volata,
- l'adolescenza è fiorita
- in adulta coscienza addolorata.
- _______________________
- Entri come un angelo
- nella stanza,
- accendi la lucerna.
- Non piangere &endash; mi dici &endash;
- La vita non finisce,
- è eterna.
- Da "Nel tuo Sangue", Rizzoli, 1973
- Se è bestemmia
- pensarti inesistente
- non Ti chiedo pietà
- Davanti a Te
- Che ritenevo Dio,
- alzo come un pugno
- la mia idiota realtà
- ____________
- Sono caduto sotto il mio stesso peso.
- Non avevo su di me nessuna croce.
- "Perché mi lasci?" ha urlato la mia voce.
- Parlavo a Te non come Dio,
- parlavo al Cristo venduto,
- al Cristo sanguinante, perduto.
- S'era scomposto Dio nei frammenti del caso,
- s'era disfatto come il mio niente,
- più atroce e indifferente verso me
- del mio stesso io.
- _______________
- Ma Tu non parli,
- non dici.
- Sei il Dio sordo;
- il Dio muto.
- Per illuderci di poterTi parlare
- Ti sei dovuto incarnare.
- ___________________
- M'aspetti nel buio
- come un'affamata prostituta,
- cme un ladro m'azzanni
- nei riposi difficili e ansiosi.
- Mi riporti nel letto privo ormai di lui
- le tue stigmate affrante.
- Che cosa mi domandi?
- Che accetti di baciarle,
- di rotolarmi su Te
- come facevo sul suo ventre
- di figlio delicato,
- sulla sua carne
- d'arcangelo rubato?
- ________________________
- Tu sei il Dio marcio,
- il Dio incarnato.
- Sei il Dio Cristo,
- il Dio sangue,
- il Dio peccato.
- ___________________
- Il giglio inventato
- è quello che hai scelto,
- amato, lasciato.
- È quello che per un'uguale rivolta
- da Te adolescente, fedelissima scolta
- S'è fatto profeta nel tempo
- che era ancora prima di Te,
- il tempo senza luce e ardore,
- il tempo che attende
- il messia traditore.
- ___________________
- L'hai amato più degli altri.
- Sul desco della cena
- appoggiava la sua guancia
- al tuo volto.
- Non era solo predilezione,
- era un'atroce, carnale
- peccatrice dedizione.
- ____________________
- Ha sfiorato
- i piedi trafitti.
- Ha tentato per l'ultima volta
- Di farTi gli occhi riaprire.
- Forse voleva vederTi
- sorridere ancora;
- ancora voleva
- che la Tua umana tristezza
- si trasformasse
- in divina allegrezza.
- _____________________
- Anche tua madre
- ha gridato.
- S'è afferrata
- alla mangiatoia
- quando dal ventre
- le uscivi.
- Sapeva anche lei
- che nascendole Cristo
- come Dio le morivi?
- __________________
- Che sarebbe accaduto
- Dell'umana pietà?
- Chi avrebbe incarnato
- La vergogna
- Della Tua carità?
- ____________________
- Quando con le gengive
- il suo seno mordevi
- era la pace o la morte di lei
- che volevi?
- _____________________
- Se allunghi una mano su me
- È perché io bruci di Te.
- Ma di Te io non brucio.
- Di Te sento solo pietà.
- Sei un Dio che per avermi
- s'è fatto morte, sangue,
- viltà.
- _____________________
- Se il sangue è il tuo segno
- la morte è il tuo regno.
- ______________________
- Dopo il fallimento di Te
- non resta che disprezzare ogni deità
- e vivere nella disperata certezza
- della Tua nullità.
- ______________________
- Se vedendoTi apparire
- come un incubo, un richiamo,
- non Ti darò l'estrema gioia
- di vedermi morire,
- è perché c'è ancora lui che va
- e va, sola mia pena
- più grande, più infinita di Te,
- tigre dell'anima,
- jena.
- _______________________
- Sei zucchero anche Tu
- immensa storia di Dio.
- Uno zucchero marcio come il suo
- come il mio.
- ________________________
- Hai ancora bisogno
- Del mio corpo,
- di me?
- Quando potrò liberarmi
- Di Te?
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©1999 Il club degli autori, Giovani Testori
Per comunicare con il Club degli autori: info@club.it- Prima di scrivere, please, consulta le FAQ, è possibile che trovi la risposta
- http://www.club.it/notiziario/bacheca/faq.html
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